L’ultimo rapporto dell’Ocse Pisa, che valuta i livelli di istruzione degli studenti nel mondo, segnala che gli studenti italiani sono ormai agli ultimi posti per competenze scientifiche e comprensione del testo.@Presa_Diretta con @IaconaRiccardo, tra poco su #Rai3 pic.twitter.com/cJ92RT5fTu
— Rai3 (@RaiTre) February 28, 2020
“L’ultimo rapporto dell’Ocse Pisa, che valuta i livelli di istruzione degli studenti nel mondo, segnala che gli studenti italiani sono ormai agli ultimi posti per competenze scientifiche e comprensione del testo.” Un incipit allarmante quello del servizio di Presa Diretta, intitolato Cambiamo la scuola, andato in onda il 28 febbraio 2020. Eppure basta un rapido fact checking per vedere che quella di Presa Diretta è una fake news: nelle competenze scientifiche gli studenti italiani si collocano a metà classifica e un po’ sopra la metà per quanto riguarda la comprensione del testo.
La bufala non è marginale nell’economia della trasmissione. Al telespettatore viene spiegato che la scuola italiana in passato è stata capace di formare il vincitore della medaglia Fields (il Nobel della Matematica) e la ricercatrice che ha isolato il Coronavirus, ma, che, come testimoniano i dati PISA OCSE, non è più all’altezza del suo compito. Il programma prosegue con una specie di catalogo delle meraviglie: neuroscienze, soft skills, flippclassroom (sic) e l’immancabile INVALSI aprono la via a una rivoluzione dell’apprendimento che diventerà meno faticoso e più funzionale a quello che chiedono veramente le imprese. Non può mancare il pellegrinaggio alla mitologica Finlandia per carpire i segreti della suo sistema scolastico, oggetto di una sorta di culto grazie ai risultati conseguiti dagli studenti finlandesi nei test OCSE PISA. Un viaggio che poteva essere molto più breve, se solo i giornalisti di Presa Diretta avessero studiato i risultati italiani. Infatti, in Matematica, gli studenti del Italia del Nord Est e Nord Ovest superano quelli finlandesi.
Eppure, nessun giornalista va in pellegrinaggio a Busto Arsizio o a Treviso, intervistando come oracoli i professori e i presidi locali. E nemmeno si domanda se le differenze nei punteggi dipendano dai diversi tessuti socio-economici, piuttosto che da bacchette magiche neuro-soft-skill-psico-pedagogiche. Arrivati al termine del servizio, è difficile sottrarsi all’impressione di aver assistito a un esempio di giornalismo sotto dettatura che rifila al telespettatore il catalogo completo dei luoghi comuni dei “riformatori scolastici”. Un appiattimento talmente acritico da non aver nemmeno controllato cosa diceva veramente il rapporto OCSE. Per evitare infortuni giornalistici, prima di accettare una velina sarebbe meglio farsi qualche domanda sull’affidabilità di chi te la propone.
P.S. L’uso dei dati OCSE PISA era doppiamente problematico. Da un lato sono stati citati in modo errato (non è una novità). Dall’altro, la loro affidabilità scientifica è controversa. Secondo David Spiegelhalter, noto e apprezzato Professore di Statistica a Cambridge, “learning lessons from PISA is as hard as predicting who will win a football match“.
Caro Riccardo Iacona,
una giuria di 4000 studentesse e studenti italiani sta leggendo degli impegnativi libri di cultura e divulgazione scientifica, inclusi due sugli algoritmi (anche sul loro uso in epidemiologia), di climatologia, di matematica e di fisica. Lo scopo e’ quello di scegliere il miglior libro di divulgazione scientifica pubblicato tra il 2018 e 2019.
Sto parlando del premio ASIMOV, che ho l’onore di coordinare e al cui successo collaborano circa 400 volontari, la meta’ dei quali sono professoresse e professori di scuola superiore.
Ogni studente e studentessa che partecipa alla giuria vota il libro prescelto e lo recensisce. Le loro recensioni sono quasi sempre utili e molto spesso ben scritte e profonde. Gli autori e le autrici delle migliori tra esse vengono invitati a parlarne in pubblico alle cerimonie di proclamazione dei vincitori. Ce ne sono state gia’ una ventina e presto ne avremo altrettante.
Gli anni precedenti la giuria degli studenti ha scelto un bel libro del celebre chimico Peter Atkins (prima edizione) poi il libro dell’immunologo Roberto Burioni (seconda edizione) in seguito quelli dei divulgatori scientifici Marco Malvaldi e di Helen Czerski (terza edizione) ed da ultimo quello del neuro-fisiologo Lamberto Maffei (ultima edizione). Il 4 aprile p.v. sapremo la scelta degli studenti di quest’anno e l’annunceremo sul nostro sito
https://www.premio-asimov.it
Ecco tutto: le volevo semplicemente raccontare di una mia esperienza diretta con la scuola del nostro paese, che mi porta ad avere opinioni molto diverse da quelle che lei ha riportato.
Cari saluti e buon lavoro,
Francesco Vissani
Certo che sono proprio delle “anime candide” questi soggetti, ancora vanno in giro col trucchetto del “chi disprezza compra”? E chi deve “comprare”? Chi sarebbe questo “faro della civiltà” (scusate, ma mi sto contorcendo dalle risate mentre scrivo, mi spiace solo che non possa passare tramite una tastiera il fragore delle risate che affonderebbero persino una Post-Panamax)?
Auguri agli aspiranti ducetti, che Mussolini stesso ebbe da decretare “[sottinteso, governare gli italiani] è semplicemente inutile”. Scommettiamo?
A proposito di navi e risate, portategli i saluti di un certo Albert: “Whoever undertakes to set himself up as a judge of Truth and Knowledge is shipwrecked by the laughter of the gods”…
Continuo a ripetere che questo test è preparato da PEARSON una multinazionale del settore educativo. Questa ha interesse a convincere i governi della inefficacia dei loro sistemi educativi pubblici per poterli poi egemonizzare. Chiunque ha una esperienza di paesi anglosassoni sa quanto anche le migliori scuole private forniscano in matematica e fisica una formazione nettamente inferiore ad un medio liceo scientifico italiano. Questo poi si riflette nel livello penoso degli undergraduate, mascherato da bravissimi comunicatori. Per cui in materie STEM le graduate schools importano massicciamente studenti da paesi dell’europa continentale e dell’Asia.
Confermo. Non saprei veramente da chi cominciare per riprodurre le parole altrui per quanti l’hanno detto, ma siccome non amo il “rimasticato” darò del mio personale: ricercatori UK nelle discipline di finanza che parlavano terrorizzati di un confronto (per loro infruttuoso) con alcuni docenti dell’Università dell’Aquila, da cui ne erano usciti “malconci”…
PS: se proprio volessero proporre agli altri un modello di eccellenza educativa, io personalmente consiglierei le discipline STEM così come spiegate all’Università dell’Aquila. L’Aquila si è sempre fatta conoscere per la sua austera severità, per i talenti di tutti campi, per la sua superiorità fattuale (non reclamizzata) nei campi della matematica, della scienza, della medicina.
Personalmente rinnovo i miei migliori auguri per il GSSI. Non poteva essere fondato in una terra migliore quale l’Abruzzo, forte e gentile.
Presa diretta… per i fondelli?
Quello che maggiormente sconcerta è che certa gente pensi che certi livelli di approfondimento possano essere raggiunti senza sforzo intellettuale, col mero ricorso ad attività accattivanti o comunque mediante “metodologie innovative” che i docenti italiani rifiutano di utilizzare perché ancorati alla difesa della riforma Gelmini.
È credibile questa analisi?
Apprendere senza sforzo è un desiderio utopico, come lo è quello di realizzare il moto perpetuo.
Accettare la dura realtà però è sempre complicato, si preferisce allora prendere come punto di partenza affermazioni mai dimostrate, quando non addirittura più volte confutate (“le nuove metodologie funzionano, ma gli insegnanti italiani non le vogliono adottare”).
Possibile che il livello delle argomentazioni sia così basso? Le metodologie sono tutte accettabili, purché utilizzate consapevolmente e purché non diventino delle nuove religioni, con tanto di attività di proselitismo militante (vedasi il DS che auspicava l’utilizzo del bonus di 500€ in corsi di formazione nella “nuova didattica”, anziché per andare a teatro – come il teatro non sia cultura e come se l’insegnante non debba essere, una persona che fa e promuove cultura) e purché non si pensi che si possa apprendere senza sforzo, in virtù del solo ricorso a un metodo didattico miracoloso.
Ma poi, qualcuno pensa davvero che chi oggi fa l’ingegnere, l’informatico, lo scienziato, il filosofo, il critico d’arte, l’avvocato e via dicendo, non abbia perso ore e ore a riflettere su concetti complessi? Bastava il debate ma loro non se ne sono accorti?
Errata corrige:
“riforma Gentile”, non “riforma Gelmini”
Le classifiche da sempre non mi interessano. Dubito fortemente siano da considerare un indicatore.
Vorrei, però, dire che l’istruzione in Italia è stata bersagliata, specie quella del Sud, da una campagna denigratoria che nessun altro settore ha subito. Perché? I risultati sono peggiorati drammaticamente grazie ai provvedimenti curativi posti in essere. La stampa semplifica tutto, perciò non ama la scuola
Come non concordare con le osservazioni di p.marcati.
Quello che facciamo quotidianamente è raggiungere il principale obiettivo del processo di Bologna “armonizzare i titoli di studio affinché gli studenti europei siano maggiormente competitivi sui mercati europei ed internazionali”. Mica permettergli di aiutarlo a diventare un cittadino consapevole sviluppando il pensiero critico e l’autonomia di giudizio.
Per arrivare alla stessa preparazione media europea ci si può arrivare da due lati; noi abbiamo scelto il peggiore, abbassare il livello della qualità dei nostri studenti. Mi ricorda tanto l’abbassamento dei diritti dei lavoratori italiani per “renderli maggiormente competitivi sui mercati europei ed internazionali”.
È nel processo di Bologna (1999) che avviene il cambio di obiettivo strategico tra istruzione delle masse e “educazione” delle masse, al fine di formare individui competitivi il più possibile con gli altri sistemi economici mondiali. Quello che si è voluto allora e si vuole oggi non è più istruire le masse, attraverso l’acquisizione di conoscenza (l’antidoto alla fame e l’unica strada conosciuta dall’uomo per elevare la propria cultura e la qualità della propria vita), ma renderle, attraverso l’acquisizione di competenze e soft skills, più competitive sul mercato (che, quale misura di competitività aziendale, applica esclusivamente la contrazione del costo del lavoratore).
Il dott. Iacona ha presentato, ad appena 890.000 spettatori per fortuna, quel che alcuni portatori di interesse nell’ambito dell’istruzione pubblica ripetono almeno dal processo di Bologna in poi: che la scuola italiana, per decenni gioiello e fiore all’occhiello del paese, non funziona più perché è vecchia e non si aggiorna; il tutto contornato dall’immancabile condimento in salsa neoliberista dei risultati sconfortanti dei test puntuali, “oggettivamente incontrovertibili” PISA, INVALSI etc. Ha suggerito, presentandole come innovazioni oggettivamente positive nella migliore tradizione del riformismo accattone che riforma tanto per farlo (molto di moda in certi ambienti snob italiani), le semplici soluzioni per risolvere i problemi di questa decrepita istituzione: una riforma tutta soft skills e flip classroom, nella scia di quella psico-pedagogia da quattro soldi che tenta di accattivarsi, fornendo semplicistiche ricette a problemi complessi, le masse riluttanti al cambiamento ispirato dalle élite (Fondazione Agnelli, Trelle et similia), molto smaniose di formare l’operaio del terzo millennio (tutto competenze e zero pensiero).
La scuola che vediamo oggi e di cui tanto il dott. Iacona si lamenta, è quindi il frutto di questo lungo esperimento sociale internazionale (con l’OECD in qualità di demiurgo) che avviene tutto all’interno del framework neoliberista, voluto proprio da chi oggi spinge sull’acceleratore delle riforme per risolvere i problemi che egli stesso, con l’applicazione del suo modello aziendalistico, ha creato alla scuola.
Dopo 21 anni, di tenace, persuasiva, puntuale, massiva, trasversale applicazione dei principi del libero mercato alla scuola e all’università italiana, il dott. Iacona & Co., nella sua gaudente e supina accettazione dei benchmark della valutazione PISA quale unica, oggettiva ed infallibile prova del misfatto (che tra l’altro smentisce lo scenario ipotizzato) perpetrato ai danni della competitività della scuola italiana nel mondo (non dell’istruzione si badi), propone come soluzione ai presunti problemi di accelerare lungo questa stessa strada sdrucciolevole e senza uscita delle competenze e della iper-competitività, tralasciando come orpelli sterili ed in disuso la cultura e il libero pensiero.
Alcune volte mi chiedo se ha fatto più vittime il comunismo di Stalin o quello à la carte dei suoi nipotini.
Cordialmente
P.S.: alla luce del fact checking di Roars sarebbe interessante ridiscutere, in termini di etica professionale, la definizione di fake news, finora attribuita ad esempio prima agli “sciachimichisti” poi ai no-vax e via via allargandola a qualsiasi gruppo che non condividesse in pieno le posizioni del mainstream, considerandoli nella migliore delle ipotesi una masnada di “freaks” (tanto per evitare decontestualizzazioni da bimbominkia, questo NON vuol dire che questi gruppi siano nel giusto a priori o che a loro volta non usino dati falsi o fake news in funzione propagandistica) da lasciare masticare bene ben dallo scientismo burionico.
Sarò telegrafico: insegno in un liceo e sono totalmente d’accordo con tutti i commenti che ho letto. E dico soltanto una cosa: con i sistemi esposti da Iacona si formano schiavi, non cittadini coscienti. Questi vogliono far passare le conoscenze come del tutto secondarie quando non inutili, esattamente come – in termini cronologicamente diversi – postulavano i ducetti anteguerra (Stalin compreso).
Vorrei proporre una riflessione.
Spesso le opinioni che stiamo stigmatizzando vengono attribuite ai fautori del neoliberismo. Ma non solo mi sembra ragionevole classificare Iacona o la sua rubrica in questi schemi. Noto poi che le stesse cose sono dette e ripetute anche da pensatori che forse un tempo sarebbero stati detti socialisti o statalisti.
P.e., e’ notizia recente il documento prodotto dal “Forum Education” di Camogli, che includeva illustri e rispettabili pensatori di varie aree. Ma nei quattro principi condivisi nomina gli insegnanti italiani solo nel seguente passaggio “Occorre […] orientare a tali obiettivi il reclutamento massiccio degli insegnanti che sta partendo”. Sono solo io che non lo trovo rispettoso?
[…] Redazione Roars, scaricato da https://www.roars.it/le-fake-news-di-presa-diretta-sulla-scuola-italiana/ […]
Sono un insegnante fortunatamente prossimo alla pensione e concordo con le critiche avanzate alla trasmissione sulla scuola di Presa diretta. Ciò che mi sconcerta è il modo con il quale Iacona ha presentato la cosiddetta “lezione frontale” facendo credere ai telespettatori che i docenti italiani, quando entrano in classe, si siedono, si esibiscono in una “conferenza” per trenta o quaranta minuti e poi se ne vanno senza essersi preoccupati di interagire minimamente con i ragazzi ai quali si sono rivolti. E’ veramente infamante che, ancora nel 2020, si presentino in questo modo le attività didattica preparate dai docenti italiani! La “conferenza”, in verità, l’ha fatta lui, il sig. Iacona, che ha costruito una trasmissione su una serie di travisamenti (voglio usare un eufemismo) senza alcun tipo di contraddittorio!
La trasmissione ha cullato i luoghi comuni che, a causa di una politica denigratoria, circolano sui giornali italiani, nelle piazze e nei bar.
In realtà, per l’esperienza mia, che credo nella lezione corale, ciò che ho per lo più visto sono classi che si aspettano la conferenza del professore, valutandola come uno spettacolo, per poi presentarsi all’interrogazione e pretendere un’esposizione preparata. Se il prof. interviene li vuole far andare male…
[…] perché? Infatti, come riporta il sito ROARS e come può controllare chiunque senza troppi problemi, gli studenti italiani del nord vanno molto […]
Ma di cosa state parlando? Nel grafico che voi stessi avete pubblicato si vede chiaramente che l’italia si piazza al di sotto della media OECD, non mi sembra una cosa di cui andare fieri! Alla luce di questi dati ed all’incredibilmente alto tasso di analfabetismo funzionale (di cui voi siete la prova), non capisco come possiate ignorare il fatto che nella scuola italiana ci siano dei grossi problemi.
Inoltre, i test standardizzati hanno sicuramente dei limiti, ma questi limiti sono gli stessi per tutti i paesi e quindi rimangono un buon strumento per comparare la qualità dell’istruzione. A maggior ragione lo sono per misurare le differenze fra nord e sud Italia, dove il sistema scolastico è lo stesso.
Questo ovviamente non viene considerato dalla maggior parte dei docenti perché sì sentono attaccati e (giustamente) difendono il loro lavoro ampiamente sottopagato. Ciò non toglie che il sistema scolastico vada cambiato, riducendo l’apprendimento nozionistico e fine a sé stesso e sostituendolo con attività che stimolino l’apprendimento critico (come i dibattiti per esempio).
Analfabeti funzionali credo che davvero mancasse nel repertorio “dicono di noi”. In ogni caso, nel post ci sono anche i disegnini. Pensavamo che si capissero almeno quelli.
Certamente, non mere nozioni, ma pare a Lei che le attuali riforme vadano nella direzione delle preparazione che permette di affinare le capacità critiche? Parrebbe si voglia la stessa cosa. Io personalmente so che l’attuale sistema non premia la visione critica, ma impone risposte pre-formate.
… buonO strumento …
Proprio i “disegnini” a cui ti riferisci dicono che l’Italia è sotto la media OCSE, rappresentata dalla linea verticale. Sostenere che essere a metà della classifica è un risultato positivo è una fesseria, perché tutti i paesi sotto di noi sono economicamene molto meno sviluppati.
A me invece pareva che i disegnini dicessero che l’ultimo rapporto dell’Ocse Pisa, che valuta i livelli di istruzione degli studenti nel mondo, segnala che gli studenti italiani sono ormai agli ultimi posti per competenze scientifiche e comprensione del testo. Invece devo ricredermi. Sono solo a metà classifica.
Oppure: … buon Istrumento … Tertium non datur , credo.
Premetto che ho soltanto una scarsa e parziale esperienza diretta di questo tipo di verifica, avendo letto qualche testo utilizzato per certe prove di comprensione (allenamento all’Invalsi e selezione per corsi di formazione). In entrambi i casi, leggendo il testo, sono rimasta sconcertata, una volta addirittura scandalizzata. Suppongo, tuttavia, che la scelta dei brani fosse effettuata da persone addestrate a predisporre questo tipo di test, e che dunque il campione avesse una garanzia di professionalità, altrimenti ciascuno di noi potrebbe immaginarlo a modo suo, come gli pare. Il primo caso (Invalsi) era per adolescenti: un brano di una pagina e mezza, decontestualizzato, tolto dalla traduzione di un originale in lingua tedesca, il cui autore era del calibro di Guenter Grass. Era difficile persino per un adulto colto. Il secondo caso è stranissimo: un brano non lungo, contenente anche dialoghi, tolto da “Oliver Twist”, quindi di nuovo traduzione e senza indicazione di data, in cui ricorreva ben tre volte la parola “ebreo” (Fagin è un vecchio ebreo) in una situazione sociale di misera malavita urbana. Tralasciando altri dettagli di contorno, mi sono domandata: ma non c’era nessun altro brano in “Oliver Twist” che non avesse questa evidente patina razzista? Questa sarebbe dovuta essere percepibile da un adulto colto, tanto più che (s’impara da tutto), documentandomi, ho appreso la storia della ricezione ottocentesca inglese del romanzo, immediatamente percepito come contenente venature razziste (l’epoca lo favoriva, era nell’aria). Perciò Dickens ha subito riveduto il testo, dimezzando le occorrenze di tale parola. Ora, concludendo, se le scelte dei brani, si suppone di un qualche valore esemplare, viene fatta così, complimenti agli ideatori dei test di comprensione!
Se non capisco questo, capisco ancora di meno questa ossessione maniacale e patologica, importata per giunta, di misurare e standardizzare il sapere e la sua trasmissione sull’intero globo terrestre.
1-posso ipotizzare che per qualche mediocre economista sia difficile comprendere la differenza di significato tra la frase: “gli studenti italiani sono ormai agli ultimi posti per competenze scientifiche e comprensione del testo” e la frase: “nelle competenze scientifiche gli studenti italiani si collocano a metà classifica e un po’sopra la metà per quanto riguarda la comprensione del testo”
2- posso tranquillamente anche ipotizzare che si attribuisca a queste lo stesso significato della frase:”l’Italia [gli studenti italiani] si piazza al di sotto della media OECD”
Quello che risulta molto più arduo da capire è quale contorto meccanismo comportamentale permetta di supporre (in base a quali forti argomentazioni scientifiche?) che un test statistico, bislacco nella teoria quanto nella pratica, somministrato a popolazioni studentesche estremamente diverse socialmente, economicamente, politicamente ed anche per clima e stagionalità possa essere la cartina al tornasole scientificamente valida dello stato problematico di una istituzione, senza minimamente considerare quelle diversità e crederci pure.
Siamo davvero arrivati a farci governare da quattro economisti, se non imbecilli, sicuramente sotto l’effetto di acido lisergico?
Fino a quando la comunità scientifica permetterà tali nefandezze?
Al seguente link una notizia degna delle migliori classifiche OCSE:
https://www.lercio.it/rapporto-ocse-litalia-e-al-19esimo-posto-per-i-rapporti-ocse/