Segnaliamo ai lettori la mozione CUN dell’8 ottobre 2014 relativa ai cosiddetti test TECO (test sulle competenze effettive di carattere generalista e disciplinare dei laureandi italiani), oggetto di una sperimentazione da parte di ANVUR.


Il Consiglio Universitario Nazionale

considera utile l’introduzione di strumenti che permettano di valutare la qualità didattica e la realizzazione degli obiettivi formativi dei corsi di studio, nell’ottica di passaggio da un sistema prevalentemente autorizzativo a un sistema di reale accreditamento;

ritiene interessante raccogliere informazioni sulle competenze in uscita degli studenti, soprattutto come strumento a disposizione degli atenei per l’autovalutazione e il riesame degli esiti dei propri processi formativi;

osserva però che l’elaborazione di test per la raccolta di informazioni sulle predette competenze, siano esse generaliste o più specificatamente disciplinari, richiede che siano chiaramente definiti a priori gli obiettivi che si vogliono raggiungere con tali test e l’uso che si vuole fare dei risultati;

sottolinea che test sulle competenze in uscita non possono assolutamente essere usati da soli per valutare la qualità dell’offerta didattica degli atenei, in quanto il livello in uscita delle competenze dipende in maniera sostanziale dai livelli in ingresso, che sono molto variegati essendo strettamente legati ai contesti territoriali, familiari e scolastici precedenti;

ritiene inoltre che, perché tali test possano essere significativi e utili, sia indispensabile che siano condivisi dalla comunità universitaria, condivisione realizzabile unicamente tramite un coinvolgimento diretto nella loro elaborazione, realizzazione e somministrazione degli organi che tale comunità rappresentano, fra cui CNSU, CRUI e CUN;

segnala che l’elaborazione di tali test, soprattutto per quel che riguarda le competenze disciplinari, è un’operazione complessa che richiede un’approfondita fase di sperimentazione su campioni rappresentativi, svolta in tempi adeguati e tenendo presenti le specificità delle diverse classi di corso di studio. Quindi una sua utilizzazione a livello nazionale prima del completamento di un’analisi pluriennale approfondita dei risultati di sperimentazioni ripetute, con adattamenti progressivi dello strumento e validazioni statistiche che ne assicurino la coerenza con gli obiettivi prefissati, rischia di vanificarne l’utilità;

ribadisce che l’implementazione e l’erogazione di simili test a livello nazionale richiederebbe agli atenei ingenti sforzi organizzativi e costi, in termini di impegno di risorse e personale, che si andrebbero ad aggiungere al carico già eccessivo a cui sono soggetti in un periodo di forte contrazione del personale docente e tecnico-amministrativo;

ritiene quindi che in assenza di obiettivi e finalità chiare e condivise per l’uso di tali test, e senza un’approfondita sperimentazione pluriennale che assicuri la coerenza dello strumento con gli obiettivi prefissati, simili sforzi e costi aggiuntivi non siano attualmente giustificabili.

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4 Commenti

  1. Perché si vuol far finta di non sapere quali sono gli obiettivi? O veramente non si intuiscono? Strano, perché per molti è abbastanza evidente. Gli obiettivi sono l’omologazione e la standardizzazione delle conoscenze da erogare, ossia omologazione e standardizzazione del sapere, di qualsiasi sapere. Perché pretendere come cosa logica che tali obiettivi siano esplicitati a priori, che siano rivelati? Non lo saranno mai. Perché non ci si domanda, invece: quali sono le conoscenze standard sulle quali si vuole imporre la verifica? Chi è che le stabilisce e con quali obiettivi? N.B.: obiettivi della conoscenza standardizzata, non della sua verifica che è soltanto l’ultima e costosa tappa ma che comunque è strettamente collegata alla precedente; chi non supera la verifica è fuori, come istituzione (leggi: accreditamento) e come individuo (emarginazione); introdotto in maniera soft si parla di sperimentazione, di prove, di campioni, di non obbligatorietà, di offrirsi volontari, ma la finalità ultima, se viene accettata l’imposizione del processo, sarà sempre la stessa: standardizzazione e omologazione. Come si sa, la standardizzazione di una procedura non garantisce nulla rispetto alla bontà e alla giustezza dei risultati, non è efficace di per sé. Affoga soltanto, se non fossimo già sufficientemente affogati, in un opaco e fumoso ed eccessivamente costoso procedimento burocratico (alla bruxellese) l’essenza o la sostanza della procedura: CHI è che decide cosa insegnare e sapere, COSA si vuol far insegnare, PER QUALI finalità? Art. 33: L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le [N.B] norme generali sull’istruzione ecc.

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