Il mistero è stato finalmente svelato e l’ambiguità già da Roars denunziata in un precedente articolo è stata risolta. Ora, grazie al documento anvur del 14 settembre, sappiamo che per i candidati alle abilitazioni nazionali aver contratto il morbo da mancato superamento di una o due mediane a seconda dei casi non è grave,  anzi si può guarire all’istante, proponendo domanda  per l’abilitazione.

Scendiamo nel dettaglio. Nel documento in questione si trova scritto che

Va qui ribadito che il soddisfacimento dell’algoritmo (il superamento di 1 mediana su 3 per i settori non bibliometrici, e di 2 su 3 per i settori bibliometrici) da parte di un candidato all’abilitazione non è condizione sufficiente per ottenere l’abilitazione. La commissione dispone di una serie di parametri e criteri, tra cui le “migliori” pubblicazioni scelte dal candidato, per valutarne il profilo e prendere la decisione finale.Il giudizio della Commissione è tanto più importante se si considera che l’algoritmo basato sulle mediane è decisamente più selettivo per i settori bibliometrici che per quelli non bibliometrici. Ad esempio, una valutazione degli indicatori dei professori ordinari mostra che, in media, circa il 65% di essi supera la soglia dei candidati commissari nei settori non bibliometrici, mentre soltanto il 45% circa la supera nei settori bibliometrici. Gli esegeti del decreto 76 si sono anche esercitati nel tentativo di rispondere alla domanda se il soddisfacimento dell’algoritmo basato sulle mediane sia oppure no condizione necessaria per l’ottenimento dell’abilitazione.La Commissione può, secondo noi, decidere di concedere l’abilitazione anche ai candidati che non superino le soglie delle mediane. Facciamo l’esempio di due casi tra loro assai diversi. Nel primo, può trattarsi di candidati che presentano indicatori prossimi alla soglia e che ottengono una valutazione largamente positiva rispetto agli altri criteri e parametri. In questo caso, ovviamente, la Commissione dovrà specificare cosa si debba intendere per prossimità alla soglia. Nel secondo caso, si tratta di candidati eccezionali, anche molto al di sotto della soglia, il cui curriculum dimostri una inconfutabile maturità ed eccellenza. Ad esempio, un candidato in un settore di matematica con una sola pubblicazione recente (e quindi con poche citazioni), nella quale abbia risolto uno dei “Millenium Problems” del Clay Mathematical Institute. C’è da aspettarsi che i casi della seconda fattispecie  siano in numero molto limitato. A chi sostiene che l’autonomia delle Commissioni rende inutile lo sforzo fatto dai docenti (nel popolare il sito docente CINECA) e dell’ANVUR (nel calcolare le mediane), rispondiamo dicendo che gli indicatori delle Appendici A e B del decreto 76, a nostro giudizio, integrano l’autonomia delle Commissioni con importanti elementi di responsabilità, che gli esiti non precisamente ottimali di taluni concorsi del recente passato giustificano ampiamente.”

Morale: il superamento della mediana non serve; se si è superata forse è meglio, ma nulla più. Preciso subito che quanto andrò dicendo riguarda i settori non bibliometrici e i candidati alle abilitazioni, non anche i settori bibliometrici e gli aspiranti commissari.

Ma andiamo con ordine. Il primo punto da porre in evidenza è che l’Anvur non distingue tra condizioni per partecipare all’abilitazione e condizioni per ottenere l’abilitazione. Qualsiasi persona ragionevole avrebbe pensato, all’inizio della vicenda delle mediane, che queste potessero servire da filtro per la proposizione della domanda, non certo da requisito sufficiente per essere abilitati. Detto in maniera schematica: si poteva pensare che chi fosse sopra una o due mediane potesse fare domanda, le commissioni avrebbero poi deciso, secondo taluni criteri e parametri, chi fosse degno di essere abilitato all’interno del lotto dei non affetti dal morbo del mancato superamento della mediana. Ma questa interpretazione, che pare ispirata a ragionevolezza, o meglio attribuisce una qualche sensatezza ad un criterio non così sensato come quello delle mediane, è anche l’interpretazione più piana del (non ben redatto) materiale normativo a disposizione? La risposta all’interrogativo posto è no: quindi non tutte le colpe ricadono sull’Anvur. Vediamo il perché.

Un inciso prima di andare oltre. Che gli avvocati non siano simpatici è noto, che i professori di diritto (categoria alla quale appartengo) non godano di buona stampa è altrettanto noto, ma mai come nella vicenda che riguarda le abilitazioni nazionali si è sentita l’assenza di buoni giuristi tra coloro che l’hanno gestita. La lettera b) dell’art. 4 dell’allegato B del Dm 7.6.2012, ormai ben conosciuto, dispone così: b) ottengono una valutazione positiva dell’importanza e dell’impatto della produzione scientifica complessiva i candidati all’abilitazione i cui indicatori sono superiori alla mediana in almeno uno degli indicatori di cui alle lettere a) e b) del numero 3.

Se poi si guarda agli art. 3, 4, 5 e 6 del decreto si scopre che il contenuto della norma appena riportata sopra (e quello delle norme ad essa omologhe) viene considerato uno degli elementi da tenere obbligatoriamente in considerazione per l’attribuzione dell’abilitazione, assieme agli altri criteri e parametri, a meno che la commissione intenda discostarsi dai suddetti principi, e allora è tenuta a darne conto nel giudizio finale [1]. Il testo – lo si è detto – è equivoco e lo si può intendere in svariati modi.

Per come è formulato, è possibile infatti sostenere senza traumatizzare il testo stesso  (almeno) le seguenti interpretazioni: il superamento della mediana non è solo un giudizio quantitativo preliminare, bensì si traduce in un parametro qualitativo di valutazione, non eludibile dalle commissioni, salvo la possibile deroga; il superamento delle mediane costituisce un giudizio favorevole prima facie, che va confermato o smentito dalle commissioni; ne consegue che il mancato superamento della mediana costituisce un giudizio prima facie sfavorevole che però può essere sconfessato dalla commissione.

Non v’è dubbio che il testo normativo accrediti il superamento della mediana come un criterio da soddisfare per ottenere e non solo per partecipare all’abilitazione. Da qui sono nati i dubbi gestiti con molta difficoltà dall’Anvur la quale finisce per sostenere, nel documento in commento, che il superamento della mediana non è condizione sufficiente, ma (talvolta) nemmeno necessaria per ottenere l’abilitazione.

La sostanza è che dopo faticosi e non affidabili calcoli (il Cineca è per stessa ammissione dell’Anvur una fonte non attendibile), attese spasmodiche, asserite dolorose rinunce alle ferie d’agosto (ma siamo in tempo di crisi, sarebbe bene non lagnarsi), bandi aperti per quattro mesi (credo unico caso nella storia della nostra Repubblica), la mediana evapora e tutto è rimesso alle commissioni, le quali potranno tener conto del superamento della stessa mediana oppure no, buttando questo (maldestro) criterio nel calderone del giudizio assieme agli altri.

Personalmente non credo che questo sia necessariamente un male; mi domando però a che cosa sia servita questa presunta rivoluzione, a questo punto in gran parte solo apparente. Gli esempi riportati nel documento Anvur corroborano quanto si è appena detto. Le commissioni possono guardare con favore chi si approssima alla soglia, oppure all’astro da poco apparso con la sua abbacinante luce nel firmamento accademico: se così stanno le cose come si possono contestare questi giudizi rifacendosi al mancato superamento della mediana? In nessun modo.

Insomma le commissioni giudicano e devono farlo secondo certi parametri tra i quali ci sono anche le mediane; questi criteri, incluse le mediane, possono essere aggravati, edulcorati, omessi, modificati in maniera motivata. Che cosa c’è di radicalmente diverso rispetto al modo in cui le commissioni giudicavano prima dell’irruzione delle mediane?

L’Anvur rivendica l’efficacia della sua azione “moralizzatrice” dicendo che lo strumento delle mediane accresce la responsabilità delle commissioni, e che questo risultato giustifica ampiamente tutto il trambusto creato sin qui nell’accademia italiana.

Giustificherebbe pure i soldi spesi, la disinvoltura giuridica per necessità messa in campo e darà di certo i suoi frutti. Ai posteri, piuttosto prossimi, l’ardua sentenza.

Ma se anche questo esito si realizzasse, v’è da dubitare che giustificherebbe da solo la macchina messa in moto, anche perché la maggiore responsabilità dei commissari, il risultato agognato, si riduce a questo: fornire una motivazione che suoni plausibile; si riduce cioè a quello che le commissioni, nel bene e nel male, hanno sempre fatto e sono chiamate a fare. Anche perché, vale la pena rammentarlo, stiamo parlando di una abilitazione e non di valutazioni comparative, le commissioni non devono scegliere il migliore tra i candidati in lizza, ma stabilire quali candidati, non in concorrenza tra loro, meritano di accedere ad una certa fascia di docenza.

Il dubbio che si sia trattato di molto rumore per nulla o per poco e che la mediana ormai non suoni più per nessuno (o quasi) è forte. Tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’università auspicano che le commissioni si comportino responsabilmente. Il punto è stabilire se le mediane siano, in generale e nella particolare configurazione che viene accreditata dall’Anvur e dalle norme, uno strumento adeguato ed efficace di accrescimento delle responsabilità commissariali. Penso che si potessero seguire delle alternative più lineari e facilmente praticabili, distinguendo chiaramente tra criteri per l’ammissione alla procedura e criteri per il conseguimento dell’abilitazione (il Cun lo stava facendo). Sia ben chiaro: l’appannamento del criterio del superamento della mediana non va giudicato in maniera negativa, ma qui voglio sottoporre all’attenzione del lettore altro, ovvero alcuni degli ingiustificati effetti prodotti dal 7 giugno (data di emanazione del decreto) al 14 settembre (data di chiarificazione definitiva del ruolo delle mediane, coerente con il pur equivoco dato normativo): psicosi collettiva, drammi individuali, varie pubblicazioni realizzate sovente con fondi pubblici e per mere finalità concorsuali. Se questo è accaduto non può essere solo per dabbenaggine dell’intera accademia italiana. E allora una domanda sorge “lubranamente” spontanea: chi si assume la responsabilità della convulsa, farraginosa e pasticciata gestione della procedura concorsuale? Della rivoluzione moralizzatrice annunciata e fatta sparando assordanti colpi a salve?

 



[1] Ecco il testo degli articoli interessati: ART. 3 (Valutazione dei titoli e delle pubblicazioni nelle procedure di abilitazione per l’accesso alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia)

1. Nelle procedure di abilitazione per l’accesso alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia, la commissione formula un motivato giudizio di merito sulla qualificazione scientifica del candidato basato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni presentate. La valutazione si basa sui criteri e i parametri definiti per ciascuna fascia agli articoli 4 e 5.

2. Nella valutazione delle pubblicazioni e dei titoli presentati dai candidati, la commissione si attiene al principio generale in base al quale l’abilitazione viene attribuita ai candidati che hanno ottenuto risultati scientifici significativi, tenendo anche in considerazione, in diversa misura per la prima e per la seconda fascia, la rilevanza internazionale degli stessi.

3. L’individuazione del tipo di pubblicazioni, la ponderazione di ciascun criterio e parametro, di cui agli articoli 4 e 5, da prendere in considerazione e l’eventuale utilizzo di ulteriori criteri e parametri più selettivi ai fini della valutazione delle pubblicazioni e dei titoli sono predeterminati dalla commissione, con atto motivato pubblicato sul sito del

Ministero e su quello dell’università sede della procedura di abilitazione. La ponderazione dei criteri e dei parametri deve essere equilibrata e motivata.

ART. 4 (Criteri e parametri per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche per l’attribuzione

dell’abilitazione alle funzioni di professore di prima fascia)

1. Nelle procedure di abilitazione alle funzioni di professore di prima fascia, la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche è volta ad accertare la piena maturità scientifica dei candidati, attestata dall’importanza delle tematiche scientifiche affrontate e dal raggiungimento di risultati di rilevante qualità e originalità, tali da conferire una posizione riconosciuta nel panorama anche internazionale della ricerca. Sono ulteriori criteri di valutazione la capacità di dirigere un gruppo di ricerca anche caratterizzato da collaborazioni a livello internazionale, l’esperienza maturata come supervisore di dottorandi di ricerca, la capacità di attrarre finanziamenti competitivi in qualità di responsabile di progetto, soprattutto in ambito internazionale e la capacità di promuovere attività di trasferimento tecnologico. La commissione può stabilire, con le modalità di cui all’articolo 3, comma 3, di non utilizzare uno o più di tali ulteriori criteri in relazione alla specificità del settore concorsuale.

2. Nella valutazione delle pubblicazioni scientifiche presentate dai candidati ai sensi dell’articolo 7, comma 1, e dell’allegato C, la commissione si attiene ai seguenti criteri:

a) coerenza con le tematiche del settore concorsuale o con tematiche interdisciplinari ad esso pertinenti;

b) apporto individuale nei lavori in collaborazione;

c) qualità della produzione scientifica, valutata all’interno del panorama internazionale della ricerca, sulla base dell’originalità, del rigore metodologico e del carattere innovativo, avvalendosi delle classificazioni di merito delle pubblicazioni di cui all’allegato D;

d) collocazione editoriale dei prodotti scientifici presso editori, collane o riviste di rilievo nazionale o internazionale che utilizzino procedure trasparenti di valutazione della qualità del prodotto da pubblicare, secondo il sistema di revisione tra pari.

3. Nella valutazione delle pubblicazioni scientifiche presentate dai candidati ai sensi dell’articolo 7, comma 1, e dell’allegato C, la commissione si attiene ai seguenti parametri:

a) numero e tipo delle pubblicazioni presentate e loro distribuzione sotto il profilo temporale, con particolare riferimento ai cinque anni consecutivi precedenti la data di pubblicazione del decreto di cui all’articolo 3, comma 1, del Regolamento. A tal fine, va tenuto conto dei periodi di congedo per maternità e di altri periodi di congedo o aspettativa, previsti dalle leggi vigenti e diversi da quelli per motivi di studio;

b) impatto delle pubblicazioni all’interno del settore concorsuale. A tal fine, va tenuto conto dell’età accademica e, ove necessario, delle specifiche caratteristiche di una parte del settore o settore scientifico-disciplinare o un sottoinsieme di quest’ultimo.

4. Nella valutazione dei titoli presentati dai candidati, la commissione si attiene ai seguenti parametri relativi al settore concorsuale:

a) impatto della produzione scientifica complessiva valutata mediante gli indicatori di cui all’articolo 6 e agli allegati A e B;

b) responsabilità scientifica per progetti di ricerca internazionali e nazionali, ammessi al finanziamento sulla base di bandi competitivi che prevedano la revisione tra pari;

c) direzione di riviste, collane editoriali, enciclopedie e trattati di riconosciuto prestigio;

d) partecipazione a comitati editoriali di riviste, collane editoriali, enciclopedie e trattati di riconosciuto prestigio;

e) attribuzione di incarichi di insegnamento o di ricerca (fellowship) ufficiale presso atenei e istituti di ricerca, esteri e internazionali, di alta qualificazione;

f) direzione di enti o istituti di ricerca di alta qualificazione internazionale;

g) partecipazione ad accademie aventi prestigio nel settore;

h) conseguimento di premi e riconoscimenti per l’attività scientifica;

i) nei settori concorsuali in cui è appropriato, risultati ottenuti nel trasferimento tecnologico in termini di partecipazione alla creazione di nuove imprese (spin off), sviluppo, impiego e commercializzazione di brevetti;

l) possesso di altri titoli, predeterminati dalla commissione, con le modalità di cui all’articolo 3, comma 3, che contribuiscano a una migliore definizione del profilo scientifico del candidato.

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32 Commenti

  1. Sono onestamente confuso. Chi ha competenza nel dirimere la questione ? Il documento anvur mi sembra incompatibile con il decreto 76. E’ lecito assumere che faccia fede il primo ? L’interpellanza CUN non ha proprio il senso di chiedere un’ultima parola sul problema ?

  2. Innanzi tutto rimane la richiesta di trasparenza. La exit strategy dell’anvur non può servire come fuga da questa richiesta. I dati dai quali sono state calcolate le mediane devono essere mostrati nel dettaglio.
    Sulla non necessarietà delle mediane rimangono i dubbi e molti candidati potrebbero rinunciare ad iscriversi per timore di una esclusione per 2 anni dalle future sessioni. Timore che rimane perchè le commissioni non saranno precise nello stabilire dei requisiti minimi di ammissione al loro insediamento.
    Rimane il problema non chiarito di chi certifica gli indicatori e cosa vuole dire approssimarsi alle mediane. Il dato citazionale è quello più variabile da WoS a Scopus o GS, considerando le citazioni mal poste recuperabili sia su WoS che su Scopus le citazioni possono variare fino ad un 20%. L’età accademica è pure indefinita nelle mediane (quella di loginmiur è fittizia). La seconda mediana dei bibliometrici è una follia pura perchè deriva dal rapporto di due numeri non accurati e non certificabili. Inoltre, l’ho già detto, 500 citazioni di un giovane ricercatore entrato nel 2000 valgono più delle 1000 di un associato con più esperienza accademica. La soglia della mediana potrebbe favorire il primo sul secondo. La mediana è un’arma impropria comunque nelle mani delle commissioni.

    • “Inoltre, l’ho già detto, 500 citazioni di un giovane ricercatore entrato nel 2000 valgono più delle 1000 di un associato con più esperienza accademica.”
      Giusta osservazione. Questo “piccolo dettaglio” è stato spesso sottovalutato. Spero che una commissione ragionevole ne tenga conto. Per quanto ne so esistono studi che mostrano come, per i ricercatori attivi, il numero di citazioni ottenute in un anno cresca più che linearmente nel tempo (escludendo al più gli ultimi anni di carriera). Quindi il numero di citazioni, nei casi virtuosi, è una funzione che cresce almeno come il quadrato dell’età accademica. La normalizzazione secca effettuata dall’anvur è semplicemente criminale.

  3. Per definizione, i bibliometrici non hanno facile accesso alle competenze giuridiche presenti tra i non-bibliometrici. Sarei dunque a chiedere la cortesia al Prof. Velluzzi, i cui ragionamenti mi appaiono interamente convincenti, di voler estendere le sue riflessioni anche a noi. Mi rendo conto della difficoltà che ciò comporta, considerato il carattere “medianico” di questa grottesca vicenda, ma chiedere non costa. Per parte mia, mi conforta sapere che la mia decisione di partecipare comunque, anche senza avere spiccate capacità divinatorie, non sia poi così folle. Peraltro, condivido anche il pensiero di Thor circa l’ineludibilità (da parte dell’ANVUR)a rendere noti i dati – riferiti ai singoli soggetti se possibile – in base ai quali sono state calcolate le mediane.

  4. In una repubblica delle banane almeno si producono banane. Qui no, anzi si, anzi no, anzi… forse delle banane non strettamente banane, tuttavia banane se vuole la commissione delle banane. Anzi si, proprio di banane ci eravamo un po’ sbagliati nello scrivere banane nel modo giusto ma poi però ci siamo corretti bene con solo alcuni errori di sbaglio, mapperò veniali. Ma siamo sicuri siano proprio banane?

  5. Pur condividendo alcune delle critiche che ROARS sta facendo al meccanismo messo in piedi dal Ministero e dall’ANVUR, credo che l’intervento del Prof.Velluzzi non fornisca informazioni esatte.

    E’ vero, infatti, che l’ANVUR ha, nel citato documento, affermato che il superamento delle mediane non costituisce una condizione necessaria per conseguire l’abilitazione. Tuttavia, il citato D.M. 7.6.2012, che, credo, abbia dal punto di vista giuridico una importanza maggiore di qualsiasi documento dell’ANVUR, afferma esattamente il contrario.
    Infatti, l’art.6 del D.M. afferma che:
    “Nelle procedure di abilitazione per la prima fascia, per i settori concorsuali di cui all’allegato A, la commissione utilizza per la misurazione dell’impatto della produzione
    scientifica complessiva di cui all’articolo 4, comma 4, lettera a), gli indicatori bibliometrici indicati nel predetto allegato, attenendosi al principio secondo il quale l’abilitazione può
    essere attribuita esclusivamente ai candidati:
    a) che sono stati giudicati positivamente secondo i criteri e i parametri di cui all’articolo 4, commi 1, 2, 3 e 4, lettere b), c), d), e), f), g), h), i) e l);
    b) i cui indicatori dell’impatto della produzione scientifica complessiva presentino i valori richiesti per la prima fascia, sulla base delle regole di utilizzo degli stessi di cui
    all’allegato A, numero 3, lettera b).”
    Idem per la seconda fascia e per i settori non-bibliometrici, che fanno riferimento all’Allegato B.
    In altre parole, può conseguire l’abilitazione solo chi ha ottenuto un giudizio positivo sui parametri qualitativi (Punto 1) e possiede indicatori di impatto superiori a quelli calcolati dall’ANVUR. Tutto ciò vale per tutti i settori.
    La Commissione può discostarsi da questi principi facendo riferimento al comma 3, dell’Art.3 del D.M. . Tale comma recita:
    “3. L’individuazione del tipo di pubblicazioni, la ponderazione di ciascun criterio e parametro, di cui agli articoli 4 e 5, da prendere in considerazione e l’eventuale utilizzo di ulteriori criteri e parametri più selettivi ai fini della valutazione delle pubblicazioni e dei titoli sono predeterminati dalla commissione, con atto motivato pubblicato sul sito del
    Ministero e su quello dell’università sede della procedura di abilitazione. La ponderazione dei criteri e dei parametri deve essere equilibrata e motivata.”
    Mi sembra di capire quindi che la Commissione può assumere altri criteri e parametri di valutazione, che però non si sostituiscono a quelli esistenti (sono “ulteriori”, non diversi da) e che devono essere “più selettivi” rispetto a quelli indicati nel D.M. e che comprendono anche le mediane.
    Mi sembra, quindi, che il documento ANVUR sia in contrasto con quanto affermato dal D.M. 7.6.2012, che dovrebbe essere, comunque, quello dei due a valere.

    • “La Commissione può discostarsi da questi principi facendo riferimento al comma 3, dell’Art.3 del D.M. […]”

      no, non leggi correttamente le disposizioni: la commissione può discortarsi da quei principi con le modalità del comma citato, cioè mediante un atto motivato (comma 5 dell’art. 6). detto altrimenti: basta motivare per fare quel che si vuole.

      La commissione può anche ponderare criteri e parametri o adottare criteri e parametri ulteriori, ma questa è un’altre e diversa facoltà. l’anvur non inventa alcunchè, ma si limita a leggere le norme le quali, per quanto non particolarmente ben scritte, danno comunque alle commissioni pieno potere di fare quel che vogliono, alla sola condizione di darne motivazione.

    • Non basta un atto motivato, occorre anche una ponderazione equilibrata fra tutti i criteri, che significa tenere conto di tutti, ossia non è possibile escluderne alcuno. Si può dare un peso minore, ma non nullo.

  6. “Mi sembra di capire quindi che la Commissione può assumere altri criteri e parametri di valutazione, che però non si sostituiscono a quelli esistenti (sono “ulteriori”, non diversi da) e che devono essere “più selettivi” rispetto a quelli indicati nel D.M. e che comprendono anche le mediane”

    Nella “ponderazione di ciascun criterio e parametro”, la commissione può legittimamente decidere che il superamento delle mediane abbia un “peso” uguale a 0.

    • Il comma 3 si conclude avvertendo che la ponderazione deve essere equilibrata e motivata. Non credo che un “peso” uguale a 0 sia equilibrato e motivabile.

    • Pari a, diciamo, 15 ti sembra equilibrato e motivabile? Il punto è che se il criterio del superamento delle mediane è ponderabile con altri, qualunque essi siano, esso ha ipso facto una dignità pari (e non superiore) agli altri criteri: ossia non è di per sé dirimente rispetto alla concessione dell’abilitazione. In questo senso, l’interpretazione che ultimamente ne ha dato l’ANVUR mi pare del tutto sostenibile.

    • Siamo d’accordo che ha una dignità pari agli altri. Ma se ciò è vero, significa che non può essere trascurato. Se la ponderazione deve essere equilibrata, significa che ogni criterio e parametro deve avere un suo peso, quindi anche quello dove si prescrive il superamento delle mediane. A me pare che il D.M. indichi il soddisfacimento di una serie di vincoli. Nessuno da solo è sufficiente, ma tutti, nel loro insieme, sono necessari.

    • Allora siamo d’accordo. Mi pareva tu avessi affermato:
      “In altre parole, può conseguire l’abilitazione solo chi ha ottenuto un giudizio positivo sui parametri qualitativi (Punto 1) e possiede indicatori di impatto superiori a quelli calcolati dall’ANVUR. Tutto ciò vale per tutti i settori.”

    • La commissione non può prendere decisioni (ponderazione criteri) dopo avere guardato i CV dei candidati ma prima e lo deve rendere pubblico affichè i candidati possano ritirarsi di loro spontanea volontà entro 15 giorni dalla pubblicazione. Quelle a cui stiamo assistendo sono manfrine dell’anvur per ritirarsi dai guai nei quali si sono messi. Le due proposte di Lilli sono molto ragionevoli così come ora non si deve abbassare la guardia ma occorre continuare ad incalzare l’anvur. Vogliamo vedere i dati in dettaglio.

    • La ponderazione è un discorso diverso. Per la possibilità di non applicare le mediane bisogna fare riferimento all’art. 6. comma 5, che il pur ottimo intervento di Velluzzi non riporta in nota:

      “Qualora la commissione intenda discostarsi dai suddetti principi è tenuta a darne motivazione preventivamente, con le modalità di cui all’articolo 3, comma 3, e nel giudizio finale”.
      Si parla di discostarsi dai principi, il che può voler dire chiaramente anche discostarsene del tutto. Le modalità dell’art. 3 c. 3 sono quelle riguardanti la pubblicazione sul sito del Ministero ecc. (ho argomentato meglio qui: https://www.roars.it/?p=10443 – mi scuso per rimandarvi ancora). Nel frattempo sono più convinto di prima che questa sia l’unica lettura possibile della normativa; il che non toglie che sarebbe indispensabile un intervento Miur con interpretazione autentica che renda pacifica questa possibilità (è la soluzione che Giorgio Israel propone sul Messaggero di martedì 18).

      Approfitto per aggiungere una considerazione: il comma 6 dell’art. 5 – che può mandare l’aria tutta la baracca del mediane – ha credo uno scopo preciso: addossare alle Commissioni ogni responsabilità, sia nel caso di applicazione che nel caso di non applicazione delle mediane. Questo ha come conseguenza – mi correggano i giuristi se non è così – che ogni ricorso (p.es. perché le mediane sono calcolate su dati incompleti) resti limitato nei suoi effetti, almeno in prima istanza, alla commissione (al settore concorsuale) per il quale è avanzato.

    • Credo che La Rocca abbia ragione. Dopo l’insediamento delle commissioni si rinormalizza tutto. E’ prima che si deve agire dando forza alle richieste del CUN nel richiedere ogni dettaglio sulle mediane e il loro calcolo. Le mediane sono state definite dall’anvur e vengono fornite per la valutazione alle commissioni.

    • @Claudio La Rocca:
      Infatti, il dm 76 dà la possibilità alle commissioni di non applicare del tutto le mediane, o di ponderarle con altri criteri. Questa interpretazione pare anche a me quella più corretta, con relativo “scarico” sulle commissioni, ecc.
      E però resta pur sempre quella parolina “esclusivamente” (“l’abilitazione puo’ essere attribuita esclusivamente ai candidati”…) che rappresenta l’unico appiglio per i sostenitori della mediana come criterio dirimente e necessario (per quanto non sufficiente) per conseguire l’abilitazione.
      In definitiva, non credo che le commissioni potranno a cuor leggero “sbarazzarsi” tout court delle mediane: mi pare più probabile che le pondereranno con altri criteri.
      Nel frattempo sono usciti gli elenchi delle riviste scientifiche:
      http://www.anvur.org/

  7. infatti, ha ragione Thor. Per essere obiettivi e non influenzati da colleghi commissari o essere tentati da accordi reciproci di natura clientelare, è giusto che stabiliscano prima i criteri e poi l’Anvur dia accesso alla valutazione dei CV.

    • Questo è esplicitamente previsto dall’art. 4, commi 2 e 3, del decreto direttoriale 222 del 20 luglio (lo cito spesso, ma ho l’impressione che non siamo in molti ad averlo letto):

      “ART. 4
      (Lavori delle commissioni)
      1. Ciascuna commissione, insediatasi presso l’università in cui si espletano le procedure di abilitazione, elegge tra i propri componenti il presidente e il segretario. Nella prima riunione la commissione definisce, altresì, le modalità organizzative per l’espletamento delle procedure di
      abilitazione, distinte per fascia. Tali determinazioni sono comunicate entro il termine massimo di due giorni al responsabile del procedimento individuato ai sensi dell’articolo 3, comma 3, il quale ne assicura la pubblicità sul sito dell’Università per almeno sette giorni prima della
      successiva riunione della commissione e per tutta la durata dei lavori. La successiva riunione della commissione può tenersi solo a partire dall’ottavo giorno successivo alla pubblicazione. Prima di procedere alle attività di cui al comma 2 la commissione procede alle determinazioni di cui agli articoli 3, comma 3, 4, commi 1 e 4, lettera l), 5, commi 1 e 4, lettera h), e 6, comma 5, del DM n. 76 del 2012.
      2. Espletati gli adempimenti di cui al comma 1, le commissioni accedono per via telematica alle domande, all’elenco dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, nonché alla relativa
      documentazione, presentati ai sensi dell’articolo 2.”

  8. Sebbene perfettibili le mediane avevano lo scopo di fare da FILTRO per limitare poi i comportamenti indecenti (purtroppo non infrequenti in passato) dove nei concorsi locali vicevano candidati molto deboli (per essere gentili) dal punto di visto scientifico.

    Purtroppo tutti ci riempiamo la bocca di merito e meritocrazia ma quando con dati oggettivi si certa di definire concretamente questo concetto… allora… allora tutto diventa più difficile

    Andiamo avanti signori docenti come si è andati avanti in passato….. prego signori accomodino

    • grazie per il suo interessante commento, ora è tutto molto chiaro. Filtro ! ecco la parola che nessuno qui aveva capito.

    • “Sebbene perfettibili le mediane avevano lo scopo di fare da FILTRO per limitare poi i comportamenti indecenti … Purtroppo tutti ci riempiamo la bocca di merito e meritocrazia ma quando con dati oggettivi si certa di definire concretamente questo concetto …allora… allora tutto diventa più difficile”

      Sono perfettamente d’accordo: tutti si riempiono la bocca di merito e meritocrazia, ma quando si tratta di dare definizioni concrete, tra le riviste “scientifiche” dell’ANVUR troviamo:

      – la “Rivista di suinicoltura” (“il punto di riferimento imprescindibile per gli allevatori di suini, per i tecnici e per le imprese impegnate nell’indotto della filiera suinicola nazionale”) [http://www.edagricole.it/r_17_dett.asp]

      – “Parma Economica” (Rivista della Camera di commercio di Parma).

      – e così via … (per una rassegna si leggano i commenti all’articolo https://www.roars.it/?p=12600)


  9. Per quanto ho potuto verificare, nel caso dei settori scientifici disciplinari nel campo della biomedicina (area a me affine) un parametro abbastanza stringente è l’ H index normalizzato per l’età accademica.

    E’un paramtro che valuta le volte che un lavoro viene citato a prescindere dalla rivista. Inutile elencare gli studi che evidenziano come larga parte dei lavori pubblicati dai docenti italiani non vengano citati da nessuno.

    Qundi il parametro è serio, dopo possiamo discutere se è sufficiente poichè non mi distingue tra chi quel lavoro lo ha fatto per il 90% e chi ha contribuito per il 2% ma questo è un altro discorso

    Quindi è facile fare ironia sulle riviste ma come filtro le citazioni dei lavori sono un tentativo di immettere meritocrazia nel sistema

    • James: “le citazioni dei lavori sono un tentativo di immettere meritocrazia nel sistema”

      Si è già risposto da solo:

      “il parametro … non mi distingue tra chi quel lavoro lo ha fatto per il 90% e chi ha contribuito per il 2%”

      James: “Inutile elencare gli studi che evidenziano come larga parte dei lavori pubblicati dai docenti italiani non vengano citati da nessuno.”

      La seguente figura è tratta da uno studio che evidenzia che i lavori pubblicati dai docenti italiani, a parità di spesa, sono più citati di quelli tedeschi, francesi e giapponesi.


    • I dati citati sono un po’ ottimisti. Un lavoro pubblicato su Nature credo nel 2004 ci posizionava dietro i nostri vicini europei ed ovviamente dietro USA e Japan per il parametro delle citazioni (con qualche lieve differenza nelle aree: meglio in matematica un po’peggio in biologia). Non credo che negli ultimi anni la nostra posizione sia migliorata. Introdurre il concetto di spesa poi può introdurre delle variabili in base a come la spesa viene calcolata che può differire nei diversi paesi.

      Sul commento alle citazioni c’e’ sempre il discorso del 1/2 pollo quando qualcuno lo mangia tutto e qualcuno nemmeno un pezzo. in italia ci sono docenti che sono scienziati di valore ma anche una buona fetta di docenti pressochè nullafacenti (dal punto di vista della scienza)

      Vista la situazione nazionale e la de-responsabilizzazione delle sedi, dei dipartimenti e dei docenti che reclutano i mediocri, mia opinione è meglio le mediane che il nulla del passato.

      Però mi sembra che il vento contrario spiri molto forte

    • “Qundi il parametro è serio, dopo possiamo discutere se è sufficiente poichè non mi distingue tra chi quel lavoro lo ha fatto per il 90% e chi ha contribuito per il 2% ma questo è un altro discorso”

      Ma si rende conto di cosa sta dicendo? L’abilitazione si da ad una persona con nome e cognome.

    • “Ma si rende conto di cosa sta dicendo? L’abilitazione si da ad una persona con nome e cognome.”

      Perchè in passato in mitici concorsi non hanno elargito posti da ricercatore o professore a personaggi che non avevano nemmeno un articolo scientifico serio ed erano semplicemente figli amanti amici cugini etc etc, oppure semplici portaborse … di

      e mi scusi questi non sono persone con nome cognome e tutti quelli che sono stati bocciati da commissioni che nemmeno si avvicinavano ai loro titoli scientifici non avevano nome e cognome.

  10. NON E’ UN COMMENTO ALL’ARTICOLO MA UNA RICHIESTA DI INFORMAZIONE.
    So che non è forse la sede adatta, il sito sviluppa dibattiti più elevati e più generali ma ci provo.
    Qualcuno sa come si procede con l’inserimento dei pdf e quale sia la normativa?
    Perché il Cineca prevede, allo stato, per ogni volume = prodotto, l’inserimento di un solo pdf massimo 30 mega. Ora a me (per un libro di 470 pagg.) non è riuscito contenermi entro tale limite, e anche suddividendo il file i problemi rimangono perché esiste comunque un massimo insuperabile di capienza complessiva.
    Ho imprudentemente speso svariate decine di euro per preparare il pdf (l’editore nel 2002 non lo usava né me lo ha voluto o potuto allestire ora) e adesso non so bene come fare. Anche questa mi pare un’ennesima stortura del sistema.
    Duanelli

  11. Caro Antonio,

    Anche io ho già dato un’occhiata alla procedura informatizzata per inoltrare la domanda.
    Al tuo problema (che sarà di molti), che ti consiglio di provare a risolvere provando a comprimere il file sperando che così diventi inferiore a 30MB, ne voglio aggiungere un altro:

    Come hai notato per ogni prodotto è possibile aggiungere uno ed uno solo file PDF.
    Come e dove si indica il contributo individuale richiesto dalla legge e dai regolamenti?
    Non sarebbe il caso di dare la possibilità di aggiungere anche un documento di accompagnamento a ciascuna pubblicazione?
    Infine, per risolvere anche il tuo problema, non sarebbe più semplice permettere l’inserimento di quanti documenti si vuole e in caso uno di questi supera il limite dividerlo in più file?

    Ma per ora non si sa nemmeno se questa procedura partirà, porsi questi e altri problemi mi sembra prematuro.

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