Seguendo l’esempio della Sapienza, anche Messina chiede ai propri docenti e ricercatori di rendere noti i propri risultati VQR. Un documento a firma del Rettore afferma quanto segue:
La richiesta di trasmissione dei dati è stata ribadita recentemente con un’email inviata a tutto il personale docente e ricercatore:
A quanto pare alcuni Atenei non riescono a sottrarsi alla tentazione di rielaborare i dati individuali, che pure – va ricordato – sono legati a una valutazione non individuale, ma di strutture, e che fanno riferimento a prodotti scelti proprio in quest’ottica. Sul punto si è espresso di recente, e in modo assai chiaro, il CUN.
Ribadiamo, allora, quanto già osservato rispetto ad analoghe richieste avanzate dal Rettore Frati:
Il Magnifico garantisce che i dati saranno usati con la massima discrezione e non a fini della valutazione individuale.
Ma siamo sicuri che invece non possano in qualche modo contribuire ai prossimi avanzamenti di carriera? Siamo sicuri che non si stia aprendo la porta a usi non previsti degli scores individuali?
Inoltre, come si farà a verifica l’esattezza dei “copia e incolla” e l’assenza di qualche “distrazione”, visto che l’amministrazione non dovrebbe avere accesso ai dati VQR individuali e non potrà dunque verificare quanto inserito dai singoli?
Ancora una volta assistiamo perplessi (ma non troppo) alla profonda refrattarietà del Paese, e dunque anche della sua Università, al rispetto delle regole. Rispetto che presuppone una comprensione di dati e strumenti che – a quanto pare – fa difetto a molti. Forse troppi.
[…] su ROARS […]
Il dubbio è lecito. Tuttavia qui elencano espressamente le finalità della raccolta del dato. Ora va bene che “fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio”, ma dare del ‘falso’ a chiunque “a priori” mi sembra un’attitudine disdicevole.
Nel mio Ateneo ad esempio fu calcolato lo score VQR ‘prima’ dell’invio per facilitare la scelta. Io stesso l’ho fatto per i miei colleghi. Li ho azzeccati tutti (quelli controllati). Ora…volendo il dato individuale esiste già. Un uso improprio si può già fare. Verificarne la concordanza con il dato ufficiale potrebbe essere un esercizio utile. Stando ovviamente molto allertati…
sembra difficile azzeccare a priori anche le valutazioni attribuite tramite peer review (che in alcune aree sono il 100%)
Hai ragione mi sono spiegato male: ho azzeccato quelli con A,B,C,D ed NC…ma ovviamente non potevo sapere cosa ne sarebbe successo dell’NC. Il 100% in alcune aree? Oh my. Non nelle Aree 5 e 6 di sicuro (io in quelle opero)
Non scherziamo. Non è questione di fiducia individuale, quella ciascuno la usa nei rapporti interpersonali.
Qui è una questione istituzionale e, molto semplicemente, il modo in cui dati VQR sono stati raccolti e il dettato normativo esigono che non siano utilizzati a livello del singolo ricercatore. Punto. Il resto è il solito tentativo di supplire come si può (cioè male) all’incapacità di alcuni atenei nel valutare le performance dei loro ricercatori.
Questo è un discorso molto delicato. Tutti noi stiamo assistendo a tentativi striscianti di usare le valutazioni VQR a tutt’altri fini rispetto a quelli per cui sono state concepite; è lo stesso ragionamento perverso in base al quale, ad esempio, nel mio Ateneo si è usato il calcolo degli indicatori ASN rispetto alle mediane per selezionare i membri dei collegi di dottorato.
Personalmente, ritengo di non aver nulla da nascondere e non ho alcuna difficoltà a divulgare i dati della VQR rispetto alla mia posizione individuale. Anzi, li ho da tempo postati nel mio sito:
http://faustoproietti.wordpress.com/valutazioni/
Tutt’altra faccenda è che questi vengano utilizzati per valutare, sotto qualsiasi forma, me e il mio lavoro o quello di altri. A questo mi opporrò con tutte le mie forze e in tutte le sedi legali, forte anche dalla risposta che l’ANVUR ha inviato alla mia richiesta di accesso agli atti del referaggio dell’unico prodotto su tre che mi è stato valutato negativamente:
http://faustoproietti.files.wordpress.com/2013/11/risposta_anvur.pdf
Se mi si dice che non ho il diritto di accedere agli atti di una valutazione perché non riguarda me come singolo studioso bensì il mio ateneo, non si vede come io o chiunque altro potremmo essere costretti a comunicare a chicchessia tali dati, o addirittura essere valutati su quella base.
Oh bella e che vorrebbe dire che riguarda l’Ateneo? Allora perché l’Ateneo non è al corrente dell’esito e tu sì? E allora perché non si sono pubblicati nei report i dati relativi a SSD con meno di 10 prodotti attesi ‘per ragioni di privacy’…dell’Ateneo? Ecco il problema, e ve ne do atto, è la schizofrenia dei soggetti coinvolti, delle prese di posizione. E allora il dubbio che uno non esiti a fare quello che esclude, a parole, a priori (valutare i singoli con dati VQR) diventa qualcosa di più. Fatto salvo che a me un ‘pezzo grosso’ del mio Ateneo ha espressamente ventilato questa ipotesi (ma nessuna richiesta di dati è giunta ad oggi).
Ho come la sensazione che dal medioevo della valutazione “occhiometrica” (ad essere gentile) che ha segnato il recente passato si sia passati ad una ubriacatura di ‘oggettività’ e ‘indicatori’. Appena vedono un numero…paff! usiamolo per la ‘valutazione meritocratica’…che disastro
Ma siamo sicuri …? Ma siamo sicuri …? No, non siamo per niente sicuri, e non ci sono garanzie di nessun tipo circa la non divulgazione dei dati o altro tipo di utilizzo. E non si tratta di sfiducia specifica, di fattispecie, ma di sfiducia generalizzata, politica, indotta dai comportamenti precedenti. Del resto la risposta dell’Anvur al collega è chiara ed è quella che dovrebbe far testo anche per il rettore Frati o per chiunque. Ma oramai ci si è abituati a stiracchiare o addirittura a stravolgere qualsiasi norma e anche legge. Questa è però la mentalità collettiva che si è sviluppata (che abbiamo sviluppato) e che ora domina. La legge gelmina non obbligava alla costituzione delle nuove facoltà? Ebbene, le si fanno se il rettore ed altri vogliono, ma non sperimentalmente, stanno nello statuto, e per modificare lo statuto ce ne vuole. Non funzionano, anzi non servono a niente? Poco male, sono strumento di potere kafkiano ed è quel che conta. Potere genera potere, in virtù del quale si può pretendere qualsiasi cosa, anche ciò che contrasta con la legge, la norma, quel che è, ma che dovrebbe essere rispettata. Anzitutto da un rettore. O dal ministro.
“la legge gelmina”.
Meraviglioso!
Il Co.N.Pass. ha presentatato un esposto al Garante della privacy proprio in relazione ai fatti di Messina.
La questione é abbastanza spinosa e le possibili distorsioni sono tante. Occorre però tenere presente che le Università ed i Dipartimenti si trovano nella condizione di subire una valutazione senza avere alcun controllo dei dati; senza nemmeno poter verificare eventuali errori dell’Anvur. Ci sono Dipartimenti che ritenevano di aver presentato al proprio Ateneo tutti i prodotti richiesti e che invece si ritrovano con prodotti assenti. E potrebbero esserci tanti altri casi controversi per quanto riguarda le singole valutazioni. Ritengo che una discussione chiara sulle valutazioni debba essere condotta tra colleghi dei singoli dipartimenti. Una discussione che possa servire a capire come si è stati valutati e a migliorarsi per le valutazioni future.
Le distorsioni?
Sono e saranno sempre possibili….con o senza dati VQR.