In uno dei piani sequenza più famosi della storia del cinema, una coppia di innamorati inconsapevoli attraversa il confine fra Messico e Stati Uniti a bordo di una splendida decappottabile anni 50, nella quale una mano furtiva all’inizio della sequenza ha inserito una bomba ad orologeria. Questi celebri 3 minuti di cinema si chiudono col botto di una deflagrazione a campo e un carrello su ciò che resta dell’auto dilaniata dalla bomba. L’immagine cattura bene quello che sta avvenendo mentre si scrive (primo pomeriggio del 7 dicembre), dopo la richiesta di fiducia pronunciata oggi 7 dicembre 2016 dalla Ministra Boschi. Pure noi osserviamo angosciati l’epilogo di un piano sequenza che comincia con una mano sapiente. Quella che ha inserito gli artt. 41, 43, 44, 45 nella legge stabilità. Dove sta il tocco luciferino? Eccolo: se nel corso del 2017 la procedura dei “Ludi dipartimentali” (partorite da una ristretta cerchia di economisti vicini al capo di un governo bocciato dagli italiani) giungerà a compimento, 180 dipartimenti potranno vantare un diritto al premio sanguinosamente conquistato. Impedendo al futuro governo (quale composizione politica esso abbia) di revocare il lascito legislativo di un governo che, sul punto di scomparire, chiede la fiducia anche su questa bomba ad orologeria. Sta ai senatori salvare l’Università italiana dall’Infernale Quinlan governativo!

Ps: Neanche il tempo di mettere il punto esclamativo, che giunge notizia che il senato (lo si scriva in minuscolo) ha votato la fiducia. Occorrerà ricordarsi di quei 173 Sì (la lista dei nomi è in calce all’articolo).

In uno dei piani sequenza più famosi della storia del cinema, una coppia di innamorati inconsapevoli attraversa il confine fra Messico e Stati Uniti a bordo di una splendida decappottabile anni 50, nella quale una mano furtiva all’inizio della sequenza ha inserito una bomba ad orologeria. Angosciati osserviamo la coppia percorrere le strade affollate di Tijuana e varcare il confine. Questi celebri 3 minuti di cinema si chiudono col botto di una deflagrazione a campo e un carrello su ciò che resta dell’auto dilaniata dalla bomba. I suoi inconsapevoli occupanti sono morti.
L’immagine cattura bene quello che sta avvenendo mentre si scrive (primissimo pomeriggio del 7 dicembre), dopo la richiesta di fiducia pronunciata oggi 7 dicembre 2016 dalla Ministra Boschi nell’aula del Senato. Non sappiamo se il Senato darà voce e senso ai 19 milioni di italiani che si sono pronunciati a favore della sua conservazione a regole invariate nel gioco costituzionale della nostra democrazia. E sventerà la minaccia.
Oggi osserviamo angosciati l’epilogo di un piano sequenza che comincia anch’esso con una mano sapiente. Quella che ha inserito gli artt. 41, 43, 44, 45 (oggi comma da 295 a 302 dell’articolato approvato dalla Camera) nella legge stabilità.

1. Un premio per il miglior 20% E gli sfigati? Si arrangino!

Scena 1 L’art. 41 – scavalcando atenei e dipartimenti, organi e voci istituzionali dell’autonomia universitaria protetta dall’art. 33 Cost. – introduce la premialità che il governo si arroga il diritto di instaurare direttamente con ricercatori e professori associati a tempo pieno (chi scrive possiede quest’ultima qualifica), contrabbandando per “premio” la percezione di una somma la cui misura è tale da rientrare in quella quotidianità minima che un governo che abbia a cuore la produttività nella ricerca di base dei propri ricercatori dovrebbe considerare una voce contabilmente distinta ma concettualmente inseparabile dalla retribuzione di chi dev’essere messo in condizione di lavorare alla ricerca (per comprare libri, attrezzature informatiche, frequentare qualche convegno, organizzare qualche seminario).
Per far ciò si crea una macchinosa procedura (nuova burocrazia telematica per i legittimati attivi al “premio”, l’ASN non è abbastanza) che dovrebbe indurre a selezionare il 60% “eccellente” dei ricercatori e il 20% “eccellente” dei PA per conferire la prebenda, servendosi ovviamente della contestatissima “valutottatura” anvuriana. Per altrettanto ovvie esigenze perequative, è verosimile pensare che nei dipartimenti si deciderà che quanti al termine di questa defaticante procedura ottenessero di veder premiata la propria domanda saranno esclusi dalla ripartizione dei fondi che il FFO fa pervenire agli atenei e ai dipartimenti. 3000 euro significano una stampante in più, un seminario a invito, ma certo non permettono di finanziare alcuna seria iniziativa di ricerca innovativa. Fumo negli occhi, 45 milioni di euro usati dal governo come primo segnale applicativo di quella programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica inserita di soppiatto nell’art. 117 Cost. quale competenza esclusiva dello Stato, cui 19 milioni di italiani hanno detto NO.
Questo l’articolato approvato dalla Camera e sottoposto alla “fiducia” del Senato:
295. Al fine di incentivare l’attività base di ricerca dei docenti delle università statali, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali, di cui all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è istituita una apposita sezione denominata «Fondo per il finanziamento delle attività base di ricerca», con uno stanziamento di 45 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2017.
296. Il Fondo di cui al comma 295 è destinato al finanziamento annuale delle attività base di ricerca dei ricercatori e dei professori di seconda fascia in servizio nelle università statali. […]
il testo completo è riportato nell’Appendice 2

Com’è stato scritto commentando la misura:

solo il “miglior 60%” dei ricercatori universitari e il 20% dei professori associati otterrà questi fondi. Qui ci sono almeno due criticità. La prima è di tipo tecnico: la “classifica” è un concetto che appartiene allo sport agonistico, non al mondo dell’istruzione. Nelle competizioni atletiche, tutti i partecipanti sono valutati sullo stesso compito (es. correre i 100 metri piani). Si prendono i migliori 60 tempi ogni 100 e si può stilare una classifica. È “migliore” il ventenne che corre i 100 metri in 13 secondi o il cinquantenne che impiega 14 secondi? Come consideriamo la performance di una corritrice incinta o di chi corre controvento? Sorgono dei problemi persino in questo caso semplice. Estrarre il “60% migliore” dei ricercatori, i quali operano in aree e con compiti diversi, è un problema che non ha una soluzione accettabile. Oltre a quella tecnica, c’è però una questione più sostanziale. Lo stipendio lordo di un ricercatore operante nell’università costa non poco al pubblico. Qual è l’interesse dei cittadini? Che queste persone siano motivate e messe in grado di lavorare. I 3.000 euro di fondi di ricerca sono tanti in assoluto, ma pochissimi se confrontati con l’onere effettivo per la collettività. Che cosa potrebbe succedere al 40% di “sfigati”? Saranno spronati o più forse avranno una giustificazione per lasciarsi andare? È questo il danno (grave) da evitare. Pensiamo a un’analogia tra l’università e una ditta di pulizie. A un certo punto la dirigenza decide che solo il 60% del personale avrà i materiali per lavorare. E gli altri? Si arrangino! Quale sarà il probabile risultato? La produttività scenderà più o meno al 60%. È la solita “strategia” già vista: risparmiare spiccioli e buttare soldi veri. Come ad esempio i circa 300 milioni che l’Italia regala ogni anno per finanziare la ricerca degli altri Stati europei. Dare 3.000 al 40% dei ricercatori significa investire circa 25 milioni di euro. Questo 40% di ricercatori che non ha i mezzi per lavorare costa invece circa 600 milioni. Ciascuno scelga in autonomia la soluzione “migliore”. La selezione del “60% migliore” cui fornire normali strumenti di lavoro è un’idea assurda. È una direttiva che proviene dall’alto, da parte di chi va in giro a presentare annunci roboanti. Ci saranno poi degli oscuri funzionari con l’ingrato compito di studiare un decreto attuativo per tradurre i desiderata dei grandi capi. Purtroppo, dovremmo entrare nell’idea che quando si parla di scienza e università, la politica riesce a dimostrare tutta la sua inadeguatezza, approvando leggi inapplicabili senza riflettere sulle conseguenze.

2. I “Ludi dipartimentali”: una vera bomba ad orologeria

Scena 2 (quella più infernale) – Gli art. 43, 44 e 45 della LdS che sta viaggiando verso la frontiera di Tijuana prevedono gli ormai noti Ludi Dipartimentali.
Questo il testo trasfuso nei commi da 314 a 337 della LdS approvata dalla Camera dei Deputati e sottoposta alla “fiducia” del Senato:
314. Al fine di incentivare l’attività dei dipartimenti delle università statali che si caratterizzano per l’eccellenza nella qualità della ricerca e nella progettualità scientifica, organizzativa e didattica, nonché con riferimento alle finalità di ricerca di «Industria 4.0», nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali, di cui all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è istituita un’apposita sezione denominata «Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza», con uno stanziamento di 271 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018.

315. Il Fondo di cui al comma 314 è destinato al finanziamento quinquennale dei dipartimenti di eccellenza delle università statali, come individuati e selezionati ai sensi e per gli effetti dei commi da 318 a 331. […]

il testo completo è riportato nell’Appendice 3


Sulla descrizione di questa normativa non si tornerà, rimandando piuttosto il lettore alla certosina ed encomiabile simulazione svolta, basandosi sui dati reali dell’ultima VQR, da Giuseppe De Nicolao sugli schermi di ROARS. Simulazione che sublima nel disvelamento di una verità che suona atroce per l’università del SUD e delle Isole, accentuando in modo strutturalmente irrecuperabile il divario territoriale nella ripartizione delle risorse che lo Stato italiano destina alle Università del nostro sempre più irreversibilmente diseguale paese. Qui, peraltro, si può leggere la scheda di lettura dell’articolato normativo nella descrizione effettuata dal servizio studi parlamentari a corredo della legge di bilancio 2017, dalla quale apprendiamo che le domande per i ludi dovranno essere effettuate entro il 31 luglio 2017.
Scrive De Nicolao:
«Tesoro, mi si è ristretto il Sud!» verrebbe da dire. In effetti, i numeri parlano chiaro. Il premio totale annuo, che risulta essere pari 242 M€ (inferiore, pertanto, ai 270 M€ menzionati nell’art. 43), si ripartisce come segue:
  • 133 M€ – Nord (55%)
  • 78 M€ – Centro (32%)
  • 31 M€ – Sud (13%)
Mentre il Centro ottiene un premio grosso modo paragonabile alla sua quota dimensionale (32% del premio contro 34% dei soggetti valutati), il Sud perde 17 punti percentuali (13% del premio contro 30% dei soggetti valutati) a favore del Nord che, infatti, ne guadagna 19 (55% del premio contro 36% dei soggetti valutati).
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Il tocco davvero luciferino sta però in una considerazione su cui vale la pena di richiamare l’attenzione.
La LdS oggi sottoposta alla fiducia del Senato non prevede alcun stanziamento di spesa dello Stato per supportare il meccanismo dei ludi nell’anno 2017. Nell’ottica pre-elettorale nella quale è stata concepita, la LdS 2017 stanzia – prima del referendum si poteva dire “a babbo morto”, oggi possiamo sicuramente dire “a governo incerto” e anche, molto probabilmente, “a parlamento incerto” – 271 milioni di euro, caricandoli però sulla legge di bilancio del 2018.
Se però la bomba passasse la frontiera del Senato, da gennaio si metterebbe in moto la complessa macchina amministrativa dei ludi, con 350 dipartimenti italiani impegnati a redigere il progettone che permetterebbe loro di scannarsi nell’arena anvuriana fino a selezionare i 180 dipartimenti destinati a beneficiare del guidrigildo in grado – in questo caso per davvero – di fare la differenza con gli esclusi: in media 6.750.000 euro nel quinquennio, una somma in grado di trasformare per un lustro i dipartimenti vincitori in ricche e invidiatissime (all’interno del proprio ateneo e del proprio GEV) isole felici, capaci di attuare procedure di reclutamento del tutto proibite ai dipartimenti che soccomberanno o resteranno fuori dall’arena.

3. Il tocco luciferino dell “infernale Quinlan” governativo

Si dirà: e dove sta il tocco luciferino? Eccolo: se nel corso del 2017 la procedura dei ludi giungerà a compimento, si daranno al suo termine 180 dipartimenti che potranno vantare un diritto quesito al guidrigildo sanguinosamente conquistato, impedendo al governo che nel corso del 2017 si troverà a gestire la situazione (quale composizione politica esso abbia) di revocare e porre nel nulla il lascito legislativo di un governo che dopo il referendum – ormai lo sappiamo – è destinato a scomparire, e che da politicamente delegittimato chiede la fiducia anche su questa bomba ad orologeria.
Il tutto mentre non sappiamo se questa moribonda compagine governativa, prima di sciogliersi, avrà la scellerata tentazione di provare ad emanare il pluricontestato DPCM sulle cattedre Natta, già vulnerato da numerosi profili di illegittimità inesorabilmente rilevati dai giudici del Consiglio di Stato in sede consultiva.
La verità è che, per quanto ci si affanni a contrastare questo stato di cose, dell’Università (e del futuro dei giovani che in essa ricevono l’opportunità di formarsi per il paese che verrà) in Italia non importa a nessuno.
Di certo non importa alla maggioranza di quei senatori che nel piano sequenza che stiamo vivendo vorrà votare la fiducia a questa legge di stabilità, per vivere vacanze di natale serene, nell’attesa che si dipani la matassa politica che questa inopportuna consultazione referendaria lascia in dote al Paese.
Cosa può importare loro che la legge cui daranno la fiducia contenga norme sull’Università che nessuno ha potuto discutere nella comunità accademica, essendo state partorite da una ristretta cerchia di economisti vicini al capo di un governo bocciato dagli italiani, che dopo 8 mesi di campagna elettorale ha impiegato mezz’ora per abbandonare il suo posto di responsabilità, all’insegna del più classico degli après moi le déluge, salvo essere ricondotto a più miti consigli dal Presidente della Repubblica?
Sta ai senatori che questa consultazione referendaria ha idealmente difeso salvare l’Università italiana dall’INFERNALE QUINLAN governativo!
Ps: Neanche il tempo di mettere il punto esclamativo, che giunge notizia che il senato (lo si scriva in minuscolo) ha votato la fiducia. Occorrerà ricordarsi di quei 173 Sì (la lista dei nomi è in calce all’articolo).

Appendice 1: Cronaca della seduta al Senato

Nella discussione sono intervenuti i sen. Laura Bottici, Barbara Lezzi (M5S), Ceroni, Azzollini, Mandelli (FI-PdL), Augello (CoR), Divina, Tosato (LN) e Paola De Pin (GAL).
Nel merito, le opposizioni hanno osservato che una legge di bilancio infarcita di bonus e priva di copertura finanziaria, lascia un’eredità pesante: azzera l’avanzo primario senza alleviare il disagio sociale e senza rilanciare gli investimenti; disperde le risorse della flessibilità in elargizioni e mance elettorali, che non sono state sufficienti peraltro a ingannare i cittadini nel referendum costituzionale; aumenta di 150 miliardi il debito pubblico e richiederà interventi correttivi in primavera. Rispetto al metodo, le opposizioni hanno rilevato il paradosso di un Governo dimissionario che chiede la fiducia e l’anomalia di un passaggio parlamentare che, impedendo di migliorare la legge di bilancio in seconda lettura, disattende l’indicazione di voto dei cittadini, contrari alla riduzione degli spazi democratici. Le opposizioni, inoltre, hanno colto l’occasione per tracciare un bilancio dei mille giorni del Governo Renzi e per sottolineare la distanza tra la propaganda e la situazione reale del Paese: si chiude oggi la parabola di un Presidente del Consiglio tracotante, provinciale, irresponsabile che, dopo aver scalzato il premier Letta con una congiura di palazzo, ha legato le proprie sorti ad una riforma costituzionale squilibrata e pasticciata, ha creato un caos sulla legge elettorale, ha deciso di tenere il referendum durante le sessione di bilancio e ha annunciato le dimissioni prima di chiudere la manovra finanziaria. Il PD ha la responsabilità di avere assecondato il delirio di onnipotenza di un premier che lascia un Paese in cui la disoccupazione, la povertà, la deidustrializzazione e le disuguaglianze sono aumentate, la situazione bancaria è peggiorata e quella migratoria è fuori controllo.
Nelle dichiarazioni di voto, hanno negato la fiducia i sen. Giovanni Mauro (GAL), Centinaio (LN), Loredana De Petris (SI-Sel), Di Maggio (CoR), Gaetti (M5S) e Romani (FI-PdL). Il sen. Romani (FI-PdL) ha posto l’accento sui fallimenti di un Governo che ha operato in modo divisivo, ha mancato le riforme per rilanciare il Paese, ha esercitato scarso peso in Europa e ha avuto una politica estera debole. Ha sollecitato infine l’approvazione di una legge elettorale ragionevole che, coniugando governabilità e rappresentatività, consenta ai cittadini di scegliere l’Esecutivo, chiudendo la stagione dei Governi privi di investitura popolare. Pur contrario all’interruzione dell’esame parlamentare di una manovra che necessita di correzioni, il sen. Barani (AL-A) ha annunciato una fiducia tecnica per agevolare il lavoro del Presidente della Repubblica. Hanno annunciato la fiducia anche il sen. Zeller (Aut), che ha lodato la coerenza del Presidente del Consiglio e ha preannunciato sostegno ad un Esecutivo che vari una legge elettorale organica. Il sen. Santini (PD), annunciando la fiducia, ha posto l’accento sulla necessità di evitare l’esercizio provvisorio e di agevolare la soluzione della crisi politica; ha poi ricordato che la legislatura è iniziata in un periodo di forte recessione: la legge di bilancio, che prosegue una politica di ripresa e consolidamento, contiene interventi per il contrasto alla povertà, per le pensioni più basse e la flessibilità in uscita, misure per la competitività, il bonus per le ristrutturazioni e l’efficienza energetica, interventi per la ricostruzione dei territori colpiti dal sisma. Il sen. Santini (PD) ha auspicato, infine, collaborazione istituzionale per definire regole elettorali certe.
Approvato con 173 voti favorevoli e 108 contrari l’articolo 1, sono stati approvati, senza modifiche, gli articoli successivi da 2 a 19 e il ddl nel complesso.
Rispondonoi senatori:
Aiello, Albano, Albertini, Amati, Amoruso, Angioni, Astorre, Auricchio
Barani, Battista, Bencini, Berger, Bertuzzi, Bianco, Bianconi, Bilardi, Bonaiuti, Bondi, Borioli, Broglia, Bubbico
Caleo, Cantini, Capacchione, Cardinali, Casini, Cassano, Cattaneo, Chiavaroli, Chiti, Cirinnà, Cociancich, Collina, Colucci, Compagnone, Conte, Conti, Corsini, Cucca, Cuomo
D’Adda, Dalla Tor, Dalla Zuanna, D’Ascola, De Biasi, De Poli, Del Barba, Della Vedova, Di Biagio, Di Giacomo, Di Giorgi, Dirindin, D’Onghia
Esposito Stefano, Fabbri, Fasiolo, Fattorini, Favero, Fedeli, Ferrara Elena, Filippi, Filippin, Finocchiaro, Fissore, Fornaro, Fravezzi
Gatti, Gentile, Giacobbe, Giannini, Ginetti, Gotor, Granaiola, Gualdani, Guerra, Guerrieri Paleotti Ichino, Idem, Iurlaro
Lai, Langella, Laniece, Lanzillotta, Latorre, Lepri, Lo Giudice, Lo Moro, Longo Eva, Longo Fausto Guilherme, Lucherini, Lumia
Manassero, Manconi, Mancuso, Maran, Marcucci, Margiotta, Marinello, Marino Luigi, Marino Mauro, Martini, Mattesini, Maturani, Mazzoni, Merloni, Micheloni, Migliavacca, Milo, Minniti, Mirabelli, Morgoni, Moscardelli, Mucchetti
Naccarato, Napolitano, Nencini
Olivero, Orellana, Orrù
Padua, Pagano, Pagliari, Pagnoncelli, Palermo, Panizza, Parente, Pegorer, Pezzopane, Piccinelli, Pignedoli, Pinotti, Pizzetti, Puglisi, Puppato
Ranucci, Repetti, Ricchiuti, Romani Maurizio, Romano, Rossi Gianluca, Rossi Luciano, Rossi Maurizio Giuseppe, Russo, Ruta, Ruvolo
Saggese, Sangalli, Santini, Scalia, Silvestro, Sollo, Sonego, Spilabotte, Sposetti, Susta
Tocci, Tomaselli, Tonini, Torrisi, Tronti, Turano
Vaccari, Valdinosi, Valentini, Vattuone, Verdini, Verducci, Vicari, Viceconte
Zanda, Zanoni, Zavoli, Zeller.

 

Appendice 2: comma 295-302

295. Al fine di incentivare l’attività base di ricerca dei docenti delle università statali, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali, di cui all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è istituita una apposita sezione denominata «Fondo per il finanziamento delle attività base di ricerca», con uno stanziamento di 45 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2017.
296. Il Fondo di cui al comma 295 è destinato al finanziamento annuale delle attività base di ricerca dei ricercatori e dei professori di seconda fascia in servizio nelle università statali.
 297. Sono esclusi dal finanziamento annuale i ricercatori e i professori di seconda fascia che, alla data di presentazione della domanda di cui al comma 301 del presente articolo, sono in regime di impegno a tempo definito, sono collocati in aspettativa o sono risultati vincitori delle procedure di cui all’articolo 1, commi da 207 a 212, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, ovvero usufruiscono di finanziamenti provenienti dallo European Research Council (ERC), da progetti di rilevante interesse nazionale (PRIN) o da ulteriori finanziamenti pubblici, nazionali, europei o internazionali, comunque denominati.
298. L’importo individuale del finanziamento annuale è pari a 3.000 euro, per un totale di 15.000 finanziamenti individuali. L’assegnazione del finanziamento deve tenere conto dell’ordine di elenchi di cui al comma 300, lettere b) e c), in modo che le domande di cui al comma 301 siano soddisfatte nella misura del 75 per cento di quelle presentate dai ricercatori e del 25 per cento di quelle presentate dai professori associati.
299. Entro il 31 luglio di ogni anno, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), con riferimento a ciascun settore scientifico-disciplinare, predispone gli elenchi dei ricercatori e dei professori di seconda fascia che possono richiedere il finanziamento annuale individuale delle attività base di ricerca.
300. Nel limite delle disponibilità finanziarie di cui al comma 295 e fermo restando l’importo del finanziamento individuale di cui al comma 298, l’ANVUR predispone gli elenchi di cui al comma 299 sulla base dei seguenti criteri:
a) la verifica della sussistenza, per ognuno dei ricercatori e dei professori di seconda fascia, delle condizioni di cui al comma 297;
b) l’inclusione, nell’elenco dei ricercatori appartenenti a ciascun settore scientifico-disciplinare, di tutti i ricercatori la cui produzione scientifica individuale, relativa agli ultimi cinque anni, è pari o superiore a un apposito indicatore della produzione scientifica dei ricercatori appartenenti a ciascun settore scientifico-disciplinare, calcolato dall’ANVUR sulla base dei dati disponibili per l’ultimo triennio;
c) l’inclusione, nell’elenco dei professori di seconda fascia appartenenti a ciascun settore scientifico-disciplinare, di tutti i professori di seconda fascia la cui produzione scientifica individuale, relativa agli ultimi cinque anni, è pari o superiore a un apposito indicatore della produzione scientifica dei professori di seconda fascia appartenenti a ciascun settore scientifico-disciplinare, calcolato dall’ANVUR sulla base dei dati disponibili per l’ultimo triennio.
301. Entro il 30 settembre di ogni anno ciascun ricercatore e professore di seconda fascia incluso negli elenchi predisposti ai sensi dei commi 299 e 300, esclusivamente tramite l’apposita procedura telematica accessibile dal sito internet istituzionale dell’ANVUR, può presentare la domanda diretta a ottenere il finanziamento annuale individuale delle attività base di ricerca.
302. Entro il 30 novembre di ogni anno, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca trasferisce a ciascuna università le risorse per il finanziamento annuale delle attività base di ricerca spettante ai ricercatori e ai professori di seconda fascia.

Appendice 3: comma 314-337

314. Al fine di incentivare l’attività dei dipartimenti delle università statali che si caratterizzano per l’eccellenza nella qualità della ricerca e nella progettualità scientifica, organizzativa e didattica, nonché con riferimento alle finalità di ricerca di «Industria 4.0», nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali, di cui all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è istituita un’apposita sezione denominata «Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza», con uno stanziamento di 271 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018.
315. Il Fondo di cui al comma 314 è destinato al finanziamento quinquennale dei dipartimenti di eccellenza delle università statali, come individuati e selezionati ai sensi e per gli effetti dei commi da 318 a 331.
316. La quota parte delle risorse di cui al comma 314, eventualmente non utilizzata per le finalità di cui ai commi da 318 a 339 del presente articolo, confluisce, nel medesimo esercizio finanziario, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537.
317. Per le istituzioni universitarie statali ad ordinamento speciale, ai fini dell’applicazione dei commi da 318 a 339, il riferimento ai dipartimenti si intende sostituito dal riferimento alle classi.
318. Entro il 31 dicembre del quarto anno di erogazione del finanziamento di cui ai commi da 314 a 317, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è nominata una commissione deputata allo svolgimento delle attività di cui ai commi da 325 a 328. La commissione è composta da sette membri, di cui:
a) due designati dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di cui uno con funzioni di presidente;
b) quattro designati dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca nell’ambito di due rose di tre membri ciascuna, indicate rispettivamente dall’ANVUR e dal Comitato nazionale dei garanti della ricerca, di cui all’articolo 21 della legge 30 dicembre 2010, n. 240;
c) uno indicato dal Presidente del Consiglio dei ministri.
319. Entro la medesima data di cui al comma 318, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca richiede all’ANVUR, sulla base dei risultati ottenuti, all’esito dell’ultima valutazione della qualità della ricerca (VQR), dai docenti appartenenti a ciascun dipartimento delle università statali:
a) la definizione del calcolo di un apposito «Indicatore standardizzato della performance dipartimentale» (ISPD), che tenga conto della posizione dei dipartimenti nella distribuzione nazionale della VQR, nei rispettivi settori scientifico-disciplinari;
b) l’attribuzione a ognuno dei dipartimenti delle università statali del relativo ISPD.
320. All’esito delle procedure di cui al comma 319, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca redige e rende pubblica, nel proprio sito internet istituzionale, la graduatoria dei dipartimenti delle università statali, in ordine decrescente rispetto all’ISPD attribuito al singolo dipartimento.
321. Dal 1º maggio al 31 luglio del quinto anno di erogazione del finanziamento di cui ai commi da 314 a 317, esclusivamente tramite l’apposita procedura telematica accessibile dal sito internet istituzionale del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, le università statali di appartenenza dei dipartimenti collocati nelle prime 350 posizioni della graduatoria di cui al comma 320, come aggiornata agli esiti dei pareri negativi di cui al comma 337, terzo periodo, possono presentare la domanda diretta a ottenere, per ognuno dei medesimi dipartimenti, il finanziamento di cui ai commi da 314 a 317.
322. Il numero massimo di domande ammissibili, per i dipartimenti appartenenti alla stessa università statale, è pari a 15. Nel caso in cui i dipartimenti per i quali l’università statale può presentare la domanda di cui al comma 321 siano superiori a 15, l’università stessa procede a una selezione delle proprie domande dipartimentali, nel numero massimo di 15, motivando la scelta in ragione dell’ISPD attribuito al singolo dipartimento, nonché di ulteriori criteri demandati all’autonoma valutazione del singolo ateneo.
323. La domanda di cui ai commi 321 e 322:
a) è presentata, per ciascun dipartimento, con riferimento a una sola delle quattordici aree disciplinari del Consiglio universitario nazionale (CUN);
b) contiene un progetto dipartimentale di sviluppo, avente durata quinquennale, e relativo: agli obiettivi di carattere scientifico; all’utilizzo del finanziamento per il reclutamento, ai sensi degli articoli 18 e 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e dell’articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230, del personale docente, ovvero per il reclutamento di personale tecnico e amministrativo; alla premialità, ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 240 del 2010; all’investimento in infrastrutture per la ricerca; allo svolgimento di attività didattiche di elevata qualificazione; alla presenza di eventuali cofinanziamenti attribuiti al progetto dipartimentale;
c) qualora, al medesimo dipartimento, afferissero docenti appartenenti a più aree disciplinari, il progetto di cui alla lettera b) deve dare preminenza alle aree disciplinari che hanno ottenuto, all’esito dell’ultima VQR, i migliori risultati.
324. Il numero complessivo dei dipartimenti che possono ottenere il finanziamento di cui ai commi da 314 a 317 è pari a 180. Il numero dei dipartimenti finanziati, con riferimento a ciascuna delle 14 aree disciplinari del CUN, non può essere inferiore a 5 né superiore a 20. La suddivisione del numero dei dipartimenti finanziati, con riferimento a ciascuna delle 14 aree disciplinari del CUN, è stabilita, nel limite delle risorse economiche di cui ai commi da 314 a 317, con il decreto di cui al comma 318, e tenuto conto:
a) della numerosità della singola area disciplinare, in termini di dipartimenti ad essa riferibili;
b) di criteri informati ad obiettivi di crescita e miglioramento di particolari aree della ricerca scientifica e tecnologica italiana.
325. La valutazione delle domande presentate ai sensi dei commi 321, 322 e 323 per la selezione dei dipartimenti di cui al comma 324 è affidata alla commissione di cui al comma 318 e si svolge mediante due fasi successive.
326. Nella prima fase, la commissione procede a valutare le domande presentate da ciascuna università statale in relazione al solo dipartimento che ha ottenuto la migliore collocazione nelle prime 350 posizioni della graduatoria di cui al comma 320. La valutazione della domanda ha ad oggetto il progetto dipartimentale di sviluppo di cui al comma 323, lettere b) e c). Esclusivamente in caso di esito positivo della valutazione, il dipartimento consegue il finanziamento di cui ai commi da 314 a 317, nei limiti massimi delle risorse finanziarie assegnate a ciascuna delle 14 aree disciplinari del CUN ai sensi del comma 324.
327. Nella seconda fase, tenuto conto del numero dei dipartimenti ammessi e di quelli esclusi dal finanziamento ai sensi del comma 326, la commissione valuta le rimanenti domande assegnando a ognuna di esse un punteggio da 1 a 100, di cui 70 punti sono attribuiti in base all’ISPD del singolo dipartimento e 30 punti sono attribuiti in base al progetto dipartimentale di sviluppo di cui al comma 323, lettere b) e c), in relazione alla coerenza e alla fattibilità dei contenuti del medesimo progetto. La graduatoria risultante all’esito di questa seconda fase suddivide i dipartimenti in base alla relativa area disciplinare di appartenenza e assegna il finanziamento di cui ai commi da 314 a 317 ai dipartimenti che, nei limiti del numero complessivo di cui al comma 324, sono utilmente posizionati.
328. Entro il 31 dicembre del quinto anno di erogazione del finanziamento di cui ai commi da 314 a 317, la commissione pubblica, nel sito internet istituzionale dell’ANVUR, l’elenco dei dipartimenti che sono risultati assegnatari del finanziamento di cui ai commi da 314 a 317. Entro il 31 marzo di ognuno dei cinque anni successivi alla predetta pubblicazione, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca trasferisce alle università statali cui appartengono i dipartimenti il relativo finanziamento. L’università è vincolata all’utilizzo di queste risorse a favore dei dipartimenti finanziati.
329. Il quarto periodo del comma 1 dell’articolo 9 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, è sostituito dal seguente: «In tal caso, le università possono prevedere, con appositi regolamenti, compensi aggiuntivi per il personale docente e tecnico amministrativo che contribuisce all’acquisizione di commesse conto terzi ovvero di finanziamenti pubblici o privati».
330. La selezione di cui ai commi 326 e 327 è svolta con cadenza quinquennale. Le attività di supporto alla commissione di cui al comma 318 da parte della competente direzione generale del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca sono svolte nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Per la partecipazione alle riunioni della commissione non sono dovuti compensi, gettoni di presenza o altri emolumenti comunque denominati. Eventuali rimborsi di spese di missione sono posti a carico delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
331. Per il primo quinquennio di istituzione del Fondo di cui ai commi da 314 a 317 e relativamente agli anni 2018-2022:
a) il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di cui al comma 318, è adottato entro il 30 aprile 2017;
b) le attività di cui ai commi 319 e 320 devono concludersi entro il 30 aprile 2017;
c) il termine per la presentazione delle domande di cui al comma 321 è fissato al 31 luglio 2017;
d) il termine per la pubblicazione dell’elenco di cui al comma 328, primo periodo, è fissato al 31 dicembre 2017; i termini per il trasferimento del finanziamento annuale di cui al comma 328, secondo periodo, sono fissati al 31 marzo 2018, al 31 marzo 2019, al 31 marzo 2020, al 31 marzo 2021 e al 31 marzo 2022.
332. L’importo annuale del finanziamento di cui ai commi da 314 a 331 è pari a 1.350.000 euro.
333. L’importo di cui al comma 332:
a) è ridotto del 20 per cento per il primo quintile, calcolato in base all’organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi del comma 327, sono risultati assegnatari del finanziamento;
b) è ridotto del 10 per cento per il secondo quintile, calcolato in base all’organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi del comma 327, sono risultati assegnatari del finanziamento;
c) è mantenuto invariato per il terzo quintile, calcolato in base all’organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi del comma 327, sono risultati assegnatari del finanziamento;
d) è aumentato del 10 per cento per il quarto quintile, calcolato in base all’organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi del comma 327, sono risultati assegnatari del finanziamento;
e) è aumentato del 20 per cento per il quinto quintile, calcolato in base all’organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi del comma 327, sono risultati assegnatari del finanziamento.
334. Per i dipartimenti appartenenti alle aree disciplinari dal n. 1 al n. 9 del CUN, l’importo di cui al comma 332 è aumentato di 250.000 euro, utilizzabili esclusivamente per investimenti in infrastrutture per la ricerca.
335. L’importo complessivo del finanziamento quinquennale di cui ai commi da 314 a 317 e di cui al comma 332 è assoggettato alle seguenti modalità di utilizzazione:
a) non più del 70 per cento, tenuto conto di quanto previsto all’articolo 18, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, può essere impiegato per le chiamate dei professori e per il reclutamento di ricercatori, a norma degli articoli 18 e 24 della medesima legge n. 240 del 2010, e per il reclutamento del personale tecnico e amministrativo;
b) nel rispetto del limite percentuale di cui alla lettera a) del presente comma, almeno il 25 per cento deve essere impiegato per le chiamate di professori esterni all’università cui appartiene il dipartimento ai sensi dell’articolo 18, comma 4, della legge 30 dicembre 2010, n. 240;
c) nel rispetto del limite percentuale di cui alla lettera a) del presente comma, almeno il 25 per cento deve essere impiegato per il reclutamento di ricercatori, a norma dell’articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240;
d) nel rispetto del limite percentuale di cui alla lettera a) del presente comma, per le chiamate dirette di professori ai sensi dell’articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230.
336. L’erogazione del finanziamento di cui al comma 332 è interrotta a seguito del mutamento di denominazione del dipartimento e in conseguenza della sua cessazione.
337. Entro il 31 gennaio dell’ultimo anno di erogazione del finanziamento di cui al comma 332, l’università, per ogni dipartimento, è tenuta a presentare alla commissione di cui al comma 318 una relazione contenente il rendiconto concernente l’utilizzazione delle risorse economiche derivanti dal medesimo finanziamento e i risultati ottenuti rispetto ai contenuti individuati nel progetto di cui al comma 323, lettere b) e c). La commissione, entro tre mesi dalla presentazione della relazione, riscontrata la corrispondenza tra l’utilizzazione delle risorse economiche e gli obiettivi del progetto, verificato il rispetto delle modalità di utilizzazione di cui al comma 335, esprime il proprio motivato giudizio. In caso di giudizio negativo, l’università non può presentare per lo stesso dipartimento la domanda diretta all’ottenimento, per il quinquennio successivo, del finanziamento di cui ai commi da 314 a 317.
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27 Commenti

  1. Per chi non l’avesse ancora compreso, emerge da questo lucido contributo il chiaro obiettivo di distruggere il sistema universitario italiano in quanto sistema e creare poche isole felici dipendenti dai capricci del sovrano di turno, che ovviamente possono mutare. Emerge altresì che berlusconismo e renzismo, sotto questo profilo, sono la stessa cosa. E’ necessaria pertanto una vera mobilitazione del mondo universitario e dell’opinione pubblica per affermare il valore primario di un sistema di istruzione superiore che operi in una logica cooperativa e non competitiva.

  2. Certo è che Crui e rettori non hanno fatto altro, nelle ultime 48 h, che contestare quanto sopra descritto (cioè l’oggetto descritto, non l’articolo, tanto per non cadere in equivoci) e reclamarne il ritiro o la modifica. Hano esaurito tutto il loro credito … telefonico, a furia di chiamare i senatori. Del resto era la fretta, più del governo che del Presidente Mattarella, che dettava le regole. La Stampa tira un sospiro di sollievo, 5 h fa: Mattarella-Renzi, torna il sereno, via alle consultazioni al Quirinale. Non solo: SCENARI POSSIBILI. I tre governi di Mattarella: con tutti dentro, istituzionale o Renzi bis (Il Corriere, 12 h fa).

  3. Chi è capace di organizzare una protesta che unisca e non divida? Io assisto a lotte per una cattedra che, ahimé, non ci sarà più al Sud e isole per molti.
    Chi è capace di tenere le fila di una mobilitazione generale che porti ad un’istruzione veramente formativa di studenti che non siano clienti, ma rispettati, veramente, senza chiedere loro in cambio altro che l’impegno negli studi?
    Chi è in grado di scrivere un programma di riforma dell’Università in nome della formazione e non della competizione, in cui a perdere sono gli studenti più svantaggiati, e gli ideali in cui molti di noi hanno creduto?
    Ci serve questo. ROARS sta svolgendo un ruolo di informazione che non ha prezzo.
    Ma l’organizzazione di chi non ha secondi fini e non parla da una parte del mondo accademico (NORD/SUD; ORDINARI/RICERCATORI; Abilitati/Non abilitati), ma guardando ad un disegno complessivo, che tuteli studenti, prof. anche avanti con l’età, ricercatori. E’ utopia? Dirlo è un modo per perdere in partenza.

    • Continui rimandi alle responsabilità altrui, come chi vuole anche scagionare i poveri senatori “costretti”. Se ognuno/a facesse (anzi, avesse fatto, oramai buonanotte la secchio per un po’) il proprio dovere civico nel ragionare con la propria testa, nel parlare in pubblico senza calcolare le grandi ‘strategie’ del cavolo o senza lasciarsene influenzare o intimidire, pian piano si sarebbe raggiunta una piattaforma di discussione e decisione diversa. L’opportunismo quasi generale ha regnato e regna per lo meno dal 2000, per la propria piccola sopravvivenza (il che umanamente è comprensibile, ma paradossalmente NON era affatto ineluttabile, per lo meno agli inizi). Poi con i precari questo comportamento si è diffuso ancor di più. Non si cerchino capi su cui scaricare il peso.

    • Non so se Marinella Lorinczi scrivesse in risposta alla mia osservazione.
      Non scaricavo su nessuno e i senatori non li ho neanche nominati: raccolgono gli umori di alcuni, suppongo.

  4. Qualche giorno fa intervenendo sui contenuti di un post attinenti le “Cattedre Natta” ebbi modo di scrivere che certo, questo intervento del governo era discutile e per più di un motivo, ma che ritenevo opportuno che oltre ad esprimere critiche sulle cosiddette Cattedre Natta si considerasse, oggettivamente, cosa siano i concorsi nel nostro Paese e come ingombrante sia a questo proposito il ruolo dei dipartimenti e dei settori scientifico disciplinari locali e nazionali. Mi venne fatto notare, correttamente, che le mie considerazioni, genericamente condivisibili e già sottolineate da Roars sui concorsi fotografia, non giustificavano, comunque, la procedura di chiamata con commissioni nominate dal governo (in realtà su indicazioni della CRUI e del CUN) e con emolumenti diversi da quelli attribuiti al corpo accademico italiano.
    Personalmente credo che gli Atenei dovrebbero avere la possibilità di chiamare i ricercatori ed i docenti che ritengono, per il loro contesto e le loro strategie, più idonei per lo sviluppo della qualità scientifica e didattica, ma debba poi esistere una definita modalità ex-post che premi le scelte corrette e non quelle, diciamo, sbagliate o condizionate.
    E’ un poco semplicistica, lo ammetto, come proposta ma credo che il valore, il merito, la capacità delle persone vada riconosciuta e che gli Atenei che arruolino e facciano progredire in carriera i docenti migliori siano i migliori e che la loro qualità vada riconosciuta.
    La mia impressione, peraltro, è che ogni volta che si tocchi il tema “premialità” gli animi si scaldino.
    Non trovo nulla di scandaloso nell’idea di attribuire maggiori fondi ai ricercatori ed agli associati migliori ed altrettanto non trovo nulla di scandaloso nell’immaginare di ammettere e riconoscere che ci siano Dipartimenti più o meno attivi. La difficoltà oggettiva essendo insita nelle modalità di valutazione. Questo il vero problema.
    Il sostegno economico per partecipare ad un convegno, per aggiornamento e per materiale informatico, per una stampante viene già fornito, per lo meno dovrebbe, dagli Atenei su base annuale ai propri Dipartimenti e da questi ai propri ricercatori e professori.
    Sinceramente, poi, trovo poco elegante l’invito a ricordarsi di quei 173 che hanno votato la fiducia alla legge di stabilità ed altrettanto poco elegante e superficiale trovo il richiamo alle dimissioni di Matteo Renzi

    “ ……………che dopo 8 mesi di campagna elettorale ha impiegato mezz’ora per abbandonare il suo posto di responsabilità, all’insegna del più classico degli après moi le déluge, salvo essere ricondotto a più miti consigli dal Presidente della Repubblica?” Immagino che se Renzi non si fosse dimesso la critica sarebbe venuta ugualmente, questa volta per non essersi dimesso dopo il voto contrario del 60% degli italiani votanti.
    Quanto sopra richiamato non significa non essere consapevole delle drammatiche problematicità che affliggono le Università ed in particolare quelle del Sud, del sotto finanziamento assurdo ed irresponsabile della formazione nel nostro paese, della ipertrofica ed insopportabile burocrazia cui la 240/2010 e l’Anvur ci condannano.
    Sono certo che questo mio intervento solleverà il sarcasmo e l’irritazione di molti e giusto perché questi ritorni non giungano ad uno pseudonimo, specifico di chiamarmi Antonio Carrassi e di essere un professore ordinario della Statale di Milano.

    • La lettura sul comportamento di Renzi (“après moi le déluge”) è condivisa da diversi organi di stampa. Come pure la perplessità per una legge di stabilità esaminata da una sola camera e approvata con voto di fiducia chiesto da un governo dimissionario, il quale lascia in eredità al paese provvedimenti che una qualche discussione parlamentare l’avrebbero davvero meritata. Dire le cose come stanno può sembrare poco elegante, ma di eleganza in eleganza l’università italiana sta scomparendo. Chi sta alla Statale di Milano, poi, forse non si rende conto che in molte sedi “Il sostegno economico per partecipare ad un convegno, per aggiornamento e per materiale informatico, per una stampante” ecc. non viene più fornito da tempo. In queste condizioni, la premialità si riduce ad un gioco di vasi comunicanti che porta inevitabilmente a stroncare i più deboli. E ciò avviene nel paese dove abbiamo la percentuale più bassa di laureati di tutta l’OCSE e la penultima spesa (% PIL) per l’università. Che in una situazione del genere si pensi al bonus ricercatori (con messaggio quasi esplicito che il 40% dei ricercatori e l’80% degli associati sono da rottamare) o al torneo dei dipartimenti manifesta uno scollamento dalla realtà molto simile a quello che ha indotto il governo a cercare un referendum suicida.

  5. Apprezzo l’intervento di Carrassi, perché esprime il suo punto di vista pur critico (e sulle critiche arriverò) con pacatezza, non senza rendersi conto per primo dei problemi che si agitano sullo sfondo della sua esortazione a non cassare in radice l’idea di poter premiare il “valore, il merito e la capacità delle persone”.

    Carrassi, infatti, si professa “consapevole delle drammatiche problematicità che affliggono le Università ed in particolare quelle del Sud, del sotto finanziamento assurdo ed irresponsabile della formazione nel nostro paese, della ipertrofica ed insopportabile burocrazia cui la 240/2010 e l’Anvur ci condannano”.

    Soprattutto apprezzo che sia intervenuto svelando la sua identità, e abbia vinto la ritrosia dei molti (professori/ricercatori e, dunque, si direbbe: intellettuali) cui l’Università ha insegnato la regola aurea di non esporsi mai, “perché tutto quello che dici potrà essere usato contro di te un giorno” (da cui la fortuna dei tanti nick-tastiera-fredda che affollano i threads degli articoli su ROARS).

    Un merito bipartisan questo referendum l’ha avuto, ed è l’aver spinto molti a ricordarsi (o a scoprire) che esiste una dimensione politica in ciascuno di noi, che va oltre il perseguimento dell’interesse contingente. Potrebbe dirsi che questa sia la ragion d’essere delle costituzioni: costringere a guardare lontano tutti, anche chi non è più abituato a farlo, e perfino chi cerca sistematicamente di non farlo mai.

    Nell’Università esistono molti luoghi nei quali istituzionalmente si dibatte con rituale periodicità. Ma non sono luoghi in cui di norma dibattere porta a guardare lontano e a esprimere quella dimensione politica cui alludevo, perché il rituale allena ad analizzare ogni decisione con un app mentale sviluppata per processare in tempo reale questo tipo di domanda: questa decisione tocca i miei interessi o quelli del mio gruppo? e se sì, l’esito mi conviene? (oppure: e se sì, l’esito è negativo per il nemico di turno?).

    In quei consessi chi vive nell’università facendola vivere parla di problemi contingenti, compone i suoi con gli altrui interessi, ma non ha modo di ragionare sulle visioni di fondo. Deve gestire le conseguenze contingenti delle visioni di fondo che altri hanno assunto per lui.

    Abbiamo bisogno di luoghi per maturare una visione d’insieme informata su quanto accade, per parlare, per confrontarci, per far emergere linee programmatiche sufficientemente condivise da poter catalizzare l’interesse di chi la politica la fa per davvero e decide il nostro destino.

    In questo senso ROARS svolge una funzione insostituibile, perché permette a chiunque abbia qualcosa da dire in base ad una visione fondata su dati concreti, di dire la sua e di contribuire a questa presa di coscienza collettiva.

    E veniamo alle critiche di Carrassi.

    Lo ha ricordato De Nicolao prima di me, ma stasera Marco Damilano da Formigli ha appena finito di riferire come persino Napolitano abbia accolto molto criticamente quanto ha messo in scena Renzi nei minuti successivi alla sconfitta. Uno statista che ha a cuore il Paese, e non se stesso, prende atto della sconfitta, si dimette politicamente, ma nel contempo offre la sua disponibilità a salire al Colle dichiarandosi pronto a restare al suo posto, sia per consentire di ridiscutere politicamente la legge di stabilità figlia di una proiezione elettorale che il popolo italiano ha smentito, sia per gestire l’ordinaria amministrazione fino a quando il Parlamento potrà disegnare l’assetto elettorale delle prossime consultazioni. Dopo aver accompagnato il Paese in una Verdun per otto mesi di campagna elettorale sarebbe stato il minimo sindacale.

    L’eleganza cede il passo all’esigenza di accendere i riflettori sulle modalità con le quali tutte le università statali italiane hanno ricevuto questo pacchetto normativo, che violenta l’autonomia universitaria nel senso più autentico sorvegliato dal primo e dal sesto comma dell’art. 33 Cost. Per fotografarle e lasciarle in un archivio nel quale custodirle e all’occorrenza rievocarle. E non è affatto escluso che oggi, facendo leva su queste norme della famosa prima parte della nostra Carta fondamentale e fugato il rischio che prospettava l’art. 117 Cost. voluto dalla riforma seppellita il 4 dicembre – si possa concepire una strategia che possa indurre la Consulta a rilevare l’incostituzionalità del rapporto diretto fra Governo e singoli ricercatori/PA e singoli dipartimenti.

    Non ho verificato come si piazzi il dipartimento di Carrassi nelle simulazioni presentate da De Nicolao qualche giorno fa. Sono certo che non sia fra quelli che si assumono premiabili in base a quelle simulazioni, come accade, invece, nel mio caso.

    Occorre condannare senz’appello una logica di fondo che distrugge il senso profondo dell’autonomia universitaria, in una visione che finisce per riorganizzare politicamente la presenza dell’università sul territorio italiano utilizzando una tecnica attinta da gravi ed oggettive criticità, le stesse che Carrassi evoca quando timidamente ammette: “La difficoltà oggettiva essendo insita nelle modalità di valutazione. Questo il vero problema”, le stesse su cui da anni ROARS, con dovizia di dati, richiama encomiabilmente l’attenzione di tutti noi.

    Dobbiamo batterci perché di ragionevoli premi e sanzioni si parli nell’università italiana, con ricette però ben diverse da quelle partorite da un ristretto circolo di economisti capaci di restare sempre vicini al potere, e solo dopo che si sarà ristabilita quella base minima di finanziamento ordinario del sistema dell’università statale italiana che abbiamo visto distruggere negli ultimi 8-9 anni.

    Ho scritto nel mio pezzo che dell’Università in Italia non importa a nessuno. E non avevo pensato a quanto la nostra eleganza abbia contributo a questo esito.

    Visto Carrassi?

    Da parte mia nessun sarcasmo o irritazione.

    Solo l’invito, se vorrà, a dare il suo contributo attivo e propositivo alla difesa dei valori attorno cui costruire, con la più ampia partecipazione possibile di chi vive ogni giorno la ricerca e l’insegnamento negli atenei del Paese, la rinascita dell’Università italiana.

  6. Il legislatore legifera con la stessa lucidità che il commentatore post-moderno scrive i post.
    Mi spiegate cosa centrano i senatore che sono stati costretti dal presidente, dal primo ministro e dalle opposizioni a votare una fiducia?
    Perché non pubblicate piuttosto la lista delle persone che hanno approvato questi articoli in Commissione bilancio Alla Camera.

  7. http://www.camera.it/leg17/1105?id_commissione=05&annomese=201611&view=filtered_scheda

    Francesco, intendo che mandanti, menti ed esecutori materiali sono da cercare altrove. Il capitolo senato non è mai esistito: quasi tutti sapevano dal 12 novembre come andava a finire il referendum. Ma pensi davvero che la tempistica tra camera e senato sia stata casuale? Come puoi vedere dal link questi hanno lavorato di domenica pur di mandare la legge così come c’è la ritroviamo prima del referendum. It was all by design.

    • Siamo d’accordo che da almeno tre lustri la politica universitaria è decisa fuori dalla politica e dal parlamento (i.e. Fondazione Agnelli, Ufficio Studi Confindustria, Bocconi, Treelle, ecc.) ed anche nella commissione cultura non si fa altro che approvare cose decise altrove. Dunque certo chi sta in commissione ha più responsabilità ma ciò non toglie che chi vota a favore se ne assume la responsabilità.

    • La politica universitaria è decisa dalla Fondazione Agnelli e dalla Treelle, ma vorrei ricordare che le stesse stanno anche manovrando nel profondo la politica scolastica. Tra un po’ all’Università arriveranno solo semianalfabeti e la didattica scolastica sarà stata del tutto trasformata in intrattenimento davanti le LIM e i software sfornati dalle case editrici a rimorchio di questi attori economici. Il disegno è complessivo e ha più livelli.

    • Personalmente quelli che mi affascinano di più sono i teorici dell’istruzione cui si ispirano poi le varie fondazione ecc per raccattare qualcosa a loro vantaggio. Stanno facendo danni incredibili molto più grandi della loro statura (e per quello in effetti non ci vuole molto)

  8. Ma il problema è proprio quello che evidenzia FSL. La politica universitaria è decisa da soggetti altri, che per di più odiano l’umanesimo e gli fa un baffo spegnere cattedre che esistono da secoli perché ‘non sono utili’.
    L’altro problema è che i soggetti politici da noi eletti (o non eletti) sono totalmente asserviti a loro; i politici sono esecutori di ordini. Mi chiedo tuttavia, banalmente, se abbiano una coscienza e se si rendano conto di tutto ciò che hanno avallato in questi anni: chiusure di dottorati, precarizzazione del ruolo in entrata, fuga dei giovani, lobotomizzazione informatica. Si guarderanno allo specchio ogni tanto?

  9. Le possibilità di un’azione che abbia efficacia sono legate alla possibilità che l’Università si purghi di una pratica che non è stata imposta per legge, ma vige da sempre nelle Università: il mobbing, pratica diffusa per anticipare pensionamenti, bloccare la carriera, influenzare gli studenti.
    Nel 2008, nel piccolo, ricordo un grande movimento contro la legge Gelmini. Ne conosco i risultati: avanzamenti di carriera (studenti inclusi); cordate formatesi allora, che ancora danno copiosi frutti (posti preparati per amici).
    Il mobbing è praticato con ancor più spregiudicatezza che nel tempo dei baroni, disperde energie, forse le migliori.

  10. Un’azione che abbia efficacia è legata alla possibilità che l’Università si purghi di una pratica che non è stata imposta per legge, ma vige da sempre nelle Università: il mobbing, pratica diffusa per anticipare pensionamenti, bloccare la carriera, influenzare gli studenti. La divisione interna è altissima: è difficile riconoscersi nella propria Università e Facoltà.
    Nel 2008, nel piccolo, ricordo un grande movimento contro la legge Gelmini. Ne conosco i risultati: avanzamenti di carriera (studenti inclusi); cordate formatesi allora, che ancora danno copiosi frutti (posti preparati per amici), curricula esito di negoziazioni estenuanti e rivedibili ogni volta sulla base dell’amico da favorire.
    Il mobbing è praticato con ancor più spregiudicatezza che nel tempo dei baroni, disperde energie, forse le migliori.

  11. @mariam

    sono d’accordo, forme di mobbing e di isolamento striscianti, piu’ o meno evidenti, piu’ o meno esplicite o addirittura consapevoli (spesso sono connaturate alla pochezza culturale e da questa (in)consciamente giustificate), ma non per questo meno dannose (anzi), sono la quotidianita’ in ambito accademico

    vengono costantemente applicate dalle lobby dipartimentali, di ateneo e nazionali che controllano i flussi di risorse, si nutrono della forza dei gruppi dominanti che nella quasi totale assenza di organismi di controllo decidono della vita scientifica di persone e di interi settori di ricerca, spesso abbandonati ad un destino di consunzione o addirittura di estinzione

    con lodevoli eccezioni, nell’ambito della ricerca, di alcuni enti extra-universitari che continuano a sostenere la ricerca di base, mirando a unire piu’ che a dividere

    • Ciò che dicono “mariam” e G. Avezzù (Il nome della rosa) è molto allarmante e scandaloso se non rappresenta prassi di dimensioni meramente fisiologiche. Se invece tali prassi fossero capillarmente diffuse, le critiche rivolte dall’esterno a TUTTA l’università (che si pensava fossero generalizzazioni scorrette) sarebbero pienamente giustificate. Bisogna, quindi, decidersi a lasciare stare valutazioni e comp. bella che rafforzano le pratiche non virtuose, e intraprendere il risanamento ‘morale’ (se il termine è appropriato) dall’interno. Non sarebbe male fare una rilevazione per campione dei pareri sull’università da parte di chi ci lavora. La schizofrenia comportamentale di molto colleghi (che in privato sono diversi da come sono in pubblico) è talmente evidente da meritare più attenzione. Mobbing, favoritismi ecc. ecc. su scala ridotta ci saranno, ma superano il livello critico? Per me questo è il punto. Sono anche consapevole che ingiustizie ne abbiamo subite tutti, ma sono imputabili al sistema oppure alla pochezza, stupidità, incapacità umana e professionale di X Y Z?

    • Mobbing, favoritismi ecc. ecc. a mio parere (cioè per la conoscenza evenementielle che ne ho) superano il livello critico. E, di nuovo la mia impressione, è che abbiano trovato piena giustificazione nella retorica della valutazione e del merito. Oltreché della neutralità/oggettività dei parametri numerici. La grande differenza con il “passato”, a mio parere, è che con ANVUR e compagnia sono cambiati i gruppi di controllo. Una nuova ondata di superbaroni anvuriani ha preso il potere.

    • @Marinella Lorinczi

      il mobbing e’ di sistema purtroppo, magari fossero sempre ben individuabili responsabilita’ personali

      c’e’ il mobbing del governo verso la classe docente universitaria, l’ultima trovata e’, per fare un esempio dei mille possibili, finanzio il 20% degli associati con quello che dovrei invece assicurare a tutti perche’ possano lavorare dignitosamente, e gli altri si arrangino
      (qui almeno gli autori sono noti e se questo non e’ mobbing …)

      ma c’e’ anche il mobbing dei settori/gruppi dominanti ai vari livelli, che e’ assolutamente di sistema e in una situazione di scarsita’ di finanziamenti tende ad escludere i settori/gruppi/ricercatori minoritari o esterni alle lobby (attenzione, non e’ detto che ci sia una strategia del tutto consapevole, accade perche’ deve accadere, nessuno ammetterebbe soprattutto con se’ stesso di partecipare ad una cosa del genere, ognuno agisce per il bene della “ricerca che conta”, la somma dai piccoli fatti contingenti crea pero’ la strategia globale, i pregiudizi culturali agiscono nell’ombra in modo devastante)

      il problema sono i meccanismi decisionali

      il problema resta quello della distribuzione equa delle risorse e degli organismi di controllo che dovrebbero esistere soprattutto a livello locale, dove tutto e’ invece lasciato nelle mani “democratiche” dei dipartimenti, con le conseguenze di demotivazione, rabbia e frustrazione piu’ o meno latente che vediamo

      in questo modo i rettori hanno sempre le mani pulite e le responsabilita’ sono cosi’ “diffuse” che non possono emergere in modo chiaro

      il quadro e’ li’, ma il pittore di solito non e’ ben individuabile

    • In quello che dite il mobbing si combina col bossing, o è anzitutto bossing accompagnato dalla subalternità spontanea o estorta del gruppo che poi eventualmente mobbizza singoli. Bella roba, non c’è che dire, all’università!

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