Il Corriere della Sera di Lunedì 20 maggio ospita in prima pagina un articolo di Antonio Polito sul Referendum consultivo sui finanziamenti pubblici alle scuole paritarie private previsto a Bologna per il 26 maggio. È un onore che il Corriere nazionale si occupi di una vicenda locale. Sino ad ora, infatti, non aveva seguito granché la campagna referendaria. E tuttavia, l’articolo di Polito contiene numerose inesattezze. A partire dal tono allarmato dell’articolo, che parla di “scuola in ostaggio”, di “sfida ideologica”, di “assestare alle urne un colpo forse letale alla giunta guidata dal sindaco pd Virginio Merola”, l’articolo ha toni allarmistici che poco rappresentano i contenuti e il significato della campagna referendaria, nonché i principi dei cittadini che vi partecipano.
Tanto per spiegare a chi non ha seguito, la campagna referendaria sul finanziamento pubblico alle scuole paritarie private nasce qualche anno fa, dalla preoccupazione di quelle famiglie, mamme e papà, costrette a confrontarsi ogni anno con l’esclusione scolastica dei loro figli. I tagli alla scuola degli ultimi anni, congiunti a un rapido processo di riforma, hanno infatti colpito duramente la scuola pubblica, notoriamente stremata dall’assenza di fondi e infrastrutture. A Bologna, il problema più grave è stata l’incapacità del sistema integrato della scuola per l’infanzia di garantire un posto a scuola a tutti i bambini di Bologna, al punto che, come raccontano molte famiglie, ogni anno c’era qualcuno che doveva apprendere, non senza un senso di umiliazione, che per i loro figli posto a scuola non c’era. Venendo ai dati, erano 423, nel 2012, i bambini rimasti senza possibilità d’accesso alla scuola per l’infanzia, e nonostante il Comune abbia improvvisato soluzioni d’emergenza, 103 di loro sono rimasti a casa. In altri casi, le famiglie sono state costrette a iscrivere i loro figli a una scuola privata, nella gran parte dei casi una scuola confessionale. Ora, Polito non si sofferma su tutto questo. Spiega, al contrario, che “il referendum promosso da questo fronte punta ad abbattere il sistema integrato di scuola pubblica e scuola paritaria che fu avviato in Emilia più di vent’anni fa”. Polito sta traendo delle conclusioni affrettate. La campagna referendaria, infatti, non ha mai assunto toni duri, tantomeno contro i privati. Ancormeno, essa desidera abbattere il contributo che essi danno alla scuola. La campagna referendaria si limita a sostenere quanto prescritto dall’articolo 33 della Costituzione, ovvero che, per dirlo con le parole di illustri Costituenti quali Calamandrei, “la scuola pubblica è il prius, quella privata è il posterius”. In altre parole, come sostenuto dall’On. Preti in Assemblea Costituente nel 1947, «(s)arebbe un paradosso che lo Stato, che non ha nemmeno abbastanza denaro per le proprie scuole, dovesse in qualche modo finanziare delle scuole non statali». In tempi di ristrettezze e difficoltà, come quelli odierni, è dovere della Repubblica garantire che tutti i bambini possano accedere alla scuola pubblica, prima ancora di discutere sui finanziamenti alle private.
In questo senso, la diattriba sul milione di euro va letta correttamente. Per far fronte alle esigenze di tutte le famiglie e eliminare le liste d’attesa nella scuola pubblica, infatti, a Bologna servirebbero 12 nuove sezioni a un costo di 90 mila euro a sezione, come dimostra le Delibera comunale del 9 ottobre 2012. Questa cifra corrisponde esattamente alla cifra che al momento viene data alle scuole private: 90 mila euro per 12 sezioni corrisponde a 1 milione e 80 mila euro, ossia la cifra che viene assegnata attualmente alle scuole paritarie. La richiesta dei referendari, dunque, è semplice: prima di divagare assicuriamoci che i diritti vengano garantiti. Altrimenti, le parole di Polito, per prima la questione della libertà di scelta, saranno parole vuote. Non si può parlare di libertà di scelta quando l’istruzione non è più un diritto di tutti. Non vi è libertà di scelta quando l’istruzione diventa un servizio a pagamento.
Vi è un’esigenza concreta, dunque, alla base del Referendum del 26 maggio. Non uno scontro ideologico. Bisognerebbe anche dire che il referendum del 26 maggio non è abrogativo, è consultivo, interroga cioé la cittadinanza su quale sia, secondo lei, la destinazione più opportuna dei fondi pubblici, senza minaccia alcuna. Per fare questo, il Comitato Referendario ha chiesto il supporto di illustri costituzionalisti, come per l’appunto il Prof. Rodotà, che lungi dall’ispirare il Referendum, come ha scritto Polito, ha messo le sue competenze e la sua generosità a servizio della campagna referendaria, divenendone Presidente Onorario, e riconoscendo all’azione dei cittadini un valore democratico, inclusivo e partecipativo.
Spiace che una campagna così partecipata, appassionata e lucida possa diventare pretesto per un’agenda politica altra. Polito dice che “nelle urne bolognesi si fronteggiano per la prima volta gli inediti schieramenti che si sono creati in parlamento, Pd e PdL insieme da un lato, Sel e Movimento Cinque Stelle dall’altro”. Non è così. Alle urne questo 26 maggio i cittadini voteranno per difendere la scuola pubblica e la Costituzione. Ogni altra interpretazione è pretestuosa e fallace.
* Questa è la versione integrale dell’articolo pubblicato in data 21 Maggio da Il Fatto Quotidiano
[…] articolo è stato pubblicato sul sito Roars.it il 20 maggio […]
E’ disponibile una replica di Polito:
http://giovannitaurasi.wordpress.com/2013/05/22/bologna-valori-al-posto-dei-bambini-di-antonio-polito-dal-corriere-della-sera-del-22-5-2013/
Sulla questione dell’articolo 33, credo sia bene leggere, per una volta, la discussione originale sul testo, che si trova qui:
http://www.nascitacostituzione.it/02p1/02t2/033/index.htm?art033-027.htm&2
Verso la fine si leggono le dichiarazioni dei proponenti l’emendamento. Corbino dice:
“Vorrei chiarire brevemente il mio pensiero. Forse, da quello che avevo in animo di dire, il collega Gronchi avrebbe capito che le sue preoccupazioni sono infondate. Perché noi non diciamo che lo Stato non potrà mai intervenire a favore degli istituti privati; diciamo solo che nessun istituto privato potrà sorgere con il diritto di avere aiuti da parte dello Stato. È una cosa diversa: si tratta della facoltà di dare o di non dare.”
Codignola dice:
“Dichiaro che voteremo a favore, chiarendo ai colleghi democristiani che, con questa aggiunta, non è vero che si venga ad impedire qualsiasi aiuto dello Stato a scuole professionali: si stabilisce solo che non esiste un diritto costituzionale a chiedere tale aiuto. Questo è bene chiarirlo.”
Nessun altro proponente l’emendamento dice nulla.
Ora, per favore, la si pensi come si vuole, ma non si faccia dire alla costituzione quel che non dice. Inoltre, a proposito della costituzione, mi chiedo perché non si citi mai l’articolo 30, che dice: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”. Dei genitori, non dello stato.
Infine, tanto per fare un esempio positivo di laïcité, si veda quel che dice la legge francese sulle scuole private:
http://www.education.gouv.fr/cid251/les-etablissements-d-enseignement-prive.html
Aggiungo che la gran parte delle scuole di cui sopra sono cattoliche, il che non sembra far troppo problema ai laici francesi, a differenza dei nostri. Quando il governo Mitterand tentò di modificare le norme, eliminando i finanziamenti diretti alle scuole private, ci furono enormi dimostrazioni popolari, il progetto rientrò e il ministro Savary fu costretto a dimettersi. Speriamo il buon senso prevalga anche qui, almeno relativamente a quei minimi contributi economici che l’ideologia permette in questo paese.
Gigi, grazie di aver riportato il link alla discussione originale. Faccio notare che il testo originale è ben più articolato. Onde evitare di riaprire una polemica decennale rimando il lettore al testo integrale. Ben venga l’interpretazione che lei riporta, chiaro che sarebbe audace negare che storicamente è stata giudicata corretta la versione restrittiva dell’emendamento Corbino.
“Ora, per favore, la si pensi come si vuole, ma non si faccia dire alla costituzione quel che non dice”. cit.
Per il resto, abbiamo già avuto questa discussione in un’altra occasione. Rimando il lettore ai commenti a questo altro post https://www.roars.it/il-pd-la-curia-e-la-scuola-privata-una-storia-damore-e-perdizione-ovvero-perche-al-referendum-di-bologna-scegliamo-a/. Quanto al caso francese, già le fu risposto allora da Andrea Zhok.
L’interpretazione in questione non è la mia, ma quella di coloro che proposero l’emendamento. Come tale ha più importanza delle nostre e non se ne può prescindere. Non è dunque affatto audace ritenerla corretta, è semmai vero il contrario: sarei infatti curioso di sapere da chi, “storicamente”, è stata giudicata corretta l’interpretazione opposta (non certo da tribunali o dalla corte costituzionale). Come già detto in altro post, non risulta infatti che alcuna delle leggi statali e regionali che prevedano un finanziamento, diretto o indiretto, a scuole paritarie, sia stata dichiarata anticostituzionale: un fatto che, mi pare, rende assai poco ardita la tesi di Corbino (il quale peraltro, evidentemente, l’aveva in mente quando propose l’emendamento).
Sulla risposta di Zhok, che per sicurezza ho riletto ora, si trovano frasi come “ogni finanziamento all’istruzione pubblica (ndr leggi: privata, errore di stampa) è di fatto … una genuflessione all’influenza formativa della Chiesa”, frasi che mi fanno ritenere ora come allora che non sia utile rispondere, se non semmai suggerendo di rileggere ancora l’articolo 30 della costituzione prima nominato (un bel comitato Articolo30 sarebbe forse una buona idea). Penso sia forse più utile tornare sulla lettera, e non sulle interpretazioni, delle condizioni imposte dallo stato francese alle scuole private i cui insegnanti sono da esso direttamente pagati: le riporto per comodità di lettura:
“Ce contrat oblige l’établissement à accueillir les enfants sans distinction d’origine, d’opinion ou de croyance.”
e poi
“D’un point de vue administratif, l’inspecteur s’assure que le directeur et les enseignants disposent des titres requis et que sont respectés l’obligation scolaire, l’ordre public et les bonnes mœurs, ainsi que les règles sanitaires et sociales requises lors de l’ouverture.
Le contrôle pédagogique, quant à lui, vise à s’assurer que l’enseignement dispensé est conforme au droit à l’instruction garanti à l’enfant et répond aux normes minimales des connaissances requises à l’issue de la période d’instruction obligatoire.”
Tutto qua. Ci va il 17% della popolazione, quasi tutti in scuole cattoliche, e nessuno convoca referendum.
Guardi Gigi. Per quanto mi riguarda le discussioni protese alla dimostrazione dell’innegabile hanno una capacita’ attrattiva ridotta.
Facciamo volentieri che ha ragione lei: senza oneri per lo stato significa con oneri per lo stato. Confessionale significa laica. E esclusione scolastica significa liberta’ di scelta. Poi per fortuna è potestà della corte costituzionale.
Caro Gigi,
spero che nella sua ordinaria attività scientifica lei non sia aduso a citare nel modo capzioso in cui ha avuto la bontà di citare me.
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Se avessi scritto che “ogni finanziamento all’istruzione privata è di fatto … una genuflessione all’influenza formativa della Chiesa” avrei detto un’ovvia sciocchezza, ma quello che ho scritto, al netto della correzione, è: “In Italia ogni finanziamento pubblico all’istruzione privata è di fatto, non nel mondo delle idee,una genuflessione all’influenza formativa della Chiesa”.
Omettendo i vincoli al contesto lei fa passare ciò che dico per una presa di posizione ideologica di principio, il che non è. Concludevo peraltro dicendo che non si tratta di deliberare ideologicamente sull’universale malvagità del finanziamento privato all’istruzione pubblica, ma di calarlo nella situazione italiana di sottofinanziamento dell’istruzione pubblica e influenza debordante della Chiesa nella formazione pubblica.
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Detto questo lei è perfettamente padrone di ritenere che quanto dico non sia degno di risposta, né io reputo che le mie opinioni siano tali perle di saggezza da ritenermi offeso in assenza di una sua risposta. Basta che si astenga cortesemente da distorsioni.
L’argomentazione dell’autrice andrebbe rivolta all’onorevole Corvino, in primo luogo, in secondo luogo alla legge sulla parita’, che definisce pubbliche sia le scuole statali che quelle paritarie, infine ai tribunali italiani e alla corte costituzionale che, in vari decenni, non hanno ritenuto incostituzionale alcuna legge che prevedesse finanziamenti alle scuole private. Che poi cio’ non le piaccia e’ un altro discorso, e me ne faro’ una ragione, ma i fatti restano. Io peraltro mi sono limitato a citare le fonti originali e a fare esempi concreti, ad esempio le norme sulla parita’ in Francia, su cui non riesco ad avere altro commento che qualche generico “ma li’ e’ diverso” (non mi si accusi di capziosita’, la frase e’ mia, ma mi sembra sia questo il senso).
Riguardo, appunto, all’accusa di capziosita’ mossami, credevo sinceramente di aver reso in modo chiaro il pensiero dell’autore, e di altri i quali, in passato, hanno proposto un florilegio di buone parole sulle scuole “confessionali” (non fatico a percepire il disprezzo). Perche’, vede, se io dico che in linea di principio una certa cosa potrebbe anche andare bene, pero’, guarda un po’, qui e ora invece proprio non va bene, a me questo modo di ragionare pare qualcosa di simile a una foglia di fico e mi viene da pensare che sia semmai quello l’argomento capzioso.
Ringrazio Andrea Zhok della preoccupazione sulla mia attivita’ scientifica, ma garantisco che, essendo un matematico, qualche elemento di logica lo conosco e che, nel caso io sbagli una dimostrazione, qualcuno certamente se ne accorge.
Ma andiamo al di là della costituzione. Polito sostiene nell’articolo citato da Gigi l’argomento di Prodi, per cui si finanzierebbero il 23% dei bambini con il 2,8% dei fondi sul totale di quelli stanziati. In sostanza si tratta (sempre secondo Polito) un milione e centomila euro per 1.825 posti alunno; ovvero 602 euro ad alunno. Mi si vuole sostenere che la retta annuale pagata in questi asili privati è equivalente a questa somma? O forse non è molto di più? E si vuole veramente far credere che è questa ridicola somma a permettere ai figli dei disagiati di frequentare gli asili privati, in cui le rette annuali sono di gran lunga maggiori (specie in quelli più esclusivi)? Quanto meno se non si danno le rette medie (e quelle degli asili migliori, se si vuole sostenere la tesi che così anche i poveri possono accedere alle scuole altrimenti riservate ai ricchi), l’informazione fornita da Polito è manchevole. E poi, quando si parla di costi, perché non si conteggiano quelli delle famiglie? Infine, si finge di ignorare che gli insegnanti di questi asili privati e delle scuole paritarie sono spesso non pagati o sottopagati (gli si dà in cambio il “punteggio”); ma come mai la parità deve valere per i finanziamenti e non per i diritti dei lavoratori e gli stipendi degli insegnanti? Quando il Miur avrà fatto rispettare queste normali regole, allora poi ne possiamo parlare di finanziare le private.
Le sue obiezioni sono ragionevoli e la ringrazio per l’intervento. Ma e’ tuttavia noto che il costo complessivo medio per alunno in una scuola privata e’ dell’ordine della meta’ di quello che si spende nel pubblico. Cio’ naturalmente non e’ necessariamente cosa positiva, proprio per i fenomeni di sfruttamento che certamente esistono. Tuttavia cio’ non e’ l’unico motivo della maggior spesa: potrei anche nel mio piccolo fare vari esempi, per esempio relativi all’anno in cui uno dei miei figli ha visto tre maestre su un unico posto, di cui due formalmente in malattia (tutta la scuola sapeva che le cose non stavano cosi’) ma tutte realmente pagate. Un sistema realmente integrato abbatte alla radice sia i fenomeni di sfruttamento (le scuole private danno in Francia i medesimi salari di quelle pubbliche), un sistema come il nostro li induce. Non ha senso, secondo me, parlare di cosa fare prima o dopo, stato giuridico degli insegnanti delle scuole private e finanziamenti devono venire decisi contestualmente.
E dajje con i refusi: please, leggasi sopra: “malvagità del finanziamento pubblico all’istruzione privata”.
Non mi è chiara una cosa: il referendum di Bologna riguarda la scuola dell’obbligo o la scuola dell’infanzia?
Scuola dell’infanzia, da quello che ho capito.
Non si puo’ essere catto-comunisti?
Sì, ci sono stati e in parte ci sono ancora. Ma ora don Gallo è morto e Vendola piglia a malapena il 3% e comunque è rimasto fuori da tutto; all’interno del PD, poi, mi paiono ben pochi.
I due ceppi che ho indicato hanno ben altra tenuta e resistenza, in questo paese li direi quasi eterni
Non si può nemmeno definire la ministra brava soldatina piddina? Ma era firmato Ciro, mica Redazione Roars. Restava ben inteso che voi o non lo pensate o, se lo pensate, di certo non lo dite né lo scrivete, e siccome nessuno legge nel pensiero…
Mi pare esageriate un po’ con la prudenza