Si è appena concluso il primo quinquennio di riforma dei percorsi professionali introdotta dalla Buona Scuola ed ecco che Valditara ne annuncia già un’altra: la nuova “filiera formativa tecnologico-professionale”. La sperimentazione ideata dal Ministro dell’Istruzione e del Merito è una rivoluzione, dicono al Sole 24 Ore: taglio di un anno di studi, esperienze “on the job” fin dai 15 anni, alternanza scuola-lavoro potenziata fino a 400 ore l’anno, ricorso ordinario all’apprendistato di primo livello, insegnanti scelti tra imprenditori e professionisti, sistema di certificazione dei percorsi di formazione regionale  basato sui test INVALSI. Un nuovo canale formativo, abbreviato e direttamente incardinato nel percorso dei nascenti ITS Academy. Una “filiera”, appunto, che trasforma il più rapidamente possibile il giovane da studente a lavoratore. Chi a 14 anni esce dalla scuola del primo ciclo e non può permettersi il lusso di studiare, non ha tempo da perdere. I “dispersi impliciti”, i “fragili” etichettati dall’INVALSI, anno dopo anno, gli “sfigati”, come li ha definiti Daniele Checchi: la riforma è a loro che si rivolge. Per questi giovani servono conoscenze di tipo professionale e pochi schemi comportamentali:  vocazione all’impegno e alla disponibilità, buoni rapporti con la gerarchia, spirito di sacrificio e gusto per il risultato, capacità di superarsi, disposizione al cambiamento e all’obbedienza. Sono queste le qualità umane che il giovane, povero ma volenteroso, deve rapidamente apprendere, non certo la filosofia. 


 

Si è appena concluso il primo quinquennio di riforma dei percorsi professionali introdotta dalla Buona Scuola ed ecco che Valditara ne annuncia già un’altra: la nuova “filiera formativa tecnologico-professionale” (vedi pdf in calce). Al sole 24 ore la definiscono una “rivoluzione”: è la sperimentazione ideata dal Ministro dell’Istruzione e del Merito e  illustrata in un recente confronto con i sindacati, che fa seguito a quanto stabilito nel Decreto PNRR “Aiuti TER”.
L’ipotesi che sta circolando  entra nel dettaglio di quanto già avevamo commentato qui, all’epoca della pubblicazione del Decreto, ultimo atto del governo Draghi:  un’ ulteriore stretta scuola-lavoro, che coinvolgerebbe gli istituti tecnici e professionali, i centri di istruzione e formazione regionale e  le nascenti fondazioni para-aziendali denominate ITS Academy.

L’idea di base è nota: gli studi tecnico-professionali devono avere come unico scopo quello di garantire la corrispondenza capillare tra domanda e offerta in funzione dei “fabbisogni di ciascun settore e territorio”. Serve quindi una trasformazione radicale dell’ordinamento esistente e una nuova campagna mediatico-promozionale, che ne sostenga l’immagine pubblica, accompagnata dal consueto racconto sulla mancanza di lavoratori per le imprese e dall’esortazione a scegliere percorsi scolastici non liceali.

Valditara ce lo aveva fatto intendere in più occasioni, fin dal suo insediamento: scrivendo direttamente alle famiglie, all’alba delle nuove iscrizioni 2023; ricorrendo alla potenza evocativa del ricordo personale – c’era un amico che andava male in matematica ma costruiva splendide fioriere per pneumatici.. – e alla nobilitazione della diversità delle intelligenze; dichiarandosi pubblicamente anti-gentiliano e sostenitore di una scuola autenticamente democratica. Anche in occasione di un recente convegno alla Camera di Commercio di Milano ha dichiarato di voler superare la “gerarchizzazione sociale e culturale che contrappone licei e istituti”, promettendo cambiamenti.

D’altra parte, se è vero, come ricordava Antonio Tajani all’ultimo Meeting di Rimini, che “non dobbiamo tutti studiare economia e filosofia”, e “chi può lavorare deve andare a lavorare”, è giusto che i giovani che “possono” e “devono” lavorare non perdano tempo a scuola. Si faccia della scuola una formazione precoce al lavoro ben fatta.

 

2. Formazione e lavoro:  sincronizzazione perpetua

La corrispondenza capillare scuola-lavoro così come la abbiamo intesa finora non basta più. L’allineamento domanda/offerta va cercato non solo in senso “spaziale”, in funzione di fabbisogni produttivi geograficamente differenziati. Nella bozza di sperimentazione si fa riferimento a una nuova dimensione: quella della sincronizzazione temporale, laddove si dichiara di voler realizzare un sistema “capace di costanti e naturali adeguamenti”.  È una capacità tutta nuova quella che la scuola tecnico-professionale italiana deve acquisire: entrare in perpetua risonanza con il mondo produttivo, su tempi che non possono più attendere quelli della durata ordinamentale di percorsi stabiliti per legge: i 5 anni di studio. L’inerzia strutturale e la temporalità tipica del sistema scolastico, che le conquiste del Novecento hanno dilatato e tentato di universalizzare, oggi devono fare un passo indietro.  Per far questo servono nuove regole e nuovi insegnanti. Da qui l’idea della filiera integrata, da formalizzare con un “patto tra imprese, tessuto produttivo e scuole”.

Il  “4+2”, l’ha chiamato Valditara.  Un po’ come per le offerte dei supermercati, la riforma offre diplomi in 4 anni anziché 5 e promette di incanalare direttamente i giovani nelle catene produttive del loro territorio. Una filiera integrata, appunto: termine mai più appropriato, che tipicamente descrive quell’ insieme di passaggi che conducono al “prodotto finito”, che “precedono l’arrivo della merce sullo scaffale del negozio”. Solo che in questo caso la merce/prodotto finito sono gli studenti e il negozio è il mercato del lavoro locale.

3. Caratteristiche e destinatari della sperimentazione

I tecnici del Ministero dell’Istruzione e del Merito dichiarano in apertura, nella bozza di sperimentazione, la consueta triade di buone intenzioni:  “rendere concreta la pari dignità dei diversi percorsi formativi”“valorizzare i talenti degli studenti”, e naturalmente “contrastare la dispersione scolastica”.

Per far questo propongono:

  • Un nuovo modello organizzativo: quello del Campus e dei partenariati, ovvero accordi regionali, con fondazioni ITS e rappresentanti del mondo dell’impresa. Seguiranno immancabili Linee guida, che dettaglieranno  e renderanno strutturale la “co-progettazione”, la “stipula di contratti di apprendistato” e “l’offerta formativa”.
  • Un anno in meno di tempo scuola: la filiera “4+2” sarà distinta in 2 “segmenti formativi”, dei quali il primo sarà quello corrispondente all’attuale percorso di istruzione tecnico-professionale, riducendo dunque a 4 i 5 anni di scuola secondari; il secondo, biennale, sarà quello degli ITS Academy. Nel testo tra i destinatari della sperimentazione si parla di “percorsi di istruzione tecnica, professionale ma anche liceale”. D’altra parte, la pseudo-sperimentazione dei “licei quadriennali”, partita nel 2013, è stata  ampliata col PNRR da 100 a 1100 istituti, e non è escluso che anche per quei percorsi sia possibile l’integrazione in filiera.  Il Ministero sostiene che al termine primo segmento abbreviato di 4 anni tutti gli studenti dovranno conseguire i medesimi “risultati di apprendimento”, grazie alle virtù dell’innovazione metodologica e della flessibilità didattica e organizzativa, messe in opera da insegnanti motivati e formati (sono previste piani formativi per “internazionalizzare” gli insegnamenti).
  • Esperienze di lavoro in azienda fin da subito: le esperienze “on the job” verranno potenziate, a partire dai 15 anni. Si potrà ricorrere ordinariamente ai contratti di apprendistato di I livello: un’“utile modalità di inserimento di personale adeguatamente formato per le imprese”. Per allineare meglio i percorsi si prevede poi “un potenziamento delle ore dedicate ai PCTO”. L’ex alternanza scuola lavoro arriverà ad occupare, per i percorsi di formazione regionale, fino a 400 ore.
  • Insegnanti imprenditori: sul piano didattico, verranno proposti “moduli” e “attività laboratoriali” gestiti da “soggetti provenienti dal mondo del lavoro e delle professioni”, assunti mediante contratti di prestazione d’opera in adeguamento all’  “evolversi dei fabbisogni del territorio”.
  • Certificazioni INVALSI: la sperimentazione inaugurerà un nuovo sistema di valutazione e certificazione degli studenti provenienti dai percorsi di formazione regionale (IeFP) “incentrato sugli esiti delle rilevazioni degli apprendimenti svolte da INVALSI che attestino il livello raggiunto”.

Facile prevedere che gli studenti della futura filiera professionalizzante, anche in un’ottica di mobilità inter-regionale della forza lavoro, dovranno essere studenti certificati e bollinati INVALSI.

4. Dalla formazione professionale alla professionalizzazione della formazione

La filiera 4+2 di Valditara introduce nel sistema degli ordinamenti un nuovo canale formativo, inizialmente sperimentale, ma prevedibilmente destinato a diventare il canale privilegiato di accesso al mondo delle professioni: un percorso scolastico abbreviato e obbligatoriamente incardinato nella formazione dei nuovi ITS Academy.

Si realizza così quella trasformazione evocata da anni, da tutte le forze politiche: la fusione tra scuola e imprese, in termini di obiettivi, prassi didattiche e profili in uscita; e il passaggio del controllo di un pezzo del nostro sistema di istruzione da mano pubblica a operatori privati.

Due i punti chiave della consegna delle scuole tecnico-professionali al mondo della produzione.  Da un lato, i vincoli della co-progettazione e del partenariato, dall’altro, il travaso continuo di risorse umane: Imprenditori che diventano insegnanti, studenti che diventano lavoratori. La riduzione di 1 anno del corso di studi, l’apprendistato di primo livello ordinario e generalizzato, l’alternanza scuola lavoro potenziata adegueranno poi incessantemente gli standard formativi ai desiderata del mercato locale, smistando studenti-lavoratori nelle diverse realità produttive territoriali: forza lavoro pronta per essere utilizzata.

Valditara al recente convegno alla camera di commercio milanese ricordava, con enfasi:

“Pensate che supera i 4 mesi il tempo medio di ricerca necessario agli imprenditori per trovare le persone per ricoprire le posizioni richieste dall’azienda”[1].

Inaudito, per il ministro, che l’impresa italiana non disponga di lavoratori pronti per l’uso in tempo reale. La filiera 4+2 promette  l’azzeramento dei tempi di attesa, garantendo il riciclaggio permanente delle competenze professionali degli studenti, costruite e validate direttamente nello spazio produttivo.

D’altra parte, come si ripete all’opinione pubblica, si tratterebbe di interesse comune, del bene del sistema paese. Sono anni che l’impresa viene presentata come  luogo determinante nella lotta alla disoccupazione e alla dispersione. E se solo l’impresa può creare occupazione, spetta all’impresa promuovere la migliore relazione tra formazione e lavoro. I datori di lavoro, i professionisti, i tecnici hanno acquisito una nuova funzione sociale, diventando gli attori principali di un processo di crescita educativa e civile, e non più solo economica.

La formazione scolastica e l’acquisizione di saperi e conoscenze diventano superflui. Possono dunque essere ridotti a saperi minimi, certificati dall’INVALSI. Il diploma, inteso come referenziale universale, non trova alcuna corrispondenza nell’impresa.  Sarà il “portfolio delle competenze” – recentemente introdotto anche nella formazione generalista con la nuova figura di tutor e orientatore – a segnalare il valore reale dello studente-lavoratore. Costantemente aggiornato, darà testimonianza dell’incessante mobilitazione e dell’acquisizione di comportamenti, prassi e attitudini adeguati alla richiesta dei datori di lavoro.

La sperimentazione di Valditara inaugura non solo un nuovo modello di formazione-lavoro,  breve e centrato sul protagonismo dell’impresa formatrice, fortemente differenziato a livello regionale; consolida una nuova forma di socializzazione professionale, impone la logica dell’occupabilità precoce, permanente e individualizzata, che si oppone alla cultura del lavoro socialmente e storicamente fondata. All’orizzonte, si intravede un nuovo ordine salariale, dominato dalla flessibilità dell’impiego e dalla contrattazione individuale tra lavoratore e datore di lavoro. La certificazione delle competenze e il portfolio personale non possono che condurre a questo.

Lo studente che a 14 anni esce dalla scuola del primo ciclo e non può permettersi il lusso di studiare non ha tempo da perdere. Non parliamo del figlio di Briatore, ma dei “dispersi impliciti” etichettati dall’INVALSI, anno dopo anno,  dei “fragili“, degli “sfigati”, secondo la definizione di Daniele Checchi. La riforma è a loro che si rivolge. Per questi giovani servono conoscenze di tipo professionale e pochi schemi comportamentali: apprendere la vocazione all’impegno e alla disponibilità, imparare i rapporti con la gerarchia, sviluppare lo spirito di sacrificio e il gusto per il risultato, la capacità di superarsi, la buona disposizione al cambiamento e all’obbedienza. Sono queste le qualità umane – le  famose competenze non cognitive – che il giovane, povero ma volenteroso, deve rapidamente apprendere, non certo la filosofia o la letteratura.

Nulla di nuovo, d’altronde:

“La scuola media superiore per tutti, al più alto livello di qualità didattica e di disciplina formatrice, è una prospettiva insopportabile per l’ordine tardocapitalistico che vuole bensì la scuola per tutti ma perché tutti, convenientemente sottoeducati, possano essere consegnati alla selezione extrascolastica e al sottoimpiego nella produzione”.

(Franco Fortini, 1971)

 

 

 

 

Sperimentazione filiera formativa

 


[1] https://www.youtube.com/watch?v=dG_WTZ6z9xE  Minuto 26 circa.

Print Friendly, PDF & Email

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.