Nelle tabelle qui pubblicate, la stima dell’effetto del pensionamento dei docenti in servizio alla data del 31.12.2014 è ragionevolmente attendibile, se riferita all’insieme della docenza, in quanto è assai probabile che l’immissione di nuovi soggetti in posti di ruolo sarà ancora per qualche tempo molto limitata. In particolare, ci aspettiamo un’ulteriore riduzione del numero dei docenti universitari di ruolo nella misura di circa 1.600 unità in meno all’anno (-3,2%) per i prossimi tre anni. Viceversa è pressoché impossibile in questo momento avanzare previsioni attendibili sulla ripartizione del personale docente di ruolo nelle tre fasce, fatta salva l’inevitabile riduzione della fascia dei ricercatori di ruolo per effetto della messa a esaurimento.

Nel presentare l’ultimo aggiornamento delle tabelle relative all’evoluzione della docenza universitaria è assolutamente indispensabile una breve premessa metodologica.

I dati annuali sono riferiti alla situazione al 31 dicembre dell’anno precedente quello indicato nelle Tabelle, come desumibili (con un po’ di sforzo) dal sito CINECA http://cercauniversita.cineca.it/php5/docenti/cerca.php

Quindi il dato 2015 appresenta la situazione del sistema universitario al 31.12.2014, e non quella attuale, che in taluni casi può già essere significativamente differente, a causa della dinamica delle promozioni successiva al completamento delle prime due tornate dell’ASN.

A puro titolo esemplificativo segnaliamo che nei primi 75 giorni del 2015 il numero degli associati è aumentato di circa 520 unità e quello dei ricercatori è diminuito di quasi 630 unità, mentre il numero degli ordinari è rimasto pressoché stabile, segnando al più una lieve flessione.

Questa dinamica impone un’enorme cautela nella formulazione di proiezioni, che pertanto nelle Tabelle sono limitate alla stima dell’effetto del pensionamento dei docenti già in servizio in ciascuna fascia alla data del 31.12.2014. Tale stima, basata su interpolazione ed estrapolazione di dati anagrafici aggregati relativi alla docenza, è a parere dello scrivente ragionevolmente attendibile, se riferita all’insieme della docenza (Tabella “Totale”) in quanto è assai probabile che l’immissione di nuovi soggetti in posti di ruolo sarà ancora per qualche tempo molto limitata.

Ci aspettiamo quindi un’ulteriore riduzione del numero dei docenti universitari di ruolo nella misura di circa 1.600 unità in meno all’anno (-3,2%) per i prossimi tre anni.

Viceversa è pressoché impossibile in questo momento avanzare previsioni attendibili sulla ripartizione del personale docente di ruolo nelle tre fasce, fatta salva l’inevitabile riduzione della fascia dei ricercatori di ruolo per effetto della messa a esaurimento.

1. ORDINARI12. ASSOCIATI

2

3. RICERCATORI

34. DOCENTI TOTALI

4

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41 Commenti

  1. Molto interessanti queste tabelle. Secondo me sarebbe utile cercare di fare delle ulteriori stime che tengano conto delle possibili assunzioni di ricercatori RTDB. Perche’ con l’attuale (sciagurata) legge, il canale per le assunzioni e’ sostanzialmente solo l’RTDB; se si da’ per scontato che questi non venrrano banditi, e’ ovvio che tutte le proiezioni daranno una costante diminuzione del personale, fino a che non rimarra’ piu’ nessuno. Ad esempio: cosa succederebbe se, per ipotesi, tutti gli atenei utilizzassero il 50% delle risorse spendibili per il personale, per bandire RTDB (ovviamente non parlo del vincolo PO-RTDB, che e’ cosi’ debole da essere irrisorio)? Quanto verrebbe rallentata la caduta? E se ne usassero il 70%?

    Per essere maggiormente concreto, provo a fare un esempio che parta da dati reali, gli unici che conosco: quelli del mio ateneo, che nei mesi scorsi ha deciso di mettere a bando 116 posti RTDB – e quindi, dopo 3 anni, altrettanti posti di associato. Proviamo ad estrapolare questo numero ipotizzando che gli altri atenei facciano scelte simili. Visto che il mio ateneo “pesa” il 9.4% del totale italiano (perche’ ha ricevuto nell’ultimo FFO il 9.4% dei punti organico totali), se tutti facessero scelte analoghe, verrebbero banditi in Italia 116/0.094=1234 posti RTDB, e quindi dopo 3 anni 1234 posti da associato. Questo cambierebbe in maniera significativa i totali della tabella (che dicono, per i PA, 17552 nel 2015, 17172 nel 2016, 16792 nel 2017). Questo rozzo conto e’ solo per mostrare che anche un limitato tasso di assunzioni di RTDB avrebbe un effetto rilevante sui risultati, e quindi penso che sarebbe interessante tenerne conto.

    Detto questo, uno sforzo per indirizzare il limitato turn-over verso gli RTDB potrebbe limitare l’emorragia, ma non potrebbe bastare; l’unico modo serio per affrontare il problema sarebbe secondo me un finanziamento del miur specificamente diretto agli RTDB, svincolato dai limiti del turn-over, analogo a quello che fecero Mussi-Modica per i ricercatori.

    • Solo per segnalare che il comma 346 della legge di stabilità per il 2015 prevede già un turnover al 100% per chi è RTD di tipo a, consentendone il rinnovo nella tipologia di tipo a oppure b in aggiunta e in modalità svincolata dai limiti del turnover al 60% che valgono per tutto il resto del personale universitario. La norma, in quanto premiale, è rivolta solo agli atenei virtuosi. Il Ministero peraltro ha già informato e confermato con apposita nota l’esistenza di tale possibilità per gli atenei virtuosi, quindi speriamo che non manchi la volontà negli atenei virtuosi di procedere in questa direzione.

    • Certo che gli atenei useranno il turn-over al 100% sui posti RTDa. Da me si userà per creare posti RTDb che richiedono, appunto, un contratto RTDa precedente.

    • Ciao Lilla, purtroppo non è cosi certo che gli atenei virtuosi utilizzeranno la possibilità offerta dalla norma, a Milano per esempio c’è una forte ostilità e ci sono pochissimi margini perché si usi anche solo in parte. Eppure si tratta solo di un vantaggio? Quali sono le università in cui sai che si utilizzerà o si sta utilizzando?

    • Ciao nika, per ora posso dirti che alcuni dipartimenti di un’università virtuosa stanno facendo la proposta di promozione di RTDa a RTDb a costo nullo, visto il turn-over al 100% per questo tipo di operazione. Si tratta però di proposte, al momento, dato che si dovranno poi legittimare tutte le richieste e capire se l’ateneo nel suo complesso rispetta i vari vincoli di legge.
      .
      Approfittare di una norma del genere ha il duplice vantaggio di riutilizzare i p.o. per intero e di creare RTDb (ora a costo nullo, poi forse a costo di 0.1 p.o., dato che l’RTDa dovrebbe costare 0.4 da quest’anno), anche necessari per passaggi PA->PO.
      .
      Non saprei quindi dirti con sicurezza perché non usare una norma del genere.
      Troppi RTDa? Visto che parliamo di Milano. Che in certi casi poi ha turn-over già pieni.

  2. Per capire il dramma del rinnovamento della classe docente e del possibile collasso del sistema prendo ad esempio il mio SSD MED09 (Medicina Interna), uno dei settori più ampi dell’area CUN 06.
    Ad oggi la situazione dell’organico è la seguente:
    a) Prima Fascia 147
    b) Seconda Fascia 267
    c) Ricercatori TI 365
    d) Ricercatori TD a) 28
    e) Ricercatori TD b) 0
    Al di là di qualche sporadica possibilità di inserimento di qualche associato proveniente dal mondo non universitario utilizzando l’art. 18 comma 4 (riserva 20%), la situazione è di una progressiva riduzione ed invecchiamento del Settore.
    L’assenza ad oggi di ricercatori b) la dice lunga sull’assenza di un vero ricambio generazionale di cui il blocco del turnover e la riduzione progressiva delle risorse sono i veri responsabili.

  3. Nika@ Immagino che ne approfitteranno. Quindi vale anche per gli RTDa che diventano RTDB o associati? Ma prima la differenza si perdeva o se ne perdeva il 50% come per i pensionamenti? Solo per gli RTDa si perdeva? Non capisco.

    • Per Lilla: purtroppo non è cosi certo che gli atenei virtuosi utilizzeranno la possibilità offerta dalla norma, a Milano per esempio c’è una forte ostilità e ci sono pochissimi margini perché si usi anche solo in parte. Eppure si tratta solo di un vantaggio? Quali sono le università in cui sai che si utilizzerà o si sta utilizzando?

      Per Angel: la norma vale solo per rtd a che alla cessazione con rinnovo possono diventare rtd a oppure anche b e senza che l’ateneo perda il 50% dalla cessazione, quindi non deve aggiungere altri punti organico per rispettare il limite. Anzi perderebbe i punti della cessazione perché sono comunque vincolati a posti da ricercatore. In sostanza i ricercatori, proprio per incentivarne la figura, seguono una regola differenziata.

  4. L’aspetto più scandaloso che emerge da queste tabelle?
    E’ l’aumento incontrollato e ingiustificato di PO nel periodo 1998-2008. Dimostrazione di un sistema autoreferenziale che non ha saputo controllarsi in modo etico. Sono stati messi in cattedra decine e decine di non meritevoli (per usare un termine pacato).
    Ora piangiamoci addosso…

    • Enrico A: “L’aspetto più scandaloso che emerge da queste tabelle?
      E’ l’aumento incontrollato e ingiustificato di PO nel periodo 1998-2008. Dimostrazione di un sistema autoreferenziale che non ha saputo controllarsi in modo etico”
      =============================
      Argomento vecchio (e non particolarmente solido), già usato da Galli della Loggia (https://www.roars.it/una-lezione-di-aritmetica-e-altro-per-ernesto-galli-della-loggia/). Ricopio parte dell’articolo che analizzava le affermazioni dell’editorialista del Corriere, mettendole a confronto con fatti e dati.
      _____________________________

      La l. 382/1980: su un totale di 46.000 tra professori e ricercatori, prevedeva

      34,8% di ricercatori
      32,6% di associati
      32,6% di ordinari.

      Ricorrendo ad una metafora geometrica, potremmo dire che la legge prevedeva una distribuzione assimilabile ad una colonna cilindrica con una base (i ricercatori) la cui dimensione sarebbe stata solo leggermente maggiore dei due segmenti superiori.
      Nel 1999 i 50.729 docenti e ricercatori erano così ripartiti:

      12.905 professori ordinari (25,4%)
      18.052 professori associati (35,6%)
      19.772 ricercatori (39,0%)

      Quindi il ruolo dei ricercatori, la cui percentuale mostra un andamento crescente negli anni, nel 1999 aveva un peso superiore a quello previsto nella 382/1980 (39,0% contro 34,8%), mentre la percentuale degli ordinari era significativamente inferiore (25,4% contro 32,6%).
      Negli anni immediatamente successivi, si assiste ad una crescita fino al massimo di 62.753 docenti e ricercatori, che nel 2008 erano così ripartiti:
      • 18.929 professori ordinari (30,2%)
      • 18.255 professori associati (29,1%)
      • 25.569 ricercatori (40,7 %)
      Se è vero che la percentuale degli ordinari (passata da 25.4% a 30,2%) mostra una decisa crescita, essa rimane comunque al di sotto del 32,6% immaginato nella 382/1980, mentre la percentuale di ricercatori (40,7%) è diventata ampiamente maggiore di quanto previsto nella 382/1980 (34,8%).
      Si potrebbe obiettare che la “moltiplicazione” del totale dei posti di docente e ricercatore (+23,7% in meno di dieci anni dal 1999 al 2008) sia stato uno spreco privo di adeguata giustificazione. Questo giudizio, però, assume come riferimento aureo una situazione di partenza che, lungi dall’essere soddisfacente, vedeva l’Italia posizionata agli ultimi posti delle classifiche OCSE, non solo per laureati e spesa, ma anche per percentuale di ricercatori accademici e per rapporto docenti-studenti. Come mostrato dal grafico precedente, il rapporto tra studenti e la somma di docenti e ricercatori di ruolo, che nel 1988 valeva poco più di 29, nei primi anni ’90 aveva superato quota 34 e solo nel 2008 sarebbe ritornato ai valori del 1988, che rimanevano comunque elevati in termini comparativi con le altre nazioni.

      I seguenti grafici mostrano che persino al termine del decennio 1999-2008 caratterizzato da una rapida crescita in termini di personale, spesso descritta come abnorme dalla pubblicistica nazionale, l’Italia continuava a rimanere tra i fanalini di coda dell’OCSE.



    • Ma è il presupposto che è sbagliato! Tutto quanto incolla parte da quanto prescritto dalla L. 382/1980, che, per fare una metafora con il calcio (ma vale x qualsiasi azienda), prescrive una struttura con 11 dirigenti, 11 allenatori e 11 giocatori, le pare normale?
      Lungi da me pensare che i ricercatori italiani siano troppi. Ma, appunto (perdindirindina) se abbiamo pochi posti e ne diamo un terzo ai dirigenti strozziamo il sistema!!

    • C’è il rischio che i “dirigenti”, cioè i PO, nel futuro siano solo medici.

      Recentissimo l’accordo tra UNIPD e Regione Veneto: la Regione Veneto pagherà TUTTI i passaggi da PA a PO e da RU a PA dei docenti di UNIPD, ma SOLO per docenti di UNIPD (con ASN) che prestano servizio assistenziale per gli ospedali della Regione Veneto.

      Va beh. Forse con i soldi risparmiati UNIPD potrà assumere anche filosofi e matematici. Forse.

    • Scusate, sono stato troppo ottimista.

      L’accordo tra UNIPD e Regione Veneto prevede che la Regione Veneto finananzi completamente il passaggio di dipendenti del Servizio Sanitario Regionale (con Abilitazione Scientifica Nazionale a PA o PO) a docente universitario, a patto questi svolgano docenza nelle lauree sanitarie e che continuino a svolgere attività assistenziale negli ospedali della Regione Veneto.

      Per UNIPD sono comunque risorse in più.

  5. Giuseppe, sono molto d’accordo con te quando dici che la situazione di partenza sulla numerosita’ totale del corpo accademico non deve essere presa a modello, visto che questa e’ molto inferiore della media OCSE ed e’ a quest’ultima che si dovrebbe tendere.
    Sono meno d’accordo quando, nel valutare la proporzione relativa tra le fasce, prendi come riferimento la situazione di partenza della 382 (il “cilindro”). Penso che anche la proporzione relativa, cosi’ come il numero totale, meriti di essere valutato nel merito senza dare per scontato la bonta’ della scelta di partenza; e il cilindro (che in una situazione stazionaria vuol dire che tutti o quasi i membri di una fascia passeranno alla fascia superiore) non penso sia la configurazione piu’ ragionevole. Ma ammetto di non avere dati a proposito, sarebbe interessante sapere quali sono queste proporzioni negli altri paesi europei.

    • Il cilindro in sede di “progetto” è una decisione di natura politica che ovviamente potrebbe essere modificata. Non risulta che negli anni seguenti sa stato esplicitato qualche progetto diverso. Se le percentuali del 2013 vedono il 44,4% di Ricercatori (47.7%, se si contano quelli a tempo determinato), e il 26.0% di Ordinari (sotto il valore del 1988), bisogna trovare qualche motivo di scandalo un po’ più documentato.

  6. Il cilindro non vuol dire che tutti o quasi passano alla fascia superiore. Questo è vero solo se si assume che il tempo passato in ciascuna fascia sia uguale.

    In condizioni di scorrimenti di carriera veloci, anche in presenza di una rilevante selettività, si ottiene un cono rovesciato, ad esempio. (Per caso estremo, se non si assume nessun associato, anche con poche promozioni prima o poi saranno tutti ordinari, no?)

    Quanto dell’effetto 98-08 è dovuto semplicemente all’effetto “invecchiamento del corpo docente”?

    La struttura a “cono” che qualcuno mitizza si può ottenere solo combinando selettività E estrema lentezza in carriera.

  7. E non dimentichiamoci che un PO entrato nel decennio 1998-2008 oggi prende lo stipendio di circa 4 RTD. E solo una parte di quei PO se lo merita… benvengano “selettività e estrema lentezza in carriera”! per usare le parole di Ciccoli.

  8. Consultando le tabelle non vedo il fattore 4. Si raggiunge questo rapporto tra un RTD ad anzianità zero ed un ordinario, dopo 35 anni di servizio (scatti biennali) o 51 anni di servizio (scatti triennali, bloccati dal 2010).
    Forse fa riferimento ai 10000 € al mese, di Perotti, Alesina e Giavazzi.

    https://www.roars.it/il-paese-di-bengodi-come-i-docenti-universitari-sono-tutti-ricchi-e-non-lo-sanno/

    http://alpaglia.xoom.it/alberto_pagliarini/TAB2010Aumento3e09percento.htm

    • A dire il vero, analizzando la tabella pregelmini, un PO di classe 6 prende circa 85 kEuro lordi annui che sono circa 4 volte i 25 kEuro lordi annui di un RU non confermato.

      Teniamo conto che con il pregelimini, per arrivare alla classe 6 potevano essere sufficienti 4 anni nel ruolo, dato che la solo ricostruzione della carriera (massima) permetteva di arrivare alla classe 4.

      E, giusto per fare scena, 85 mila diviso 12 fa 7 mila euro al mese lordi. Se ci si aggiungono i contributi previdenziali si arriva ai 10 mila Euro.

      Dovete pensare che tra gli artigiani ed i commercianti (lettori dei quotidiani indicati) spesso non c’e’ differenza tra netto e lordo+contributi perchè… . Beh, è ovvio.

    • In tutta onestà va però riconosciuto che non c’è simmetria tra un dipendente pubblico X ed un artigiano Y:

      X paga le tasse ed i contributi virtualmente, cioè lo Stato dice a se stesso che X ha pagato le tasse ed i contributi, ma X non si è mai privato realmente di quei soldi (cioè non li ha mai avuti nella sua disponibilità). E lo Stato riceve del denaro virtuale.

      Y paga (se paga) le tasse ed i contributi realmente, cioè Y si priva di denaro a sua disposizione per darlo allo Stato. E lo Stato riceve del denaro reale.

      Naturamente gli economisti diranno che la differenza tra denaro reale e denaro virtuale è labile. Mah.

    • @Salasnich: ho dificoltà a seguire questi confronti pubblico/privato senza nessuna contestualizzazione. Con cosa vogliamo confrontare lo stipendio di un PO ? con lo stipendio nel privato di un quadro ? di un dirigente ? con contratto che prevede bonus per performance ? superminimi contrattuali ? quante mensilità ?

      Se invece, molto più semplicemente, si prova a confrontare gli stipendi italini nell’accademia con quelli di altri paesi, ( http://www.eui.eu/ProgrammesAndFellowships/AcademicCareersObservatory/CareerComparisons/SalaryComparisons.aspx oppure https://inomics.com/job-market-report-2014 ) la conclusione è semplice: col sistema attuale di progressione di carriera bloccata e scatti bloccati, il sistema italiano non conviene e non puo’esser attraente per gli stranieri.

    • Grazie Luca. D’altra parte se vogliamo risolvere i problemi dell’università partendo dal pelo nell’uovo (“non vedo il fattore 4”, 3, 3.5…) staremo freschi!

    • Essendoci molti posti pubblici ma già occupati (in certe regioni d’Italia e nelle provincie autonome) o pochi posti pubblici (in altre regioni quali Veneto e Lombardia) molti si arrangiano a fare gli “indipendenti privati”.

      E la vita può essere dura. E per questi “indipendenti privati” la voglia di pagare le tasse e in contributi previdenziali è molto bassa.

      :-(

      Messi male sono anche tutti gli “indipendenti pubblici”, cioè i borsisti, gli assegnisti e simili. Quelli che lavorano per il settore pubblico ma non hano neppure un contratto di dipendente. Io lo sono stato per 12 anni.

      :-(

      I lavoratori dipendenti del settore privato sono messi un pò meglio. Ma non è ovvio che le loro aziende private paghino veramente i contributi previdenziali. Ed esempio, se fossi docente della Bocconi, della Cattolica o della Luiss avrei una paura folle di ritrovarmi senza pensione, o quasi.

      ;-)

      Infine, certamente in certi settori alcune specifiche categorie di “dipendenti pubblici” guadagnano poco rispetto all’estero. In effetti mi vengono in mente solo poche categorie: i docenti (di scuola secondaria e di università) ed i ricercatori (universitari e degli Enti Pubblici di Ricerca). In Italia la poca dipendenza dalla politica di certi settori si paga ricevendo uno stipendio più basso….

      ;-)

  9. @Enrico A Dal tuo commento temo di non essere stato capito.

    Volevo dire che in questi anni ho spesso sentito parlare di distribuzione del corpo docente nelle tre fasce a cono, a cilindro, a botte, a cono rovesciato come se da questa distribuzione si potesse dedurre una maggiore o minore selettività nei passaggi di carriera. Invece no, perché, appunto, selettività nei passaggi di carriera e velocità nella carriera contribuiscono in direzioni opposte per cui una distribuzione con pochissimi ordinari potrebbe essere tanto l’esito di un sistema in cui si promuovono tutti (ma solo un anno prima della pensione) come di un sistema in cui si promuovono pochi, mentre una distribuzione a cono rovesciato l’esito di un sistema in cui si fa molta selezione, ma la si fa molto presto.

    Tu Enrico, sembri augurarti un sistema in cui si promuovano poche persone e molto tardi. Un sistema in cui gli ordinari sarebbero pochissimi e anziani. Contento tu… praticamente una oligarchia ancora più ristretta di adesso. Carto, magari tutti bravissimi. Ma nella storia i sistemi molto oligarchici e guidati da persone molto anziane, in campo scientifico hanno spesso finito per perdere dopo un po’ capacità di innovazione.

    Il sistema americano che tanto spesso si invoca, ad esempio, ha, per la matematica, una distribuzione del corpo docente a cono rovesciato: i full professor sono più del 50% dei tenured, se ricordo bene.

    Questo per dire che una distribuzione a cilindro come quella nelle intenzioni di chi ha scritto la 382 non è di per sè il male assoluto(come sembri voler implicare tu).

    Potrebbe essere che nelle intenzioni del legislatore ci fosse un sistema in cui chi faceva carriera la faceva più velocemente. Siccome l’età di entrata in ruolo per gli associati e gli ordinari è andata costantemente aumentando dagli anni ’80 a oggi, che la distribuzione sia ancora a cilindro non implica affatto che siano state fatte molte promozioni, in percentuale sugli aspiranti.

  10. C’era una volta un contadino, molto parsimonioso, sempre attento al contenimento delle spese improduttive. Aveva un asino che negli anni aveva fatto più o meno decorosamente il suo lavoro, non particolarmente vorace ma nutrendosi del giusto. Magari qualche volta non aveva proprio lavorato bene, aveva fatto qualche accordo con gli asini dei vicini, ma in molti campi della fattoria il suo rendimento aveva tenuto bene il confronto con i super selezionati asini americani, costando comunque molto meno.
    In media, gli asini delle fattorie pubbliche avevano avuto rendimenti migliori degli asini delle fattorie private, buoni solo a ragliare. Il contadino, scarpe grosse e cervello fino, venne folgorato un giorno da una idea geniale e disse se stesso ” potrei diminuire ogni settimana il cibo di una modica quantità (sic !) e in questo modo realizzare un taglio alle spese inutili della fattoria pubblica (arisic!!). Certi contadini del paese suo, emigrati in America, gli avevano spiegato una cosa che chiamano “spendinche rivvue” che se tu tagli le spese alle fattorie pubbliche poi queste crescono (un po come Gesu’ con il pane e il pesce). Poi gli avevano spiegato che in certi posti come il Cile, l’Irlanda, la Spagna erano successi proprio dei miracoli, “a ta vede’ paisa’! ”
    Il contadino che ai soldi era stato sempre attento disse a se stesso allora lo devo fare pure io, diamine questo e’ il nuovo che avanza, mica posso restare indietro e oppormi al progresso, contadino si ma moderno !!
    Cosi inizio il modernissimo programma di “razionalizzazione della spesa della fattoria per il cibo dell’asino”. Tutto all’ inizio ando’ a meraviglia, con i risparmi settimanali il contadino compro dei remunerativi “biada bonds”, compro’ tutti gli abbonamenti a Mediaset Premium e visto che c’era fece anche rifare lifting e tutte alla sua signora.
    L’asino rendeva sempre di più’, il costo del lavoro diminuiva, la produttività aumentava, il contadino che oramai pretendeva di essere chiamato “manager agricolo” aveva pure iniziato a sniffare coca, perché gli avevano spiegato che a Milano nel business se non tiri non sei nessuno. Attendeva a giorni un invito per tenere una public lecture di microeconomia agricola nella più grande università
    privata italiana quando ….IL DRAMMA, la jella, la sfiga nera chiamatela come volete.
    Proprio ora che l’asino aveva imparato a non mangiare, a lavorare a costo zero, maledizione alla malasorte, l’asino….era morto.

  11. Leggendo i commenti mi è venuto il dubbio di essermi perso qualche passaggio.
    Ovvero, i “famosi” RTDb dovrebbero prevedere l’inserimento in ruolo come Professore Associato dopo i 3 anni (previa abilitazione)… Come fanno queste posizioni a “costare” solo 0.5 punti organico?
    E’ venuto meno l’ovvio automatismo che abilitazione = posto di ruolo (peraltro non esplicitamente previsto dalla legge gelmini) oppure c’è una legge speciale che gli associati che vengono da un RTDb “costano meno” in termini di punti organico?
    In altro parole è davvero possibile bandire un RTDb senza prenotare in anticipo il costo (di budget e di punti organico) del “follow up”? Oppure si può dire al RTDb con abilitazione “mi dispiace non abbiamo la disponibilità, la tua avventuara in questo gioco finisce qui”.

    • Cerco di risponderti io (almeno lo spero). Innanzitutto quando si parla di punti organico si parla di un costo “convenzionale” e non effettivo e riguarda il costo medio di una posizione per tutta la vita lavorativa (quando gli scatti operavano, all’inizio della carriere il costo effettivo era basso, spesso inferiore al precedente stipendio, poi successivamente cresceva).
      Se l’Ateneo vuole bandire un posto di RTD ha bisogno di 0.5 punti organico (che il costo medio di un Ricercatore Universitario) impegnandosi a rendere disponibile per quella posizione dopo tre anni altri 0.2 punti organico se il vincitore dovesse acquisire l’abilitazione e superare la valutazione prevista dall’art. 24 della 240/2010.
      Il problema è un altro a mio parere, in alcuni SSD dopo tre/cinque anni di ricercatore a) non è sempre facile acquisire l’Abilitazione Nazionale in corso del triennio con posizione di RTD b). Attualmente i parametri bibliometrici per accedere alla seconda fascia (in molti ssd di area 6 per esempio), se si dovesse ancora utilizzare il sistema delle mediane, sono particolarmente alti poiché la fascia attuale degli associati è composta da ex-ricercatori passati associati (Piano Straordinario di reclutamento) e da associati con superamento di almeno 2 mediane su 3 per ordinari che sono rimasti in seconda fascia per il rallentamento del turnover.

    • Grazie Nicola per la risposta.
      Probabilmente la storia dei punti organico sta per finire, ma fino a quando non vengono sepolti dobbiamo continuare a confrontarci con essi.
      Il mio dubbio, pratico, è sul fatto che una università possa garantire lo 0.2 dopo 3 anni a tutti gli RTDb.
      Infatti, con i continui cambi legislativi e tagli, una programmazione a così lunga scadenza per molte università è di fatto impossibile.

      Per quanto riguarda il problema delle mediane, queste sono nate con l’obiettivo di governare solo le prime due tornate. Un meccanismo del genere, oltre che ingiusto, come hai giustamente notato, riceve un “feedback positivo” e si autoalimenta all’infinito (gli associati vogliono essere ordinari, gli ordinari vogliono essere nelle commissioni).
      Il vero problema invece è garantire alle generazioni future di RTDb che in effetti l’abilitazione si terrà davvero ogni anno!

  12. …per quallo che mi consta, quando si vuole bandire un rtdb, a livello di capacità assunzionale, bisogna avere a disposizione tutti gli 0,7 punti organico, di cui 0,5 li metti subito, e 0,2, quando trasformi l’rtdb, che ha preso l’abilitazione, in associato confermato.
    Secondo me, soprattutto a seguito della crisi, la riforma Gelmini è divenuta insostenibile.
    Urge la reintroduzione di una terza fascia a basso costo.
    Per altro, molti non si sono accorti della “furbata” che è stata voluta, nel 2011, sui posti da associato (non ho controllato per ordinario, ma credo sia lo stesso).
    Infatti, non solo i p.a. post-Gelmini partono già come confermati, costando molto di più di prima, ma -INSPIEGABILMENTE, se non per volontà lesiva, né bisogna essere così ingenui da credere il contrario- partono dalla classe stipendiale 2, e non zero. Insomma, ci sono più di 5.000 euro inspiegabili, se non nella logica di disincentivare le assunzioni, che già la crisi disincentiva di suo.
    Il costo (annuo) di un ingresso in ruolo è passato dai, non lo so, diciamo 30.000 euro del ricercatore non confermato di classe stipendiale 0 (quello con lo stipendio da 1.350 probabilmente costava pure meno), ai 50.800 di un associato confermato di classe stipendiale 2.
    Questi costi di ingresso in ruolo proibitivi servono, a prescindere dalla questione dei punti organico -e anche se e quando i punti organico dovessero essere finalmente eliminati-, per evitare assunzioni, e rendere anche più onerose le progressioni. Mentre, tanto più nell’attuale stagione di crisi, sarebbe stato meglio agire in senso contrario.
    Poi, lo ribadisco, può anche avere senso dire che il nuovo associato, avendo la asn, parte direttamente come confermato, ma 50.800 (confermato classe 2), invece che 45.300 (confermato classe 0), proprio non ha alcun senso, se non quello di restringere gli ingressi e le progressioni, anche se connesse a finanziamenti esterni: una cosa è dover trovare, ad es., 8.000 euro all’anno, altra è doverne trovare 13.500. Si pensi, inoltre, al passaggio dal finanziamento di 8 annualità della Moratti a quello di 15 della Gelmini.
    Comunque, io credo che se continuiamo a vedere solo la questione universitaria, non ne usciamo, trattandosi di problematiche che sono solo la ricaduta, nello specifico settore, di politiche generali pro-cicliche, strumentali alla creazione e, poi, all’intensificarsi della crisi economica, in modo da poter tirare in ballo la “zia TINA”, per ottenere lo smantellamento dello stato sociale previsto dalla Costituzione, e ripiombarci nella società ottocentesca: tutte cose che, se non si fosse creata ed intensificata la crisi, appunto con interventi tutti pro-ciclici, ovviamente la popolazione non avrebbe mai consentito.
    Quindi la vera domanda è: quanti erano i docenti universitari prima dell’avvento della Costituzione democratica pluriclasse?
    Perché quella è la fine che faremo.
    Tom Bombadillo

    • Come mai si parte dalla casse 2 invece che 0 ? Semplicissimo. Basta leggere la 240. Col regime precedente si faceva distinzione tra chi entrava in ruolo senza esperienza e chi invece aveeva maturato esperienza in un ruolo/fascia inferiore o in realtà diverse ma assimilabili. Era il meccanismo delle “ricostruzione di carriera” con cui si poteva valorizzare (entro un tetto ben definito) l’ esperienza sul campo accumulata.

      Con la 240 la ricostruzione di carriera e’ scomparsa e invece e’ stato modificato d’ ufficio la classe di ingresso. Si potrebbe discutere a lungo della utilità in astratto della norma. In concreto pero’ evita che per la stragarande maggioranza delle persone attualmente in ruolo la promozione sia una beffa a cui corrisponda uno stipendio sensibilmente minore di quello in godimento.

      Va pero’ fatta un’ osservazione piu’ importante a margine di tutto questo. Appuntarsi sulla differenza di stipendio tra classe 0 o classe 2 quando ci viene detto che per i prossimi 3 anni si resta vicini al palo del turnover al 30% e’ il classico preoccuparsi del rubinetto che gocciola mentre crolla la diga.

    • “-INSPIEGABILMENTE, se non per volontà lesiva, né bisogna essere così ingenui da credere il contrario- partono dalla classe stipendiale 2, e non zero”

      Caro Bombadillo, quello che per te è inspiegabile è invece l’autentico colpo di genio, la vera chiave di volta della “riforma” universitaria. Il quesito era: come si fa a fare in modo che migliaia di ricercatori continuino, non avendone l’obbligo, a insegnare gratis, evitando l’implosione del sistema, pur avendo gli scatti bloccati da anni? La risposta è stata: istituiamo l’ASN in modo da alimentare attese (spesso irragionevoli) di carriera, e aumentiamo il livello stipendiale di ingresso della fascia superiore in modo da mantenerla appetibile, tanto poi a prendere effettivamente servizio saranno in pochissimi, e col sistema degli scatti triennali (bloccati) complessivamente si risparmia.

  13. Caro Giorgio,
    mi spiace ma non è come sostieni tu, perché non consideri il mitico art. 222 (vado a memoria) del dpr n. 3/57 (anche qui vado a memoria), cioè del testo unico degli impiegati civili dello Stato.
    L’effetto beffa, quindi -divento associato, ma prendo di meno di quando ero ricercatore-, era comunque escluso dall’assegno personale integrativo previsto proprio per queste ipotesi, secondo il principio di divieto di reformatio in peius della retribuzione dei dipendenti pubblici. E rimane escluso, anche dopo l’abrogazione di tale norma, voluta in generale in sede di stabilità 2014 (e, quindi, comunque dopo la scelta operata nel 2011, della classe stipendiale 2), per presunti risparmi, ma abrogazione relativa solo -almeno così molti sostengono- al passaggio tra due amministrazioni diverse, e non alle promozioni nella medesima amministrazione: tipo, se sono magistrato e divento professore all’Università oggi perdo lo stipendio da magistrato, mentre prima non era così, appunto perché l’art. 222, prima della stabilità 2014, valeva anche tra amministrazioni diverse.
    La questione della mancata ricostruzione della carriera, comunque sbagliata, comporta invece che io non ti riconosco più i due terzi del servizio svolto da ricercatore. Come vedi tutto fila ed è coerente con quanto dico io. Prima, cioè, per favorire le assunzioni, il costo di ingresso era basso, e poi ti facevo progredire velocemente con gli scatti e, in caso di promozione, ti riconoscevo il pregresso. Ora, ti blocco e comunque ti allungo gli scatti, non ti riconosco il pregresso se ti promuovo, ma intanto innalzo strumentalmente lo stipendio di ingresso, per disincentivare le assunzioni.
    Per quanto riguarda, poi, il blocco del turn-over, a meno di nuove fregature (ma speriamo di no), dovrebbe trattarsi degli ultimi anni, in quota sempre minore/decrescente, per cui, come ho spiegato più volte, il problema non è più nel blocco/taglio del turn-over, ma nel fatto -controintuitivo, ma è così- che più ci si avvicinerà al turn-over al 100%, più il sistema sarà sbagliato e discriminatorio, perché ancora di più saranno le arbitrarie discriminazioni che si produrranno tra Atenei, vista la (incostituzionale) previsione di Monti, che consente di degradare le università, da enti autonomi a mere articolazioni territoriali del MIUR, con riparto conseguente del turn-over (Tizio va in pensione all’Uniba e conferisce capacità assunzionale all’Unimi).
    Comunque, bisogna preoccuparsi di tutto ciò che è sbagliato (sono cose che non si escludono a vicenda, e mi parrebbe quantomeno ingeneroso sostenere che sulla questione del turn-over io non mi sia speso), perché tutto concorre ed è sinergico al risultato finale di riduzione del numero dei docenti, degli Atenei, dei corsi di laurea, etc.
    Tom Bombadillo

    • @ Vito Plantamura:
      Ho avuto abbastanza tempo per riflettere sulle modifiche introdotte da 240 e leggi successive.
      .
      Sulla non applicabilita’ della fine dell’ assegno ad personam nel caso di stessa amministrazione, forse e’ come scrivi. Ma mi sembra che riporti dei pareri, mentre mi piacerebbe vedere come di fatto verra’ applicata la norma della legge di stabilita’ 2014.
      .
      Tuttavia anche con l’ assegno ad personam una persona con anzianita’ sui tempi brevi ci rimette se non c’e ricostruzione di carriera e si riparte con la classe 0: se devo aspettare 7 anni perche’ la nuova curva stipendiale superi il mio stipendio congelato, vuol dire che salto due scatti triennali della precedente curva stipendiale. Se la mia eta’ anagrafica mi permettera’ di restare in servizio ancora per un certo numero di anni potro’ riguadagnare quanto perso. Ma con la distribuzione di eta’ e le eta’ medie per i passaggi di fascia questo, in questo momento, e’ per molti una possibilita’ virtuale.
      Ancor piu’ aggravata dal blocco degli scatti.
      .
      Sul turn-over: mi sembra che non ti sia accorto che la freguatura e’ gia’ arrivata. Quota decrescente nel turn-over bloccato ? Mi sembra proprio di no ( cfr https://www.roars.it/decreto-sui-limiti-di-spesa-delle-universita-per-il-triennio-2015-2017/ ).

  14. …sì, Giorgio, io l’ho specificato che quel punto è controverso, vedremo come sarà applicato, però noi stavamo parlando del perché sia stata fatta una certa scelta nel 2011, e non è che puoi dire che, nel 2011, una norma è stata prevista in un certo modo, per evitare un certo effetto, se a quel tempo tale effetto era certamente escluso, ed è stato revocato in dubbio solo con una norma successiva: infatti, per definizione, ciò che è successivo non può essere causa di ciò che è precedente.
    Per chi è anziano sarebbe “bello e giusto” non solo non perderci, quando è promosso (art. 222), ma anche portarsi dietro, almeno in parte, la sua anzianità: sono d’accordo con te. Ma il mettere quella classe 2, non serve a quello, e, se davvero oggi dovesse addirittura affermarsi la tesi che l’art. 222 non vale più neppure intra-amministrazione (ma speriamo di no), la classe 2 non eviterebbe neppure la beffa da te paventata. Tizio, infatti, se è ricercatore anziano può percepire fino a 3.000 al mese (se non ricordo male), e comunque più dei 2.500 della classe 2 da associato, per cui eccoti violato il divieto di reformatio in peius, o concretizzatasi la beffa, se preferisci, nonostante la classe 2 invece che la zero.
    Come vedi, da qualsiasi punto di vista la osservi, sicuramente la classe 2 NON è stata prevista, per giunta nel 2011, per la ragione che sostenevi tu. E’ proprio e solo una previsione a “fregare”: mi rendo conto che può avere una ricaduta positiva occasionale sul ricercatore anziano, ma il quadro normativo indica che non è stata introdotta per quello. D’altronde, più banalmente, la previsione ha una sua ricaduta occasionale positiva su chiunque usufruisca di quello stipendio, anche se era un ricercatore giovane, o proprio un esterno, che sarà tutto contento di prendere, sin sa subito, uno stipendio davvero “mica male”. Ma mi pare evidente che sia uno di quei casi in cui vale il vecchio adagio: “Timeo danaos et dona ferenti”.
    Per quanto riguarda, poi, il famigerato dpcm, vedi che mica dice: il turn-over è al 30%. Ma appunto quello che ti dicevo io, con il 30% che è solo la c.d. soglia minima di garanzia, salita dal 10, al 20, appunto fino al 30%. In effetti, sembrerebbe esserci pure un tetto massimo al 110% del turn-over, per evitare gli eccessi del passato, ma come giustamente rimarca Mino tale tetto non vale per tutti gli atenei. Quindi -a meno di novità peggiorative, ma speriamo di no-, siccome, come diceva Totò, “e la somma che fa il totale”, il problema del turn-over continuerà a manifestarsi sempre più come un problema di discriminazione tra Atenei, e concentrazione in pochi Atenei di tutto il personale, che non come un problema di tagli.
    Tom

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