4500 dipendenti precari su oltre 11500 dipendenti in servizio presso il CNR (ovvero il 40% della forza trainante dell’Ente) oggi contribuiscono al successo del CNR nel mondo, donando ad esso il rispetto che merita in ambito scientifico. Il gruppo Precari Uniti CNR, coordinato da un nucleo di 35 persone pensano e si suddividono i principali compiti atti al raggiungimento di un obiettivo: il superamento del precariato all’interno degli enti pubblici di ricerca. Il 20 giugno abbiamo organizzato, con il supporto delle tre sigle sindacali FLC CGIL, CISL e UIL, una manifestazione e in seguito assemblea alla sede centrale CNR che ha visto la partecipazione di circa 500 persone. Il 4 ottobre abbiamo indetto una manifestazione al MIUR con la partecipazione di 600 persone circa, per avere risposte certe dal Ministero vigilante. La soluzione? Recepire ed applicare il D.Lgs 75/2017 (la cosiddetta Legge Madia), che, all’articolo 20, espleta benissimo le modalità per il superamento del precariato negli EPR. Prossimi appuntamenti: il 7 novembre si terrà la prossima mobilitazione.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo la seguente lettera del gruppo Precari Uniti CNR
I PU è un gruppo di oltre 500 lavoratori precari del CNR attivi sul territorio italiano in rappresentanza degli oltre 4500 unità di personale precario.
4500 dipendenti su oltre 11500 dipendenti in servizio presso il CNR (ovvero il 40% della forza trainante dell’Ente), con forme contrattuali più o meno variegate (TD circa 2000, AdR e CoCoCo circa 2500), oggi contribuiscono al successo del CNR nel mondo, donando ad esso il rispetto che merita in ambito scientifico.
Ad oggi i PU si stanno battendo per una causa comune: il superamento del precariato all’interno degli enti pubblici di ricerca.
Il gruppo Precari Uniti CNR è coordinato da un nucleo di 35 persone (Coordinamento PU) che accolgono, pensano e si suddividono i principali compiti atti al raggiungimento dell’obiettivo di cui sopra.
Il coordinamento è nato per adesione volontaria di alcuni PU che si sono resi disponibili a farsi parte attiva nelle azioni di lotta al precariato, senza preclusioni di partecipazione. Il coordinamento agisce collettivamente, definendo nel tempo azioni e comunicazioni inerenti il comune obiettivo (come manifestazioni, lettere, appuntamenti istituzionali, interviste etc) sulla base di contributi e/o contatti forniti dagli stessi partecipanti, dai social media collegati ai PU (telegram, facebook), via email, o sollecitati dai media o dall’agenda politica. Nell’ambito del coordinamento le decisioni sono prese su base partecipata e democratica e la suddivisione dei compiti avviene per autocandidatura. Chiunque può entrare a farne parte, accettando semplicemente le regole del buonsenso e dell’impegno, come pure decidere di allontanarsene per variazioni del proprio sentire o della propria disponibilità ad una partecipazione attiva.
Come si è giunti alla nascita dei PU
Con il graduale taglio del Fondo Ordinario d’Ente con cui lo Stato finanzia ogni anno agli enti pubblici di ricerca (EPR), ed il contestuale blocco delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione, si è giunti ad una situazione di completa paralisi.
Per citare dei numeri, Dal 2012 al 2016 il personale complessivo si è ridotto di 265 unità:
- Quello a tempo indeterminato è diminuito di 735 unità (– 10%).
- Quello a tempo determinato è aumentato di 470 unità
A furia di tagli indiscriminati e orizzontali, ad oggi il fondo ordinario è pressoché integralmente usato per pagare gli stipendi dei TI, cosicché non ci sono più i fondi da investire nella ricerca che è la vera ragion d’essere del nostro Ente. Pertanto i ricercatori sono stati negli anni costretti a cercare finanziamenti attraverso bandi regionali, nazionali e internazionali, nei quali investire il proprio know-how. Non potendo però contare sul supporto umano (visto il blocco del turn over) da dedicare ai progetti, si è iniziato ad abusare di contratti di lavoro flessibili per reclutare quelli che al tempo erano giovani ricercatori e che oggi sono professionisti affermati nel mondo della ricerca, ma ancora precari!
Ci sono casi dove si superano abbondantemente i 20 anni di precariato. Tendenzialmente la media è comunque di oltre 7-8 anni di anzianità precaria di servizio.
Cosa chiedono i PU
Quello che chiedono tutti i precari di tutti gli EPR, ovvero che questa situazione venga sanata una volta per tutte, con una manovra intelligente ed esaustiva, in modo da non permettere il ripresentarsi di questo fenomeno sociale in futuro, tutelando le prossime generazioni di talenti italiani.
Cosa hanno fatto i PU
il 20 giugno abbiamo organizzato, con il supporto delle tre sigle sindacali FLC CGIL, CISL E UIL, una manifestazione e in seguito assemblea alla sede centrale CNR per chiedere e ottenere risposte del Presidente, Prof. Massimo Inguscio,del più grande ente pubblico di ricerca d’Italia. Questo evento ha visto la partecipazione di circa 500 persone. Il 25 Luglio abbiamo protestato fuori dalla porta del Consiglio di amministrazione del CNR perchè venisse ritirato il precedente Piano Triennale delle Attività e riformulato sul necessario fabbisogno dell’ente, ovvero sui numeri reali del precariato esistente.
Il 4 ottobre abbiamo indetto una manifestazione al MIUR sempre col, sostegno delle tre sigle confederali, con la partecipazione di 600 persone circa, per avere risposte certe dal Ministero vigilante. Di seguito si sono susseguiti 2 tavoli tecnici tra MIUR sindacati e PU.
Qual è la possibile soluzione
Recepire ed applicare il D.Lgs 75/2017 (la cosiddetta Legge Madia), che, all’articolo 20, espleta benissimo le modalità per il superamento del precariato negli EPR.
Con la semplice volontà univoca degli EPR, nel nostro caso il CNR, e dei ministeri vigilanti (MIUR e MEF), la situazione si può risolvere in brevissimo tempo.
Come attuarla
Ripristinando il fondo ordinario d’ente a tutti quegli enti di ricerca che ad oggi sono stati penalizzati dalla progressiva diminuzione dei finanziamenti pubblici. Ad oggi al CNR sono stati tagliati oltre 130 ml di euro dal 2010. Ripristinando semplicemente l’entità del FOE a quella di soli 7 anni fa, si potrebbe non solo assumere tutto il personale precario avente diritto secondo la formulazione della Legge Madia, ma al contempo liberare fondi vitali per la ricerca che inneschino un ciclo virtuoso di rinnovamento e innovazione fondamentale perché il nostro Paese torni a crescere.
Numeri del problema per il caso del CNR
Personale censibile perché immatricolato (TD + TI): 8500 unità
Personale non censibile (AdR, CoCoCo): 3000 unità
Aventi diritto comma 1 – personale censibile (D.Lgs 75/2017): 1150 unità
Aventi diritto comma 2 – personale non censibile (D.Lgs 75/2017): 1650 unità
Prossimi appuntamenti: il 7 novembre d’accordo con le tre sigle confederali si terrà la prossima mobilitazione. Non Ci fermeremo fino a quando l’ultimo precario non sarà stabilizzato!
Sanati i precari CNR e non sanati gli RTD O simili nell’università?
Basta con le disuguaglianze!
penso che, almeno nell’ambito tecnico-scientifico, molti precari potrebbero cercare un’occupazione più stabile e remunerativa in azienda (oppure all’estero, cosa che in molti fanno già).
mi chiedo perchè in tanti preferiscano subire vessazioni e angherie in università.
credo che, inoltre, una eventuale e consistente uscita dal sistema dei precari (verso aziende, startup, ad es.) priverebbe l’università di manodopera preziosa e a buon mercato risultando anche più efficace dei soliti scioperi.