Il 18 gennaio è apparso nella prima pagina del Corriere della Sera l’articolo “Il CNR degli sprechi, 7 euro su 10 spesi in burocrazia”. Svariate centinaia di migliaia di italiani hanno appreso che il CNR è un carrozzone che, invece di impiegare i soldi dei cittadini per far avanzare le conoscenze, li spreca nella burocrazia. Nell’articolo si legge che “su 10 euro di spesa, 7 vanno a coprire gli stipendi del Cda, delle segreterie, dei dirigenti amministrativi e della burocrazia centrale”. Niente di più falso. Se l’articolista avesse saputo leggere la relazione della Corte dei conti, avrebbe facilmente capito che, come ha replicato il direttore generale del CNR, le risorse destinate alle strutture scientifiche sono oltre il 75% del totale, non il 30%. L’articolista ha ignorato che le spese dell’amministrazione centrale dell’ente comprendono gli stipendi degli oltre 7.000 dipendenti (il personale amministrativo, operante nella sede di Piazzale Aldo Moro a Roma e negli oltre 100 istituti sparsi in tutta Italia, è pari al 13% del totale). Se poi avesse scorso con attenzione il testo della relazione avrebbe scoperto che alcuni incrementi di spesa relativi all’amministrazione generale erano dovuti a temporanei mutamenti della composizione del Cda ed alle spese relative agli esperti coinvolti nella valutazione degli istituti di ricerca dell’ente.
Se l’articolista avesse diligentemente letto le pagine della relazione della Corte dei conti avrebbe trovato frasi come “nel biennio 2009-2010 il CNR si è fortemente impegnato nelle attività di rafforzamento dei rapporti internazionali, del partenariato con soggetti pubblici e privati e del trasferimento tecnologico”, “rilevante è stata la partecipazione attiva alla ricerca italiana a livello dei programmi europei…; il CNR si è collocato al 5° posto tra gli enti di ricerca percettori di fondi comunitari ed al 12° posto fra le istituzioni non aventi fini di lucro”, “anche negli esercizi 2009 e 2010, nonostante la limitatezza delle risorse, il CNR ha comunque realizzato apprezzabili progressi soprattutto per quel che riguarda i risultati dell’attività svolta dalla rete scientifica e il potenziamento della fitta rete di rapporti di collaborazione scientifica che l’ente intesse con le imprese e con vari soggetti pubblici (ministeri, università, enti nazionali ed internazionali di ricerca, regioni ed enti locali).” Il CNR non è dunque un carrozzone, come scritto nell’articolo del Corriere della Sera.
Ciò che preoccupa è che un articolo così inaccurato, errato e parziale sia stato stampato in prima pagina da uno dei maggiori giornali nazionali. Come ricercatore del CNR respingo dunque questo attacco all’ente in cui opero ed a cui sono affezionato; l’articolo lede la dignità degli scienziati pubblici che operano al suo interno con dedizione e competenza, dando al paese ed alla comunità scientifica internazionale un contributo universalmente riconosciuto.
Mi aspetto che il Corriere della Sera rimedi al danno che ha provocato.
Preoccupa infine il fatto che l’articolo sia uscito proprio in questi giorni in cui si torna a parlare della privatizzazione degli asset dello stato, ed il CNR è nella lista delle strutture da dismettere con una quotazione di un miliardo! Ed in questo periodo è anche aperta la lotta per la nomina del nuovo presidente, visto che Profumo prima o poi dovrà dimettersi se vuole continuare ad esercitare il mandato di ministro; il riferimento nell’articolo del Corriere della Sera al nuovo incarico di presidente della Commissione grandi rischi di Maiani – che potrebbe tornare alla guida dell’ente – sembra quanto meno discutibile. Infine, è sconfortante verificare che si confonda la struttura di ricerca più prestigiosa del paese, il suo personale, i suoi laboratori, con chi gestisce il CNR ed è nominato dal potere politico. Ricordo che la direzione dell’ente è totalmente nelle mani di personale di nomina politica: i membri del consiglio di amministrazione sono nominati dal ministro e non vi è la rappresentanza del personale. Insomma, sarebbe il caso che la politica entrasse in punta di piedi nell’aeropago della scienza, con rispetto, senza fare rumore: se interpreto correttamente il sentimento di molti colleghi dipendenti del CNR, si potrebbe parafrasare l’appello di papa Wojtyla: “fatece lavorà”.
Chi disprezza compra (?)
Diversi hanno gia’ scritto al giornalista lamentando esattamente quanto afferma correttamente Giorgio. Difficile capire l’ispirazione dell’articolo, ma tendo a credere alla assoluta buona fede del giornalista. Il nodo e’ esattamente quello descritto da Giorgio, il CNR ha ottimi indicatori scientifici NONOSTANTE una gestione verticistica da carrozzone come descritta nell’articolo. Su come rimediare ai danni occorrono idee originali e inventiva, certo non bastano le lettere al giornale
se il giornalista fosse in buona fede, ne consegue che non e’ in grando di leggere il documento della corte dei conti e dunque non si capisce perche’ ne debba scrivere in prima pagina sul piu’ diffuso quotidiano italiano. Comunque noi aspettiamo pazientemente smentita (sempre in prima pagina)
In effetti negli ultimi anni alcuni giornali italiani, e il “Corriere” tra questi, hanno tenuto costantemente un atteggiamento ostile nei confronti dell’università e della ricerca pubblica, contribuendo non poco alla pessima immagine che essa ha nell’opinione pubblica di questo paese. Lo dico con dispiacere da lettore, perché mi pare che in questo caso il pregiudizio ideologico abbia avuto il sopravvento sulla capacità di ragionare.
Alcuni usano il manuale di Nonna Papera come testo ufficiale per la definizione dei criteri da utilizzare nella valutazione dei prodotti della ricerca nell’ambito dell’esercizio di Valutazione della Qualità della Ricerca.
Altri usano il manuale dell´alta finanza dei “SUPER MARIOs” per privatizzare e vendere i gioielli di famiglia.
Le privatizzazioni sembrano infatti aumentare durante “i periodi di crisi” per la finanza pubblica (simulata a tavolino), questo anche con l´aiuto dell´unione europea, il cui ruolo sembra essere rilevante per capire la dinamica di sfratto dello stato dall´economia.
Naturalmente il metodo di discredito soprattutto in termini di efficienza delle aziende/istituti che si vogliono privatizzare, crea la giustificazione perfetta per poi metterle in atto!
http://www.youtube.com/watch?v=-_WjiTBhPb0
Forse esageri nel vederci un disegno. Comunque leggere l’articolo di Gian Antonio Stella di oggi, in cui si ripetono le stesse affermazioni contestate da Sirilli, spinge al pessimismo.