Su queste pagine si sono spesso discussi i motivi dell’inopportunità della redazione di classifiche o rankings di riviste. Fra l’altro, anni fa, nel corso del primo convegno organizzato da Roars, Sabino Cassese aveva lucidamente evidenziato il rischio che operazioni di questo genere finissero per consegnare la valutazione nelle mani del giudice. Una previsione assai lucida, come mostra il moltiplicarsi di sentenze del Giudice Amministrativo su questa materia. Nel chiederci cosa accadrà se sarà confermata la rigidità del nuovo D.M. “criteri e parametri”, che prevede inderogabilmente – per le scienze umane e sociali – il superamento di indicatori computati anche sulla base delle pubblicazioni “di fascia A”, segnaliamo ai lettori la recente sentenza del Consiglio di Stato a proposito della rivista Diritto e Processo Amministrativo. Da notare che il Giudice ha provveduto egli stesso ad assegnare la classe A alla rivista e a nominare sin d’ora un commissario ad acta, nella persona del Prefetto di Roma, in caso di inottemperanza da parte dell’Amministrazione.

N. 00053/2016REG.PROV.COLL.

N. 06240/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6240 del 2015, proposto da:
Follieri Enrico in proprio e in qualità di professore ordinario di diritto amministrativo e di Direttore responsabile della Rivista Diritto e Processo Amministrativo, Ferrara Rosario, in proprio e in qualità di professore ordinario di diritto amministrativo e di condirettore della Rivista Diritto e Processo Amministrativo, Ferrari Erminio, in proprio e in qualità di professore ordinario di diritto amministrativo e di condirettore della Rivista Diritto e Processo Amministrativo, Iannotta Lucio, in proprio e in qualità di professore ordinario di diritto amministrativo e di condirettore della Rivista Diritto e Processo Amministrativo, Marenghi Enzo Maria, in proprio e in qualità di professore ordinario di diritto amministrativo e di condirettore della Rivista Diritto e Processo Amministrativo, Pubusa Andrea, in proprio e in qualità di professore ordinario di diritto amministrativo e di condirettore della Rivista Diritto e Processo Amministrativo, Leone Giovanni, in proprio e in qualità di professore ordinario di diritto amministrativo e di componente del comitato scientifico della Rivista Diritto e Processo Amministrativo, rappresentati e difesi dagli avvocati Franco Gaetano Scoca, Enrico Follieri, Enzo Maria Marenghi e Andrea Pubusa, con domicilio eletto presso lo Studio Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18

contro

Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca – ANVUR, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12

nei confronti di

Genuardi Maurizio, Lo Muzio Lorenzo

per l’ottemperanza della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1584/2015

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca e dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca – ANVUR;

Viste le memorie difensive;

Visto l’articolo 114 Cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2015 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Follieri e l’avvocato dello Stato D’Avanzo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

 

FATTO

I ricorrenti sono professori universitari ordinari di diritto amministrativo e sono responsabili a vario titolo (direttore, condirettori, componente del comitato scientifico) della Rivista “Diritto e processo amministrativo”, che è stata ritenuta pubblicazione non “di eccellenza” e, quindi, non inserita dal Consiglio Direttivo dell’ANVUR nella lista delle riviste scientifiche di area giuridica incluse nella ‘classe A’, ai fini dell’abilitazione scientifica nazionale di cui alla legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario), e per la formazione delle Commissioni nazionali di cui al decreto ministeriale 7 giugno 2012, n. 76 (Regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, nonché le modalità di accertamento della qualificazione dei Commissari, ai sensi dell’articolo 16, comma 3, lettere a), b) e c) della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222).

Con il ricorso di primo grado i predetti impugnavano, a mezzo di dodici motivi di censura per violazione di legge ed eccesso di potere, una serie di atti lamentati come lesivi in via principale o presupposta, emessi dal MIUR (il decreto 7 giugno 2012, n. 76, compresi tutti gli allegati relativi agli indicatori di attività scientifica non bibliometrici, in specie l’Allegato B, ed atti susseguenti) e dall’ANVUR (provvedimenti applicativi e in particolare la delibera n. 50 del 21 giugno 2012 che stabilisce le modalità di calcolo degli indicatori da utilizzare ai fini della selezione degli aspiranti commissari e della valutazione dei candidati per l’abilitazione scientifica nazionale, oltre all’attività istruttoria del GEV – Gruppo di Esperti della Valutazione della ricerca e del Gruppo di lavoro Libri e riviste scientifiche dell’area 12).

Vi ha fatto seguito un primo atto di motivi aggiunti, occasionato da una riclassificazione in ‘classe A’ da parte dell’ANVUR di talune riviste, tramite la quale doglianza si denunciavano disparità di trattamento e ingiustizia manifesta.

Avendo poi l’ANVUR sottoposto a rivalutazione la rivista qui dibattuta in esecuzione dell’ordinanza del Tribunale amministrativo del Lazio (Roma) n. 934 del 22 febbraio 2013, con secondi motivi aggiunti venivano contestati dai ricorrenti gli atti ulteriori relativi al riesame, sulla base di altri numerosi motivi di impugnazione (nella specie, la delibera n. 74 del 19 giugno 2013 del Consiglio direttivo dell’ANVUR, confermativa dell’inclusione in ‘classe B’; gli atti istruttori del riesame; i giudizi dei referees).

La questione, in sintesi, si riferisce alla identificazione ed applicazione – rispetto alla rivista in argomento – dell’indice (rating) di scientificità di una rivista giuridica, agli effetti della valutazione e inclusione (o meglio: non inclusione) nella classe (o fascia) ‘A’ di cui al citato decreto ministeriale 7 giugno 2012, n. 76, Allegato B, a tenore del quale:

2. Per ciascun settore concorsuale di cui al numero 1 [vale a dire: per i “settori concorsuali cui si applicano gli indicatori di attività scientifica non bibliometrici”, tra i quali è l’area disciplinare n. 12, Scienze giuridiche] l’ANVUR, anche avvalendosi dei gruppi di esperti della Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) e delle società scientifiche nazionali, effettua una suddivisione delle riviste su cui hanno pubblicato gli studiosi italiani in tre classi di merito:

a) le riviste di classe A sono quelle, dotate di ISSN, riconosciute come eccellenti a livello internazionale per il rigore delle procedure di revisione e per la diffusione, stima e impatto nelle comunità degli studiosi del settore, indicati anche dalla presenza delle riviste stesse nelle maggiori banche dati nazionali e internazionali;

b) le riviste di classe B sono quelle, dotate di ISSN, che godono di buona reputazione presso la comunità scientifica di riferimento e hanno diffusione almeno nazionale;

c) tutte le altre riviste scientifiche appartengono alla classe C”.

Con la sentenza n. 324 del 2014 il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso in relazione alla domanda di annullamento degli atti inerenti la procedura di ASN (per difetto di interesse dei ricorrenti) e improcedibile quella di annullamento e di nullità degli originali provvedimenti di classificazione (per essere medio tempore intervenuta una nuova classificazione adottata in esecuzione della favorevole ordinanza di sospensiva adottata dal primo Giudice).

Nel merito, il Tribunale amministrativo ha respinto i motivi di ricorso proposti avverso la nuova classificazione in ‘classe B’ adottata a seguito dell’ordinanza cautelare.

La sentenza è stata impugnata in appello dai professori Follieri, Ferrara, Ferrari, Iannotta, Marenghi e Pubusa i quali ne hanno chiesto la riforma articolando plurimi motivi.

Con sentenza 25 marzo 2015, n. 1584 questa VI Sezione del Consiglio di Stato ha accolto il ricorso e ha conseguentemente annullato gli atti dell’ANVUR nei limiti di cui in parte motiva.

Con la delibera del Consiglio direttivo n. 71 del 13 maggio 2015 l’ANVUR confermava il riconoscimento del carattere scientifico della Rivista Diritto e processo amministrativo, ma ne ribadiva altresì la collocazione nell’ambito della ‘classe B’.

Pertanto, con il ricorso in epigrafe i ricorrenti vittoriosi all’esito del giudizio di appello hanno chiesto a questo Consiglio di Stato di accertare e dichiarare l’inottemperanza (in primis, dell’ANVUR) nell’attuare quanto deciso dalla sentenza n. 1584/2015.

Con il primo motivo i ricorrenti hanno richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, al fine di evitare che l’amministrazione possa sottrarsi all’obbligo di conformarsi a un giudicato di annullamento semplicemente adottando provvedimenti ostativi sempre nuovi e basati su ragioni ostative di volta in volta diverse, è necessario che l’amministrazione, dopo il primo annullamento, riesamini l’affare nella sua interezza ed espliciti una volta per tutte le possibili ragioni ostative. Laddove l’amministrazione non operi secondo tali modalità, essa non potrà poi legittimamente adottare nuovi e ulteriori atti di diniego, pur se fondati su profili della questione in precedenza non esaminati.

Al riguardo i ricorrenti osservano che:

– avendo le amministrazioni intimate opposto un primo (e illegittimo) diniego attraverso la prima classificazione del 2012

– e avendo le medesime amministrazioni opposto un secondo (e parimenti illegittimo) diniego attraverso la nuova classificazione del giugno 2013 adottata a seguito dell’ordinanza di accoglimento del Tribunale amministrativo

– a questo punto, alle medesime amministrazioni non resterebbe altra – legittima – possibilità, se non quella di rilasciare finalmente l’invocato provvedimento di collocazione della Rivista in ‘classe A’.

Con il secondo motivo i ricorrenti sottolineano che l’amministrazione abbia operato in violazione ed elusione del giudicato formatosi sulla sentenza di questo Consiglio n. 1584/2015 per avere la delibera ANVUR n. 71 del 2015 (che ha confermato la collocazione in ‘classe B’) articolato i criteri generali per la valutazione della Rivista, ma solo dopo che si era svolta la (negativa) rivalutazione da parte del sottogruppo di area 12 del gruppo di lavoro libri scientifici.

Ancora con il secondo motivo gli appellanti contestano le ragioni poste a fondamento della nuova valutazione non favorevole espressa dal sottogruppo di valutazione per l’area 12 e del parere del referee anonimo allegato.

In particolare, i ricorrenti:

– lamentano che, in sede di nuova valutazione, l’amministrazione si sia discostata dal parere dell’AIPDA (Associazione Italiana dei Professori di Diritto Amministrativo), nonostante la sentenza oggetto di esecuzione ne avesse sottolineato la notevole rilevanza ai fini della definizione della vicenda di causa;

– contestano la fondatezza dei giudizi espressi nell’ambito della c.d. ‘peer review’;

– contestano le valutazioni da ultimo operate per quanto riguarda: i) la presunta scarsa internazionalizzazione della Rivista; ii) la non libera accessibilità degli articoli online; iii) la mancata suddivisione della Rivista in Sezioni autonome. Si tratterebbe, per ciascuno dei profili evidenziati, di aspetti in contrasto con le statuizioni della sentenza della cui esecuzione si tratta.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca il quale ha concluso nel senso della reiezione del ricorso.

Alla camera di consiglio del 20 ottobre 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso proposto dal direttore responsabile, dai condirettori e da un componente del comitato scientifico della Rivista “Diritto e processo amministrativo” al fine di ottenere la corretta esecuzione della sentenza di questo Consiglio di Stato, VI, 25 marzo 2015, n. 1584 con la quale, in riforma della sentenza di primo grado, sono stati annullati gli atti con cui l’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e di Ricerca (d’ora in poi: ‘l’ANVUR’) ha qualificato la Rivista in questione come di ‘classe B’ ai fini dell’abilitazione scientifica nazionale e della formazione delle commissioni nazionali di cui al decreto ministeriale n. 76 del 2012.

2. Il Collegio considera che evidenti ragioni di ordine logico (imposte peraltro dalla complessità della res controversa) impongano di esaminare in sequenza le seguenti questioni: a) se gli esiti del riesame della Rivista Diritto e processo amministrativo di cui alla delibera ANVUR n. 71 del 2015 risultino viziati per contrasto della sentenza di questo Consiglio di Stato n. 1584/2014 (di cui, pure, il riesame in parola doveva rappresentare corretta esecuzione); b) in caso positivo, quali siano le conseguenze di tale vizio in relazione all’invocato riconoscimento dell’iscrizione fra le Riviste di ‘classe A’ ai sensi del decreto ministeriale n. 76 del 2012.

3. Per quanto riguarda il primo degli aspetti richiamati il Collegio ritiene che la delibera dell’ANVUR recante gli esiti dell’attività di riesame conseguente all’annullamento in sede giurisdizionale della precedente valutazione risulti effettivamente viziata per contrasto con il contenuto precettivo, e dunque conformativo, della sentenza n. 1584/2014.

5. Come si è anticipato in narrativa, la sentenza della cui esecuzione qui si discute aveva sancito l’illegittimità della rinnovata classificazione in ‘classe B’ della Rivista “Diritto e processo amministrativo” (si tratta della classificazione disposta dall’ANVUR in data 19 giugno 2013).

Fra le principali ragioni poste a fondamento del disposto annullamento, si richiamano qui:

– l’affermazione secondo cui la riconfermata classificazione in ‘classe B’ della Rivista è illegittima “sotto l’assorbente e prevalente profilo del difetto di istruttoria” (punto 4.1 della motivazione);

– il rilievo secondo cui, ai fini della predisposizione degli elenchi di cui all’allegato B del decreto ministeriale n. 76 del 2012, “le Riviste sono state valutate e classificate ‘in retrospettiva’ sulla base di procedure e specifiche tecniche ex post, nell’assenza di ‘parametri e metodi consolidati nella comunità scientifica di riferimento’ (…) nelle attività di monitoraggio, come quella praticata in esame, la costruzione di indici ex ante appare essenziale per identificare la soglia (di qua o di là) e per la misurazione differenziale degli scostamenti. Nella specie la valutazione è stata rimessa a rilevamenti di ordine sostanzialmente opinabile” (ivi, punto 4.4.);

– l’affermazione secondo cui “non è dubitabile che la procedura di specie sia caratterizzata da una valutazione in assoluto, frutto di regole tecnico-discrezionali, ma il tema reale è la mancata predisposizione di canoni tecnici in relazione alla situazione assoggettata, tali da consentire di verificare anche l’uniformità del metro di giudizio verso tutte le Riviste e ciascuna di esse, come emerge dalla riportata ricostruzione dell’intera vicenda relativamente alla coerenza generale e per quanto concerne la specifica valutazione” (ivi, punto 6.2);

– il rilievo secondo cui “conclusivamente, la sussistenza delle condizioni legali per la catalogazione delle Riviste di Area giuridica in classe A andava verificata con preregolati canoni e metodi di analisi oggettivi e compatibili rispetto ai criteri di legge ed in relazione alla concreta situazione degli aspetti di complessiva valutazione tecnico-discrezionale, come diagnosticata dai Gruppi di Lavoro” (ivi, punto 7.1).

E’ quindi evidente che la mancata predeterminazione di criteri ex ante da porre a fondamento delle determinazioni dell’amministrazione abbia rappresentato un aspetto fondamentale sul quale si è fondata la sentenza di appello che è di riferimento nel presente giudizio di ottemperanza e che sulla conformazione in modo effettivo a tale rilevazione della decisione giudiziale si misurasse in modo sostanziale l’adeguatezza (e la stessa validità) delle determinazioni attuative poste in essere dall’ANVUR.

Poiché questo è il corretto quadro nel quale valutare ora la doglianza di inadempimento, ne emerge anzitutto che l’ANVUR non avrebbe potuto legittimamente fondare le proprie rinnovate determinazioni (quelle tradottesi con la sostanziale ripetizione di cui alla delibera del Consiglio direttivo n. 71 del 2015) ancora una volta in assenza dei canoni tecnici predeterminati e dei “preregolati canoni e metodi di analisi oggettivi” richiamati dalla sentenza n. 1584/2015.

Il che è, invece, quanto nuovamente accaduto.

5.1. Sotto questo aspetto i ricorrenti hanno correttamente rilevato che

– se (per un verso) la delibera ANVUR n. 71 del 2015 ha tentato di tradurre in statuizioni concrete la più volte richiamata esigenza di predeterminare taluni “canoni e metodi di analisi oggettivi” di valutazione (in numero di sei);

– per altro verso (e in verità, in modo difficilmente spiegabile) la stessa Agenzia ha disatteso i criteri in questione nel momento stesso in cui era chiamata a farne la prima, rilevante applicazione (in esecuzione, peraltro, di un puntuale dictum giudiziale).

Ed infatti, nel rivalutare la Rivista “Diritto e processo amministrativo” ai fini della sua classificazione ai sensi dell’allegato B del decreto ministeriale n. 76 del 2012, l’Agenzia non si è avvalsa dei criteri di valutazione appena enucleati, ma si è limitata a “far proprio il giudizio (…) reso dal sottogruppo di area 12 del Gruppo di Lavoro Riviste e Libri scientifici allegato alla presente delibera e reso previa istruttoria adeguata e strutturata in base ai parametri procedurali ed ai criteri di valutazione elaborati in base alla stessa sentenza”.

5.2. In definitiva, percorrendo una sequenza logico-procedurale contrastante con quella delineata dalla sentenza della cui esecuzione si tratta, l’ANVUR

– dapprima ha disposto ed eseguito la rivalutazione della classificazione della Rivista “Diritto e processo amministrativo” ancora una volta in assenza dei necessari ‘canoni tecnici’ di valutazione imposti dal giudicato (ma ritenendo di poter desumere da altre parti della sentenza n. 1584/2015 i criteri per il riesercizio del potere di valutazione);

– subito dopo ha adottato i nuovi “canoni e metodi di analisi oggettivi” di valutazione. Tuttavia, tali ‘canoni e metodi’ (di cui, pure, è dubitabile la coerenza con il richiamato dictum giudiziale) non venivano utilizzati in relazione al caso che era stato oggetto della decisione pur da eseguire, ma venivano proiettati in via applicativa solo per le fattispecie future.

E’ il caso di sottolineare un passaggio a questi propositi significativo della delibera di consiglio direttivo n. 71 del 2015 il quale ha affermato “improponibile che l’esito della decisione debba ridondare in una impossibilità di procedere comunque ad una classificazione delle Riviste scientifiche in attesa della emanazione di un ulteriore atto normativo da parte dell’ANVUR”.

Al di là della maggiore o minore difficoltà nell’enucleazione dei criteri ‘a monte’ per la valutazione, questa non costituiva per l’Agenzia una mera facoltà il cui esercizio poteva essere declinato alla luce di considerazioni attinenti –inter alia – le autodeterminazioni dell’Agenzia, ma al contrario costituiva un vero e proprio obbligo di legge, originato dalla doverosità del dare esecuzione al giudicato di annullamento.

5.3. Ebbene, il Consiglio direttivo dell’ANVUR (nel richiamare e fare proprio l’operato del sottogruppo di area 12):

– non attua in modo corretto e coerente la parte centrale della sentenza n. 1584/2015 e finisce per operare la rivalutazione della Rivista ancora una volta senza fare uso di criteri predeterminati, e anzi discostandosi in modo consapevole proprio dai criteri da ultimo enucleati;

– ritiene di poter desumere i criteri di valutazione del caso di specie dal dictum della richiamata sentenza, ma omette di fare applicazione proprio del principale di tali criteri (quello relativo alla predeterminazione dei parametri valutativi);

– opera, comunque, una selezione parziale e distorsiva dei riferimenti desumibili dalla sentenza n. 1584/2015 (come quello relativo alla internazionalizzazione della Rivista, che non risulta coerente con la parte dispositiva della decisione oggetto di ottemperanza – v. in particolare i punti 4.3, 4.4 e 5.1);

– opera in modo contraddittorio, in quanto per un verso reputa necessario l’espletamento dell’istruttoria sulla base dei (sei) canoni tecnici predeterminati da ultimo enucleati (pagina 4, terzo capoverso), mentre per altro verso fa proprio il giudizio del sottogruppo di area 12 il quale si fonda su parametri del tutto diversi e comunque non omogenei con i primi (per avere conferma della diversità dei due gruppi di parametri è sufficiente mettere a confronto il contenuto delle pagine 2, 3 e 4 della delibera ANVUR n. 71/2015 con quello della pagina 2 dell’allegato alla medesima delibera, dove sono individuati criteri e parametri in larga parte diversi dai primi).

5.4. Le considerazioni appena svolte sono sufficienti a determinare l’accoglimento del ricorso (con le conseguenze che saranno precisate infra, sub 7.3 e 8.

Il Collegio ritiene altresì di sottolineare in questo giudizio di ottemperanza che, pure volendo riguardare la questione dal solo angolo visuale della diretta enucleazione dei criteri e parametri di rivalutazione dalla sentenza n. 1584/2015, nondimeno le valutazioni del Gruppo di lavoro libri e riviste scientifiche dell’area 12 (in allegato alla delibera ANVUR 71/2015) risultano non coerenti con quanto desumibile dalla richiamata sentenza.

6.1. Al riguardo, una prima osservazione riguarda i ripetuti richiami che il gruppo di lavoro opera alla questione dell’internazionalizzazione della Rivista, all’assenza di abstract in lingua inglese e alla circostanza per cui i suoi contenuti sono di fatto inaccessibili alla comunità scientifica internazionale (si tratta, evidentemente, di considerazioni che hanno sortito un ruolo determinante ai fini della rinnovata collocazione della Rivista in questione in ‘classe B’).

6.1.1. Al riguardo il Collegio osserva che detti richiami si pongono in contrasto con il contenuto della più volte richiamata sentenza n. 1584/2015 la quale ha statuito:

– che, ponendo in relazione l’articolo 5, comma 2, lettera d) del decreto ministeriale 76 del 2012 e l’allegato B, punto 2a) del medesimo decreto, se ne deduce che il parametro relativo alla presenza delle Riviste oggetto di valutazione nelle maggiori banche dati nazionali “e/o” internazionali vada inteso come riferito disgiuntivamente ai due termini (ivi, punto 5.1 della motivazione). Ne consegue che il carattere di “eccellenza” di una Rivista scientifica (finalizzato alla sua collocazione in ‘classe A’) ben possa essere riconosciuto sulla base della sola presenza nelle maggiori banche dati nazionali, non essendo parimenti richiesta l’indefettibile presenza in quelle internazionali; sulla medesima linea, quanto all’abstract in inglese, nessuna previsione di legge ne prevede l’obbligatorietà o comunque una portata condizionante;

– che la grande rilevanza da ultimo riconosciuta ai fini valutativi al respiro internazionale della Rivista si pone in diretto contrasto con quanto statuito al punto 6.2. della sentenza n. 1584/2015. Ivi si legge infatti che “circa il respiro “internazionale” della Rivista, peraltro messo in discussione come effettivo parametro di rilevamento dagli stessi Gruppi di lavoro, si deve osservare che in un panorama giuridico caratterizzato da grandi diversità ed asimmetrie normative anche per “il ritardato decollo del diritto amministrativo europeo, inteso come ambito della riflessione scientifica”, il dato più evidente è la specificità nazionale in tema di diritto e processo amministrativo”.

6.2. Una seconda osservazione concerne il passaggio dell’allegato alla delibera n. 71 del 2015 con cui il gruppo di lavoro ha affrontato (e ritenuto di superare, attraverso un giudizio di fatto confermativo del precedente) le criticità rilevate dal Consiglio di Stato per ciò che riguarda la valutazione del parere della società scientifica nazionale di riferimento (si tratta dell’AIPDA –Associazione Italiana dei Professori di Diritto Amministrativo).

Con la sentenza n. 1584/2015 questo Consiglio di Stato aveva rilevato che, mentre l’allegato B) del decreto ministeriale n. 76 del 2012 pone sullo stesso piano, ai fini valutativi, il parere dei gruppi di esperti della VQR e quello espresso dalle società scientifiche di riferimento, al contrario nel caso in esame il primo di tali pareri aveva sortito un rilievo oggettivamente prevalente rispetto al secondo.

Ora, nell’operare la rivalutazione, il gruppo di lavoro ha, sì, riesaminato la questione del parere reso dall’AIPDA nel luglio del 2012, ma ha esaurito la questione in poche e sintetiche battute, osservando come il parere in questione fosse stato reso in modo sostanzialmente apodittico, sì da non consentire di ricostruire l’iter logico che aveva condotto alla sua espressione (vi si era affermato che “la Rivista è valutata in modo positivo sotto tutti i profili oggetto di esame”).

6.2.1. Osserva al riguardo il Collegio che le determinazioni da ultimo assunte dal gruppo di lavoro non risultino coerenti con il contenuto precettivo e conformativo della sentenza oggetto di ottemperanza, la quale aveva stabilito che l’eventuale scostamento dal parere espresso dalla specifica comunità di settore imponesse “una sua previa e specifica motivazione”.

E’ al riguardo evidente che un siffatto onere di specificità e adeguata contestualizzazione non potesse risolversi nel solo esame del dispositivo finale, ma avrebbe imposto un’adeguata valutazione del complesso delle attività istruttorie che avevano condotto all’espressione di quel parere.

Se il gruppo di lavoro avesse svolto una siffatta indagine, non avrebbe potuto disattendere (come invece ha fatto) come l’Associazione avesse motivatamente giustificato il proprio giudizio finale di eccellenza all’esito di un articolato iter istruttorio il quale aveva coinvolto: i) il Comitato sulla classificazione delle riviste; ii) il Consiglio direttivo; iii) l’Assemblea.

È sufficiente qui osservare che la Commissione incaricata in seno all’AIPDA della prima valutazione della Rivista per cui è causa aveva proposto la classificazione in ‘classe A’ all’esito di un’indagine svolta sulla base di articolati criteri di revisione, fra cui: i) il processo di revisione; ii) i contenuti scientifici; iii) la diffusione nella comunità scientifica e la regolarità della pubblicazione; iv) l’autorevolezza nella direzione e la storia della rivista.

Ora, in disparte la tesi radicale dei ricorrenti secondo cui “non vi può essere (…) alcuna altra valutazione di eccellenza scientifica corretta, se non quella fondata sul consenso dell’accademia” (pagina 17 del ricorso in epigrafe), risulta comunque che il gruppo di lavoro, nell’operare la propria rivalutazione, abbia ancora una volta omesso di rendere la “previa e specifica motivazione” che era imposta dal dictum giudiziale oggetto di ottemperanza.

6.2.2. Anche per tale ragione deve rilevarsi che le rinnovate operazioni di valutazione si siano poste in violazione ed elusione del richiamato giudicato.

6.3. Una terza osservazione concerne la conformità fra le statuizioni della sentenza n. 1584/2015 per quanto riguarda l’utilizzo del criterio della c.d. “peer review” e il contenuto dell’allegato alla delibera n. 71 del 2015.

Al riguardo, la sentenza n. 1584/2015 aveva considerato che la tecnica della peer review” non pare in radice fondata su un effettivo dato normativo (ivi, punto 5.2 della motivazione), e poi ha statuito che tale tecnica non può correttamente essere assunta quale “elemento cardine” ai fini della formulazione del parere delle competenti Commissioni (ivi, punto 6.2).

6.3.1. Ebbene, in sede di ri-valutazione il sottogruppo di area 12 ha prestato formale ossequio a quanto statuito dalla sentenza (affermando come il parere dei referees anonimi fosse stato considerato solo “quale elemento sussidiario di valutazione”), ma in concreto e nell’evidente realtà delle cose ha ancora una volta attribuito notevole e dunque sproporzionato effetto condizionante ai pareri espressi dai referees

Non solo.

In più il gruppo di lavoro (invece di dequotare il rilievo ai fini valutativi dei pareri espressi nell’ambito della c.d. peer review”) ha ritenuto – in modo invero contraddittorio e distorsivo – di poi acquisire un nuovo e ulteriore parere di referee anonimo (e il parere in questione ha suffragato ancora una volta il giudizio di inclusione della Rivista in ‘classe B’ attraverso una valutazione conclusiva semplicemente ‘buona’).

6.3.2. Anche per questo motivo si deve concludere nel senso che il rinnovato giudizio si sia posto in violazione ed elusione del giudicato rinveniente dalla sentenza n. 1584/2015.

7. Una volta chiarito che le operazioni valutative di cui alla delibera ANVUR n. 71 del 2015 si siano poste in violazione ed elusione del giudicato, occorre vagliare le conseguenze di tale vizio in relazione all’invocato riconoscimento dell’iscrizione fra le Riviste di ‘classe A’ ai sensi del decreto ministeriale n. 76 del 2012.

7.1. Al riguardo i ricorrenti hanno condivisibilmente richiamato l’orientamento secondo cui, a fronte del necessario riesercizio del potere che consegue a una statuizione di annullamento, deve escludersi che ogni questione insorta dopo la formazione del giudicato e in esecuzione dello stesso vada sottoposta al vaglio del giudice dell’ottemperanza. D’altra parte, occorre impedire che l’amministrazione possa procedere più volte all’emanazione di nuovi atti, se del caso conformi alle statuizioni del giudicato, ma parimenti sfavorevoli al ricorrente, in quanto fondati su aspetti sempre nuovi del rapporto, non toccati dal giudicato.

Il punto di equilibrio va determinato imponendo all’amministrazione – dopo un giudicato di annullamento da cui derivi il dovere o la facoltà di provvedere di nuovo – di esaminare l’affare nella sua interezza, sollevando, una volta per tutte, tutte le questioni che ritenga rilevanti, dopo di ciò non potendo tornare a decidere sfavorevolmente neppure in relazione a profili non ancora esaminati (in tal senso: Cons. Stato, VI, 3 dicembre 2004, n. 7858).

E’ qui il caso di sottolineare che il principio appena richiamato (già di per sé condivisibile per le ipotesi in cui la riedizione del potere valutativo si ponga in – almeno formale – sintonia con la prima statuizione giurisdizionale) risulta vieppiù persuasivo nelle ipotesi – quale quella che ne occupa – in cui le ulteriori determinazioni amministrative si pongano in contrasto con le pregresse statuizioni giudiziali.

Più di recente, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha riconfermato il principio in questione (che è stato definito quale ius receptum da Cons. Stato, IV, 6 ottobre 2014, n. 4987).

Del resto, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 15 gennaio 2013, n. 2) ha a sua volta sancito che l’esigenza di certezza, propria del giudicato, ossia della definizione di un assetto ultimo degli interessi coinvolti nel caso concreto, non consente all’amministrazione, quando essa rinnova il potere, di tornare a riconsiderare secondo una nuova prospettazione situazioni che, esplicitamente o implicitamente, hanno formato oggetto di esame da parte del giudice.

Si tratta di una conclusione che si pone in linea con i consolidati orientamenti del Consiglio di Stato, secondo cui – per la combinazione dei principi di garanzia e di efficienza amministrativa e perché sia effettiva la portata obbligante del giudicato – è necessario che la controversia fra l’amministrazione e l’amministrato presto raggiunga, senza irragionevoli dilazioni o reiterazioni, la soluzione definitiva.

Occorre dunque impedire – come si è già osservato – che l’amministrazione possa procedere più volte all’emanazione di nuovi analoghi atti, se del caso formalmente conformi alle statuizioni del giudicato, ma in pratica parimenti sfavorevoli al ricorrente vincitore (in quanto – ad esempio – fondati su aspetti nuovi del rapporto, non toccati dal giudicato).

Ad evitare ciò e a rispettare i rammentati principi, si impone all’amministrazione – dopo un giudicato di annullamento da cui derivi il dovere o la facoltà di provvedere di nuovo – di esaminare la vicenda nella sua interezza, sollevando essa stessa, una volta per tutte, tutte le questioni che ritenga rilevanti, dopo di ciò non potendo tornare a decidere sfavorevolmente neppure in relazione a profili esaminabili ma non ancora esaminati (ex multis, Consiglio di Stato, V, 6 febbraio 1999 n. 134; id., IV, 5 agosto 2003, n. 4539; id., VI, 9 febbraio 2010, n. 633; id., IV, 12 giugno 2013 n. 3259).

Evidenti ragioni di ordine sistematico inducono a ritenere che sia a maggior ragione precluso all’amministrazione riprovvedere per una terza volta sulla medesima fattispecie, laddove essa abbia già adottato provvedimenti negativi sempre dichiarati illegittimi in sede giurisdizionale e successivamente abbia riprovveduto in violazione ed elusione del primo giudicato (i.e.: senza peritarsi di introdurre nella fattispecie nuovi elementi di diniego rispettosi del primo giudicato di annullamento).

7.2. Ebbene, riconducendo i principi in questione alle peculiarità della presente vicenda, si deve escludere che all’amministrazione possa essere consentito addirittura ripronunziarsi una quarta volta in ordine alla classificazione della Rivista “Diritto e processo amministrativo”.

Al riguardo è qui il caso di sottolineare:

i) che l’amministrazione aveva già espresso per la prima volta un giudizio in data 24 ottobre del 2012, collocando la Rivista in questione in ‘classe B’;

ii) che, a seguito dell’ordinanza cautelare di primo gado n. 934/2013, l’amministrazione aveva rinnovato la valutazione, confermando tuttavia la disposta classificazione in ‘classe B’ (si tratta del provvedimento ANVUR del 19 giugno 2013);

iii) che, a seguito dell’annullamento in sede giurisdizionale della rinnovata classificazione, l’ANVUR aveva adottato un terzo atto di sostanziale conferma dei precedenti (si tratta della delibera del Consiglio direttivo n. 71 del 2015 di cui qui si è accertato il carattere violativo ed elusivo del giudicato rinveniente dalla sentenza di questo Consiglio n. 1684/2015).

7.3. Concludendo sul punto, dall’accoglimento del ricorso in epigrafe, contrasterebbe i ricordati immanenti principi l’ennesima edizione in capo al Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca e all’ANVUR di una intatta potestà valutativa. Ne deve conseguire senz’altro il riconoscimento dell’invocata classificazione della Rivista “Diritto e processo amministrativo” nella ‘classe A’ di cui all’allegato ‘B’ al decreto ministeriale n. 76 del 2014.

8. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in epigrafe deve essere accolto e per l’effetto deve essere ordinato all’ANVUR di provvedere entro trenta giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente decisione ad iscrivere la Rivista “Diritto e processo amministrativo” nella predetta ‘classe A’.

In caso di permanente inottemperanza al decisum di cui alla sentenza n. 1584/2015 (per come ulteriormente chiarito e specificato dalla presente decisione), all’iscrizione in questione provvederà, su semplice richiesta dei ricorrenti, un Commissario ad acta, che viene sin da ora individuato nel Prefetto di Roma, il quale vi provvederà, con facoltà di delega, entro i successivi trenta giorni.

A tali fini la presente decisione sarà comunicata a cura della Segreteria al Prefetto di Roma.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei sensi e con gli effetti di cui al punto 8 della motivazione.

Condanna le amministrazioni intimate alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi euro 5.000 (cinquemila), oltre gli accessori di legge.

Dispone che la presente sentenza sia comunicata al Prefetto di Roma ai sensi e per gli effetti di cui al richiamato punto 8 della motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Gabriella De Michele, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

L’ESTENSOREIL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/01/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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7 Commenti

  1. “Le riviste di classe A sono quelle, dotate di ISSN, riconosciute come eccellenti a livello internazionale per il rigore delle procedure di revisione e per la diffusione, stima e impatto nelle comunità degli studiosi del settore, indicati anche dalla presenza delle riviste stesse nelle maggiori banche dati nazionali e internazionali.”

    Certamente sono io a peccare di provincialismo, di imperizia, di ingenuità, di mancanza di immaginazione, di limitata visione del mondo, di non conoscenza di tutte le lingue del mondo, e di quant’altro di sminuente, se mi domando come è possibile, tolto l’ISSN e le presenze accertate attraverso i vari OPAC (dati inconfutabili), verificare seriamente tutti gli altri requisiti. Mi riferisco in particolare a “rigore delle procedure di revisione” e “stima e impatto nelle comunità”. E’ noto, credo, che stanno proliferando le riviste on-line, le quali hanno il vantaggio di uscire rapidamente e di fornire implicitamente il pdf che serve. Anch’io, nel mi piccolo, ricevo con una certa regolarità inviti strani a pubblicare qua e là in pubblicazioni che vanterebbero i summenzionati pregi, alcuni o tutti, ma soprattutto “il rigore delle procedure di revisione”. Sulla valutazione del quale, da parte di universitari e di editori, si legga assolutamente, anche perché brevissimo http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2223019/, del 2008. Non sfugga il dato fondamentale, segnalato più o meno en passant, che soltanto l’8% scarso dei 40mila interpellati ha risposto. Quindi, la stragrande maggioranza è stata zitta perché, probabilmente, non ne era interessata, aveva altro da fare, sapeva già come andavano le cose ecc. ecc. Tuttavia “Double blind peer reviews are fairer and more objective, say academics”, il 71% degli otto su cento. Altrove avevo letto, cito a memoria questa volta, che non servono un fico secco, perché se dei doppi ciechi, uno dice A e l’altro dice BA, siamo da capo, anche perché A o BA possono riprodurre tendenze di gruppo e apprezzare gli studi che si inseriscono, per compiacenza, interesse, semplicità di elaborazione e di pubblicazione, nella cosiddetta mainstream research (cha ha fatto tanti danni negli studi economici ad esempio, ma che in fondo ogni principiante dovrebbe sperimentare per poter superarla e poi reggersi sulle proprie ed indipendenti gambe: ed è ciò che dovrebbe contare per una persona considerata matura).

    Guardiamo ai comitati di queste riviste che nascono come funghi, perché il sistema di valutazione, vqr o asn che sia, spinge fortemente e obbligatoriamente in questa direzione. Penso che tutti questi funghi siano repliche molto simili dello stesso modello. I comitati sono due, uno scientifico e uno di redazione, molto nutriti di solito, internazionali of course, e tra l’uno e l’altro ci trovi tutti. Nonostante questo in certi casi la lettura preliminare è difficoltosa, oppure al contrario avviene speditamente (perché ci si fida dell’autore?). Pertanto il risultato complessivo delle pubblicazioni è quello atteso, come è normale che sia: ci sono lavori seri o brillanti, alcuni così così (scolastici, ripetitivi ecc., ma ciò che è ripetitivo per un lettore, cieco o non cieco che sia, non lo è per un altro) e alcuni di una sconcertante confusione (ma anche qui vale quanto detto prima: confusione per uno non lo è per un altro che possiede altre chiavi di lettura). Questo a una rapida osservazione da fuori. Ma anche per questa via si arriva a ciò che oramai dovrebbe essere ovvio: il contenitore non garantisce per il contenuto, la confezione può essere sfarzosa quanto si vuole se poi dentro ci puoi trovare qualsiasi cosa. E una commissione seria deve guardare al contenuto, e non se veste frac o maglione. Con un ulteriore problema aperto: chi valuta o sceglie il valutatore?

  2. Questa sentenza è un capolavoro e un precedente importantissimo. Spero che l’Anvur in futuro vigili un po’ di più in ordine alla leggerezza con cui talvolta suoi incaricati bocciano riviste solo per motivi soggettivi. Un’ultima osservazione: ricordo ai vari Gev, sub-gev e altri graduati dell’esercito dei giudicanti della nostra produzione scientifica, che i 5mila euro della “rifusione delle spese di lite” è a carico del MIUR, cioè di tutti noi… questa cosetta mi fa girare un po’ le palle…

  3. Speriamo non debba davvero intervenire il Prefetto di Roma, con quello che c’è da fare a Roma di questi tempi, a fare quello che l’ANVUR ha fatto finta di non aver capito di dover fare.
    E poi vorrei chiedere all’ANVUR: quante controversie da da 5.000 dei nostri euro (più accessori) pensa ancora di perdere? O pensa di poter non ottemperare gratis alle sentenze definitive?

    • Lo stesso vale per il MIUR che non esegue le sentenze di rivalutazione ASN del Giudice Amministrativo e costringe nuovamente a ricorrere, la seconda volta per ottemperanza. In caso di accoglimento chi paga? I responsabili o sempre noi cittadini qualunque? E se dovesse esserci anche un risarcimento, chi paga? I responsabili o sempre noi cittadini qualunque?

  4. Mi piace ricordare che Daniele Checchi, da poco nominato membro del direttivo ANVUR, aveva a suo tempo completamente equivocato l’intervento di Cassese scrivendo sulla rivista Il Mulino: “Non si riesce a spiegare a nessun collega di università straniera che i lavori di valutazione dei GEV possano essere ricorsi ai TAR, come tanto auspica l’intervento di Cassese.” Mi domando se ora ha capito cosa intendeva dire Cassese nel primo convegno Roars, e se, avendolo capito, è in grado di spiegarlo ai colleghi stranieri interessati…

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