Una lettura a caldo delle nuove disposizioni normative sulla procedura di Abilitazione Scientifica Nazionale consente di formulare alcune prime notazioni su aspetti fondamentali dell’intero assetto procedimentale. In particolare, non ci si può esimere, dal rilevare alcune “aporie”, laddove contemporaneamente si demanda al Ministro e alle Commissioni la definizione dei criteri, parametri e indicatori, senza specificare un loro distinto ambito di “competenza”. Inoltre, nuove nubi sembrano addensarsi all’orizzonte ove si considerino, in un balletto circolare, le nuove disposizioni normative relative alla valutazione delle pubblicazioni.
Vino nuovo in otri vecchi?
Una lettura a caldo, per così dire, delle nuove disposizioni normative sulla procedura di Abilitazione Scientifica Nazionale, previste nello schema del Regolamento recante modifiche al DPR n.222/2011 e nella bozza del DM c.d. sui “Criteri e parametri”, che sostituisce il DM n.76/2012, pubblicati in www.roars.it, settembre 2015, consente di formulare alcune prime notazioni su aspetti fondamentali dell’intero assetto procedimentale.
Pur salutando con favore detta nuova normativa, peraltro ancora in corso di definizione, con riguardo a quelle disposizioni che sembrano apportare utili chiarimenti in ordine ad aspetti rilevanti della procedura, non ci si può esimere, tuttavia, dal rilevare alcune “aporie”.
Il nuovo DPR, di modifica del precedente DPR n.222/2011, prevede all’art.4 c.1: “Il Ministro, con proprio decreto, sentiti il CUN e l’ANVUR, definisce criteri, parametri e indicatori differenziati per funzioni e per settore concorsuale, tenendo presente la specificità dei settori concorsuali, ai fini della valutazione dei candidati di cui all’articolo 8.” L’art. 8 di detto DPR, inoltre, dispone: “1. Ciascuna commissione, insediatasi presso l’università in cui si espletano le procedure di abilitazione, nella prima riunione, …… prima di accedere alle domande dei candidati, definisce le modalità organizzative nonché i criteri, i parametri e gli indicatori per l’espletamento delle procedure di abilitazione, distinte per fascia secondo quanto previsto dal decreto di cui all’articolo 4, comma 1”.
La Relazione illustrativa, che accompagna lo schema del DPR, chiarisce che : “L’articolo 4 (Criteri di valutazione) è dedicato ai criteri di valutazione che saranno adottati dalle commissioni nazionali per la valutazione dei candidati. La disciplina di dettaglio di tali criteri viene rimessa, come previsto dalla legge n. 240 del 2010 [(art. 16, comma 3, lett. a) e b)], ad un apposito decreto del Ministro che dovrà definire criteri, parametri e indicatori di valutazione in relazione alle funzioni di prima o seconda fascia e alle specificità di ciascun settore concorsuale.”
Una prima osservazione attiene alla formulazione stessa dei testi normativi, che appare poco perspicua se non addirittura contraddittoria, laddove contemporaneamente si demanda al Ministro e alle Commissioni la definizione dei criteri, parametri e indicatori, senza specificare un loro distinto ambito di “competenza” in ordine a tale definizione. Occorre infatti appoggiarsi alla Relazione illustrativa per rinvenire una qualche distinzione di compiti, e dedurre (al momento) che “la definizione dei criteri, parametri e indicatori..” è demandata ex art.4 c.1 al Ministro, per la definizione di dettaglio (aggiunge la Relazione illustrativa), nonchè alle Commissioni, ex art.8,c.1 – per quanto di competenza, aggiungiamo noi.
Nella bozza del decreto di modifica del dm n.76/2012, diversamente da quest’ultimo che sul punto taceva, si legge però, all’art.2 c.1, lett.c): “il presente regolamento stabilisce le modalità di scelta dei criteri, dei parametri e dei relativi indicatori, nonché la loro rilevanza ai fini dell’attribuzione o meno dell’abilitazione da parte della commissione”.
Ecco dunque che la contraddizione rilevata nel combinato disposto dei sopra citati artt. 4 e 8 del DPR si “scioglie” nel DM con l’attribuzione al Ministro, non già della definizione in dettaglio dei criteri, parametri e indicatori, come supposto nella Relazione, ma della definizione delle (sole) modalità della scelta di quelli, nonché della rilevanza degli stessi, mentre alle Commissioni resta demandata la scelta vera e propria di detti criteri, parametri e indicatori.
Il risultato finale dell’operazione normativa correttiva, appare, dunque, poco incisivo in ordine al profilo critico della delimitazione dell’ambito del potere delle Commissioni, in ordine alla scelta dei criteri, parametri e indicatori.
Rispetto a tale profilo critico, il nuovo art. 3 del citato DM, sembra invece apportare un utile contributo chiarificatore, per la significativa specificazione dell’oggetto di valutazione della “qualificazione scientifica” da parte delle Commissioni, laddove dispone: “1. ….. Nella valutazione la commissione si attiene al principio in base al quale l’abilitazione viene attribuita esclusivamente ai candidati che hanno ottenuto risultati scientifici significativi riconosciuti come tali dalla comunità scientifica di riferimento……”. Risulta così chiaro, da tale disposizione, che il giudizio della Commissione ha ad oggetto i “risultati scientifici significativi riconosciuti, come tali, dalla comunità scientifica di riferimento……” e non i risultati riconosciuti, per così dire in prime cure, dalla stessa Commissione in sede di procedura abilitativa.
Con specifico riguardo a tale aspetto, sembra così potersi ritenere confermata la tesi sostenuta in un saggio (“La procedura di abilitazione scientifica nazionale “presa sul serio”. Appunti e disappunti in vista di una sua revisione”, in www.astrid.ue.it, maggio 2014), nel quale, attraverso una ricostruzione esegetica dell’intera precedente disciplina, guidata da un’interpretazione orientata allo scopo e alla coerenza della legge, chi scrive poneva in rilievo la volontà (già) del legislatore del 2010 di considerare l’attività demandata alle Commissioni (il giudizio “di merito sulla qualificazione” e non “sul merito della qualificazione”) quale attività “mediata” di “accertamento del riconoscimento ottenuto dalla comunità scientifica di riferimento” e “non già quale attività diretta al riconoscimento tout court dei risultati raggiunti”.
Un ridimensionamento del potere delle Commissioni sembrerebbe potersi poi desumere anche dalla soppressione di tutte quelle precedenti disposizioni del vecchio dm n.72/2012, dalle quali si erano originate le questioni più spinose inerenti l’estensione del potere delle Commissioni di predeterminare anche criteri aggiuntivi e più selettivi. Risulta infatti soppressa interamente la norma di cui al comma 3 dell’art.3 del vecchio dm 76/12 che demandava alla predeterminazione della Commissione “l’individuazione del tipo di pubblicazioni, la ponderazione di ciascun criterio e parametro…. e l’eventuale utilizzo di ulteriori criteri e parametri più selettivi….”.
Eppure, nuove nubi sembrano addensarsi all’orizzonte ove si considerino, in un balletto circolare, le nuove disposizioni normative relative alla valutazione delle pubblicazioni, il cui “giudizio sulla elevata qualità” (in tali termini innovativamente definito) è rimesso ora alla nuova definizione di cui all’All. B”; definizione che sembra far rientrare dalla finestra quel che era uscito dalla porta, allorchè, accogliendo la possibilità di “intendere” di “qualità elevata” non solo la pubblicazione che abbia già “conseguito, per livello di originalità, rigore metodologico e contributo al progresso della ricerca, un significativo impatto nella comunità scientifica, ma anche quella che sia “presumibile consegua un tale impatto”, recupera, in tal modo, i margini di un significativo potere valutativo delle Commissioni nel giudizio su tale “presumibilità”, in spregio alla previsione di cui al sopra citato nuovo art.3 c.1 del DM.
(testo apparso anche sul sito della Fondazione ASTRID)
Io sono ignorante in materia, ma se il Ministero è in grado e nelle condizioni giuridiche di definire i criteri di un’abilitazione scientifica, tenendo conto delle specificità dei singoli e numerosi settori, cosa ci stanno a fare gli altri, cioè le commissioni? Ma che faccia tutto il Ministero, a questo punto, tanto per loro tutto è quantificabile, persino il “significativo impatto nella comunità scientifica” di riferimento nonché il futuro impatto se tale impatto non si è ancora verificato nella comunità scientifica dell’intero globo. Mi sembra di aver a che fare con dogmi di fede.
Si parla spesso di SPREAD ed effettivamente la politica della ricerca italiana ha delle evidenti distanze da colmare. Mentre da noi gira una bozza di norme per l’abilitazione, che se dovesse diventare definitiva permetterebbe di rimpiazzare le commissioni con una applicazione per iPhone tipo SCHI.app, in Europa si pensa in altro modo.
Oggi stavo lavorando con un collega nella preparazione di un progetto Europeo, esiste una dichiarazione 2011 sui
“Principles for Innovative Doctoral Training” Principles for Innovative Doctoral Training
http://ec.europa.eu/euraxess/pdf/research_policies/Principles_for_Innovative_Doctoral_Training.pdf
……..
Striving for excellent research is fundamental to all doctoral education and from this all other elements flow. ACADEMIC STANDARDS SET VIA PEER REVIEW PROCEDURES and research environments representing a critical mass are required. The new academic generation should be trained to become CREATIVE, CRITICAL and AUTONOMOUS, intellectual risk takers, pushing the boundaries of frontier research.
………
Da noi dovranno addestrarsi a fare imbrogli per manipolare i loro indicatori biblio-metrici, scambiare citazioni con altri disperati, chiedere ai loro maestri negli editorial board di estorcere per loro citazioni ai disgraziati che gli capitano sotto tiro, soprattutto infilarsi in grandi gruppi dove tutti fanno la stessa cosa (senza idee nuove da mezzo secolo) e si citano a raffica, tanto le citazioni sono linearmente proporzionali al numero di componenti della comunità che si occupa di quell’ argomento. RISK TAKERS ? a Roma direbbero, ahoo ma che sei scemo? Se sei RTB e devi fare l’abilitazione, per una citazione dovrai venderti pure tua mamma e certo se hai una idea innovativa meglio aspettare.
Sono felice di non dover fare il candidato con queste follie.
” tanto le citazioni sono linearmente proporzionali al numero di componenti della comunità che si occupa di quell’ argomento”. Ben detto, è un punto che tanti ancora non hanno capito. E non ne hanno capito soprattutto le conseguenze.
Perché il numero degli autori di una pubblicazione è forse irrilevante…? Noto, ben definito, ed elaborabile al 100%, considerato PER NULLA.
Infatti, ancora peggio. Anche se il numero di autori medio potrebbe essere un dato omogeneo all’interno dello stesso SSD, in certi casi i SC hanno messo insieme SSD moto disomogenei o addirittura, come in FIS, hanno impacchettato pezzi di SSD diversi. Allora se metti insieme fisici teorici e sperimentali dentro lo stesso SC rischi di favorire gli sperimenali o i teorici che sono dentro le grandi collaborazioni rispetto a quelli più matematici. L’altra volta poi ci hanno messo delle toppe ad hoc ma ….
Poi il caso dei settori biomedici e’ senza speranza, mi ricordo di un ex-rettore con indicatori superiori ai Premi Nobel, tassava tutto come Ghino di Tacco, tanto la POSIZIONE DELLA FIRMA non conta.
Infine la cosa ridicola e’ che gli ECONOMISTI (settori SECS), i quali sono quelli che più ci hanno “rotto le balle” con i loro editoriali sui grandi giornali, sono diventati NON BIBLIOMETRICI (compresi la STATISTICA e la MATEMATICA FINANZIARIA) perche’ tremebondi hanno brigato per sottrarsi a quello che hanno imposto agli altri.
State tutti tranquilli. I Collegi dei Professori Ordinari stabiliranno i valori soglia, parametro per parametro, tenendo in conto la produzione scientifica del S.C. (commisurata ai vari SSD che lo compongono), e, spero, ance in base alla possibilità che i nuovi abilitati possano essere poi chiamati in ruolo successivamente.
State tranquilli si dice agli imbecilli.
Credo fosse ironico… per gli imbecilli è in auge la formula “stai sereno, xxx”.
Si si infatti…stai senz’ pensier’! Pensano a tutto loro!