Segnaliamo ai lettori una recente sentenza con la quale il Consiglio di Stato, confermando una precedente sentenza del TAR Lazio-Roma ha respinto il ricorso del MIUR circa l’illegittimità di una commissione per l’abilitazione scientifica nazionale. Riportiamo anche il testo della sentenza del TAR.
E’ ormai evidente il crescente interventismo della giustizia amministrativa (e non solo di questa) nelle faccende accademiche; va ribadito con forza che ciò non dipende dalla volontà dei giudici di sostituirsi agli accademici. Sono procedure in molti casi mal disegnate, unitamente ai comportamenti spesso non commendevoli dei colleghi, che determinano questa inedita situazione di “supplenza”. Per questa ragione, sarebbe bene che le comunità scientifiche avviassero una seria riflessione al loro interno.
Consiglio di Stato Bartoli + altri c. Miur
Ecco il testo della sentenza del TAR.
Pubblicato il 05/01/2018
N. 00111/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01423/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale n. 1423 del 2014, proposto da:
Marco Bartoli, Enrica Salvatori, Piero Morpugno, Ignazio Antonio Maria Del Punta, Angelo Maria Cattaneo, Giampaolo Francesconi, Andrea Nanetti, Beatrice Borghi, Caterina Bruschi, Ettore Baldetti, Giuseppe Ligato, Giuseppe Palmero, Irene Barbiera, Marco Stoffella, Raffaele Savigni, rappresentati e difesi dall’avvocato Massimo Nardozza, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Dardanelli, 37;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Simone Maria Collavini non costituito in giudizio;
per l’annullamento
– del D.D. MIUR recante la nomina della Commissione nazionale per l’abilitazione scientifica nazionale nel settore concorsuale 11/A1 – Storia Medievale;
– del verbali del 19 febbraio 2013 e di tutti i verbali succedutisi in relazione alle nove riunioni tenute dalla medesima Commissione nazionale;
– della Relazione finale della procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica naizonale alle funzioni di professore universitaro di prima e seconda fascia per il settore concorsuale 11/A1 – Storia Medievale, indetta con il D.D. MIUR n. 222 del 20 luglio 2012 (G.U. n. 58 del 27.7.2012);
– delle valutazioni conseguite dai ricorrenti all’esito della procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia nel settore concorsuale 11/A1- Storia medievale;
– con contestuale domanda di condanna del MIUR al risarcimento di eventuali danni, da determinarsi in corso di causa, per effetto dell’annullamento della procedura di abilitazione per cui è causa;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 novembre 2017 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori per la parte ricorrente l’Avv. M. Nardozza e per l’Amministrazione resistente l’Avvocato dello Stato Orsola Biagini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti in epigrafe presentavano tutti la domanda di partecipazione alla procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale, tornata 2012, per settore concorsuale 11/A1 – Storia Medievale; alcuni di essi, per il conseguimento delle funzioni di prima fascia, altri di quelle di seconda.
La Commissione giudicatrice, nominata dal MIUR ai sensi dell’art. 6 d.P.R. 14 settembre 2011, n. 222, ha ritenuto tutti i ricorrenti inidonei alle funzioni di docenza universitaria per le quali hanno presentato domanda.
Gli stessi hanno pertanto impugnato gli atti in epigrafe con ricorso proposto a questo TAR, notificato al MIUR in data 25 gennaio 2014 e, quindi, depositato entro il termine di rito, nel quale si chiede l’annullamento dei provvedimenti in oggetto, sulla base di un unico e articolato motivo, comune a tutti i ricorrenti ed attinente alla costituzione della Commissione, avvenuta sulla base del D.D. n. 181 del 27.6.2012 (con cui è stata bandita la procedura per la formazione delle Commissioni ASN), contestata come illegittima per violazione del D.M. n. 76 del 2012 (nelle disposizioni attinenti alla formazione delle Commissioni in discorso), con conseguente invalidità derivata di tutti gli atti successivamente adottati dalla Commissione nell’espletamento delle proprie funzioni.
Per il corretto inquadramento delle censure articolate da parte ricorrente deve essere in primo luogo esposta la normativa attinente, per la tornata 2012, ai requisiti di qualificazione degli aspiranti commissari ed alle modalità di reclutamento.
Ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. n. 222 del 2011 (Commissione nazionale per l’abilitazione alle funzioni di professore universitario di prima e di seconda fascia) “1. Per l’espletamento delle procedure di cui all’articolo 3, comma 1, con decreto adottato ogni due anni dal competente Direttore generale del Ministero, nel mese di maggio, è avviato il procedimento preordinato alla formazione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e con oneri a carico delle disponibilità di bilancio degli atenei, di una commissione nazionale per ciascun settore concorsuale, composta da cinque membri.
…..omissis…….
3. Gli aspiranti commissari, entro trenta giorni dalla pubblicazione del decreto di cui al comma 1, presentano esclusivamente tramite procedura telematica, validata ai sensi dell’articolo 3, comma 5, la domanda al Ministero, attestando il possesso della positiva valutazione di cui all’articolo 6, comma 7, della legge e allegando il curriculum e la documentazione concernente la complessiva attività scientifica svolta, con particolare riferimento all’ultimo quinquennio. Possono candidarsi all’inserimento nella lista i professori ordinari di università italiane.
4. Gli aspiranti commissari devono rispettare criteri e parametri di qualificazione scientifica, coerenti con quelli richiesti, ai sensi del decreto di cui all’articolo 4, comma 1, ai candidati all’abilitazione per la prima fascia nel settore concorsuale per il quale è stata presentata domanda.
5. L’accertamento della qualificazione degli aspiranti commissari è effettuata dall’ANVUR per ciascuna area disciplinare, nell’ambito delle competenze di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 2010, n. 76, e nell’ambito delle risorse previste a legislazione vigente. Il Ministero rende pubblico per via telematica il curriculum di ciascun soggetto inserito nella lista.”
I parametri e i criteri di qualificazione scientifica per la valutazione sono stati individuati dal D.M. n. 76 del 2012 che all’art. 8 stabilisce che:
– “Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 16, comma 3, lettera h), secondo periodo della Legge e dall’articolo 6, commi 3, 4 e 5 del Regolamento, possono essere inseriti nella lista, all’interno della quale sono sorteggiati i componenti della commissione, soltanto i professori ordinari che, ferma restando la positiva valutazione di cui all’articolo 6, comma 7, della Legge, sono in possesso di una qualificazione scientifica coerente con i criteri e i parametri stabiliti dal presente regolamento, riferiti al settore concorsuale di appartenenza, e abbiano reso pubblico il proprio curriculum sul sito del Ministero” (comma 1 art. cit.);
– il possesso della qualificazione scientifica, per quanto attiene ai parametri di cui all’articolo 4, comma 4, lettere b), c), d), e), f), g), h), i) e l), (validi per i professori ordinari) dello stesso D.M. n. 76 è assicurato dall’appartenenza al ruolo di professore di prima fascia e dalla positiva valutazione dell’attività svolta di cui all’articolo 6, comma 7, della Legge; per quanto attiene al parametro di cui all’articolo 4, comma 4, lettera a) (attinente all’impatto della produzione scientifica complessiva valutata mediante gli indicatori di cui all’articolo 6 e agli allegati A e B), la coerenza è accertata, per i settori concorsuali di cui all’allegato B (trattasi dei settori “non bibliometrici”, nei quali va annoverata la Storia Medievale), sulla base degli indicatori e delle regole di utilizzo ivi specificati (cfr. comma 3 art. 8 cit.);
– l’Allegato B al D.M. n. 76/2012, per quanto di interesse nella presente sede, individua i seguenti indicatori di produttività scientifica da ritenere rilevanti ai fini della qualificazione degli aspiranti commissari (coincidenti, peraltro, con quelli richiesti per gli stessi candidati al riconoscimento dell’abilitazione alla prima fascia di docenza) (v. punto 3 dell’Allegato B):
a) il numero di libri nonché il numero di articoli su rivista e di capitoli su libro dotati di ISBN pubblicati nei dieci anni consecutivi precedenti la data di pubblicazione del decreto di cui all’ articolo 3, comma 1, del Regolamento. Per questi indicatori la normalizzazione per l’età accademica interviene soltanto nel caso in cui questa sia inferiore a dieci anni;
b) il numero di articoli su riviste appartenenti alla classe A di cui al numero 2, pubblicati nei dieci anni consecutivi precedenti la data di pubblicazione del decreto di cui all’ articolo 3, comma 1, del Regolamento, normalizzato per l’età accademica;
– le modalità di utilizzo degli indicatori di cui al numero 3 sono le seguenti (cfr. Allegato B, punto 4):
a) per ciascuno degli indicatori si calcola la mediana della distribuzione distintamente per i professori di prima e di seconda fascia di ogni settore concorsuale, o, nel caso di distribuzioni multimodali, di ogni settore scientifico-disciplinare o sottoinsieme omogeneo dello stesso;
b) ottengono una valutazione positiva dell’importanza e dell’impatto della produzione scientifica complessiva i candidati all’abilitazione i cui indicatori sono superiori alla mediana in almeno uno degli indicatori di cui alle lettere a) e b) del numero 3.
Con riferimento al settore concorsuale per cui è causa l’ANVUR ha così valorizzato le mediane, relative ai tre distinti indicatori di produttività scientifica sopra evidenziati (vedi doc. 3 ric):
– libri e monografie: 2;
– capitoli di libro e/o articoli in rivista: 19;
– articoli in riviste classificate dall’ANVUR come di classe “A”: 1.
Venendo al caso di specie, la disciplina che precede comportava che, sulla base delle regole ministeriali sopra trascritte, ai fini della qualificazione scientifica richiesta per poter ricoprire il ruolo di commissario ASN, era necessario che ognuno dei cinque commissari, nominati per la formazione dell’Organo collegiale di valutazione per il settore concorsuale 11/A1, fosse professore ordinario della materia in un’Università italiana (in base all’art. 8, comma 3, D.M. 76, tale “status” sostituisce ed è considerato equipollente ai numerosi requisiti e parametri di cui all’articolo 4, comma 4, lettere b), c), d), e), f), g), h), i) e l), D.M. cit.) e che, nel contempo, superasse almeno una delle tre mediane anzidette (v. Allegato B, punto 4, lett. b), D.M. cit.).
Ad avviso di parte ricorrente, invece, i requisiti prescritti non sarebbero stati posseduti da almeno tre componenti della Commissione, tra i quali il Presidente, i quali non avrebbero superato i menzionati valori di mediana come valorizzanti dall’ANVUR in relazione ad almeno uno dei tre indicatori di produttività scientifica. In particolare:
– quanto al prof. Meloni, parte ricorrente contesta l’assenza di un numero sufficiente di contributi in volume (seconda mediana) e l’assenza di articoli in riviste di fascia A, mentre, con riguardo alle n. 4 monografie indicate nel curriculum per il decennio 2002 – 2012, ritiene che una sola di esse potrebbe assumere rilevanza nel computo del superamento della mediana, atteso che: due monografie sarebbero estranee alla Storia medievale (parte ricorrente si riferisce a “Emigrati sardi a New York ai primi del Novecento. I Berchiddesi…”, Sassari 2011 e “Vita quotidiana a Berchidda tra ‘700 e ‘800”, Sassari, 2004); infine una delle quattro monografie (intitolata “Medioevo catalano”) non sarebbe altro che una raccolta di saggi già editi ben prima del 2002;
– quanto al componente prof. Dalena, si contesta che quattro delle pubblicazioni principali (nn. 6,15, 25 e 26 del curriculum presentato) sarebbero in realtà capitoli di libro o curatele e, quindi, non computabili nell’ambito delle monografie utili al superamento della relativa mediana (pari a 2);
– per quanto riguarda il prof. Greci, si asserisce il possesso di un’unica monografia (inferiore al valore della relativa mediana), in quanto il volume del 2004 – benché qualificato come opera monografica – conterrebbe invero solo n. 4 saggi scritti tra il 1973 e il 1987, mentre ben 11 volumi presentati come “curatele” sarebbero in realtà lavori pubblicati nelle collane della “CLUEB” e di Diabasis, in cui egli non è autore degli scritti.
Stante la natura delle censure esposte in ricorso, con apposita ordinanza istruttoria del 16.5.2017 n. 5816, la Sezione ha ordinato al MIUR e all’ANVUR, per quanto di rispettiva pertinenza, di produrre in giudizio una dettagliata e documentata relazione esplicativa dove esporre i dati, i criteri e le modalità con cui, in concreto, si è addivenuti a ritenere superate delle mediane di settore nella misura prescritta dell’Allegato B al D.M. n. 76 / 2012 (per il settore 11/A1), da parte dei tre docenti sopra menzionati.
In data 21.9.2017 l’Amministrazione ha dato esecuzione all’incombente istruttorio, provvedendo al deposito di articolata relazione dell’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca), l’organismo che, sulla base delle regole fissate dal menzionato Allegato B al D.M. n. 76 del 2012, ha adottato la delibera n. 50 del 2012, provvedendo a fornire una più precisa puntualizzazione delle opere ammissibili ed a valorizzare le mediane per ciascun settore concorsuale.
Prima di entrare nell’esame del merito delle censure svolte dai ricorrenti (e delle controdeduzioni di parte pubblica), il Collegio intende chiarire di essere consapevole del consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui, affinché i ricorsi collettivi (come quello in esame) siano ammissibili nel processo amministrativo, occorre che vi sia identità di situazioni sostanziali e processuali, e cioè che le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi; di conseguenza anche dopo la codificazione del 2010 (artt. 40 e ss. c.p.a.), la proposizione del ricorso collettivo rappresenta una deroga al principio generale secondo il quale ogni domanda, fondata su un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione; pertanto, la proposizione contestuale di un’impugnativa da parte di più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto o contro più atti tra loro connessi, è soggetta al rispetto di stringenti requisiti, sia di segno negativo che di segno positivo: i primi sono rappresentati dall’assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l’accoglimento della domanda di alcuni dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con l’accoglimento delle istanze degli altri; i secondi consistono, invece, nell’identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali siano identiche nell’oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi (Consiglio di Stato sez. IV , 27/01/2015 n.363).
Con riguardo al caso di specie non è dubitabile che ricorrono le condizioni sopra evidenziate, atteso che vi è identità: dell’oggetto (essendo impugnati i medesimi atti da tutti i ricorrenti); degli interessi facenti capo ai diversi ricorrenti in epigrafe (tutti destinatari di un giudizio negativo e miranti alla caducazione della procedura nella sua interezza per difetto di costituzione dell’Organo valutativo); del vizio dedotto che è unico ed attiene, per tutti i ricorrenti, alla composizione della Commissione giudicatrice, la quale sarebbe stata costituita (anche) da soggetti privi della qualificazione prescritta dalla normativa sopra ricordata. Inoltre, nessuna delle censure svolte attiene ai giudizi espressi nei confronti dei singoli candidati, né fa riferimento a possibili diversità di posizioni dell’uno rispetto all’altro ricorrente, ma sono censure tutte volte al travolgimento dell’intera procedura valutativa onde ottenere una nuova “chance” di favorevole valutazione di ciascuno da parte di una Commissione in diversa composizione.
Può quindi concludersi che vi è identità delle domande introdotte ed è da escludere ogni conflitto di interessi (anche solo potenziale) tra i diversi ricorrenti, il che induce il Collegio a ritenere il ricorso senz’altro ammissibile.
Ciò precisato, si può ora vagliare la fondatezza dell’unico, articolato motivo di gravame.
Alla luce dell’istruttoria svolta e anche tenuto conto di quanto dedotto dall’ANVUR nella relazione istruttoria in atti, il Collegio ritiene il ricorso fondato per quanto di ragione.
In effetti, non può ritenersi superata alcuna delle tre mediane di settore (per la determinazione delle quali vedi la tabella ANVUR di cui al doc. 3 ric.), da parte del Presidente prof. Meloni, atteso che, sulla base del curriculum dallo stesso fornito al MIUR (doc. 5 ric.), con riferimento al decennio rilevante (2002-2012) è pacifico che il docente non abbia superato la mediana relativa agli articoli e ai contributi in volume (che è pari a 19, cfr. doc. 3 ric.), avendo al suo attivo n. 11 contributi in volume (vedi doc. 5, pag. 1 e 2). E’ vero che nel decennio anteriore all’indizione della procedura valutativa per cui è causa sono riferibili al prof. Meloni, oltre agli 11 contributi in volume, anche diverse “curatele”, ma trattasi di attività che, ai sensi dell’art. 10 della delibera ANVUR n. 50 del 2012, “non costituiscono libro ai sensi dell’Allegato B del decreto abilitazione (il D.M. 76/2012, ndr). I capitoli di volumi in curatela rientrano come Contributi in Volume di cui alla lettera c)”, la quale si limita ad inserire nella categoria “Capitoli su libro”, le seguenti tipologie di prodotto scientifico: “contributi in volume (capitolo o saggio)”; “voce (in dizionario o enciclopedia)”; “prefazione o postfazione”. Nelle opere curate dal docente non si evince, a fianco della mera attività di curatela, la redazione di capitoli o prefazioni. E’ pertanto documentato che, con riferimento alla mediana “de qua”, non sia stato raggiunto un valore di produttività sufficiente al superamento della stessa. E’ poi incontestato il mancato superamento della median relativa alle pubblicazioni in riviste di fascia A.
Quanto alla restante mediana, relativa alla redazione di monografie, che è fissata dall’ANVUR in n. 2 monografie nel corso del decennio (quale valore medio della produzione di un professore ordinario del settore concorsuale in oggetto), la stessa relazione dell’ANVUR finisce implicitamente per confermare il mancato superamento del predetto valore soglia, in quanto, delle 4 monografie dichiarate, in realtà una sola di esse può assumere rilevanza ai fini del superamento della mediana (si tratta del libro dal titolo “Il Condaghe di San Savino”, Cagliari, 2005) mentre, ad avviso del Collegio (e in adesione a quanto dedotto da parte ricorrente) due monografie sono contenutisticamente e “testualmente” estranee alla Storia medievale. Si tratta del libro “Emigrati sardi a New York ai primi del Novecento. I Berchiddesi…”, edito nel 2011 e dell’opera monografica “Vita quotidiana a Berchidda tra ‘700 e ‘800”, edita nel 2004. Sul punto l’argomento giuridico speso dall’ANVUR nella propria relazione non è affatto convincente, laddove afferma che la produzione rilevante ai sensi dell’art. 8 D.M. 76/2012 poteva anche collocarsi al di fuori del settore concorsuale di riferimento, trattandosi di mero indicatore quantitativo di una produzione scientifica, mentre l’inerenza del percorso scientifico sarebbe attestata in modo sufficiente dall’appartenenza del commissario al ruolo dei professori di prima fascia del settore concorsuale considerato. Trattasi di lettura non condivisibile dell’art. 8 D.M. n. 76/2012, laddove stabilisce che “per quanto attiene al parametro di cui all’articolo 4, comma 4, lettera a) (che è proprio quello dell’impatto della produzione scientifica secondo i parametri di cui agli Allegati A e B) la coerenza è accertata, (…..) per i settori concorsuali di cui all’allegato B, sulla base degli indicatori e delle regole di utilizzo ivi specificati”. Si rammenta, al riguardo, che il primo e imprescindibile criterio su cui si basa la valutazione delle pubblicazioni nell’ambito delle abilitazioni scientifiche, è proprio la “coerenza con le tematiche del settore concorsuale o con tematiche interdisciplinari ad esso pertinenti” (art. 4, comma 2, lett. a), D.M. cit.).
Ma, ed è ciò che più conta, se si seguisse la tesi dell’Amministrazione, si arriverebbe al risultato illogico per cui mentre le mediane, statisticamente, vengono ad essere determinate con riferimento ai prodotti scientifici inerenti allo specifico settore concorsuale (nella specie “Storia Medievale”), la produzione individuale necessaria al superamento dei valori di mediana potrebbe comprendere anche scritti più o meno estranei al settore, il che non è accettabile, perché implica il raffronto tra grandezze qualitativamente diverse e non comparabili.
Non può inoltre essere considerata nel numero delle monografie necessario al superamento della mediana (pari a 2) neanche l’opera “Medioevo catalano”, che raccoglie e ripropone saggi del prof. Meloni già editi ben prima dell’anno 2002.
Ciò in quanto l’Allegato B, nel fissare le regole sulle modalità di calcolo delle mediane e del loro superamento, chiarisce che il periodo di rilevanza delle opere scientifiche da considerare in funzione del conseguimento dei valori di mediana è dato, esclusivamente, dal decennio anteriore all’indizione della procedura ASN e, pertanto, con riguardo alla tornata 2012, il decennio non poteva andare a ritroso oltre l’anno 2002. Ove si potessero considerare saggi già pubblicati in passato, si avrebbe una facile modalità per eludere il periodo di prescritta rilevanza.
In definitiva, dovendosi considerare (nel decennio 2002-2012) una sola opera monografia mentre per il superamento della mediana ne servivano almeno tre e considerata la pacifica insufficienza dei valori relativi agli altri indicatori (e cioè articoli, capitoli di libro e pubblicazioni in fascia A), deve ritenersi che il prof. Meloni non integrava il requisito del superamento di almeno una delle mediane di settore, prescritto ai sensi del combinato disposto dell’art. 8 comma 3 D.M. 76/2012 e dell’Allegato B al medesimo D.M.
Non possono invece condividersi le censure relative alle rispettive posizioni dei commissari prof. Dalena e prof. Greci.
Quanto al primo, i dati esposti nella relazione dell’ANVUR (vedi pag. 12) e l’esame del curriculum del docente (v. doc. 6 ric.), dimostrano che gli debbono essere attribuite n. 43 pubblicazioni tra contributi in volume e articoli su riviste, valore ampiamente superiore alla mediana corrispondente che è pari a 19. Con i due libri al suo attivo nel decennio di riferimento il prof. Dalena eguaglia invece, ma non supera la mediana relativa alle monografie, ma ciò è ininfluente, in quanto era sufficiente il superamento di una sola mediana per poter assumere le funzioni di commissario ASN.
Quanto al prof. Greci, stante un numero di quarantasette contributi al suo attivo, è sufficiente al rigetto della censura il superamento, da parte sua, dell’indicatore relativo a contributi in volume e a articoli su riviste scientifiche.
Il brillante superamento di questa mediana rende irrilevanti e ininfluenti le ulteriori censure dei ricorrenti.
In conclusione il Collegio deve accogliere le sole censure relative al Presidente Meloni, che non poteva far parte della Commissione per le ragioni dianzi esposte, il che è sufficiente ad accertare l’illegittima composizione dell’organo collegiale (vizio costitutivo). Trattandosi infatti di collegio perfetto, il quale richiede dunque il necessario apporto di tutti i componenti, ovvero di un quorum strutturale pari ai componenti predetti, esso non può prescindere dalla presenza e dalla pienezza dei requisiti in capo a tutti i suoi membri. Tale vizio costitutivo, investendo radicalmente la legittima composizione della Commissione, determina l’annullamento in via derivata di tutti i successivi atti concorsuali e, in particolare, dei giudizi espressi nei confronti dei ricorrenti che sono tutti, per ciò solo, ugualmente viziati. L’annullamento, tuttavia, è destinato ad operare nei limiti dell’interesse fatto valere dai ricorrenti alla rivalutazione delle rispettive posizioni di ciascuno da parte di una Commissione in diversa composizione (per la possibilità di far operare gli effetti della sentenza, che pure accerti un vizio attinente alla costituzione/composizione della Commissione giudicatrice, nei soli limiti dell’interesse fatto valere e ai soli fini del riesame delle singole posizioni azionate, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 1 settembre 2016, n. 3788; ex multis, TAR Lazio, III, 29 ottobre 2014, n. 10865).
Ne consegue che, visto anche l’art. 35, comma 1, lett. e), c.p.a. (laddove si prevede che il Giudice, nei limiti della domanda, condanna all’adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio), per il rinnovato esame dei ricorrenti in epigrafe il MIUR dovrà senza indugio provvedere alla nomina di una Commissione in rinnovata composizione che provveda al riesame di ciascuno di essi. Stante il loro numero, si ritiene che i nuovi giudizi dovranno essere pubblicati entro il termine di gg. 90 (novanta) dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della presente sentenza.
La novità della questione giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Gabriella De Michele, Presidente
Silvio Lomazzi, Consigliere
Claudio Vallorani, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Claudio Vallorani | Gabriella De Michele | |
IL SEGRETARIO
W L’interdiscipinarietà, quindi, io sono un docente (suppongo relativamente illustre) di Storia medievale, ma se, a fine carriera, comincio ad occuparmi invece di Storia moderna, allora vengo tagliato fuori da tutto? Sarà pure una decisione giuridicamente corretta, ma le norme sono insensate, possibile che non si possano prendere in considerazione anche settori affini? Eppoi, anche se a 65 anni non pubblicassi più niente, la mia competenza nel campo non dovrebbe essere messa in discussione. Bisognerebbe fare ricorso a qualche Tribunale Internazionale per i Dirittti della Ricerca!
2) Chi le paga, le spese, i membri anvur che hanno avallato la decisione sbagliata? Con lo stipendio che ricevono, potrebbero anche permetterselo…
Congratulazioni, ma c’è qualcosa di surreale nel Consiglio di stato che si trasforma in spulciatore di bibliografie e arbitro della bibliometria. Un motivo in più per espellere tutte queste pratiche sciamaniche dalla normativa.
È la giusta punizione di un ceto docente che ha accettato le ridicole umiliazioni degli acronimi (VQR, ASN, SUA, ….) e la famosa valutazione quantitativa della qualità. Ormai siamo nelle mani degli amministrativi (nei dipartimenti) e degli amministrativisti, avvocati e giudici!
Il ceto docente è variegato: c’è chi ha mantenuto identità e dignità, c’è chi si è venduto per acquistare il potere di favorire o spezzare le carriere.
Franco: “W L’interdiscipinarietà ecc.”. I giudici commisurano le proprie decisioni sulle norme in vigore, devono farlo, e le norme chi le avrà stabilite e definite? L’Anvur, vero? E se ai 65 anni uno/a smette di pubblicare, per scelta sua o per ragioni di salute (incrociamo le dita, è molto scientifico farlo, soprattutto in questi tempi di “pratiche sciamaniche”), non deve aspirare a diventare commissario/a a tutti i costi, perché le competenze possono diventare obsolete. E non è l’unica volta che un/a commissario/a all’ultimo momento raffazzona un volume ‘monografico’ reciclando articoli vecchi o vecchissimi, mettendo i famosi connettivi tra un capitolo (articolo) e l’altro per farli diventare monografia. Ricordo un linguista che diceva di un altro: il vero studioso pubblica articoli e non libri (monografie), dopodiché in altre occasioni avrà dovuto dire il contrario. Questo (il reciclaggio) lo può constatare anche un giudice, ma sono prima di tutto i ricorrenti a farlo. E guarda caso si tratta di un settore non bibliometrico (a Nemobis) e sono i canditati respinti a essere i veri e primi spulciatori. I comportamenti “non commendevoli” stavano e stanno sia a monte (decisioni, norme) che a valle (applicazioni, concorsi locali), per questo sarebbe stato bene annullare tutto e riformarlo in termini semplici e trasparenti, perché oramai si è creata una palude piena di ogni sorta di cose “non commendevoli”. http://www.veronasera.it/cronaca/applicazione-spazzapp-smartphone-immondizia-strade-igiene-urbana-verona.html
La verità è che hanno fatto bene a far ricorso. Nel ricorso i ricorrenti avranno fatto riferimento a ciò che avevano notato perché si potesse effettuare la pratica, gli avvocati avranno pensato ad altro. E’ sempre commendevole chi interviene per evitare e punire le storture. Si fosse fatto più spesso ciò che abbiamo visto dall’inizio dell’ASN sarebbe ormai un ricordo.
Il problema non è non poter far parte delle commissioni per un ordinario di carriera, il problema è quello degli ordinari o associati sul campo, la cui carriera è stata spezzata da colpevole superficialità di chi non ha letto gli articoli e le monografie (o le ha lette per campione, carotaggio verrebbe da dire), del tutto inidoneo a pronunciare un giudizio, invidie, lotte fra ‘scuole’, e forse altro che neanche immaginiamo.
L’ASN andrebbe abolita subito, anche se ormai ha fatto molto danno, più di quello che si potrebbe immaginare da persone che, in fondo, dovrebbero tenere alla loro reputazione di studiosi.
Pero’ stiamo attenti : una volta abbandonata la regola per cui l’ordinario, in quanto tale, è legittimato a far parte delle commissioni di concorso del ssd in cui è, in un dato momento, incardinato (regola di agevole accertamento) e adottata quella della necessità di una valutazione preventiva degli aspiranti commissari, è inevitabile l’ampliamento del margine di intervento dei giudici amministrativi, che si sentono legittimati a entrare sempre più nel merito. Non conosco la vicenda, ma trovo inquietante che si arrivi a discettare della riconducibilità al SSD delle pubblicazioni di un ordinario. La burocratica (sovente approssimativa) declaratoria di inesistenti settori scientifici rischia di diventare una gabbia per la ricerca e, soprattutto, un’inesauribile miniera per aspiranti ricorrenti. Basti pensare alla vicenda dell’ASN di diritto privato e alla sempre opinabile – ammesso e non concesso che esista – linea di demarcazione fra diritto privato e diritto commerciale. Ma un discorso analogo penso che valga per tutte le discipline
Sembra che sia messo in discussione proprio il modo di calcolare le mediane: dovrebbero entrare nel calcolo “solo” le pubblicazioni coerenti con il Settore concorsuale (non quelle dei professori afferenti al settore), esattamente come per i candidati.
Sarà per questo che poi sono arrivate le “soglie”?
Ma insomma! Come può permettersi un tribunale di entrare nel merito delle pubblicazioni di uno studioso? Noi mica ci arroghiamo il diritto di entrare nel merito delle fattispecie di reato che un tribunale attribuisce ad un reo? Il giudizio amministrativo ha da essere sulle FORME, non sui CONTENUTI. Ai contenuti ci pensiamo noi.
Il giudice non entra nel merito delle pubblicazioni. Valuta se le mediane sono superate. I ministri meritocratici del MIUR, i tecnocrati (fai da te) di ANVUR, ed il silenzio comnplice dell’accademia hanno consegnato l’accademia italiana nelle mani dei giudici amministrativi. “In effetti, non può ritenersi superata alcuna delle tre mediane di settore (per la determinazione delle quali vedi la tabella ANVUR di cui al doc. 3 ric.), da parte del Presidente prof. Meloni, atteso che, sulla base del curriculum dallo stesso fornito al MIUR (doc. 5 ric.), con riferimento al decennio rilevante (2002-2012) è pacifico che il docente non abbia superato la mediana relativa agli articoli e ai contributi in volume (che è pari a 19, cfr. doc. 3 ric.), avendo al suo attivo n. 11 contributi in volume (vedi doc. 5, pag. 1 e 2).”
Questo caso è a me noto da subito, essendo territorialmente vicino. Lo studio sull’emigrazione sarda ai primi del 900 , di cui si meravigliavano tutti come titolo valido, sarà senz’altro eccellente, ma anche un giudice può capire che il riferimento temporale è lontanuccio dal Medioevo, persino se lo si vuole dilatare in avanti come si fa alle volte per la storia dellEuropa orientale. Del resto un caso del genere, che non sarà l’unico, spiega le esagerazioni eccessive di Catania, e forse anche di altri di cui non si parla.
Io dico solo che un valido studioso di storia può sicuramente passare dalla storia medievale alla storia moderna restando un valido studioso, così come un matematico può passare dalla geometria all’algebra o un fisico passare dalla relatività alla meccanica quantistica. Siamo giunti al punto che oggi un giudice metterebbe in galera Einstein perchè nello stesso anno ha fondato la relatività ristretta, posto le basi per gli sviluppi della meccanica quantistica e scritto un articolo fondamentale sul moto browniano (che di primo acchito non c’entra niente con gli altri due).
https://en.wikipedia.org/wiki/Annus_Mirabilis_papers#Special_relativity
Ripeto, alla faccia dei peana osannanti l’interdisciplinarietà.
Poi non so quanto sia bravo Meloni, o se i candidati meritavano o meno l’abilitazione. Che i giudici applichino le leggi, non ci piove, ripeto che giuridicamente la sentenza sarà anche giusta, ma è insensato punire uno storico perchè dalla storia medievale passa alla storia moderna. Marinella, Meloni non ha smesso di scrivere, si è solo occupato di altre cose che, così per caso, ricadevano in altro settore. Poi, non lo so, magari Meloni è scientificamente un incapace e i sui libri scientificamente non valgono nulla, non sono esperto del campo, potebbe anche essere, ma cosa c’entra? Allora bastava che, nel volume in cui ha raccolto gli articoli già pubblicati, li riscrivesse riformulandoli… et voila, la mediana la superava? Tutto questo è insensato.
Ma ancora non si comprende che le norme,,le soglie, le caratteristiche delle pubblicazioni ecc. non le hanno stabilite i magistrati? Se deve essere solo Storia medievale, così deve essere, giusto o sbagliato che sia. E se uno studioso non vuole ossevare il principio, è libero di farlo, ma non pretenda anche di essere commissario, oppure contesti il principio nelle dovute sedi.
Questo è perfettamente il punto. Quando le questioni “scientifiche” sono state trasformate in paletti amministrativi, quando si è consegnata la “scienza” in mano ad una autorità amministrativa (ANVUR) in nome del “merito” e della oggettività dei numeri, in quel momento si è consegnata nelle mani dei giudici l’ultima parola sulla “scienza”.
La magistratura amministrativa ha il compito di verificare che nei procedimenti della funzione pubblica siano rispettate le leggi, i provvedimenti attuativi e perfino i regolamenti di Ateneo. Chi dovrebbe farlo sennò?
Invece entra sì nel merito, posto che ritiene alcune delle monografie non congrue. Esattamente come il Tribunale di Catania, che si è arrogato il diritto di decidere se Storia Urbana sia o no inerente al SSD M-STO/04. Criticare l’ANVUR si può (forse si deve), fare da corifei al protagonismo dei magistrati NO!
A suo tempo Daniele Checchi scambiò la fosca previsione di Sabino Cassese (avendo introdotto criteri e parametri dentro i processi amministrativi di valutazione, saranno i giudici a decidere in ultima istanza) per un auspicio. Adesso Brunello Mantelli scambia il mio commento che prende atto di quanto accade, con un “fare da corifei” per l’intervento dei magistrati. E difende la commissione del vergognoso caso Scirè.
Sarebbe poi interessante vedere la reazione di una commissione di storia medievale di fronte a un candidato che presenti una monografia sull’emigrazione sarda nell’800 (“non pertinente! non pertinente!!”).
Se iniziano ad andare a spulciare i curricula dei commissari dell’ASN 2012 nei settori non bibliometrici ci sarà da ridere: io mi concentrerei ad es. sulle curatele spacciate per monografie.
Brunello Mantelli, cosa c’entra? E’ palese che architettura e storia sono settori diversi, ma anche a Catania i giudici fanno riferimento ad un parere esperto. Qui i giudici si arrogano il diritto di decidere se una monografia rientra o meno in un settore disciplinare. Non è nelle loro competenze. Anche se io costruisco un muro nella proprietà del mio vicino, il giudice chiede una perizia, anche se basterebbe controllare la mappa del catasto. Qui invece sanno distinguere Storia medievale da storia moderna così, senza nemmeno addurre un motivo giustificatorio? Tra l’altro, il confine fra medioevo ed età moderna ha comunque numerosi aspetti puramente convenzionali. Ma allora che ci mettano i giudici, nelle commissioni di concorso. Se va avanti così, nessuno vorrà più fare il commissario, e ci sono già casi in cui i commissari non si trovano. Siamo passati da un opposto (il giudizio della commissione è insidacabile) all’opposto contrario.
Ma lei ha letto gli atti, le dichirazioni degli esperti convocati (storici del settore, ordinari) , e degli imputati? Meglio di un romanzo (ovviamente storico, per rimanere nel settore, senza intervento o richiamo all’ordine dei magistrati).
Marinella Lorinczi, non li vedo menzionati in questo documento, hai un link? Certo, se i giudici hanno chiesto pareri di esperti, ritiro quello che ho detto. Ciò non toglie che il problema a monte è l’Anvur e le norme sono irragionevoli, a prescindere da questo caso specifico.
Il parere è stato chiesto direttamente alla fonte: “In data 21.9.2017 l’Amministrazione ha dato esecuzione all’incombente istruttorio, provvedendo al deposito di articolata relazione dell’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca), l’organismo che, sulla base delle regole fissate dal menzionato Allegato B al D.M. n. 76 del 2012, ha adottato la delibera n. 50 del 2012, provvedendo a fornire una più precisa puntualizzazione delle opere ammissibili ed a valorizzare le mediane per ciascun settore concorsuale.”
Franco: mi riferivo ovviamente a Catania. Non so come ci sono arrivata, sicuramente partendo dalla comunicazione della notizia qui in Roars, andando di link in link. Ovviamente non ricordo i dettagli, ma sì il divertimento , si fa pe dire, nel leggere
Tutto bene, ma, mentre i ricorrenti vincitori aspetteranno una nuova commissione che dovrebbe esaminarli “ora per allora”, cioè sette anni di vita rubati, il “colpevole”, Miur o Anvur e lo stesso commissario, come saranno puniti? Senza contare che gli abilitati da quella commissione saranno sempre nel limbo di quelli che sono passati per merito proprio o “grazie a”. Non sono anche loro danneggiati?
Il prossimo passaggio sarà escludere i commissari, le cui pubblicazioni siano giudicate (dal CdSt.) non di qualità elevata.
A Catania l’unica cosa di veramente vergognosa è stata la sentenza di condanna di tre studiosi di valore. La storia urbana da decenni è insegnata all’università e rientra perfettamente nel SSD M-STO/04. C’è pure una rivista che si chiama “Storia Urbana”. Per inciso poi la presunta architetta “digiuna di storia” è stata abilitata proprio per il SC 11/A3 = Storia Contemporanea a professore di seconda fascia. Obiettivo mancato invece dal “grande storico” ricorrente.
Sembra veramente difficile schierarsi senza esitazione a difesa dell’operato della commissione di Catania dopo che in tutte le sedi di giudizio, compresa quella penale, la commissione ha avuto la peggio. A maggior ragione se si leggono delle motivazioni della sentenza:
https://www.roars.it/una-dolosa-violazione-della-normativa-le-motivazioni-della-sentenza-di-condanna-del-tribunale-penale-di-catania/
Mi lascia anche perplesso che una società scientifica, la SISSCO, sia accorsa in soccorso della commissione. Anche se magari è solo una coincidenza, tutto ciò è accaduto a Catania, adesso nell’occhio del ciclone per un’altra inchiesta di cui sono trapelate intercettazioni rivoltanti.
Degno di nota invece l’attacco al ‘grande storico’ che non ha conseguito l’abilitazione. Del tutto in linea con le rivoltanti intercettazioni catanesi.
Della pertinenza delle pubblicazioni di Meloni hanno parlato a suo tempo i quotidiani. Devo dire che mi pare ci sia molto poco da discutere su monografie che nel titolo recano riferimenti a 1700 e 1800. Non sono di storia medioevale, punto.
Forse il documento prodotto da ANVUR l’ha scritto Andrea Graziosi. Sarei curioso di leggerlo.
Antonio Banfi, nella mia ignoranza, penso che le metodologie storiche siano abbastanza simili, così come tutte le metodologie matematiche (fra loro) e tutte le metodologie fisiche (magari distinguendo fra fisica teorica e fisica sperimentale). per cui sono sicuro che un buon geometra potrebbe benissimo essere un buon algebrista, e un teorico della relatività un ottimo studioso di meccanica quantistica (e di esempi ce ne sono!). A maggior ragione, mi pare che uno storico possa essere contemporaneamente un ottimo storico medievale e un ottimo storico dell’età moderna (ripeto, non che ci sia questa grandissima differenza). Per cui chi si occupa contemporaneamente di due cose diverse dovrebbe valere metà degli altri (o lavorare il doppio?) Ripeto, non me la prendo con la decisione dei giudici, ma il sistema è insensato. E a parole si proclama di voler incentivare l’interdisciplinarietà, nei fatti si tarpano le ali a chi interdisciplinare lo è davvero.
Mentre invece, ad un matematico, ad esempio, basta pubblicare un articolo in cui si parla di biologia, per ricevere immediatamente il decuplo di citazioni rispetto ai colleghi. Non perchè è più bravo, e non necessariamente perchè sia più interdiscciplinare (in alcuni casi, lo è davvero), ma solo perchè i biologi sono di più (e anche citano di più). Tutte storture puntualmente rilevate e analizzate da roars, tra l’altro.
Questa non è la vicenda di Catania, non spariamo su uno storico perchè ha fatto semplicemente lo storico… Ripeto, non lo conosco, magari è bravissimo, magari è indegno, o più probabilmente un ottimo studioso come tanti, ma lui cosa c’entra?
Mantelli: E’ più che giusto che chiunque abbia un avvocato difensore. Tra parentesi, quando la non affatto presunta architetta, ma sicuramente priva di dottorato, ha conseguito l’abilitazione in Storia contemporanea? le cronologie hanno una certa rilevanza. Ma qui la bravura dei singoli non c’entra, e a quanto pare è difficile farlo capire. Non si può che rileggere le motivazioni dell’ultima sentenza di Catania, riproposta anche qui. Erano gli storici del settore, convocati come esperti dai magistrati, che esprimevano i loro pareri sul profilo del settore disciplinare e non i giudici, che invece hanno riflettuto sul contesto della vicenda, in maniera per me affascinante. Franco: certo, l’interdisciplinarità va a farsi benedire, ma non è colpa né sua né mia ma di chi l’ha bandita (esiliata) col metro o colla bilancia in mano, insomma coi numeretti (chiedo scusa ai matematici); e nessuno spara sulla bravura dello storico in questione, ci si meraviglia che non si fosse reso conto, ai fini pratici concorsuali, che ‘900 non è ‘400 (stiracchiando), anche metodologicamente parlando (per il medioevo sardo si devono studiare documenti nel catalano dell’epoca, per il ‘900 no, ad es.).
Noto che si glissa sul punto: Storia Urbana è in tutto il mondo un settore di Storia Contemporanea. Qui invece Roars sorvola. Quanto al “grande storioco”, era ovvio pendant polemico verso l’architetta “presunta ignara di storia”. Considerazione, questa sì, “rivoltante”. Quanto all’attacco personale ad Andrea Graziosi, vi (s)qualifica ulteriormente. E forse definitivamente.
Cioè chiedersi se Andrea Graziosi è l’autore del documento prodotto da ANVUR per il TAR sarebbe un attacco personale (mentre lui era nel consiglio direttivo)? Spero proprio sia un effetto della calura estiva.
Brunello Mantelli: «Quanto al “grande storioco”, era ovvio pendant polemico verso l’architetta “presunta ignara di storia”.»
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Il virgolettato “presunta ignara di storia” lascia pensare che in questa o altra discussione qualcuno abbia usato questa espressione. In realtà, una ricerca estesa tutti i commenti del blog, non mi ha dato alcun risultato. È lecito allora domandarsi chi e dove abbia usato questa espressione messa tra virgolette. In ogni caso, che in una discussione pubblica ci si riferisca ironicamente a Scirè (che ha prevalso in tutte le sedi di giudizio) come il “grande storico” lascia davvero senza fiato.
Ah sì? Graziosi è il Santo Padre sotto mentite spoglie? Ma vergognati Mantelli.
Difficile discutere con chi appaia, purtroppo, in malafede (ma ovviamente la mia è un’impressione sicuramente errata). Sarò ovviamente lieto di riprendere il discorso qualora si intervenga nel merito dei problemi che ho, magari malamente, cercato di porre.
Casomai: “Difficile discutere con chi appare”. Eh sì qui siamo tutti in malafede grazie per averlo notato.
Casomai: “difficile discutere con chi appaia” = a me pare, ma non è detto che io abbia ragione. Forma obliqua. L’italiano ha le sue regole: “appare” = son certo che sia; “appaia” = mi viene il dubbio che sia, ma proprio perché è un dubbio uso il congiuntivo (coniugazione della possibilità, non della certezza).
Quanto al fatto che Voi siate in malafede, tu lo hai scritto, io mi son limitato ad avanzare un’ipotesi.
Ceterum censeo, che nessuno finora è entrato nel merito delle questioni che ho cercato di porre. Ciò dà da pensare.
In effetti dà da pensare.
Molto malamente. Direi che potrebbero quasi apparire in malafede. Pensa un po’.
Qui rispondo alla collega Marinella Lörinczi, autrice di una risposta garbata assai, di cui la ringrazio: quando l’architetta presunta ignara di storia (dizione più corretta) abbia conseguito l’abilitazione nel SC 11/A3 (= SSD M-STO/04) lo puoi facilmente vedere sul sito dell’ASN. SC 11/A3, abilitati II fascia.
Resta che il pilastro della sentenza catanese (di primo grado!) era la presunta incongruenza delle competenze della vincitrice con quelle richieste dal SSD M-STO/04, ora voglio vedere come se la caverà la corte competente in sede di appello a fronte del fatto che la presunta “incompetente” e sia stata abilitata a professore di II fascia, e ora sia ricercatrice a TD di tipo B, quindi in procinto, passati i tre anni canonici, di insediarsi quale professore associato per il SSD M-Sto/04. Confido che dei giudici non sussistano solo a Berlino ma anche là dove il sì suona.
Per inciso, anche nel caso, controverso, di Storia Medioevale ASN 2012 il Consiglio di Stato ha sì accolto il ricorso per quanto riguarda il presidente, ma ha cassato per 2/3 le valutazioni non poco “larghe” di incompetenza fornite in prima istanza dal TAR, secondo il quale ben 3 dei 5 commissari erano sotto le mediane necessarie per ricoprire tale ruolo. Il CdS ha infatti eccepito solo sul presidente, mentre ha accertato che per gli altri due commissari finiti nel mirino del TAR le mediane erano state superate a iosa. Quindi non sempre le sentenze, in ogni caso da rispettare, sono necessariamente l’oracolo di Delfi.
Ciò comporta, altresì, che le controdeduzioni opposte dal MIUR/ANVUR alla prima sentenza del TAR non erano così campate per aria, essendo che sono state accolte per 2/3 dal CdS. Curioso nessuno lo abbia messo in rilievo! Ciò a prescindere di chi sia stato l’estensore materiale di tali controdeduzioni, se Paolino Paperino, Ariele spirito dell’aria od il truce Calibano.
Ringrazio per i due puntini sul mio cognome, cosa rara; ma per essere perfetti ci vogliono due accenti acuti. Non voglio perdere tempo cercando la data dell’abilitazione in questione. Tuttavia, anche se non sono giurista penso che una abilitazione , seppur abilitazione, non possa influire retrospettivamente, modificando le circostanze e i dati noti ai giudici in relazione a quel concorso, del 2011. A seguito di quale concorso la persona in questione è diventata ed ē ora ricercatore? Di uno successivo a quello contestato? Ma non spetta a me mettere in fila le date e i fatti legati alle date successive al 2011. Quanto alla declaratoria allargata ad libitum in sede concorsuale, ci includerei anche lo studio della letteratura contemporanea, perché no. Quanta letteratura , prosa e poesia, è stata dedicata alla prima guerra mondiale, ad esempio?
Mi pare che la discussione in una prima fase assai garbata, stia ora decisamente degenerando…
Mi permetto molto sommessamente di fare alcune considerazioni: la prima riguarda il concorso di Catania di storia che ha visto vincitrice un’architetta priva del titolo di dottore di ricerca… Questo è quanto; se la Commissione si fosse limitata a prendere atto del non possesso del titolo, non si sarebbe dovuta arrampicare sugli specchi della produzione scientifica per provare, malamente, visti gli esiti giudiziari (amministrativi e penali) a far vincere la candidata in questione, sacrificando il Dott. Scirè che oggi, giustamente, attraverso l’Associazione Trasparenza e Merito denuncia le malefatte dell’Università di Catania e di molti altri Atenei.
La seconda considerazione riguarda la decisione relativa a Storia Medievale che importa la nomina di una nuova commissione per valutare i ricorrenti. Nessuno solleva il problema “politico-accademico” della “legittimità” dei verbali con cui sono stati abilitati gli altri candidati (successivamente chiamati nelle varie sedi). Se alcuni colleghi continueranno a essere “autoreferenziali” (o, peggio, a comportarsi come il Marchese del Grillo che, appunto diceva “io so io e voi non siete un c…”) la prossima volta il giudice non solo ordinerà di rivalutare i candidati bocciati, ma annullerà l’intero procedimento annullando tutti i provvedimenti successivi! O si avvia una seria e serena riflessione sui criteri con cui cooptare i giovani bravi e brillanti, oppure verremo molto presto spazzati via…
Ottimo. Aboliscano l’ASN: l’avrebbero dovuto fare da subito, dalla tornata 2012. Le tante incongruenze, superficialità, interventi ‘esterni’ sulle commissioni, sono state denunciate subito.
Ben venga chi ha il coraggio (e i soldi) per far ricorso ed andare sino in fondo.
Pensate ai giovani, benissimo, ma anche a chi lavora da tanto ed attende il riconoscimento delle proprie fatiche. Premiare chi ha dato il suo apporto tanto nella didattica quanto nella ricerca, al di là di mediane, soglie, e criteri vaghi quali rigore, originalità, o qualità da piccione viaggiatore (ha partecipato a molti convegni), significa dare respiro e maturità alla ricerca ed esempi ai giovani. C’è stato un tempo in cui non ci si preoccupava così tanto dei giovani, gli studi dovevano essere seri, non c’erano borse di studio, e qualcuno aveva doppi lavori (uno non riconosciuto e non pagato da ricercatore, l’altro a tempo pieno e pagato poco) ….
Così, per curiosità, ma la nuova commissione come dovrà essere composta? Da docenti che *allora* soddisfacevano i criteri di *allora*? Da docenti che *adesso* soddisfano i criteri di *adesso*? di *allora*? E l’eventuale abilitazione sarà retroattiva (cioè scadrà fra pochi mesi?)