È tempo della nuova ASN e della nuova VQR. Tra le novità annunciate spiccano la riduzione da tre a due del tipo di pubblicazioni valutabili all’Abilitazione Scientifica Nazionale (le monografie e gli articoli pubblicati in riviste di fascia A) e la verifica del ranking delle riviste in base alle valutazioni riportate dagli articoli in esse pubblicati alla VQR. In altre parole, la qualità degli articoli sarebbe valutata all’ASN secondo il ranking delle riviste in cui sono pubblicati, e le riviste sarebbero a loro volta valutate nella VQR secondo la qualità degli articoli che hanno pubblicato, condizionata dal ranking delle relative riviste, condizionato dalla qualità dei relativi articoli, condizionata…

C’è qualcosa di vagamente autoreferenziale in tutto questo meccanismo che doveva servire tra l’altro a contrastare una certa deprecabile autoreferenzialità del mondo universitario. Qualcosa che alla mia amica Marialuisa Stazio dell’Università di Cassino (che ringrazio per il suggerimento) ha ricordato una celebre incisione di Escher dal titolo Mani che disegnano, che ha ispirato il titolo di questo intervento. Qualcosa che a me ha fatto tornare in mente una storia accaduta tanto tempo fa, e che mi sembra renda bene il senso, il modus operandi e la posta in gioco delle nuove pratiche di valutazione scientifica.

escher_mani

 

C’era una volta un regno in cui inopinatamente ognuno aveva un’opinione diversa dagli altri. Ma poiché la verità è una e una soltanto, tutta questa pluralità di opinioni era sicuramente di troppo – almeno questa era l’opinione che un giorno espresse il re, di certo non un’opinione qualsiasi. Naturalmente, essendo lui il re, nessuno si sarebbe permesso di metterne in dubbio l’opinione, bastava che lui lo volesse e tutta l’infinita varietà di opinioni che erano professate nel suo regno si sarebbe ridotta alla sua sola opinione. L’unica opinione ammissibile non poteva essere che quella per cui vi dovesse essere un’unica opinione ammissibile, la migliore, quella più vicina alla verità, anzi proprio la verità, e che tutte le altre dovessero essere perciò scoraggiate e disboscate.

Ma il re non voleva dare l’impressione di imporre come vera la sua opinione semplicemente in forza della sua autorità. Così, costituì una Commissione di Grandi Esperti in Opinioni incaricandola di mettere a punto un sistema scientificamente inoppugnabile per limitare la proliferazione delle opinioni e garantire che nel regno vi fosse una e una sola opinione vera e tale da promovere il benessere del regno. La Commissione – opinava il re – avrebbe operato con la massima obiettività e con criteri incontestabili al di sopra di ogni opinione.

Non era compito della Commissione di Grandi Esperti in Opinioni entrare nel merito di ciascuna opinione per stabilire quale fosse quella vera. Se la Commissione avesse operato così, avrebbe comunque espresso una opinione fra le altre, e non era questo lo spirito della riforma che aveva in mente il re. Il problema da risolvere era la molteplicità delle opinioni: a che sarebbe valso introdurre l’ennesima opinione, sia pure l’autorevole opinione di una Commissione di Grandi Esperti in Opinioni?

Così, prevalse l’opinione che la Commissione non avrebbe espresso la sua opinione sulle opinioni, ma si sarebbe limitata a trovare un criterio oggettivamente valido e al di sopra di ogni opinione per discriminare le opinioni fallaci dall’unica vera. Dopo un tesissimo confronto di opinioni alla ricerca di un criterio al riparo da ogni opinione, ecco finalmente che la Commissione ne trovò uno certo, trasparente e controllabile da tutti: solo quelle opinioni espresse nel momento in cui le persone che le formulavano si fossero trovate a transitare in un determinato luogo del regno avrebbero avuto la dignità di opinioni credibili e rispettabili. Si pensava così di porre un argine alla moltiplicazione delle opinioni. Questo criterio di controllo territoriale, infatti, avrebbe in un colpo solo eliminato una ragguardevole quantità di opinioni, perché da allora in poi solo le opinioni espresse in quel preciso luogo avrebbero avuto corso e sarebbero state credibili.

Già, ma quale luogo? Qualunque luogo si fosse designato, anche questa scelta avrebbe corso il rischio di apparire opinabile rispetto a tutti gli altri luoghi del regno nei quali le opinioni venivano quotidianamente espresse. Così, la Commissione di esperti nominata dal re, per non dare a sua volta l’impressione di agire solo in forza dell’autorità conferita ad essa dal re, decise di nominare a sua volta un’altra Commissione di esperti per stabilire con la massima obiettività e con criteri incontestabili un elenco dei luoghi nei quali un’opinione che vi fosse stata espressa sarebbe stata da ritenere non opinabile. Qualcuno fra i Grandi Esperti era dell’opinione che fosse necessario soprattutto guardarsi da un rischio: questo luogo, una volta identificato, non doveva essere accessibile a tutti, altrimenti le opinioni si sarebbero in breve tempo di nuovo moltiplicate a dismisura. Anzi, a dirla tutta, l’ideale sarebbe stato individuare un luogo interdetto a tutti tranne che a un solo portatore di opinione, in modo da poter accreditare soltanto una opinione. D’altra parte – era questa l’opinione che ispirava la riforma – la verità è una, tutto il resto è inutile o addirittura dannoso.

Con la scelta del criterio unico per l’accreditamento dell’unica opinione si concludeva il lavoro della Commissione di Grandi Esperti in Opinioni. Una volta identificato il criterio non era suo compito scegliere anche il luogo dove sarebbero state pronunciate le opinioni legittime, altrimenti qualcuno avrebbe potuto insinuare che la Commissione volesse arbitrariamente concentrare su di sé ogni decisione in materia di opinioni.

Fu così costituita una nuova commissione, la Commissione Grandi Esperti per la Valutazione della Verità delle Opinioni attraverso il Controllo dei Luoghi idonei alla loro Formulazione. Tale Commissione aveva in pratica il compito di identificare con procedure oggettive quali fossero le qualità di un luogo più adatte a rendere vere le opinioni che fossero state pronunciate da chi vi fosse transitato. Si badi bene, questa Commissione non doveva identificare un luogo in particolare, ma soltanto le caratteristiche che lo avrebbero reso idoneo a ospitare l’espressione di opinioni vere. Si potrebbe pensare che questa limitazione al mandato della Commissione Grandi Esperti per la Valutazione della Verità delle Opinioni attraverso il Controllo dei Luoghi idonei alla loro Formulazione fosse soltanto frutto di ozioso formalismo, ma non era così: scegliere un luogo qualsiasi tra i tanti luoghi del regno sarebbe stata un’opinione come tante altre. E invece la riforma aveva proprio l’obiettivo di mettere ordine e di ridurre l’inflazione di opinioni correnti, figuriamoci se si poteva accettare di produrre una nuova opinione, sia pure quella espressa dall’autorevole Commissione Grandi Esperti per la Valutazione della Verità delle Opinioni attraverso il Controllo dei Luoghi idonei alla loro Formulazione.

E fu così che la Commissione di Grandi Esperti in Opinioni nominò la Commissione Grandi Esperti per la Valutazione della Verità delle Opinioni attraverso il Controllo dei Luoghi idonei alla loro Formulazione. La nuova Commissione si mise immediatamente al lavoro per censire ogni angolo del regno alla ricerca del criterio unico che avrebbe permesso di identificare il luogo più adatto all’espressione dell’unica opinione vera (anche i criteri, così come le opinioni, dovevano essere il più ridotti possibili, anzi l’ideale era che ve fosse uno soltanto: a quanto pare, l’“unicità” era la parola chiave di tutta questa riforma).

Dopo un alacre e attentissimo studio, nella neonominata Commissione si fece strada un preciso orientamento di pensiero. Perché un luogo fosse propizio all’espressione dell’unica opinione vera, doveva essere accessibile a pochi ma visibile a tutti. Accessibile a pochi in modo da essere sufficientemente tranquillo perché le opinioni vi potessero essere elaborate e comunicate con la maggiore serenità possibile, ad esempio lontano dalle strade affaccendate e caotiche del regno, in disparte dai rumori, dai vani errori e dalle ansie effimere della vita comune. E poi visibile a tutti per motivi che oggi chiameremmo di accountability: insomma, un luogo dove le opinioni avrebbero ottenuto maggiore risalto pubblico e a cui tutti potessero guardare con massima attenzione e rispetto. Beh, naturalmente non risulta dagli atti della Commissione né tanto meno la Commissione avrebbe potuto mai sostenere un’opinione simile senza essere sospettata di essere in combutta con il re, che a sua volta voleva mantenersi al di sopra delle parti e delle opinioni, fatto sta che l’unico luogo che sembrava corrispondere meglio a entrambi questi requisiti era la corte del re: la vita a corte scorreva immutabile e scolpita nel tempo, ben lontana dagli affanni e dalle prosaiche occupazioni quotidiane dei sudditi, e in più era organizzata per offrire solenne spettacolo di sé dinanzi agli occhi ammirati dell’intero popolo. Per giunta, era il luogo più presidiato del regno, ad accesso rigidamente limitato e strettamente controllato. Insomma, la corte del re sembrava proprio il modello ideale di luogo in cui si potevano esprimere opinioni vere.

Per la verità, anche questa soluzione si prestava ad alcune obiezioni. Ad esempio, malgrado il luogo designato fosse militarizzato e sottoposto a scrupolosissima sorveglianza per fare in modo che vi accedesse il minor numero possibile di portatori di opinioni, teoricamente non si poteva evitare il rischio che riuscissero ad entrarvi clandestinamente più individui di quanto fosse necessario per tenere a bada la nefasta proliferazione di opinioni. Naturalmente, il compito della Commissione Grandi Esperti per la Valutazione della Verità delle Opinioni attraverso il Controllo dei Luoghi idonei alla loro Formulazione si doveva necessariamente esaurire qui. Non si poteva chiedere ad essa anche di ipotizzare delle soluzioni a questo possibile inconveniente per la consueta ragione che si voleva evitare una indebita e poco trasparente concentrazione di funzioni in capo a una sola Commissione.

Così, intervenne di nuovo la Commissione di Grandi Esperti in Opinioni che, non avendo deliberato direttamente in materia di luoghi idonei alla formulazione di opinioni valide e corrette, era legittimata a dirimere la questione senza che si determinassero condizioni di incompatibilità (non fu mai motivo di scandalo, a quanto si sa, il fatto che alcuni commissari prestassero servizio nelle diverse Commissioni: del resto, per avere un criterio unico che consentisse di pervenire a un’opinione unica, quale migliore soluzione che avvalersi della collaborazione del numero più ristretto e omogeneo possibile di commissari?). Anche in questo caso la Commissione di Grandi Esperti in Opinioni si dimostrò all’altezza della sfida ed escogitò un sistema oggettivo e ineccepibile. Le opinioni espresse nei luoghi selezionati secondo i criteri elaborati dalla Commissione Grandi Esperti per la Valutazione della Verità delle Opinioni attraverso il Controllo dei Luoghi idonei alla loro Formulazione sarebbero state sottoposte ad una verifica di merito effettuata da un’altra commissione, la Commissione di Grandi Esperti per il Controllo dei Luoghi attraverso la Valutazione della Verità delle Opinioni ivi Espresse. che aveva il compito di controllare l’accettabilità in sé delle opinioni onde confermare l’adeguatezza del luogo individuato per esprimerle. Questo sistema in pratica permetteva di scoprire se per caso nei luoghi protetti dichiarati idonei alla formulazione di opinioni valide e corrette non fossero penetrati portatori di opinioni difformi da quelle ammesse. In questo caso questi luoghi sarebbero immediatamente diventati impuri, avrebbero perso la dignità di luogo dell’opinione corretta e si sarebbe provveduti a sostituirli con altri luoghi più sicuri e meno frequentati.

Insomma, il cerchio finalmente si chiudeva. Ricapitolando: nel regno c’erano troppe opinioni, secondo l’opinione del re. Una Commissione nominata dal re, la Commissione di Grandi Esperti in Opinioni, avrebbe stabilito il criterio più oggettivo e condiviso per ridurle. Una volta individuato questo criterio (nel caso specifico, quello del luogo idoneo alla formulazione di una idea), un’altra Commissione nominata da quella, la Commissione Grandi Esperti per la Valutazione della Verità delle Opinioni attraverso il Controllo dei Luoghi idonei alla loro Formulazione, avrebbe provveduto a elaborare i criteri per selezionare i luoghi adatti all’espressione di opinioni vere. Ma la conferma inconfutabile della giustezza dei siti individuati da tale Commissione si sarebbe avuta se e solo se un’altra Commissione, la Commissione di Grandi Esperti per il Controllo dei Luoghi attraverso la Valutazione della Verità delle Opinioni ivi Espresse (anch’essa ovviamente nominata dalla Commissione di Grandi Esperti in Opinioni), avesse verificato che le opinioni espresse in quei luoghi fossero effettivamente attendibili.

Eureka, in questo modo si era trovato un sistema perfetto e inscalfibile per far sì che il lavoro di ognuna delle tre Commissioni impiegate in questo progetto di ortopedia cognitiva avrebbe confermato e rafforzato il lavoro delle altre. Così, finalmente il regno avrebbe avuto come per magia la sua opinione unica accreditata e certificata, la sua verità ufficiale da concepire e pronunciare soltanto in luoghi appositi e selezionati.

Ma, a pensarci bene, ciascuna delle Commissioni per il controllo delle opinioni era emanazione di un’unica volontà scaturita dall’opinione del re, per la quale se ci sono molte opinioni diverse tra loro tutte le opinioni devono essere sbagliate tranne una. E poiché quella giusta era evidentemente la sua, che aveva ispirato questa riforma in materia di opinioni, l’intera attività di tutte e tre le Commissioni, che discendeva da quella sua originaria intuizione, era in fondo inutile e per giunta anche piuttosto costosa e mostruosamente cervellotica. Almeno, era questo ciò che qualcuno cominciava ad opinare: a quanto pare, inopinatamente non era ancora stato del tutto estirpato l’antico vizio di avere ed esprimere opinioni divergenti.

 

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