Dopo aver tracciato un resoconto degli interventi assai critici nei confronti di ANVUR succedutisi in un recente convegno milanese sulla valutazione universitaria, Roberto Caso si chiede come mai questa istituzione inammissibilmente anfibia – cooptata dall’esecutivo e nel suo seno a tutti gli effetti operante, ma pronta all’occorrenza a rivendicare quarti di nobiltà scientifico-accademica – sia ancora in vita. E si domanda perchè, a 11 anni dall’istituzione di questo acronimo, fra quanti “vivono” l’Università in Italia non si faccia strada e assuma più coraggio un movimento di opinione con rivendicazioni politiche esplicite, finalizzato a staccare la spina e a ripensare su nuove basi il sistema della valutazione di Stato all’italiana, facendo tesoro dei tragici errori commessi fin qui. Valutazione di Stato che, con la locandina qui riprodotta, appare inspiegabilmente “ALIVE … WITHOUT A BODY … FED FROM AN UNSPEAKABLE HORROR FROM HELL!”. 

Il 9 giugno 2017 si è tenuto, presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Bicocca di Milano, un convegno intitolato “Università e valutazione”. Moderava la prof.ssa Loredana Garlati, concludeva la prof.ssa Margherita Ramajoli.

Durante il convegno è stato presentato l’Osservatorio sull’Università, un sito assai utile che contiene materiale giuridico sull’università italiana (giurisprudenza, normativa, dottrina, prassi).

Al convegno sono intervenuti alcuni relatori (sociologi, economisti, giuristi).

La maggior parte dei relatori erano professori di diritto amministrativo, tra questi la Presidente del CUN, prof.ssa Carla Barbati.

Tra i tanti interventi, solo quelli della prof.ssa Cristina Messa, Rettore della Bicocca, e della prof.ssa Patrizia Marzaro dell’Università di Padova, erano connotati da toni positivi nei confronti dell’ANVUR e delle sue procedure. Per il resto sono piovute critiche, anche molto pesanti, nei confronti delle procedure dell’agenzia (VQR, classificazione delle riviste, AVA).

Il convegno si è aperto con due presentazioni del sociologo Roberto Moscati e dell’economista Alberto Baccini. Quest’ultimo ha criticato – le sue incisive slide sono già reperibili qui – gli argomenti usati per giustificare l’adozione di sistemi di valutazione massiva della ricerca del tipo VQR, mostrando in particolare, anche con riferimento al caso italiano, che non esistono evidenze che i benefici di quelle attività siano superiori ai loro costi.

Dopo le relazioni di taglio introduttivo si sono succeduti altri interventi.

Carla Barbati ha parlato del ruolo delle società scientifiche nelle procedure valutative. La Presidente del CUN ha evidenziato che fino ad oggi è l’ANVUR che seleziona i componenti delle comunità scientifiche legittimati a effettuare valutazioni sia nell’ambito dei GEV sia in quello del Gruppo Libri e Riviste. La prof.ssa Barbati ha raccontato di come l’ANVUR rifiuti di considerare che l’elettività di queste cariche da parte della comunità scientifica possa costituire un modello decisionale virtuoso. Ha concluso sostenendo che se le società scientifiche non riescono a far sentire la propria voce e a reclamare un ruolo, il vuoto viene colmato dalle decisioni dell’ANVUR.

Roberto Cavallo Perin ha svolto l’intervento più duro. Ha sostenuto che il modo con il quale l’ANVUR individua i decisori delle procedure valutative e le norme che disciplinano le procedure valutative (in particolare, indicatori e parametri) viola due principi fondamentali dell’ordinamento: quello in base al quale il giudice deve essere precostituito (e non investito ex post del potere di giudicare) e quello dell’irretroattività delle norme (non si possono giudicare comportamenti del passato con norme emanate ex post). Il prof. Cavallo Perin ha raccontato di aver sostenuto pubblicamente questi argomenti davanti all’ANVUR e di non aver ricevuto risposte. Ha perciò rimarcato il fatto che un’istituzione pubblica ha il dovere di rispondere e giustificare le proprie decisioni. Il prof. Cavallo Perin ha argomentato sul punto, affermando che la ragione di così gravi e palesi violazioni di principi fondamentali risiede nell’obiettivo di ridurre la comunità scientifica al conformismo e sottoporre gli accademici al controllo politico.

Aldo Sandulli, intervenendo a titolo personale e non come componente del Gruppo di lavoro riviste e libri scientifici dell’ANVUR, ha criticato l’ultimo regolamento ANVUR di classificazione delle riviste, facendo riferimento alla giurisprudenza amministrativa che ha demolito alcune classificazioni di singole riviste (si trattava della negazione dell’ANVUR della collocazione in fascia A) e auspicando che si vada verso un sistema di un’unica lista che, in base a criteri rigorosi, individui le riviste scientifiche, dismettendo  per sempre l’idea della classifica per fasce (A, B).

Alfredo Marra ha criticato la normativa su cui si regge la procedura AVA definendola un “gioco di scatole cinesi” in cui non sono chiari i confini tra competenze dell’ANVUR e competenze del MIUR.

Fabrizio Fracchia ha criticato le procedure valutative che usano le opinioni degli studenti per distribuire premi e punizioni. Ha fatto riferimento agli incentivi distorti che l’uso improprio delle opinioni degli studenti trasmettono ai professori (ad es. aumento dei voti in cambio di buone valutazioni degli studenti) e al fatto che gli studenti sono portati a valutare lo stile e non hanno gli strumenti per valutare il profilo delle competenze.
La valutazione degli studenti può essere utile, ma deve tenere in considerazione l’asimmetria informativa; può essere solo uno degli elementi in base al quale valutare i docenti, senza alcun meccanicismo, insieme a una serie ulteriore di fattori e consentendo comunque partecipazione e soprattutto contraddittorio, inducendo preferibilmente interventi correttivi. Il prof. Fracchia ha concluso sostenendo che sarebbe meglio investire nella formazione dei docenti le risorse che oggi si profondono nel complesso apparato di premi e punizioni. In altri termini, occorrebbe muovere verso una policy del tutto differente: migliorare la didattica non attraverso premi e punizioni, ma per mezzo della formazione dei formatori (i docenti).

In conclusione di questa breve sintesi del convegno milanese alcune considerazioni personali.

Come mai a fronte di un tale volume di fuoco argomentativo (che va ad aggiungersi alle mai riscontrate critiche che sul piano giuridico si sono andate accumulando negli anni), del mostruoso contenzioso amministrativo in materia di ASN e classificazione delle riviste (e prossimamente, com’è facile prevedere, di VQR, AVA e ludi dipartimentali), dell’asfissiante carico burocratico rovesciato sulle università, dell’incessante mortificazione della libertà accademica, della sfacciata violazione dei principi di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa, dell’azzeramento dell’autonomia degli atenei, accompagnato da stucchevoli e oltraggiosi richiami ai principi sanciti dall’art. 33 della Costituzione, dell’enorme conflitto d’interessi che contraddistingue gli “anvuriani”, di giorno acconciati da funzionari statali e di notte (tra)vestiti da scienziati intenti a discettare di bibliometria o scientometria su riviste di settore, come mai, dopo tutto questo deprimente e grottesco spettacolo, l’ANVUR è ancora in vita?

Siamo sicuri che la premessa che accompagna molti discorsi sul tema – riassunta nel mantra: “la valutazione di Stato è necessaria” – sia corretta?

 

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20 Commenti

  1. tutto giusto.
    Domanda: come si fa ad evitare che le preziose osservazioni appena riportate rimangano racchiuse all’interno di aule universitarie e siti web dedicati?
    Risposta: con lo sciopero, magari ad ottobre, magari con l’astensione dalle lezioni!!!!
    SOLTANTO così ciò potrà avere una risonanza nazionale (TELEGIORNALI, GIORNALI, WEB).
    Non possiamo permettere che la risonanza ci sia solo quando 4 teppisti liceali spaccano le vetrine alle manifestazioni!!!
    Io sono disoccupato e non possono astenermi da nulla, ma se voi siete strutturati, SCIOPERATE!

    • Condivido il fatto che non si può continuare a condividere fra pochi i risultati della nostra esperienza dell’univ. da Moratti in poi.
      Chiedo lumi circa la legalità di un’astensione dalle lezioni…

  2. X Anto: in base a considerazioni semplici e che tutti possono riconoscere come veritiere nell’esperienza comune, gli scioperi, in una situazione ordinaria (cioè: non rivoluzionaria) hanno bisogno di alcuni ingredienti fondamentali per essere attuati:

    1) La sensazione diffusa fra i membri della categoria che sciopera della possibilità concreta di successo. Questa sensazione (sempre nelle situazioni ordinarie) è sempre data da PRECEDENTI.

    2) Un gruppo, anche piccolissimo in percentuale, di membri che NON hanno bisogno di 1) per agire, ma sono mossi da una qualche energia/fede interiore che riescono a trasmettere (provvisoriamente) alla maggioranza degli altri membri.

    3) (Last but not least: and in fact perhaps the main point) i membri della categoria devono sentirsi normalmente dissociati dalla controparte (contro cui sciopera), cioè devono sentire questa controparte come un altro mondo, lontano anni luce dal proprio mondo. Questo, con l’eventuale eccezione dei membri dell”’elite” di cui al punto 2), i quali si sentono comunque sempre in un altro mondo in virtù della forza/fede interiore che li anima.

    Quindi in una situazione ordinaria (SO), occorre una forte ‘elite’ che spinge alla prima azione. Questa deve avere almeno un parziale successo iniziale che poi di successo in successo si amplifica. il movimento acquista così fiducia e prende piede.
    Una situazione rivoluzionaria (SR) differisce da una SO per il seguente fenomeno: si inverte la legge, e ogni INSUCCESSO rende il movimento più forte di prima. In una SR l’elite non ha la funzione di ‘animare’ ma quella di indirizzare un’energia altrimenti esplosiva. In una SR la controparte ha la sola possibilità di accettare le rivendicazioni, qualunque esse siano,
    visto che ogni tentativo di reprimere, rafforzando ancora di più il movimento, li condurrebbe dritti alla ghigliottina.

    Questo il quadro generale. Ora la prima domanda (facile) è: siamo in una SR o in una SO?
    A me sembra chiaro che siamo in una SO. Dunque la domanda vera è:
    quale delle condizioni 1) 2) e 3) è verificata?
    A me sembra che solo la 2) sia verificata (come dimostra Roars).

    • grazie Francesco1 per l’analisi della situazione. Su un solo
      punto, penso dirimente, mi permetto di dissentire, forse perché
      animale in via d’estinzione dell’area 10. E’ che sono assolutamente convinto che ci troviamo invece in una
      SR, che tuttavia viene ignorata come tale dalla stragrande maggioranza dei potenziali attori. Perché? forse, perché come aveva già osservato Kierkegaard, all’essere umano è concesso raggiungere un tale livello di angoscia da non sentirsi neppure più angosciato! Ed è su questo terreno che ha buon gioco la nuova specie di accademici che si pasce di far circolare scartoffie dall’ANVUR al MIUR e vice versa. Per non parlare dei passacarte strutturati nei dipartimenti: “I saw the best minds of my generation destroyed by madness, starving hysterical naked…..” Arridatece umanisti filosofi e poeti

    • X Rubeus: Bè sulla SR ‘non avvertita’ (per eccesso di angoscia) verrebbe da citare i versi di una canzone di Claudio Lolli:
      ‘lo sai che siamo tutti morti
      e non ce ne siamo neanche accorti
      e continuiamo a dire
      e così sia”

      Ma in realtà in una SR l’angoscia prende il sopravvento, nel senso che è lei che comanda, indipendentemente dai tentativi di controllarla (che Kierkegaard chiama eccesso di angoscia).
      Una descrizione, oserei dire lirica, di una SR si può trovare in uno scritto di Lenin sullo ‘sciopero’. In questo scritto Lenin descrive gli scioperi spontanei dei suoi tempi, ed è impressionante come riesca a rendere poetica la descrizione di atti di ‘distruzione insensata’ (così definita dallo stesso Lenin).

  3. @Francesco1:
    non ho ben capito il discorso,
    ma ciò non rileva.
    Che cosa bisogna fare?
    Fare i discorsi tra di noi rischia di essere autoreferenziale.
    Cosa propone lei per far circolare il malcontento (motivato e condivisibile) sui giornali?
    Una volta (autunno 2008 mi sembra o 2009) si saliva sui tetti. Perlomeno ciò veniva riportato sui mass media.
    Un’altra volta tafferugli e persone ferite (tutto da condannare ovviamente), e allora si finiva sui giornali.
    No alla violenza, benissimo.
    Poi?
    Forse è il caso che il TAR (nell’ipotesi di un ricorso contro la mancata ASN) sollevi questione di costituzionalità (per la retroattività) dinnanzi alla Corte Costituzionale?
    Oppure il ricorso al TAR (che a sua volta può sollevare detta questione di legittimità) può essere presentata da un Ateneo per contestare l’illegittimità della retroattività con cui vengono considerati gli articoli FASCIA A nel caso dei componenti del collegio docenti?

    • Credo semplicemente che non ci sia nulla da fare, per ora.
      Una flebile speranza è che l”’elite” del movimento (cioè: roars) riesca a essere più incisiva fra i colleghi.
      Ma resta sempre l’osso duro rappresentato dalla condizione 3)…
      Gli accademici non si autopercepiscono come separati dalla ‘controparte’ (il governo). Esistono accademici filo-governativi e non.

  4. Perchè l’ANVUR è ancora in vita? Perchè fa comodo a tanti…e per lo stesso motivo per cui i docenti universitari non scioperano.
    Un commento sulla domanda retorica conclusiva dell’articolo.
    La valutazione è necessaria e indispensabile (e in forma diverse si è sempre fatta…) purchè sia intesa come mezzo per stimolare e migliorare, per individuare e sostenere aree in difficoltà, per pianificare l’uso delle risorse, per promuovere la ricerca e la didattica, per correggere distorsioni. Esattamente il contrario del sistema ANVUR pensato per punire, umiliare, dividere e indebolire il capitale umano dell’Università.

  5. collega che giudica collega, tipico italiano, come avvocato che giudica avvocato, magistrato che giudica magistrato, architetto che giudica architetto, medico che giudica medico………professori univ. che bocciano allievi dei propri nemici colleghi per vendetta.

    • Nel nostro campo però, ANVUR o non ANVUR, è costituzionale il fatto che ‘collega giudica collega’. La peer-review funziona proprio così…

    • La revisione paritaria anvuriana, anche se si fregia di questi nome, non è affatto paritaria, perché i “colleghi” che ci giudicano non lo fanno in virtù di una riconosciuta autorità scientifica, bensì di una nomina ministeriale diretta o indiretta. Questa non è revisione paritaria, cioè “fra pari”: questa è valutazione di stato. Ed è proprio questo che la rende incostituzionale ai sensi del primo comma dell’articolo 33, che tutela la libertà dell’arte, della scienza e del suo insegnamento.
      Su questo tema vale la pena rileggere la lettera di rifiuto all’Anvur scritta da Pier Paolo Giglioli e pubblicata qui.

  6. “è costituzionale il fatto che ‘collega giudica collega’. La peer-review funziona proprio così…”.

    Magari lasciamo in pace la Costituzione, che, per fortuna, non si occupa di queste scempiaggini. La c.d. peer review sarà pure una prassi diffusa (così mi dicono i bene informati), ma non direi che sia obbligatoria e che non se ne possa fare a meno. La sua legittimità, poi, dipende dalle modalità che si seguono per effettuarla, dagli usi che se ne fanno e da tante altre variabili, che, queste sì, hanno a che fare con la disciplina in vigore in un determinato settore. Insomma, la questione è un po’ più complessa

  7. Non credo che l’ambiente universitario sia paragonabile a una pentola piena d’acqua in ebollizione il cui coperchio si trova sul punto di saltare. Piuttosto, dalle esperienze vissute nell’ultimo biennio ho dedotto che gli umori prevalenti in circolazione restano due, i quali con una tensione pre insurrezionale niente hanno a che vedere, anzi. Il primo è all’insegna di una condivisione delle iniziative MIUR anvuriane, accettate acriticamente per spirito di conformismo e nella convinzione di potersi avvantaggiare individualmente grazie a esse; il secondo è di mera rassegnazione circa le pessime novità che continuano a piovere addosso, nell’idea di base che opporsi a un trend inevitabile sia inutile se non anche controproducente. Può costituirne prova il sostanziale fallimento del boicottaggio della VQR: a essa la stragrande maggioranza dei docenti invece di opporsi, si è sottoposta con spirito autolesionistico. Questo anche se protestare non sarebbe costato nulla in termini economici, non avrebbe comportato alcun danno alla didattica né disagio per gli studenti, a fronte di una perdita di varie decine di migliaia di euro per ciascuno e – cosa ancora più importante – pure di una perdita della nostra dignità residua di docenti. Nella mia Università Statale di Milano, su un organico di quasi 2000 professori e ricercatori ci siamo rifiutati di consegnare i nostri “prodotti” in meno di un centinaio. Ora si è lanciata la minaccia di astensione da una sessione di esami di profitto. Vale la pena aderire a questo sciopero annunciato (cosa che ho fatto), ma con forti perplessità da parte mia, circa la sua possibile riuscita.

    • Il problema è che per sapere che si prova quando uno che PALESEMENTE (per te che lo sai) ne sa meno di te (diciamo che sa un milionesimo di ciò che sai tu) in un certo campo, si erge a tuo giudice, giudicandoti sparando CAZZATE a raffica da far accapponare la pelle, ebbene per saperlo bisogna averne fatto l’esperienza. Il che presuppone però di essere uno che
      la sa lunga in un certo campo..
      Chi NON la sa lunga nel suo campo è invece al contrario ben propenso a riconoscere nell’ANVUR o in qualunque ‘comitato’ istituito dal governo il proprio giudice.
      Per pensare che uno come Renzi, o come la Gelmini, o qualunque altro fantoccio di confindustria possa giudicarti come scienziato…e bè bisogna proprio essere L’OPPOSTO di uno scienziato…

    • «Per pensare che uno come Renzi, o come la Gelmini, o qualunque altro fantoccio di confindustria possa giudicarti come scienziato…e bè bisogna proprio essere L’OPPOSTO di uno scienziato…»
      _______________
      Ma come? Volete forse dire che non esiste il tunnel che collega Ginevra con il Gran Sasso con i neutrini che ci correvano dentro? E la vittoria epocale costituita dal superamento della velocità della luce? Mi sembravano verità solide quasi come la somma dei percentili usata nei criteri della VQR …
      _______________
      “Il superamento della velocità della luce è una vittoria epocale per la ricerca scientifica di tutto il mondo. Alla costruzione del tunnel tra il Cern e il Laboratorio del Gran Sasso, attraverso il quale si è svolto l’esperimento, l’Italia ha contribuito con uno stanziamento stimabile in 45 milioni di euro”.
      _______________

    • C’è un altro gruppo di docenti che parla delle difficoltà, degli sgambetti, e viene emarginato, evitato, i suoi commenti modificati, cancellati, come se non esistesse e fosse IL PROBLEMA!!!

  8. “Aldo Sandulli, intervenendo a titolo personale e non come componente del Gruppo di lavoro riviste e libri scientifici dell’ANVUR, ha criticato l’ultimo regolamento ANVUR di classificazione delle riviste…”

    ecco, se si vuole criticare l’ANVUR forse sarebbe bene partire facendo un po’ di chiarezza su quel che si vuole fare ‘da grandi’: dare addosso all’ANVUR, oppure far parte del “Gruppo di lavoro riviste e libri scientifici”?

  9. @Maria Chiara Pievatolo,
    condivido in pieno; ma vi è di più: nelle valutazioni di ogni tipo, che si tratti di VQR o ASN il collega non giudica solo il collega ma anche l’allievo di provenienza nemica o addirittura il collega nemico direttamente……bocciature e stroncature a prescindere…..

    • Infatti. L’ANVUR ha reso evidente le dinamiche del sistema universitario fatto di lotte intestine, interessi personali e fronde. Ben pochi si sono voluti rendere conto del disastro – azzeramento del ricambio generazionale e ricerca strangolata – e hanno pensato unicamente all’occasione di potersi togliere qualche sassolino dalla scarpa e divorare quanto rimaneva del cadavere. Un atteggiamento delirante. E il nuovo metodo di reclutamento degli rtd crea degli yes men perfetti pronti a sacrificare identità e pensiero critico in nome della valutazione.

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