In ambito internazionale c’è stato un acceso dibattito sull’opportunità che le università erogassero didattica in presenza in un anno accademico pieno di incognite a causa del pericolo di una seconda onda dell’epidemia Covid-19. Difficile trovare traccia di questo dibattito nei mezzi di informazione italiani. Fatte salve alcune eccezioni,  gran parte delle università italiane hanno aderito senza fiatare alla linea tracciata dal Ministro Manfredi e dalla CRUI: didattica “mista” (impropriamente denominata “blended”) erogata simultaneamente in presenza e a distanza, per chi si collega in remoto. Una scelta che, oltre a non evitare i rischi sanitari dell’assembramento quotidiano di studenti, abbassa la qualità della didattica fruita a distanza, trasmessa e registrata in condizioni ben lontane dall’essere ottimali. Come non era difficile prevedere, a poche settimane dall’inizio delle lezioni, si osserva una minacciosa ripresa dei contagi e si riapre la questione sull’opportunità di favorire mobilità e assembramenti che contribuiscono ad aggravare il peso che grava sui sistemi sanitari regionali. Come nel caso delle scuole, mancano dati esaurienti sui focolai legati alle università. Ciò nonostante, il rapporto che ripubblichiamo di seguito, evidenzia un quadro nazionale molto serio, a fronte del quale tutti sarebbero tenuti a fare il massimo sforzo per prevenire anche il minimo aggravamento. Come reagiranno all’emergenza il Ministro Manfredi e la CRUI? Cercheranno fino all’ultimo di mantenere una frazione significativa di didattica in presenza, scaricando su altri settori e attività le chiusure necessarie per prevenire il disastro? Oppure, prenderanno atto della gravità del momento e, per senso di responsabilità nei confronti della salute dei cittadini e dell’economia del paese, ripiegheranno sulla didattica a distanza senza attendere che sia il Governo a imporlo?

Previsioni Covid-19 di ricoveri, terapie intensive e decessi: 23 ottobre – 15 novembre 2020

Giuseppe De Nicolao(1), Franco Blanchini(2), Paolo Bolzern(3),
Marta Colaneri(5),Patrizio Colaneri(3), Alessandro Di Filippo(5),
Giulia Giordano(4), Paolo Sacchi(5), Raffaele Bruno(1) (5)

Sintesi:Ad oggi, 23 ottobre 2020, le rilevazioni nazionali pubblicate sul sito della Protezione civile di pazienti positivi al Covid-19, di ricoverati con sintomi, di ricoverati in terapia intensiva e di decessi presentano un andamento esponenziale con tempo di raddoppio intorno ai 10 giorni. Mantenendo questo ritmo di crescita, a metà novembre i dati odierni risulteranno più che quadruplicati, raggiungendo e superando i seguenti numeri: 900.000 attualmente positivi, 50.000 ricoverati, 5.000 pazienti in terapia intensiva, 500 decessi giornalieri. Alcune regioni presentano una crescita ancora più veloce. È il caso della Lombardia che, mantenendo l’attuale tempo di raddoppio di circa 6 giorni, a metà novembre raggiungerà e supererà i seguenti numeri: 600.000 attualmente positivi, 35.000 ricoverati, 3.000 pazienti in terapia intensiva, 300 decessi giornalieri. Il nostro esame dei dati conferma l’analisi del Prof. Parisi, le cui stime sono state citate nella lettera del 23/10, firmata da oltre 100 scienziati e indirizzata al Presidente Mattarella e al Presidente del Consiglio Conte, con la richiesta di “assumere provvedimenti stringenti e drastici nei prossimi due o tre giorni”.

(1) Dipartimento di Ingegneria Industriale e dell’Informazione, Università di Pavia
(2) Dipartimento di Scienze Matematiche, Informatiche e Fisiche, Università di Udine
(3) Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria, Politecnico di Milano
(4) Department of Industrial Engineering, Università di Trento
(5) Division of Infectious Diseases I, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia

Fonte dei dati: Dati forniti dal Ministero della Salute, Elaborazione e gestione dati a cura del Dipartimento della Protezione Civile, https://github.com/pcm-dpc/COVID-19

Metodo: Regressione lineare sul tempo del logaritmo degli ultimi 14 valori dei ricoveri totali i quali, negli ultimi 14 giorni, sono ben allineati su una retta (Fig. 1 in alto, linea blu continua). La retta, una volta prolungata in avanti (Fig. 1 in alto, linea blu punteggiata), consente di prevedere la crescita dell’epidemia in assenza di misure capaci di rallentarla in modo significativo. Tale andamento, riportato in scala naturale (Fig. 1 in basso, linea blu), corrisponde a una curva di crescita di tipo esponenziale.
Le previsioni di attualmente positivi, ricoverati in terapia intensiva e decessi giornalieri sono proporzionali a quelle dei ricoverati totali tramite costanti di proporzionalità stimate sugli ultimi 14 giorni. Infatti, l’esame delle curve in scala logaritmica mostra che per periodi medio-brevi le quattro curve presentano profili circa paralleli (Fig. 1 alto). Un’importante conseguenza è che se crescono i positivi, crescono in modo proporzionale pure ricoverati, terapie intensive e decessi. Quindi, anche a fronte di un minor tasso di fatalità rispetto a marzo, la crescita esponenziale dei contagiati, se non viene frenata, è comunque destinata a produrre una crescita esponenziale dei decessi, oltre che dei ricoverati e dei ricoverati in terapia intensiva, con conseguente collasso del sistema sanitario.

Terminologia: Per tempo di raddoppio (doubling time) si intende il tempo necessario perché la curva, crescendo, raggiunga il doppio del suo valore di partenza. Per ricoverati totali si intende la somma dei ricoverati con sintomi e dei ricoverati in terapia intensiva. Per attualmente positivi si intende il numero totale dei soggetti che, in una certa data, risultano registrati come positivi.

Situazione attuale Italia: Al 23 ottobre risultano i seguenti dati:

  • positivi al Covid-19: 186.002
  • ricoveri totali: 11.598
  • ricoverati in terapia intensiva: 1.049
  • media settimanale decessi giornalieri: 90
  • decessi giornalieri: 91

Previsione Italia: Con un tempo di raddoppio pari a 10 giorni, se non saranno adottati interventi capaci di rallentare la crescita esponenziale, 20 giorni sono sufficienti a quadruplicare tutti i dati del monitoraggio. La proiezione al 15 novembre è (Fig. 1):

  • positivi al Covid-19: > 900.000
  • ricoveri totali: > 50.000
  • ricoverati in terapia intensiva: > 5.000
  • media settimanale decessi giornalieri: > 400
  • decessi giornalieri: > 500

Previsione Lombardia: Per quanto riguarda la Lombardia, la situazione attuale è:

  • positivi al Covid-19: 37.950
  • ricoveri totali: 2.197
  • ricoverati in terapia intensiva: 184
  • media settimanale decessi giornalieri: 16
  • decessi giornalieri: 7

Se il tempo di raddoppio per la Lombardia si manterrà intorno ai 6 giorni, il 15 novembre si avrà (Fig. 2):

  • positivi al Covid-19: > 600.000
  • ricoveri totali: > 35.000
  • ricoverati in terapia intensiva: > 3000
  • media settimanale decessi giornalieri: > 250
  • decessi giornalieri: > 300

Conclusioni: Lo scorso 21 ottobre, il Presidente dell’Accademia dei Lincei, Prof. Giorgio Parisi, ha scritto nel suo blog sull’Huffington Post:

Se andiamo avanti con lo stesso ritmo di aumento, ovvero se i numeri dei casi continueranno ad adagiarsi sulla stessa retta, fra tre settimane ci troveremo con quasi centomila casi al giorno, cinquecento morti al giorno e con la stessa crisi sanitaria del marzo scorso. Ma ben prima di arrivare a centomila casi al giorno, il sistema sanitario e il tracciamento collasserebbero con conseguenze disastrose.

Il nostro esame dei dati conferma l’analisi del Prof. Parisi, le cui stime sono state citate nella lettera del 23/10, firmata da oltre 100 scienziati e indirizzata al Presidente Mattarella e al Presidente del Consiglio Conte, con la richiesta di “assumere provvedimenti stringenti e drastici nei prossimi due o tre giorni”. Anche il professor Massimo Galli, direttore di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, insieme ai colleghi infettivologi Marino Faccini (Ats Milano) e Marco Rizzi (ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo) il 20 ottobre ha lanciato un appello che chiede di «Fare presto».

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20 Commenti

  1. Breaking News: il Senato Accademico dell’#Università di Pavia ha appena deliberato che, fino al 16/11, “tutte le lezioni saranno erogate a distanza”. Possibile lo svolgimento in presenza di laboratori, tirocini ed esercitazioni, esami scritti.


    • Io sono felice, invece, di aver potuto fare almeno buona parte delle mie lezioni in presenza. Un sincero grazie, per questo, al nostro Rettore che ha tenuto la linea fino all’ultimo.

  2. Ma è tanto difficile installare un filtro uv all’areazione dei bus e dei treni regionali e metropolitani? E invece dei banchi un termoscanner e un sanificatore a ozono nelle aule (da accendere mezz’ora dopo la chiusura e/o prima dell’apertura), così come in tutti i locali pubblici pubblici e privati?
    Non costano migliaia di €. Alcune scuole li hanno già acquistati.
    Inoltre si vorrebbe sapere quanto si è investito per potenziare la rete che dovrebbe reggere l’immane incremento del traffico per smart work e DAD.
    Altrimenti sono solo ignobili menzogne date in pasto alla plebe. Ma gli italiani sono un popolo civile e non si fanno trattare da plebe.
    E lasciatemi dire che un commissario straordinario in regime di stato di emergenza non può limitarsi a spedire respiratori, ma deve verificare di persona in tempo reale la situazione sul campo. Non può limitarsi a mandare una mail. Può e deve requisire e precettare, occuppare immobili e terreni, impianti e infrastrutture e, a prescindere dalle competenze regionali, trasporti, mobilitazione di studenti e specializzandi medici e sanitari, di ong e semplici volontari improvvisati, nonché naturalmente l’esercito. Sono sicura che i bambini si divertirebbero un mondo ad andare a scuola in stile dopoguerra. Ma bisogna avere coraggio e anche capacità di mobilitare gli altri. Bertolaso docet. Chi ha vissuto il terremoto del Friuli lo sa.

  3. Chiedo spiegazioni a chi ne sa più di me.
    Se capisco bene nell’analisi di Parisi del 21 ottobre il tempo di raddoppio del numero di nuovi casi è di 7 giorni e la correlazione tra casi e decessi avviene a 7 giorni di distanza.
    Sempre se capisco bene, sella vostra analisi del 23 ottobre c’è un tempo di raddoppio di 10 giorni e una correlazione a 14 giorni.
    Quanto sono rilevanti queste differenze nei tempi di raddoppio e di correlazione?

    • Nella nostra analisi, partiamo dalla serie temporale del totale dei ricoveri in ospedale, perché
      1) appare meno soggetta a distorsioni rispetto alla serie degli attualmente positivi (per es. deve essere filtrata con una media mobile a sette giorni e include sia positivi in seguito a sospetto diagnostico, tipicamente sintomatici, che positivi in seguito a screening, tipicamente asintomatici);
      2) è più statisticamente stabile (minor rapporto deviazione standard/media) rispetto a terapie intensive e decessi giornalieri. Alla luce di queste considerazioni, calcoliamo il tempo di raddoppio della serie dei ricoveri e lo usiamo per proiettare anche le altre tre serie, in base alla constatazione del loro parallelismo su periodi medio-brevi.
      È possibile che ciò conduca a una stima più prudenziale (tempo raddoppio di 10 giorni) rispetto a quella di Parisi (7 giorni). La sua analisi ha il pregio di usare due variabili causalmente legate (ingresso = nuovi positivi, uscita = decessi) e di trovare un ritardo (7 giorni) sostanzialmente in accordo con i dati clinici. Forse, però, c’è più variabilità perché i nuovi positivi sono sostanzialmente una derivata e i decessi hanno una varianza comparabile alla media (in condizione ideali sarebbero Poisson-distribuiti). In conclusione, non sorprende che ci sia qualche discrepanza, ma la sostanza di una crescita esponenziale pericolosamente rapida non cambia.

  4. Estremamente interessante – e preoccupante – lo studio riportato. Vorrei condividere quello che faccio qui (una facoltà di medicina in UK dove la situazione è simile – oggi a 19,000 casi in UK e 17,000 in Italia). Nella mia facoltà, le lezioni plenarie (quelle con 150-200 studenti) sono solo online. Quelle a piccoli gruppi (io ne ho due settimanali, con nove studenti ciascuna) sono in persona, ma con regole ben precise: nelle aule gli studenti sono a distanza di 2 mt (e anch’io); nei corridoi e spazi comuni è obbligatoria la mascherina (non in aula, dove è garantito il distanziamento perché i banchi sono in positzioni precise); disinfettanti per mani ovunque. Quando mi capita che uno studente sia positivo, o in quarantena in quanto ha flat mate positivi, questo segue la sessione a distanza. La sensazione (ma non credo ci siano ancora studi così ben fatti come quello su questo sito) è che quando gli studenti si infettano, questo non avviene in aula (dove abbiamo le misure descritte sopra) ma nei residence o nelle case. Questo però si applica a UK dove gli studenti non studiano quasi mai nel posto di residenza, ma non dovrebbe essere un problema in Italia dove credo che la maggioranza viva ancora con i genitori e dove la socializzazione avviene nella città di residenza e con amici non necessariamente compagni di università. Mi domando se esistano corsi per piccoli gruppi, che permettono l’insegnamento in persona con un distanziamento sociale altrimenti impossibile.

  5. Mi pare che il tempo di fare i conti con la realtà fosse nei mesi scorsi, quando già era prevedibile il disastro che si ottiene lasciando moltiplicare una dinamica esponenziale. Visto che il sistema scolastico contribuisce in maniera significativa ad R, sarebbe stata un’ottima opportunità per introdurre la tecnologia per la migliore possibile didattica a distanza, cosa che comunque farà parte del futuro anche dopo il covid. Invece il governo ha preferito comprare banchi a rotelle su cui mandare il paese a sbattere contro un muro.

    • “…per la migliore possibile didattica a distanza, cosa che comunque farà parte del futuro anche dopo il covid”.
      Non capisco perché dopo il Covid dovremmo parlare di didattica a distanza.
      La didattica non in presenza mi fa pensare ad un futuro distopico immaginato da Asimov (vorrei citare il racconto giusto ma adesso non mi viene in mente, scusate).

      Emanuele Martelli

    • Emanuele, secondo me la didattica a distanza funziona male se uno cerca di replicare on-line quello che sarebbe ottimale in presenza. Invece di limitare le perdite, si può cercare di massimizzare i guadagni, trovando la diversa ottimizzazione che sfrutta le potenzialità nuove. Ad esempio, non ci vedo niente di distopico a seguire un corso on-line di virologia nell’università dove insegnò Asimov, ed uno di neurobiologia in California.

    • Caro Alessandro, sul fatto tecnico di per sé sono d’accordo nello sfruttare le potenzialità che la DAD offre. Ma quello che dici andrebbe bene secondo me per uno specializzando od un dottorando o un post-doc.
      Quello che io considero distopico è l’idea di studenti-clienti che comprano corsi online seguendoli da casa, svuotando così il concetto di comunità docenti-studenti.
      E questo non è un fatto tecnico, è un fatto politico (nel senso nobile del termine).

  6. Ringrazio gli Autori per l’analisi esaustiva della situazione e della sua possibile evoluzione.
    Si tratta sicuramente di scenari da scongiurare che si realizzeranno facilmente in quanto non siamo stati capaci di prepararci adeguatamente a questa seconda ondata. Infatti dando per accertato che il problema centrale non è l’incidenza individuale (è una malattia a bassa letalità) ma l’impotenza del sistema sanitario già ora sotto sforzo nella risposta all’aumento di contagi che sono, per usare le parole dello stesso premier, “dovuti soprattutto agli spostamenti con i mezzi pubblici” fonte FQ 27/10/2020, ci si doveva (può ancora?) preparare a rispondere in modo completamente diverso ( il banco con la rotella!!!), sostenendo, ben oltre i saldi di bilancio statale, il trasporto pubblico (nel precedente dpcm mi pare si sia addirittura diminuito il trasporto pubblico). Di questi spostamenti di cui fa parte sicuramente la platea studentesca universitaria però non si può tener traccia (a differenza delle università) per cui si fa finta che non siano un problema.
    Inoltre voi stessi sottolineate l’inesistenza di dati disponibili sulla potenzialità delle università quali fonti di contagi.
    Quindi nessuno può escludere che i casi in università ( che nessuno ha quantificato finora) siano dovuti, almeno in parte, a contagi sui mezzi pubblici di trasporto.

    Ma questo viene scritto nelle conclusioni in definitiva chiedendo il passaggio alla didattica on line.

    Quindi il nesso di causalità tra l’evoluzione epidemiologica, frutto della vostra meritoria analisi, e i focolai universitari (mai quantizzati) non mi pare evidente tantomeno dimostrato.
    Almeno non sembra sufficiente da utilizzare come base critica per i provvedimenti ministeriali (e non ho mai guardato con simpatia in quella direzione).
    Se mi è sfuggito nel testo vi chiedo di indicarmelo chiaramente.
    Cordialmente

    • Non mi pare che gli autori sostengano che esiste un nesso di causalità tra l’evoluzione epidemiologica e i focolai universitari (o meglio, i contagi direttamente o indirettamente causati dalla didattica in presenza).

      Però esiste anche un principio di precauzione, in parte regolato dal diritto, per cui spetterebbe a chi sostiene l’opportunità di proseguire con la dip dimostrare che questo nesso NON esiste.

  7. @franco
    A me pare esattamente il contrario di quello che pare a lei, giusto se leggo “Fatte salve alcune eccezioni, gran parte delle università italiane hanno aderito senza fiatare alla linea tracciata dal Ministro Manfredi e dalla CRUI: didattica “mista” ….Una scelta che, oltre a non evitare i rischi sanitari dell’assembramento quotidiano di studenti”…
    il nesso di causalità (quantomeno) suggerito mi pare evidente come Godzilla tra i palazzi di Tokyo.

    Per quanto si sa nessuno ha quantizzato i casi nelle università e d’altra parte le università hanno realizzato i piani di sicurezza sanitaria che neanche in ospedale si applicano, minimizzando (idiota sarebbe colui che vuole realizzare il rischio zero) i rischi.
    Poi se lei o chiunque altro mi fa vedere i dati dei contagi in università sono pronto a discuterli e se necessario a ricredermi, come qualsiasi uomo di scienza farebbe.
    E infine se gli Autori non sostengono l’esistenza di un nesso di causalità allora non si capisce proprio la critica al ministro che ha scelto la didattica mista.

    Non ho conoscenze approfondite di diritto e quindi non so su quale principio di diritto si fonda la stravagante idea che se qualcuno sostiene senza dimostrarlo un nesso di causalità l’altro abbia a suo carico l’onere della prova della NON esistenza del nesso.
    Cordialmente

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