«Università, altro che merito. E’ tutto truccato» tuona l’Espresso. La dimostrazione? La mancata carriera di un aspirante professore che nei suoi “quasi dieci anni di esperienza accademica” aveva pubblicato un articolo scientifico su rivista internazionale ed un solo altro lavoro in inglese apparso in un volume che raccoglieva gli atti di un congresso. Ai lettori giudicare se sia più grave la mancanza di meritocrazia nel reclutamento accademico o in quello dei giornalisti.

EspressoTruccatoDopo l’intervista-recensione a Stefano Pivato, un professore ordinario a fine corsa, rotto a tutte le esperienze accademiche, inclusa quella di rettore, Maurizio di Fazio si cimenta con un’impresa agli antipodi, ovvero con l’intervista-recensione ad un “un ex dottorato” (sic), autore di un libro non pubblicato. Una specie di sfida a Borges che recensiva libri inesistenti.

Quella di Matteo Fini, figlio del giornalista Massimo Fini, è una requisitoria che tocca tutti o quasi i topoi della letteratura sulle malefatte baronali. Non manca una stoccata alla scarsa internazionalizzazione del CV dei docenti:

le pubblicazioni sulle riviste internazionali, quando ci sono, sono messe in bella mostra, mentre quelle sulle riviste nazionali vengono liquidate sotto la dicitura “altre pubblicazioni.

Severissimo anche nei confronti del contributo in atti di convegno

che è una pubblicazione, e che quindi va a curriculum, fa massa, valore, prestigio, carriera, altri soldi. C’è una lunga teoria di riviste che esistono solo per pubblicare gli atti di questi convegni.

Un’encomiabile autocritica, viene da pensare: infatti, nei suoi “quasi dieci anni di esperienza accademica” Fini  ha collezionato una sola pubblicazione scientifica su rivista internazionale, a cui si aggiunge un solo altro lavoro scritto in inglese, apparso in un volume che raccoglieva gli atti di un convegno.

MatteoFiniScopus

In pratica facevo tutto: lezioni, ricerca, davo gli esami, mettevo i voti. Ero un piccolo professore fatto e finito, senza titolo

racconta Matteo Fini, non senza denunciare che «All’università è tutto truccato». La dimostrazione?

il dipartimento bandisce il concorso per il posto a cui lavoravo da otto stagioni, che avrei dovuto vincere io.

Ma, purtroppo, vince un altro.

Il giornalista dell’Espresso vuole farci credere che l’università non è in grado di riconoscere il merito perché non ha accolto a braccia aperte un ammirevole studioso come Matteo Fini.  Beh, se c’è qualcosa di ammirevole, è che l’autore dell’articolo non sia nemmeno sfiorato dal dubbio che quanto ha scritto potrebbe dimostrare esattamente il contrario.

Ai lettori giudicare se sia più grave la mancanza di meritocrazia nel reclutamento accademico o in quello dei giornalisti.

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23 Commenti

  1. Mi dicono che giornalisti famosi per le loro invettive contro il sistema hanno spesso collaboratori zero-pagati che scrivono articoli e libri che poi questi giornalisti firmano (a singolo autore).

    L’altra sera ho seguito la trasmissione Gazebo, dedicata a Padova. A parte il fatto che il prete padovano parlava molto meglio in italiano di Diego Bianchi, la trasmissione era infarcita da una accozzaglia di luoghi comuni (che definirei razzisti) nei confronti dei veneti.

    Anni fa ho visto una delirante trasmissione di Milena Gabanelli sulla fusione fredda.

    Sono anni che non credo a quelli che scrivono i giornalisti. Proprio in quanto giornalisti.

  2. Ma questo Matteo Fini è lo stesso Matteo Fini che ha un blog sull’Huffington Post?

    http://www.huffingtonpost.it/matteo-fini/

    e che è intervenuto anche sulla questione relativa a “come” interpretare correttamente le parole di Krugman?

    http://www.huffingtonpost.it/matteo-fini/non-smettere-di-studiare-cambia-strada_b_6848940.html

    anche a seguito dell’articolo di Roars?

    https://www.roars.it/krugman-listruzione-e-lonesta-stampa-italiana/ (linkato nell’intervento di Fini)

    Se è lui (mi pare di sì), allora è quasi un giornalista…!

    … e quindi il giornalista dell’Espresso (Maurizio di Fazio, che sembra essere lo stesso che ha un blog su Il Fatto Quotidiano) intervista il quasi giornalista (Matteo Fini, che forse ha un blog sull’Huffington Post), figlio del giornalista Massimo Fini (che scrive su Il Fatto Quotidiano).

    … e poi dicono dell’Università…

  3. Peccato,
    un’altra occasione, sprecata, forse ad arte, per parlare dei seri e gravi problemi di reclutamento che l’Università, statale, italiana sta attraversando.
    I tanti luoghi comuni hanno senz’altro un fondo di verità.
    Ma certo sparare sulla croce rossa è ormai lo sport nazionale.
    E pure il sistema universitario (vedi CRUI) ha fatto del suo per divenire un ottimo bersaglio; ma quello del reclutamento è un problema molto serio che andrebbe affrontato, anche giornalisticamente, in modo altrettanto serio.
    Ad esempio, il giornalista ha analizzato l’età media dei docenti/ricercatori italiani?
    è colpa dei docenti/ricercatori o delle normative demenziali e della carenza di fondi se non quasi più possibile reclutare un bravo e preparato giovane?
    è colpa dei docenti/ricercatori se è quasi indispensabile avere dottorati di ricerca nelle università, meglio se internazionali, per “produrre” dottori di ricerca, spesso con ottime competenze ed esperienze internazionali, in un paese in cui un dottore di ricerca (non “ex dottorato”) non viene preso in considerazione da nessuno?
    Potrei ovviamente continuare a lungo ma un dubbio mi assale.
    Sono forse troppo ingenuo a rispondere e cercar di spiegare cose a coloro, tanti, che con evidenza, appunto ad arte, non parlano dei problemi veri, in modo serio, non cercano soluzioni ma si premurano solo di fingersi demolitori.
    Quanti giornalisti hanno commentato la mancanza dei promessi decreti sulla ASN?
    Come dovrebbero fare i giovani meritevoli ad entrare nel sistema universitario se le porte, semplicemente, non esistono?
    Qualcuno chiede conto al ministro dell’assenza dei decreti relativi, pure con ogni evidenza promessi in una LEGGE DELLO STATO soltanto lo scorso mese di agosto?

  4. Bell’articolo peccato che:
    1) la valutazione era solo per titoli.
    2) il soggetto in questione aveva più titoli dei vincitori, visto che, almeno a quanto si legge e non è stato smentito finora nè da lei nè da altri, le altre due candidate erano quasi neolaureate, e i neolaureati moolto difficilmente hanno più di una pubblicazione internazionale, al massimo una se va bene. E al 99% hanno zero esperienza accademica.
    3) L’età (e quindi i pochi titoli vista l’età) non può essere un motivo di selezione visto che sarebbe discriminazione. In UK è addirittura e giustamente vietato richiederla al momento di un’assunzione.

    Ergo i suoi dati non confutano la versione dell’articolo, ergo ci riprovi con nuovi dati che forse sarà più fortunato.

    PS.Che poi in valore assoluto i titoli fossero pochi è vero, ma non c’entra assolutamente niente. Non confuta la tesi di chi scrive.

    • L’articolo dell’Espresso è (volutamente?) impreciso. Non è nemmeno chiaro se i dettagli sulle due concorrenti si riferiscano al «concorso per il posto a cui lavoravo da otto stagioni, “che avrei dovuto vincere io”» e che – da quanto scritto – sarebbe «un semplice assegno di ricerca». Nel testo, si scrive che «I posti erano sei, le borse di studio in palio due». Più che un concorso per un assegno, sembra essere un concorso per un dottorato di ricerca che contemplava 2 posti con borsa e quattro senza. Sulla pagina Linkedin di Matteo Fini (http://it.linkedin.com/pub/matteo-fini/25/8bb/727) si trovano queste informazioni:


      Per il Dottorato di Ricerca in Statistica metodologica specifica di essere stato sia “Vincitore di posto” che “Vincitore di borsa”, mentre per il Dottorato di Ricerca in “Quantitative Methods and Econometrics”, XXIII Ciclo, Università degli Studi dell’Insubria, specifica di essere stato solo “vincitore di posto”. Che fosse questo il concorso con sei posti e due borse in cui era arrivato terzo? Per inciso, è insolito che a conclusione di un dottorato si chieda l’ammissione ad un altro. La presenza di una laureanda e di una neolaureata tra i concorrenti («I candidati erano tre: io, una ragazza del sud di trentun’anni neolaureata e una ragazza del nord che stava discutendo la tesi») sarebbe meno strana per l’ammissione ad un dottorato rispetto ad un assegno. In effetti, lo stesso termine “assegno” appare in contraddizione con un concorso che mette in palio quattro posti senza borsa. Per chi è del mestiere sorge più di un dubbio che fossero le due ragazze i concorrenti per l’assegno “che avrei dovuto vincere io”.
      ===================
      Armadillo: “la valutazione era solo per titoli”
      ___________________
      Nell’articolo dell’Espresso si scrive anche che c’era un colloquio orale:
      “M’iscrissi al bando e mi presentai al test d’ammissione che era composto esclusivamente da un colloquio orale in cui si ripercorreva la carriera dei candidati.”
      ===================
      Osservo anche che Matteo Fini, da laureato in Scienze Politiche (seppur con una tesi sul rapporto tra Filosofia e Matematica), intraprende nel 2003 un dottorato in Statistica metodologica e nel 2004 pubblica (con due coautori) un lavoro molto tecnico su una rivista di matematica e poi, a parte il contributo ad atti di convegno apparso in volume (sempre con coautore La Torre), non pubblica più nulla nelle sedi internazionali.

    • Ma come, proprio ROAS mi scade sul bibliometrico!

      E’ vero che l’articolo del Fini non compare su ISI Web of Science, ma solo perchè la prestigiosissima rivista “Journal of Inequalities in Pure and Applied Mathematics” rifiuta il sistema commerciale legato all’Impact Factor.

      L’articolo “Characterizations of convex vector functions and optimizations” è rivoluzionario.

      Me ne ha parlato benissimo proprio ieri John von Neumann quando l’ho sentito via Skype (è da un po’ che non si fa vivo di persona). E Johnny mi ha detto che anche Bernhard Riemann ne è entusiasta. Nel loro Dipartimento di Matematica, che è veramente al top level, hanno organizzato due sessioni del Journal Club per discutere degli aspetti più sottili dell’articolo del Fini.

    • A onor del vero sul matscinet compaiono 3 lavori a nome di matteo fini:

      MR2798921 Indexed Fini, Matteo; La Torre, Davide Generalized influence functions and robustness analysis. Mathematical and statistical methods in insurance and finance, 113–120, Springer Italia, Milan, 2008. 62G35
      More links
      PDF Clipboard Series Chapter
      MR2809367 Reviewed Kunze, Herb; La Torre, Davide; Colapinto, Cinzia; Loncar, Jelena; Fini, Matteo Parameter estimation for differential equations using fractal-based methods and applications to economics and finance. Math. Methods Econ. Finance 3 (2008), no. 1, 79–92 (2009). (Reviewer: Sergey Alexandrovich Buterin) 45Q05 (65R32 91B55 91B76)
      More links
      PDF Clipboard Journal Article
      MR2112454 Reviewed Cusano, Claudio; Fini, Matteo; La Torre, Davide Characterizations of convex vector functions and optimization. JIPAM. J. Inequal. Pure Appl. Math. 5 (2004), no. 4, Article 101, 10 pp. (electronic). (Reviewer: Nicolas Hadjisavvas) 49J52 (26A24 26B25 90C25)
      More links
      PDF Clipboard Journal Article

      Quindi nel database di mathscinet c’e’ un altro lavoro a 5 nomi sulla rivista Math. Methods Econ. Finance (non saprei dire quanto prestigiosa). Non potrei escludere che altri database trovino altri lavori. Inviterei il Prof. De Nicolao ad una maggiore attenzione.

    • La rivista, non indicizzata su Scopus e nemmeno Web of Science, è pubblicata da Ca’ Foscari:
      ____________________
      Mathematical Methods in Economics and Finance is a journal published in English by the ex Department of Applied Mathematics of the University Ca’ Foscari of Venice from 2005 to 2011, and by the Department of Economics of the same University from 2012.
      http://www.unive.it/media/allegato/DIP/Economia/mmef-ex-matematica/Volume3-nr1.pdf#page=85
      ___________________
      Il fascicolo in cui compare il lavoro cofirmato da Fini (con altri 4 autori) sembra contenere degli Atti di Congresso:
      ___________________
      “This is the first of two special issues of Mathematical Methods in Economics and Finance devoted to the International Conference MAF 2008 – Mathematical and Statistical Methods for Actuarial Sciences and Finance held in Venice (Italy) from March 26 to 28, 2008.”
      ___________________
      Matteo Fini sembra essere particolarmente severo:
      ___________________
      “Spesso i dipartimenti organizzano seminari (sempre coi soldi dei fondi) il cui unico scopo è quello di presentare i propri lavori, perché così quel lavoro finirà dritto ne “gli atti del convegno”, che è una pubblicazione, e che quindi va a curriculum, fa massa, valore, prestigio, carriera, altri soldi. C’è una lunga teoria di riviste che esistono solo per pubblicare gli atti di questi convegni”

    • Anche il Dip. di Matematica di Unipd ha la sua rivista. Ed anche l’Accademia Galileiana di Scienze Lettere ed Arti di Padova.

      Quando ero postdoc a matematica c’erano professori di matematica (ora morti o pensionati) che pubblicavano (un lavoro ogni dieci anni) solo in queste riviste o nel Bollettino dell’UMI.

      Inutile dire che queste riviste (compreso il Bollettino dell’UMI) non hanno Impact Factor. Ma sicuramente dentro ci sono contributi di inestimabile valore, che solo una commissione di esperti purissimi del sotto-sotto-sotto-settore può apprezzare pienamente (di fatto coloro che hanno scritto l’articolo).

  5. A me sembra che ROARS scimmiotti palesemente la Repubblica, il Fatto Qotidiano e l’Huffington Post.

    Stesso approccio denigrativo nei confronti degli avversari (in primis ANVUR e i suoi membri) non sempre suffragato da riscontri oggettivi.

    Forse ROARS è più ironico ma l’assenza di pietas è la stessa.

    Diciamo che se sto cadendo (lato sensu) non mi aspetto che da quelle e queste parti si sia qualcuno che mi aiuta.

    • Se mi mettessi nei panni di un abilitato, avrei buone ragioni per essere in apprensione, soprattutto alla luce di un grafico come questo.


      Bisogna anche dire che è abbastanza evidente la relazione causa-effetto che esiste tra gli articoli, del tutto simili a quello commentato in questo post, pubblicati nello scorso decennio, e le barre che sprofondano sotto lo zero.

      Non so se le repliche di Roars serviranno a qualcosa, ma se queste campagne di stampa avranno modo di dispiegarsi indisturbate, è difficile pensare che i grafici dei flussi saranno molto migliori nei prossimi anni.

      Ma se qualcuno pensa che il nostro approccio sia troppo denigratorio, possiamo lasciar perdere e sederci a guardare come evolvono quei flussi. Magari arriva qualcun altro in aiuto … che ne so? L’uomo-ragno, per esempio.

    • Quindi, se capisco bene, denigrate ANVUR per avere voce negli stessi quotidiani che, denigrando l’università, portano alla riduzione (secondo voi) del numero di docenti.

      Buon lavoro.

      Comunque, se non ce la fate, puntate il faro in alto e forse l’Hirsch-mobile apparirà all’orizzonte….da nord est.

      ;-)

    • Tagli di FFO, blocchi di turn-over e congelamento degli scatti sono stati preparati e consolidati da una valanga di articoli di questo tenore. Possiamo citare articoli in prima pagina sul Corriere che recitavano “Che ci siano troppi professori è un fatto” (e a 4 anni e più di distanza il turn-over non è ancora tornato al 100%) come pure articoli che denunciavano stipendi fino a 13.000 Euro mensili (e, se qualcuno non se ne fosse accorto, ricordo che i nostri scatti sono ancora bloccati). Benvenuto sulla terra.
      _____________________________
      Riguardo ad ANVUR, se anche tentassimo denigrarlo senza riscontri oggettivi non riusciremmo mai a lederne la reputazione più di quanto faccia la stessa agenzia con la sua burocrazia dadaista e la metodologia sgarrupata. Meglio lasciar fare e limitarsi a raccontare le loro prodezze, cosa che d’altronde cerchiamo di fare da più di tre anni.

    • :-)
      Qualche Hirsch-men si è perso nei flussi, del resto anche Wolverine è morto recentemente. Ma non ci sono evidenze che Fini sia fra questi. Per ora si capisce solo che è incaz… turbato.
      .
      Se tutti quelli che si… turbano scrivono articoli e libri stiamo freschi. Ah, ma già succede.

  6. Il comma 2 dell’art. 6 della
    Legge 30 novembre 1989, n. 398
    Norme in materia di borse di studio universitarie recita:

    2. Chi ha già usufruito di una borsa di studio non può usufruirne una seconda volta allo stesso titolo.

    Mi pare che il comma sia richiamato in tutti i bandi di concorso per l’ammissione ai corsi di dottorato di ricerca

  7. La cattiva abitudine di certi docenti di eclissarsi abbandondo i propri studenti al loro destino è dura a morire.

    Recente il caso di uno studente molto bravo che decide di andare a fare il dottorato in un Paese asiatico molto popoloso con un giovane docente (italiano) pluripremiato.

    Il docente riceve un’offerta da un’altra università (dello stesso Paese ma in una città a statuto speciale) e abbandona lo studente al suo destino. Oltre a fargli altri scherzetti che non scrivo.

    Per fortuna lo studente non si perde d’animo e riesce ad ottenere un posto di dottorato nell’universita’ piu’ antica di un paese anglosassone.

  8. Nell’intervista all’Espresso, uno degli episodi cardine che vengono illustrati a favore della tesi
    dell’Università truccata è il seguente:

    Concorsi, secondo esempio. Gli ultimi saranno i primi. … I candidati erano tre: io, una ragazza del sud di trentun’anni neolaureata e una ragazza del nord che stava discutendo la tesi. I posti erano sei, le borse di studio in palio due. Indovinate in graduatoria in che posizione mi piazzai? Esatto, terzo. E ultimo.
    In un concorso esclusivamente per titoli, … tra due neolaureate, o quasi, e io che una laurea, come loro, ce l’avevo e che possedevo anche un titolo di dottore di ricerca, pubblicazioni scientifiche, manuali didattici e un’esperienza di oltre cinque anni in accademia tra lezioni, lauree, seminari e convegni, ecco in gara con loro due mi classifico terzo, dietro di loro…”.

    Quindi Fini si classifica “…terzo, dietro di loro”, pur essendo molto più titolato e già in possesso del titolo di dottore di ricerca.

    Spero per Fini che il concorso citato non sia stato quello per accedere al Dottorato di Ricerca in “Quantitative Methods and Econometrics”, XXIII Ciclo, Università degli Studi dell’Insubria, di cui Fini è risultato vincitore senza borsa.

    Lo spero perché se il concorso che viene citato, ma non specificato, fosse quello, allora il terzo posto in graduatoria, senza borsa, non sarebbe il corrotto frutto di un sistema in cui “la tua carriera è totalmente indipendente da quello che dici o che fai: conta solamente che qualcuno voglia spingerti avanti” ma testimonierebbe solo la corretta applicazione di una ragionevole (almeno per me) diposizione legislativa che non consente di fruire per più di una volta di una borsa di studio. Il comma 2 dell’art. 6 della Legge 30 novembre 1989, n. 398
    Norme in materia di borse di studio universitarie recita: 2. Chi ha già usufruito di una borsa di studio non può usufruirne una seconda volta allo stesso titolo. Mi pare che il comma sia richiamato in tutti i bandi di concorso per l’ammissione ai corsi di dottorato di ricerca.

    Di conseguenza, mi auguro che il concorso descritto nell’articolo non sia stato un concorso per accedere ad un dottorato di ricerca, perché se così fosse…

  9. Ok, lasciamo da parte l’ironia, ma non sono sicura che Matteo Fini ci guadagni.
    Parliamo seriamente ma per la prima e l’ultima volta, perché, per quanto mi riguarda, far pubblicità eccessiva a certuni è dar loro fin troppa importanza.
    Ci aspettiamo a questo punto, come frutto dell’ #hardworking e delle #goodvibes, che il #nuovolibro, più che l’ennesimo concentrato di sfoghi personalistici e di gossip, sia finalmente un rapporto denso di analisi documentate da fatti, come cv, verbali, rimandi a legislazione esistente, interviste diversificate e attendibili, il tutto esposto ed inserito in un discorso con una qualche consequenzialità logica, basata sull’uso efficace degli argomenti e dei dati.
    Esiste(va) un giornalismo che ha fatto della ricerca (ricerca, non pretesa) della verità documentata un mestiere che si è perso. Penso a Oriana Fallaci e ai suoi reportage e bellissimi libri sul Vietnam, sulla Grecia, sul Messico. Se io fossi una giornalista sarebbero i suoi reportage il mio modello di riferimento, non gli articoli che leggo dalla parrucchiera per ingannare il tempo.

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