Qualche anno fa il Governo si accorse che non c’era modo di valutare la ricerca svolta dalle Università e dagli Enti di Ricerca ed ebbe un’idea geniale: costituire un’apposita agenzia governativa unica per fare una valutazione unica centralizzata. Infatti ne costituì in pochi anni tre: l’Osservatorio per la valutazione del sistema universitario nel 1994, il Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca (CIVR) nel 1998 e il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU) nel 1999.

Da principio fu deciso che la valutazione unica doveva essere ogni tre anni e il CIVR fece appunto la VTR 2001-2003 che era la “Valutazione Triennale della Ricerca”. Siccome qualcuno pensò che era stata cosa buona e utile, il CIVR iniziò subito a lavorare per la VQR 2004-2008, perché nel frattempo la valutazione era diventata quinquennale. Nel 2006 però era nata l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), che presto si sbarazzò di tutto il resto restando di fatto la vera agenzia unica.

Nel frattempo si era perso tempo e la “Q” della VQR cambiò disinvoltamente significato: da “Quinquennale” a “Qualità”, poiché la VQR divenne 2004-2010, ovvero riferita a 7 anni e non più a 5 o 3 (chissà perché tutti numeri dispari?). Grazie all’Agenzia unica la VQR 2004-2010 poteva essere adesso la vera e unica “valutazione unica” della ricerca: furono date regole univoche, che infatti cambiavano continuamente in corso d’opera, e fu ideata una piattaforma informatica unica – di cui parleremo più avanti – per l’inserimento dei prodotti della ricerca.

Alla fine di un lungo processo di valutazione, in cui decine di migliaia di ricercatori delle Università e degli Enti furono distolti dalle loro attività istituzionali per compilare database unici, caricare PDF unici, verificare gli obblighi unici del copyright, agganciare a mano i prodotti inseriti a due banche dati uniche di multinazionali straniere, l’ANVUR comunicò trionfalmente a mezzo stampa:

L’esercizio di valutazione è il più grande nel suo genere finora realizzato nel Mondo (Comunicato Stampa 17 luglio 2013).

Più che grande tale esercizio è stato, nel suo genere, sicuramente “unico”.

VittoriaDelGrano

Ma la VQR non poteva ovviamente rimanere a lungo come unica procedura di valutazione unica e infatti l’ANVUR sentì presto il bisogno di farne un’altra, sempre rigorosamente unica, che fu chiamata SUA perché doveva essere una “Scheda Unica Annuale”. La Scheda Unica nacque però doppia fin dal principio. C’era la SUA-CdS che riguarda i corsi di studio e la SUA-RD relativa alla ricerca dipartimentale. Per la verità la situazione non è nemmeno così semplice, perché come si vede nel sito dell’ANVUR, nella sezione Documenti AVA, ciascuna scheda unica comprende altre schede uniche.

La SUA-CdS si articola in sei sotto-schede uniche, denominate “aree” ciascuna delle quali suddivisa in “quadri”, mentre la SUA-RD si compone a sua volta di tre cluster di sotto-schede uniche, denominate “sezioni”: la Parte I sugli obiettivi, risorse e gestione del Dipartimento; la Parte II sui risultati della ricerca; la Parte III sulla Terza Missione.

La labirintica procedura AVA (Autovalutazione, Valutazione periodica, Accreditamento) non prevede però unicamente le Schede Uniche, perché richiede agli Atenei anche altri documenti unici: il rapporto di riesame annuale e ciclico, la relazione dei nuclei di valutazione, il rilevamento delle opinioni degli studenti, la documentazione per l’accreditamento iniziale e periodico.

Appena tutti questi adempimenti burocratici unici saranno stati completati bisognerà ripartire da capo: è infatti appena arrivata una nuova edizione della valutazione unica – la VQR 2011-2014 – e, statene certi, si tratterà di un’altra cosa “unica”.

Per sostenere tutto questo colossale impianto unico di valutazione unica, la cosa assolutamente necessaria è la piattaforma informatica unica per i prodotti della ricerca.

E infatti, ai tempi della prima VQR, la piattaforma unica fu realizzata davvero ma, ovviamente, era tutto fuorché unica, perché c’era quella del MIUR, quella del CINECA, quella del CASPUR-CIBER e quella del CILEA, che dialogavano male o per niente tra di loro. C’era infatti, fra le altre, la piattaforma del sito “LoginMiur” del MIUR prodotto dal CINECA che, ai tempi, non comunicava con “U-GOV Ricerca versione I” dello stesso CINECA, che è rimasta memorabile per l’interfaccia utente a dir poco imbarazzante oltre che inusabile; arrivò presto in parallelo “U-GOV Ricerca versione II” con una nuova interfaccia comunque sempre obsoleta e cervellotica, e poi c’era “SURplus” il cui nome era profetico, anche se l’interfaccia utente era forse di gran lunga la migliore.

Successivamente, per cercare di uscire dal ginepraio delle banche dati uniche, ci si rese conto che si doveva individuare un unico fornitore di servizi, creando così un soggetto monopolista piuttosto che rivolgendosi al libero mercato con procedure aperte e trasparenti. E fu così che CILEA e CASPUR-CIBER confluirono nel CINECA, proclamato sul campo interlocutore unico del Ministero, per realizzare anche la nuova banca dati unica, dal nome floreale di IRIS (Institutional Research Information System).

Adesso, come si è detto, sta per partire la nuova valutazione unica VQR 2011-2014, di cui fino a pochi giorni fa non si sapeva niente, perché non era stato emanato il relativo decreto ministeriale, né rese pubbliche le regole del gioco. L’unica cosa che si è saputa subito sulla nuova valutazione unica è che è assolutamente necessaria una nuova banca dati unica che verrà messa a punto dal fornitore unico del MIUR – il CINECA – per la quale sono comunque già state stanziate le risorse necessarie stimate con precisione davvero unica: 7,5 milioni di Euro.

Mettere ordine alle pubblicazioni usando queste banche dati uniche è un’impresa titanica e ogni volta si deve ricominciare da capo perché l’interoperabilità fra i sistemi rimane solo nelle dichiarazioni di intenti. Tutte le volte che ho intrapreso lo sforzo di riordinare le pubblicazioni nelle varie versioni di U-GOV, con la pazienza di Giobbe e giornate di tedioso lavoro, tutto è stato presto vanificato dalle incursioni dei coautori che hanno riscombinato tutto, inserito duplicati, inesattezze e errori.

Se ho bisogno di un elenco delle mie pubblicazioni lo estraggo in 10 secondi da Google Scholar: è aggiornato, conta le citazioni in modo soddisfacente, costa zero e soprattutto lavora lui per me, infatti io non ci devo inserire alcun dato. Se sono in una commissione che deve valutare dei candidati, le pubblicazioni le vado a vedere su Google Scholar – di nuovo – oppure su Scopus o su ISI Web of Science. Saranno anche sistemi in mano alle multinazionali, però sono gratuiti e funzionano molto meglio delle banche dati uniche pseudo-governative, grazie alla pluralità, alla competizione e al libero mercato.

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4 Commenti

  1. Serie di articoli molti divertenti e che fanno riflettere sull’unicità del delirio burocratico in cui siamo finiti. Almeno ci ridiamo un po’ su.
    Un’unica osservazione, Scopus® e WebOfKnowledge© (formerly, ISI Web of Knowledge) non sono gratuite, ma necessitano di sottoscrizione/abbonamento. Lo stesso vale per tutte le banche dati come zbMATH e MathSciNet. Google Scholar è una banca dati costruita su un motore di ricerca che aggrega in maniera automatica quello che trova nella rete, citazioni incluse.
    Probabilmente, il futuro è ORCID, anche se allo stato attuale mi sembra che ci sia ancora molta strada da fare.

    • Hai ragione. Scopus e WoK non sono gratuite, quello che volevo dire è che non richiedono tedioso lavoro da parte di noi professori e ricercatori per l’inserimento e l’aggiornamento dei dati. Così anche Google Scholar, che è anche effettivamente gratuito.
      Ho scritto che uso Google Scholar se devo fare un elenco delle mie pubblicazioni o vedere le pubblicazioni di un candidato, perché è pratico e veloce.
      Sono consapevole dei limiti di Google Scholar che lo rendono inadatto come base di dati per la valutazione della ricerca. Ne sono dimostrazione gli strani risultati ottenuti dalla classifica CENSIS – La Repubblica.

    • Aggiungo un’ulteriore considerazione basata su esperienze personali. Ho lavorato per più di un anno nella piccola ma operativa Slovenia dove la valutazione del ricercatore avviene tramite peer-review, ma i parametri bibliometrici di ogni ricercatore sono forniti nelle varie fasi di valutazione sia di progetti di ricerca che per progressioni di carriera. Per i progetti di ricerca, vi sono requisiti bibliometrici che fanno poi accedere alla presentazione del progetto e quindi alla fase peer-review.
      Il database SICRIS rappresenta un modello che andrebbe imitato. Ogni ricercatore ha un numero che lo identifica, al quale risultano associate le pubblicazioni. Per ogni pubblicazione il sistema carica in automatico le citazioni dai vari database, Scopus e WebOfKnowledge inclusi, raccoglie i vari impact factor delle riviste e riporta la classificazione nazionale della rivista (tipo le fasce VQR de noantri). Il database è pubblico e chiunque può accedere e visualizzare le pubblicazioni del ricercatore.
      Per inserire una nuova pubblicazione, io come autore inoltro al responsabile i dati bibliometrici DOI, numero Scopus, numero WoS, ed una copia dell’articolo, che poi saranno inserite a sistema.
      http://sicris.izum.si/default.aspx?lang=eng

      ecco la mia scheda
      http://www.sicris.si/search/rsr.aspx?lang=eng&id=42846
      dalla quale si può accedere alle mie pubblicazioni caricate su sistema.
      Il tutto nella massima trasparenza.

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