In un primo commento dedicato a valutare l’esito della procedura relativa ai fondi FFABR ci siamo chiesti e ci siamo risposti: “Perché allora così pochi finanziamenti rispetto al massimo previsto? Perché il legislatore, o meglio verosimilmente qualche economista nell’entourage dell’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi, l’entourage che ha partorito l’idea delle cattedre Natta, ha scritto una norma in cui la quota di beneficiari e la soglia di “merito scientifico” dipendono dal numero di coloro che fanno domanda, non dalla platea complessiva dei beneficiari”. In questo post approfondiamo prospettive ulteriori rispetto all’insoddisfacente esito della procedura relativa ai fondi c.d. FFABR. Per scoprire che in Viale Ippolito Nievo, sede romana di ANVUR, si sono rivelati attenti lettori del premio Nobel Richard Thaler e della sua teoria della “spinta gentile”. Trasformata, per l’occasione, nella teoria dello “sgambetto gentile”. Le casse ministeriali ancora una volta ringraziano!
In un primo commento dedicato a valutare l’esito della procedura relativa ai fondi FFABR ci siamo chiesti e ci siamo risposti:
Perché allora così pochi finanziamenti rispetto al massimo previsto? Perché il legislatore, o meglio verosimilmente qualche economista nell’entourage dell’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi, l’entourage che ha partorito l’idea delle cattedre Natta, ha scritto una norma in cui la quota di beneficiari e la soglia di “merito scientifico” dipendono dal numero di coloro che fanno domanda, non dalla platea complessiva dei beneficiari.
Forse, tenendo ferme le considerazioni già svolte su questa mal-concepita misura premiale partorita nella legge di stabilità 2017, è il caso di svolgere un supplemento di riflessione sulla vicenda. Perché – l’italiano medio lo sa benissimo e il ricercatore italiano lo sa ancor meglio – il diavolo ama nascondersi nei dettagli. E sono in questo caso i dettagli che restituiscono una interessante visione d’insieme della filosofia regolativa di ANVUR.
45 milioni di euro. 3000 euro. 15.000 beneficiari (sulla carta). La voglia proclamata di finanziare – in tempi di campagna elettorale per il referendum del 4 dicembre 2016 e premiando, va da se rigorosamente, il “merito” – le due categorie più giovani delle tre che compongono il mondo della docenza e della ricerca nell’Università pubblica italiana. Con una previsione di dettaglio scolpita in Gazzetta Ufficiale:
298. L’importo individuale del finanziamento annuale è pari a 3.000 euro, per un totale di 15.000 finanziamenti individuali. L’assegnazione del finanziamento deve tenere conto dell’ordine di elenchi di cui al comma 300, lettere b) e c) , in modo che le domande di cui al comma 301 siano soddisfatte nella misura del 75 per cento di quelle presentate dai ricercatori e del 25 per cento di quelle presentate dai professori associati.
Come abbiamo già rilevato:
Se prendiamo i dati su sito del MIUR al 31/12/2016 risultavano in servizio negli atenei statali 18.945 Professori Associati (PA); 15.211 Ricercatori a Tempo Indeterminato (RTI) e 4.527 Ricercatori a Tempo Determinato per un totale complessivo di 19.738 ricercatori. [Questa stima non riesce però a tener conto del numero dei candidati in servizio a tempo definito e, come tali, esclusi dal novero dei beneficiari. In assenza di un dato che misteriosamente non è tracciato nell’anagrafe ANVUR, ipotizziamo per verosimile difetto che si tratti del 10%. Ancora, un numero non noto e tuttavia di qualche importanza dei soggetti formalmente legittimati alla procedura non potevano – per legge – presentare domanda, essendo previsto il divieto di cumulare la risorsa già ottenuta con la nuova misura di finanziamento (dunque un “merito” anche redistributivo già nella ratio legis) – inciso aggiunto]. Se tutti i PA avessero fatto domanda, il numero massimo di beneficiari avrebbe potuto essere di 4.736. Ed analogamente avrebbero potuto esserci 14.803 beneficiari tra i ricercatori. Il totale dei potenziali beneficiari (oltre 19.500) eccede dunque la quantità massima di beneficiari stabilita nella legge di bilancio.
Se tutti gli interessati dalla misura – al netto di quanti già risultavano titolari di fondi di ricerca (ipotizziamone per ampio difetto solo 238, senza tener conto dell’opacità applicativa della specifica misura, oggetto di tempestive denunce) – avessero partecipato alla procedura, la graduatoria di merito sarebbe servita ad escludere circa 4.500 ricercatori e circa 14.000 PA.
Ma la realtà, come ora sappiamo, è stata diversa. Si è stimato che a presentare regolarmente domanda siano stati 9.499 ricercatori e 9.372 professori associati, per un numero di domande complessivo pari a 18.871 (invece dei potenziali 18.945+19.738-238=38.445-10% ipotizzati a tempo definito= 34.600, computati applicando il correttivo di cui sopra).
Possibile, tenendo ferme le considerazioni già svolte nel nostro precedente articolo e le stime qui ipotizzate per tener conto di quanti nelle categorie interessate non potevano concorrere, che un numero stimabile in circa 16.000 ricercatori e PA abbiano marcato pavidamente od oziosamente visita nella gara per conseguire la risorsa messa in palio a titolo individuale?
Plausibile davvero che tutto si spieghi ipotizzando, come pure abbiamo fatto, che:
Proviamo a metterci per un attimo nei panni di un professore associato che sa di essere un associato inferiore alla “mediana” nel suo settore. Perché dovrebbe fare domanda con il rischio che il suo nome venga pubblicato in un elenco di “non beneficiari”? E se anche il suo nome non venisse pubblicato, è assai probabile che rettore e direttore di dipartimento abbiano accesso alla sua valutazione. Perché rischiare per 3.000€? Meglio non fare domanda. Ma per ogni domanda non fatta si perde 1/4 di una assegnazione nel settore di quell’associato. Quanti associati hanno fatto domanda? Circa la metà della platea complessiva: diciamo quelli che si ritenevano “superiori” alla mediana del proprio settore.
Ora (ma non allora) sappiamo che l’elenco “punitivo” dei non beneficiari non è stato pubblicato. Ma forse un dettaglio mancante a questa prima spiegazione si annida nella procedura messa in campo dagli strateghi della burocrazia anvuriana. E nel ruolo che in questa procedura hanno (e soprattutto: non hanno) svolto gli atenei e i dipartimenti presso i cui fondi i famigerati 3000 euro individuali del premio erano e sono comunque destinati a essere accreditati.
Ripercorriamo i tratti salienti del percorso burocratico escogitato da ANVUR.
La procedura in questione è stata messa a punto nell’AVVISO PUBBLICO PER IL FINANZIAMENTO DELLE ATTIVITÀ BASE DI RICERCA, DI CUI ALL’ART. 1, COMMI 295 E SEGUENTI, DELLA LEGGE 11 DICEMBRE 2016 N. 232 (GU n.297 del 21-12-2016 – Suppl. Ordinario n. 57), in particolare nell’art. 4, che così recita:
Art. 4 – Presentazione delle domande, termini e modalità
4.1 – Registrazione on line – Ai fini della predisposizione da parte dell’ANVUR dell’elenco di coloro che possono richiedere il finanziamento, a partire dal 16/06/2017 e fino al 10/07/2017, i candidati che intendano proporre domanda dovranno effettuare una registrazione on-line, accedendo alla propria area riservata sul sito loginmiur.cineca.it, alla sezione “FINANZIAMENTO ANNUALE INDIVIDUALE DELLE ATTIVITA’ BASE DI RICERCA” e dichiarando: i. che la lista delle pubblicazioni dal 2012 al 2016 presente nella propria area riservata sul sito loginmiur.cineca.it è corretta, veritiera e priva di duplicazioni; ii. che autorizzano l’ANVUR ad utilizzare la suddetta lista per il calcolo dell’indicatore della produzione scientifica, ai fini della individuazione di coloro che possono richiedere il finanziamento e dei beneficiari; iii. che non prevedono di usufruire, al momento della eventuale domanda di finanziamento, di finanziamenti provenienti dallo European Research Council (ERC), da progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) o da ulteriori finanziamenti pubblici, nazionali, europei o internazionali, comunque denominati L’ANVUR non includerà nell’elenco di coloro che possono richiedere il finanziamento i soggetti che non hanno completato in tutte le sue parti la registrazione on-line.
4.2 – Predisposizione dell’elenco di coloro che possono richiedere il finanziamento L’ANVUR definirà entro il 31 luglio coloro che possono richiedere il finanziamento, sulla base delle specificazioni di cui al punto 1 dell’Allegato A, parte integrante del presente Avviso. Entro il 9 agosto, gli interessati riceveranno comunicazione di poter richiedere il finanziamento nella propria area riservata sul sito loginmiur.cineca.it.
4.3 – Presentazione della domanda di accesso al finanziamento
4.3.1 – Termini di presentazione della domanda A partire dal 7 settembre 2017 e fino al 30 settembre 2017, i soggetti ammessi dall’ANVUR a richiedere il finanziamento potranno completare e inoltrare la domanda di finanziamento tramite l’apposita procedura telematica accessibile dal sito istituzionale dell’ANVUR. Coloro che nella finestra temporale utile alla registrazione on line rientravano nelle cause di esclusione a) o b) e per i quali il motivo di esclusione sia nel frattempo cessato, possono fare richiesta di essere abilitati a effettuare domanda, previa verifica del rispetto dei requisiti di cui al punto 1. dell’Allegato A, inviando richiesta motivata all’indirizzo finanziamenti_ricerca@anvur.it. L’ANVUR non si assume responsabilità per eventuali disguidi e/o per malfunzionamento della rete telematica, imputabili a terzi, a caso fortuito o a forza maggiore. Si consiglia di procedere alla registrazione on-line e al successivo inoltro della domanda con un ragionevole margine di anticipo rispetto alle scadenze indicate nel presente Avviso.
4.3.2 – Contenuto della domanda Nella compilazione della domanda i candidati devono dichiarare, ai sensi degli artt. 75 e 76 del D.P.R. 28.12.2000, n. 445, sotto la propria responsabilità e consapevoli delle sanzioni penali in caso di dichiarazioni mendaci e falsità in atti e della conseguente decadenza dei benefici eventualmente conseguiti: 1) che la lista delle pubblicazioni dal 2012 al 2016 presente nella pagina docente/ricercatore sul sito loginmiur.cineca.it al momento della propria registrazione on-line, utilizzata dall’ANVUR ai fini della predisposizione dell’elenco di coloro che possono richiedere il finanziamento, è corretta, veritiera e priva di duplicazioni; 2) di essere inquadrati nel regime di impegno a tempo pieno; 3) di non essere collocati in aspettativa; 4) che, al momento della domanda di finanziamento, non usufruiscono di finanziamenti provenienti dallo European Research Council (ERC), da progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) o da ulteriori finanziamenti pubblici, nazionali, europei o inter-nazionali, comunque denominati. I candidati si impegnano, altresì, ad accettare e rispettare senza riserva i termini, le condizioni e le prescrizioni contenute nel presente Avviso e nel relativo Allegato A, autorizzando l’ANVUR ed ogni altro soggetto formalmente interessato ad effettuare tutte le verifiche tecniche e amministrative dagli stessi ritenute necessarie sia in fase di istruttoria che dopo l’eventuale concessione dei finanziamenti richiesti e l’erogazione degli stessi. Alla domanda andrà allegata copia di un documento di identità in corso di validità.
Il 19 giugno 2017 tutti i PA e ricercatori candidabili alla misura hanno ricevuto nella propria casella mail, in quanto registrati nell’archivio MIUR e dunque dotati di pagina personale nel relativo sito, questa succinta comunicazione istituzionale firmata dal direttore di ANVUR, incaricato di gestire la procedura.
Caro Professore/Ricercatore,
la legge di bilancio per il 2017 ha previsto uno stanziamento annuale per finanziare le attivita’ base di ricerca dei professori di seconda fascia e dei ricercatori, in servizio a tempo pieno.
Sono previsti 15.000 finanziamenti individuali di importo pari a € 3.000.
Nell’Avviso pubblicato sul sito dell’ANVUR in http://www.anvur.it/attachments/article/1204/Avviso_pubblico_Procedura~.pdf o nella tua area riservata sul sito https://loginmiur.cineca.it/ troverai tutte le informazioni necessarie per richiedere il finanziamento.
Cordiali saluti
Sandro MomiglianoSandro Momigliano -Direttore
ANVUR – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario edella Ricerca
(National Agency for the Evaluation of Universities and Research Institutes)
Via Ippolito Nievo, 35; 00153 ROMA – IT
Gli adempimenti richiesti per partecipare alla procedura non erano indicati nella mail di Momigliano. Bisognava cercarli in un link, nelle pieghe della propria pagina personale. Ove si chiariva che:
L’istanza va presentata in due fasi:
Dal 16 giugno al 10 luglio 2017 va effettuata una registrazione on line, sulla base della quale l’ANVUR individuerà coloro che possono richiedere il finanziamento. Entro il 9 agosto, gli interessati troveranno nella propria area riservata sul sito loginmiur.cineca.it, una indicazione che dirà se sono stati ammessi a richiedere il finanziamento.
Coloro che sono stati ammessi potranno presentare la domanda tra il 15 e il 30 settembre 2017, esclusivamente tramite procedura telematica accessibile da questa stessa pagina.
Ricevuta la mail da Momigliano, il solerte destinatario della missiva si predisponeva ad identificare pazientemente i propri “prodotti della ricerca” da sottoporre a screening, utilizzando all’uopo la pagina accessibile dalla propria pagina personale del sito Miur, senza avere alcun lume, nemmeno prognostico, sulle modalità attraverso le quali sarebbero stati “valutati” i prodotti così caricati. Si avviava così diligentemente una procedura che intanto, per il sol fatto di aver indicato i prodotti da sottoporre a valutazione, rendeva del tutto manifesto l’interesse dell’utente ad essere sottoposto alla procedura e così concorrere all’erogazione del beneficio. Procedura che peraltro in quella fase produceva in automatico un’autocertificazione dell’utente sui prodotti che in tal modo erano ufficialmente “caricati” nel sito.
Dopo quell’ultimo click, il nostro utente, però, non riceveva più dal sistema MIUR/ANVUR alert mail automatici tesi a informarlo dell’avvenuta formalizzazione della propria ammissione alla richiesta di finanziamento, propedeutica al ricordo, magari da rinnovarsi sotto data (perché Momigliano non ha rinnovato una comunicazione a quanti erano stati ammessi a presentare domanda? Costava forse troppo una seconda mail generata automaticamente?), che dal 15 al 30 settembre 2017 egli avrebbe dovuto cliccare nuovamente qualcosa per presentare la domanda in via telematica. Come sempre il termine per il suddito del sistema era perentorio, mentre solo ordinatorio si è rivelato il termine del 30 ottobre 2017 imposto dalla legge all’amministrazione per fare il suo dovere, pubblicando gli esiti della valutazione. Perché, come sappiamo, gli esiti sono stati resi noti solo ai primi di dicembre.
Si dirà che il dettaglio è superfluo, anche perché era del tutto ragionevole pensare che al reminder avrebbero parallelamente provveduto con la consueta incisività e solerzia le divisioni supporto alla ricerca degli atenei e dei dipartimenti di afferenza di ciascun candidato, cointeressati alla proposizione della domanda da parte di quest’ultimo, perché destinatari contabili a bilancio dei 3000 euro che da quest’ultimo avrebbero potuto essere conseguiti partecipando con successo alla procedura.
Ogni afferente di un dipartimento universitario sa bene che quotidianamente i servizi di supporto alla ricerca del proprio ateneo e sovente la stessa segreteria del dipartimento inoltrano nella casella mail del docente numerosi messaggi tesi a segnalare opportunità di ricerca a livello nazionale, europeo e mondiale (non sfuggono mai al servizio di monitoraggio le ultime opportunità di finanziamento legate a bandi per attività di ricerca con le più remote università dall’Uzbekistan e dell’Australia…).
Avrebbe a tale servizio potuto sfuggire l’importanza di ricordare al proprio docente – con una semplicissima mail – di recarsi fra il 15 e il 30 settembre 2017 nella propria pagina personale per effettuare un click del tutto ridondante e bizantino, visto che quello stesso utente a giugno aveva personalmente provveduto a verificare quali pubblicazioni caricare per dare avvio alla procedura, con tanto di autocertificazione?
In alcuni atenei italiani (quanti di preciso non è dato saperlo) è andata esattamente così. Silenzio completo da parte di atenei e dipartimenti. Scavalcati per la prima volta nella storia dell’Università pubblica italiana da una misura legislativa concepita violando costituzionalmente l’idea che spetti alle Università, nell’ambito della propria autonoma funzione istituzionale, decidere come allocare nell’ambito della propria platea di docenti e ricercatori le risorse trasferite a scopo di ricerca dallo Stato alle Università pubbliche, gli atenei (e a cascata i dipartimenti) si sono in molti casi completamente disinteressati del doveroso compito istituzionale di assistere i propri afferenti, per consentir loro di non dimenticare la finestrella temporale escogitata da ANVUR per far sì che le domande fluissero il MENO copiose possibile, prima di essere valutate algoritmicamente e giungere, infine, all’agognato beneficio dei 3000 euro.
Sarebbe interessante conoscere il numero di quanti, fra i potenziali destinatari della misura escogitata dai consiglieri economici del Governo Renzi nel novembre 2016, risultano aver regolarmente caricato i propri prodotti per la prima fase della valutazione, essere stati ammessi e poi essersi dimenticati di cliccare l’invio della domanda nei 15 gg concessi dal gabelliere telematico dell’ANVUR. Per conoscere il numero stimato delle vittime di un bizantinismo informatico di cui si fatica a capire la ragion d’essere. Salvo essere assaliti dal dubbio che si mirasse a tenere il più possibile basso il numero di domande, anche perché la misura era concepita per far sì che il Governo coltivasse un inconfessabile interesse economico a ridurre il numero delle domande, consapevole che a minori domande avrebbe corrisposto un minor esborso di spesa. Un po’ come Razzi/Crozza che abbassa la voce quando afferra il microfono e dice quello che pensa davvero.
Richard Thaler, Nobel per l’Economia nel 2017, deve la sua notorietà presso il pubblico dei non addetti ai lavori a un saggio scritto a quattro mani col giurista Cass Sunstein, tradotto in Italia col titolo Nudge. La spinta gentile.
Ridotto impropriamente all’osso, il saggio avvalora l’idea che l’architettura delle scelte attraverso le quali viene proposto a un individuo di decidere può incidere molto, e a volte in misura davvero notevole, sulla circostanza che a livello aggregato le scelte individuali si orientino verso la direzione ritenuta socialmente desiderabile. Il più banale degli esempi è cambiare verso architetturale a una scelta concepita nei termini di un opt-in: invece di formalizzare il tuo assenso per fare o ricevere alcunché, devi formalizzare il tuo assenso per NON fare o ricevere alcunché. Ammesso che una data scelta sia socialmente desiderabile quando misurata a livello collettivo e aggregato, se si concepisce la scelta individuale nei termini di un opt-out dell’utente interessato, il decisore collettivo può garantire l’esercizio della scelta responsabile dell’individuo. Ottenendo, di contro, risultati eccezionali sul piano del risultato aggregato che socialmente appare ottimale e coerente con l’obiettivo di fondo del pubblico decisore.
E così possiamo chiudere questo viaggio nel bizantinismo digitale attraverso il quale si vorrebbe dar prova di saper finanziare la ricerca nel nostro Paese rassegnando tre, anzi quattro conclusioni.
- la memoria burocratica dei professori e ricercatori, ingaggiati da obiettivi di ricerca e impegni didattici, si conferma pessima
- ANVUR e MIUR hanno letto Thaler e hanno agito avendo capito benissimo qual era la scelta collettiva PER LORO ottimale
- gli artefici legislativi della misura premiale di cui abbiamo qui discusso, forse hanno letto Thaler, ma di sicuro non hanno compreso appieno il senso dell’ultimo comma dell’art. 33 della Costituzione
- probabilmente Thaler avrebbe molto da imparare sul lato oscuro delle sue teorie, se trascorresse un periodo di ricerca sul campo dalle parti di via Ippolito Nievo.
“Sarebbe interessante conoscere il numero di quanti, fra i potenziali destinatari della misura escogitata dai consiglieri economici del Governo Renzi nel novembre 2016, risultano aver regolarmente caricato i propri prodotti per la prima fase della valutazione, essere stati ammessi e poi essersi dimenticati di cliccare l’invio della domanda nei 15 gg concessi dal gabelliere telematico dell’ANVUR.”
Sì, sarebbe interessante, ma secondo me si tratta di una percentuale trascurabile. La vera “selezione” è stata fatta a monte, quando, con il documento del 19 giugno da voi linkato, ANVUR ha chiarito che (parlo per i settori non bibliometrici) la monografia valeva 10 punti, gli articoli in “classe A” 4, e tutto il resto al massimo 1, chi non aveva né monografia né articoli in “classe A” nel quinquennio ha deciso – logicamente e giustamente – di non presentare la domanda, almeno per la seconda fascia, dove la “selezione” era più stretta. Infatti nel mio settore, su 44 PA l’hanno presentata in 20, di cui 5 finanziati: mi pare che i conti tornino, anche se è possibile che uno o due si siano effettivamente dimenticati di confermare la domanda.
Aggiungo – non mi pare sia stato notato finora – che la soglia dei 3000, a voler essere maliziosi, pare studiata ad arte per rendere ‘poco conveniente’ il ricorso al TAR.
Il 13 dicembre 2017, non è dato sapere se in risposta alla pubblicazione dell’articolo della redazione di ROARS su riprodotto, ANVUR si è affrettata a rilasciare un documento di analisi della partecipazione alla procedura FFABR. Spicca l’elemento chiave che ha valutato (o, molto meglio: deciso) a chi conferire il “merito” necessario per vedersi attribuire la misura premiale voluta nella legge di stabilità del dicembre 2016: “l’algoritmo di ottimizzazione” (pag. 4-5 del documento).
A una rapida scorsa, suscettibile di letture più approfondite, le notevoli diversità locali riscontrabili osservando le percentuali di partecipazione alla procedura per singolo ateneo sembrano confermare come il non omogeneo ruolo di assistenza alla procedura svolto dai singoli atenei a vantaggio dei propri afferenti abbia avuto un peso tutt’altro che trascurabile nel garantire l’effettiva proposizione delle domande su base locale.
Il delta fra gli estremi del 61,2% dei partecipanti fra i PA di UNIBA e il 20,1% dei PA del Politecnico di Torino, così come – fra i ricercatori – il delta fra il 65,3 dei Ricercatori nel Politecnico delle Marche e il 32% dell’Università per Stranieri di Perugia, avvalora l’idea che “l’effetto S-NUDGE” cercato da ANVUR nello scegliere di NON predisporre le opportune misure di alert volte ad agevolare la partecipazione alla procedura dei singoli interessati abbia in qualche misura contribuito a circoscrivere la platea delle domande regolarmente pervenute, con l’effetto di limitare la distribuzione finale effettiva delle somme premiali di cui la misura era stata dotata nella Legge di stabilità.
Faccio notare un altro “nudge”, soprattutto per i settori non bibliometrici: disincentivare l’inserimento futuro di monografie per la VQR.
Stamane, a radio 3,alle 10,30 circa, un giornalista rai intervistava qualcuno e ha fatto anche una domanda riguardante i finanziamenti alla ricerca. Quell’esperto dice che i finanziamenti sono diminuiti, in Italia; “come dappertutto” commenta subito il giornalista; l’esperto conferma.
Sarebbe interessante vedere chi erano questi due interlocutori.
Io, confesso, non sono riuscito a capire quali criteri siano stati applicati, e l’algoritmo rimane misterioso. Mi pare però erroneo il punteggio assegnatomi. Ho chiesto spiegazioni, ma la risposta automatica (per due volte la medesima) ha rinviato al documento apparso il 14 dicembre. Qualcuno potrebbe aiutarmi?
In realtà non è molto complicato, ma per la verifica occorre conoscere la sede di pubblicazione di ogni prodotto (rivista di classe A o meno) e i punteggi ottenuti nella VQR, dati che solo lei possiede. Per il ssd L-ART/07 si prendevano in considerazione i 9 “migliori” prodotti nel quinquennio, con 10 punti assegnati a una (e una sola) monografia/edizione critica, 4 punti ciascuno per articoli pubblicati in riviste di classe A, 1 punto ciascuno per altri saggi. Lasciando da parte la variabile-VQR, e dando per scontato che lei abbia nel quinquennio i 9 prodotti richiesti, il suo punteggio sarà compreso tra un massimo di 42 (1 monografia/edizione critica + 8 articoli pubblicati in riviste di classe A) e un minimo di 9 (nessuna monografia/edizione critica, 9 saggi non in classe A).
Grazie mille per il chiarimento. In quale misura influiscono i punteggi della VQR? Dispongo di una monografia, che evidentemente non dev’essere stata valutata.
Per ogni SSD c’è un numero massimo di lavori da prendere (in automatico i ‘migliori’). Per ciascuno di questi si attribuisce un voto in stile VQR (1 eccellente, 0.7 elevato, 0.4 discreto, 0.1 accettabile, 0 non valutabile). Il voto si moltiplica per un fattore da 1 a 10 sulla base della tipologia e per un fattore, minore o uguale a 1, per tenere conto del numero e dell’ordine degli autori (dipende dal SSD). La somma di questi numeri deve superare la soglia del documento ANVUR del 14/12. Per esempio nel mio ssd bibliometrico non bastavano 10 lavori elevati a primo autore (70 punti) essendo la soglia a 80. Addirittura 10 lavori discreti a singolo autore davano un punteggio molto sotto mediana (40 contro 50). La prossima volta i concorrenti saranno ancora meno.
Grazie per la spiegazione, ma dov’è scritto che si attribuisce, nei settori non bibliometrici, un voto in stile VQR?
http://www.anvur.org/attachments/article/1204/Avviso_pubblico_Procedura~.pdf
allegato A
punto 2.4
Per l’area 10 ci sono i punteggi 10,7,4,1 sostitutivi di quelli vqr*10 dei settori bibliometrici.
Devo confessare che, seppur apprezzando l’analisi dei dati effettuata in questo articolo, un pò meno obiettivi mi sembrano i commenti che ne seguono. In particolare, mi pare che si faccia un uso forse un pò troppo disinvolto di eufemismi e disfemismi rivolti a far apparire come complicata la procedura di richiesta di questi fondi, che in realtà era estremamente semplice e richiedeva una quantità di tempo ben inferiore rispetto alla cifra che veniva messa a disposizione. Utilizzare determinate espressioni (come: “procedura messa in campo dagli strateghi della burocrazia anvuriana”, “tratti salienti del percorso burocratico escogitato da ANVUR”, “i PA e ricercatori candidabili alla misura hanno ricevuto nella propria casella mail … questa succinta comunicazione istituzionale” e ancora “Gli adempimenti richiesti per partecipare alla procedura non erano indicati nella mail di Momigliano. Bisognava cercarli in un link, nelle pieghe della propria pagina personale”) mi sembra sinceramente la prova di un atteggiamento preconcetto che esclude, senza se e senza ma, la possibilità da parte del corpo Docente di fare ogni tanto un “mea culpa”. Così come pretestuosa mi appare la considerazione: “Proviamo a metterci per un attimo nei panni di un professore associato che sa di essere un associato inferiore alla “mediana” nel suo settore. Perché dovrebbe fare domanda con il rischio che il suo nome venga pubblicato in un elenco di “non beneficiari”? E se anche il suo nome non venisse pubblicato, è assai probabile che rettore e direttore di dipartimento abbiano accesso alla sua valutazione”. Prima di tutto il bando (art.5) riferiva chiaramente di come sarebbe stato pubblicato l’elenco dei beneficiari (e non gli esiti di tutti i richiedenti); oltretutto potrei ritenere tuttalpiù possibile, ma non “altamente probabile” l’eventualità che Rettore e Direttore di ciascun Ateneo/Dipartimento richiedano l’accesso ai dati di ciascun potenziale richiedente. Perdonate l’opinione fuori dal coro, ma ho l’impressione che stavolta si sia persa una buona occasione per: 1) dimostrare di essere capaci di riconoscere anche i limiti d’atteggiamento del corpo docente italiano; 2) dare prova di non essere, sempre e comunque, anti-Anvur.