Nel 2007 il gruppo di lavoro sull’Accesso aperto della CRUI ha pubblicato le linee guida sull’accesso aperto alle tesi di dottorato.

Le linee guida e le raccomandazioni ivi contenute sono frutto di una accurata e approfondita indagine sul trattamento delle tesi di dottorato negli atenei italiani, e di un lavoro di analisi giuridica dei testi di legge e dei regolamenti (spesso in contraddizione fra di loro) nell’ottica che la ricerca finanziata con fondi pubblici debba essere liberamente accessibile a tutti.

Di fatto le tesi di dottorato nascono come documenti pubblici, perché pubblica ne è la discussione e pubblica ne è la consultazione (anche se con alcune limitazioni) all’interno delle Biblioteche nazionali dove viene fatto il deposito legale (DM 224/99, art 6.11).

Dal sito della CRUI:

“Le linee guida (le prime di una serie di documenti in via di elaborazione, intesi come strumenti di supporto per le università italiane che hanno sottoscritto la Dichiarazione di Messina ) prendono le mosse dal riconoscimento delle tesi di dottorato come prodotti della ricerca a tutti gli effetti, che quindi, secondo la Dichiarazione di Berlino e le recenti raccomandazioni della Commissione Europea, dovranno essere pubblicamente accessibili.

Poiché le tesi nascono in formato elettronico, si è verificata con le Biblioteche Nazionali Centrali di Roma e di Firenze la possibilità di adempiere agli obblighi di legge (comma 11 dell’art. 6 del d.m. 224/99 riguardante l’obbligo di deposito di copia delle tesi presso le BNC) tramite procedura di harvesting automatico  oppure tramite invio sicuro dei file”.

Con le linee guida si intende individuare uno standard nazionale nella raccolta ed esposizione dei dati, che però permetta anche di colloquiare con gli altri progetti in corso in ambito europeo. A tale scopo vengono suggerite una serie di raccomandazioni, affinché gli Atenei italiani possano realizzare una procedura di deposito delle tesi di dottorato negli archivi istituzionali autonoma ma, nel contempo, basata su soluzioni simili e coerenti”.

A seguito delle raccomandazioni della CRUI 37 atenei hanno modificato i regolamenti per il dottorato di ricerca prevedendo, come avviene in 528 istituzioni di 27 paesi europei, il deposito obbligatorio delle tesi di dottorato negli archivi aperti e la loro accessibilità eventualmente dopo un periodo di embargo (la cui motivazione va identificata nella rosa prevista dalle linee guida).

Un bel  lavoro quello fatto dal gruppo sull’Open Access, che ha messo insieme le tematiche dell’accesso aperto, quelle degli obblighi amministrativi delle istituzioni e quelle dei diritti degli autori e dei fruitori. Un lavoro che è costato fatica (e denaro) agli atenei che lo hanno portato avanti e poi lo hanno realizzato, con professionalità e responsabilità.

I risultati raggiunti sono visibili ad esempio attraverso la piattaforma Pleiadi , che indicizza oltre 21000 tesi di dottorato ad accesso aperto. E i risultati rispetto alla disseminazione sono visibili attraverso le statistiche di quegli archivi che le espongono. Qui ad esempio e si veda il numero dei download che avviene anche direttamente da Google Scholar.

Si sottolinea che la realizzazione dell’accesso aperto alle tesi di dottorato è l’unico esempio di successo in Italia (insieme alla realizzazione di alcune riviste OA) dell’adesione ai principi dell’open access che ritroviamo ribaditi con forza nelle linee guida di EUA, ERC, EU e di alcuni gruppi di università come la LERU, e nei regolamenti di alcuni enti finanziatori della ricerca come Telethon o la Fondazione Cariplo.

L’8 febbraio 2013 il Ministro Profumo firma il Regolamento recante modalità di accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato…

Anche questo regolamento, come il precedente del 1999 che viene così abrogato, prevede un articolo sulla modalità di conseguimento del titolo (art. 8 comma 6) ed uno sull’Anagrafe dei dottorati e banca dati delle tesi di dottorato (art. 14). Questo ultimo articolo mette insieme in maniera poco chiara i dati sui dottorati di ricerca (le informazioni utili ai fini della promozione dei corsi a livello nazionale e internazionale, dell’accreditamento, del monitoraggio e della valutazione degli stessi nell’ambito degli indirizzi definiti dal Ministero, sentiti il CUN e l’ANVUR. L’anagrafe contiene inoltre informazioni sugli sbocchi occupazionali e sulle carriere dei dottori di ricerca.) e gli oggetti bibliografici risultato del finanziamento della borsa. Oggetti bibliografici che vengono già spediti in formato elettronico e conservati dalle biblioteche nazionali, che sono già presenti almeno in una trentina di archivi istituzionali italiani, che sono già raccolti da banche dati europee. Per i quali sono stati già previsti dei metadati descrittivi in accordo con le migliori pratiche a livello internazionale e un workflow robusto sperimentato ormai da 5 anni.

Come mai nel regolamento dell’8 febbraio non c’è alcun riferimento a questa esperienza che non è certo di poca rilevanza e che ci inserisce in un percorso fatto da moltissime altre istituzioni a livello globale ( si veda alla voce Italia http://roarmap.eprints.org/).

All’art. 16 del regolamento sembra esserci la frase risolutiva. “Dall’attuazione del presente regolamento non devono derivare nuovi o maggior oneri per la finanza pubblica”.

Ma la costituzione di una banca dati rappresenta necessariamente un costo.

Questo ci fa pensare che  la “banca dati delle tesi di dottorato” non sarà un ulteriore oggetto, diverso rispetto a quanto attualmente presente negli atenei italiani. Ci fa pensare che si lavorerà con una struttura leggera basata sull’interoperabilità (una sorta di portale), come tutti i nostri archivi,  attraverso l’harvesting dei metadati definiti da esperti e specialisti dell’informazione. Ci fa anche pensare  che si terrà presente il lavoro fatto dall’ufficio legale della CRUI rispetto alla pubblicità dei risultati anche in riferimento alla presenza di vincoli di segretezza. Questo pensa chi per anni e a prezzo di grandi sforzi è riuscito a far attivare e mantenere nelle università un processo virtuoso.

Speriamo che lo pensi anche il Ministro.

L’autrice dell’articolo ha partecipato a tutti i lavori del GDL sull’accesso aperto ed è fra gli estensori delle linee guida per l’accesso aperto alle tesi di dottorato. La riflessione qui presentata è però fatta solo a livello personale.

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