«This government-controlled university appointment procedure is intended to replace the peer-review methods that are standard in academia worldwide. To our knowledge, it would be the first such system to operate in a democratic country». Nature pubblica una lettera del Gruppo 2003 che chiede il ritiro del provvedimento relativo alle Cattedre Natta, perché «viola la libertà accademica degli scienziati del paese e minaccia il futuro della scienza italiana».


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Il 14 Dicembre scorso, Nature ha pubblicato una breve ma incisiva lettera di Luigi Nicolais che, a nome del Gruppo 2003, chiede il ritiro del provvedimento relativo alle cosiddette “Cattedre Natta”.

 

A September decree by the Italian government aims to recruit leading university professors through an unprecedented and highly questionable procedure. On behalf of Group 2003 (see www.gruppo2003.org), I urge the Italian government to withdraw these resolutions, which breach the academic freedom of the country’s scientists and threaten the future of Italian science.

According to the ruling, the prime minister will appoint the chairs of the recruiting panels in different research areas. Each panel comprises only the chair (nominated by the government) and two other members, both chosen by the chair.

This government-controlled university appointment procedure is intended to replace the peer-review methods that are standard in academia worldwide. To our knowledge, it would be the first such system to operate in a democratic country.

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32 Commenti

    • Chi, sulla scia di Roberto Perotti, vuole sostenere che “al di là della retorica, e con le solite dovute eccezioni che è sempre possibile citare, l’università italiana non ha un ruolo significativo nel panorama della ricerca mondiale”, deve confrontarsi con questi dati che smentiscono l’assunto:

    • Il bello di Roars, dopo 5 anni, è che le domande si ripetono sempre uguali. Pertanto, mi basta ricopiare la risposta che avevo dato a Plymouthian più di un anno fa (rimandando a una risposta del 2014 che a sua volta rimandava ad una del 2012):
      https://www.roars.it/iit-un-eccellenza-da-100-000-e-ad-articolo-due-volte-meno-efficiente-del-politecnico-di-bari/comment-page-1/#comment-53478
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      Plymouthian: “Noto con dispiacere che i tanto criticati database e la bibliometria siano adesso utilizzatati per una valutazione per la quale spesso si e’ detto essere quantomeno incompleta.”
      ___________________
      A questo tipo di obiezione (a cui non è la prima volta che rispondiamo, vedi: https://www.roars.it/e-se-fosse-vero-che-in-italia-ci-sono-troppi-laureati/comment-page-1/#comment-41382) si è già risposto nella nota in fondo all’articolo:
      ___________________
      “Il ricorso ad analisi bibliometriche è soggetto a diverse limitazioni, dovute tra l’altro al diverso grado di copertura della produzione delle discipline scientifiche da parte dei database bibliometrici, soprattutto nelle human and social sciences. Inoltre, l’uso automatico di valutazioni bibliometriche per valutare singoli ricercatori o singoli articoli è considerato inadeguato (si vedano, per esempio, la dichiarazione DORA e lo statemente dell’IEEE). Ciò nonostante, con le dovute cautele, è ritenuto possibile effettuare confronti bibliometrici su scala aggregata, come nel caso di intere nazioni o istituzioni scientifiche che non siano di piccole dimensioni.”

  1. Peraltro, i dati di De Nicolao darebbero ragione a Gelmini e Tremonti, giacchè apprendiamo che la posizione relativa dell’università italiana sarebbe molto migliorata dopo il 2008. Di cosa vi lamentate dunque?

    O è forse giunto il momento di ammettere che qualsiasi argomentazione del tipo “l’università italiana è…” è un’argomentazione intrinsecamente quantitativa, anche se finge di essere qualitativa? Ognuno di noi, quando afferma, generalizza; e dunque intrinsecamente (anche se tacitamente) quantifica, compara, classifica.

    • I dati non sono di De Nicolao ma sono di qualsiasi organizzazione nazionale e internazionale che si occupa di fare comparazioni tra le performances tra i diversi sistemi scientifici (nel caso specifico Elsevier, ma si veda qui per altre ref: http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0113470). E non danno ragione a Gelmini e Tremonti che al contrario avevano sposato in pieno la tesi di Perotti et al. cioè che l’università italiana non fosse competitiva a livello internazionale. Infine la posizione relativa non è molto migliorata dal 2008 ma è rimasta pressoché stabile. (Mi domando sempre che senso abbia replicare a flamers anonimi che scrivono sciocchezze, ma è Natale)

    • Perché Francesco Sylos stai affermando che Leonardo40 è un flamer? dovresti sapere che: “Ognuno di noi, quando afferma, generalizza; e dunque intrinsecamente (anche se tacitamente) quantifica, compara, classifica.”

    • “i dati di De Nicolao darebbero ragione a Gelmini e Tremonti, giacchè apprendiamo che la posizione relativa dell’università italiana sarebbe molto migliorata dopo il 2008”
      _________________
      Forse leonardo.40 vede un grafico diverso da quello che ho postato (troppo spumante?). Nel grafico di sinistra (articoli per milione di dollari) l’Italia non guadagna nessuna posizione ma si avvicina un po’ a UK.
      Nel grafico di destra (citazioni per milione di dollari) l’Italia viene superata dalla Cina, raggiunge gli USA e supera la Germania. mentre rimane più o meno la stessa la collocazione dell’Italia relativamente a Giappone, Francia, Canada e UK. Sarebbe stupido andare a prendere la terza cifra decimale di questi indicatori, ma il messaggio fondamentale è comprensibile a chiunque abbia smaltito lo spumante natalizio: non ha senso sostenere che l’Italia produce pochi articoli e di poco impatto a fronte dei finanziamenti impegnati.

    • Per Sylos Labini: in realtà non è obbligatorio che rispondiate; anzi, sarebbe più elegante che le affermazioni del lettori fossero lasciare al dibattito fra il lettori stessi, senza che la consueta maestrina dalla penna rossa, nel più puro spirito da Comitato centrale, impartisca la sua pennata. O forse temete che, in tal caso, la bacheca rimarrebbe vuota?

    • “sarebbe più elegante che le affermazioni del lettori fossero lasciare al dibattito fra il lettori stessi”
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      Infatti, quando interviene un lettore a correggere lo svarione di un altro lettore, noi siamo i primi a rallegrarci. Ma di fronte agli errori di ortografia, si rende proprio necessario l’intervento della maestrina (con o senza penna rossa).

    • Per De Nicolao: la metta un po’ come vuole, ma dai suoi dati (non esistono “dati”, ma sempre “dati di qualcuno”: bello che poi Sylos Labini vorrebbe pure pensare di essere antipositivista) in Italia in epoca Tremonti/Gelmini è migliorato sia il rapporto tra numero articoli e investimenti, sia quello tra citazioni e investimenti. Se decide che questo è il criterio che si usa per smentire Perotti (la cui tesi lei evidentemente non approva), deve ammettere che (sempre secondo i suoi assunti) Tremonti e Gelmini hanno aiutato la ricerca italiana. Se poi ha ragione Braccesi, questo è un altro paio di maniche (io non penso abbia ragione: sono abbastanza vecchio da ricordare le mostruosità che si vedevano nell’università italiana anche negli anni ottanta, novanta e primi-duemila).

    • Vedo parecchia confusione.
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      1. “Se decide che questo è il criterio che si usa per smentire Perotti deve ammettere che Tremonti e Gelmini hanno aiutato la ricerca italiana”
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      No, non lo ammetto, perché non sono così sprovveduto da cadere in sofismi ben noti:
      “Post hoc, ergo propter hoc (locuzione latina che alla lettera significa dopo di questo, quindi a causa di questo[1]) è un sofisma che consiste nel prendere per causa quello che è un antecedente temporale”
      https://it.wikipedia.org/wiki/Post_hoc_ergo_propter_hoc
      Rimango sempre stupito dalla mancanza di rigore di alcuni commentatori (ma sono veramente dei colleghi o aspiranti tali?). Ho mostrato quei dati per smentire la seguente affermazione di Perotti:
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      “al di là della retorica, e con le solite dovute eccezioni che è sempre possibile citare, l’università italiana non ha un ruolo significativo nel panorama della ricerca mondiale”
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      I dati mostrano che il ruolo della ricerca universitaria italiana era invece significativo, a maggior ragione se lo si rapportava ai finanziamenti. Il trend di crescita era antecedente ai tagli e solo un ingenuo può pensare che la coppia Tremonti-Gelmini possa avere un effetto immediato su indicatori la cui relazione con i finanziamenti è, per sua natura, dilazionata nel tempo (se finanzio un progetto oggi, devo svolgere gli esperimenti, scrivere gli articoli, farli accettare per la pubblicazione, attendere i tempi di pubblicazione, …). Ancor più ritardato è l’effetto dell’assunzione di ricercatori/professori che lavoreranno negli anni a venire. Non è da scienziati credere in relazioni causa-effetto istantanee (o giù di lì) quando abbiamo a che fare con sistemi sociali come quello dell’istruzione e della ricerca.
      =============
      non esistono “dati”, ma sempre “dati di qualcuno”
      _____________
      Certamente. Non è un caso che, in alto a destra nei grafici, io abbia riportato la fonte:
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      International Comparative Performance of the UK Research Base – 2013 (“A report prepared by Elsevier for the UK’s Department of Business, Innovation and Skills”)
      https://www.gov.uk/government/publications/performance-of-the-uk-research-base-international-comparison-2013
      _____________
      Si tratta di un documento elaborato da Scopus (fonte dei dati) per il Governo britannico. Avendolo letto, sembra la migliore analisi in circolazione relativamente alla comparazione tra la produzione scientifica di alcune grandi nazioni. Come tutti gli studi bibliometrici ha i suoi limiti, ma è più che sufficiente a smentire la tesi di una ricerca accademica italiana senza un ruolo significativo nel panorama mondiale. Se Perotti (o altri) sono affezionati a questa tesi, sta a loro l’onere di provarla con dati altrettanto o più esaustivi.

  2. Le performance dell’Italia che vengono citate in grafici che si impennano negli anni sono la misura esatta della patologia, non dell’eccellenza. L’Italia, partita in ritardo in una gara dove vincono i furbi ed i disonesti, si allinea e supera i maestri alla velocità della luce. C’è da meravigliarsi? Direi di no, perché era tutto prevedibile.

  3. Mi pare che ROARS faccia benissimo a usare i dati bibliometrici. Infatti il punto non è se sia giusto o meno usare i dati bibliometrici (tema oggetto di altri post), ma il sorprendente fatto che esponenti culturali e/o di Governo vengono presi sul serio sulla base di citazione di dati bibliometrici che o non hanno capito o non hanno neppure guardato. Alcuni dei commenti sopra mi paiono un tipico caso di persone che guardano al dito invece che alla luna. E forse non si sono accorti che il dito che stanno guardando è pure quello medio….

    • nel mio settore (ottica) sono ancora molto indietro, stanno praticamente entrando ora nel “gioco”. Hanno avuto molti finanziamenti, quindi si sono comprati laboratori nuovi di pacco con tutti gli ultimi strumenti scientifici (la maggioranza prodotti in USA) ma devono ancora imparare ad usarli a modo. Ma stanno migliorando tecnologicamente, questo sì.

  4. Partendo dal condivisibile assunto di De Nicolao: “con le dovute cautele, è ritenuto possibile effettuare confronti bibliometrici su scala aggregata, come nel caso di intere nazioni o istituzioni scientifiche che non siano di piccole dimensioni” il grafico ci mostra grossolanamente che l’Italia ha una buona performance incrementando anno dopo anno nel mondo accademico il numero delle citazioni per milioni di dollari investiti in Ricerca e Sviluppo. Potremo dire usando un termine aziendalistico abusato che il sistema della ricerca accademica italiano anno dopo anno ha incrementato la sua efficienza proprio negli anni del definanziamento del sistema. Il dato è difficilmente spiegabile. Io trovo solo due possibile spiegazioni: 1) una maggiore produttività a parità di finanziamento (ricordo un vecchio proverbio che metteva in relazione le migliori performance degli artisti con i loro bassi salari) oppure 2) dice Braccesi: “i grafici che si impennano negli anni sono la misura esatta della patologia, non dell’eccellenza. L’Italia, partita in ritardo in una gara dove vincono i furbi ed i disonesti, si allinea e supera i maestri alla velocità della luce” riportando tutto alla insuperabile furbizia italica.
    Non vorrei che avesse ragione Braccesi. Chi sa?

    • siamo in media bravi ad ingegnarci, quindi una volta che il “marketing” del lavorare solo per produrre carta e citazioni aumenta la sua influenza, i ricercatori si organizzano e cercano di seguire la corrente al meglio, indipendentemente dai soldi che hanno a disposizione.
      Ma:
      È qualità questa ? È scienza ? È progresso tecnologico ? Invito a farsi un giro in Cina ed in Giappone, rispettivamente i più “bravi” ed i più “asini” nei grafici postati più in alto, e trarre le conclusioni. In questo momento i giapponesi stanno producendo alcuni oggetti tecnologici in cui sono unici al mondo, e questo ha ricadute sulla società e sull’economia, a dispetto di essere poco “citati”. E vi assicuro che se sosteneste la supremazia scientifica della Cina rispetto agli Usa e al Giappone, almeno nel mio settore, sareste presi poco sul serio.

    • diciamo che prima certi aspetti non venivano considerati importanti, dopo sì. Nel mio settore ci sono diverse buone riviste non ISI italiane e non su cui un tempo si trovavano diversi articoli di buon livello di ricercatori italiani. Chiaro che da quando è partita l’Abilitazione Scientifica Nazionale, con cui valevano solo le riviste ISI o Scopus, tutti hanno pubblicato solo su quelle riviste lì. Io credo che l’incremento sia dovuto a quello. Poi forse c’è anche il fatto che diversi abbiano voluto gonfiare un pò il curriculum sempre per le abilitazioni, mandando un pò tutto il materiale che avevano, che magari un tempo sarebbe rimasto solo oggetto di tesi di laurea…

    • La spazzatura bibliometrica ha trovato in Cina la sua apoteosi, infatti tranne un gruppo picolo di università di prestigio (meno di venti) nel resto plagi, imbrogli etc.. sono la norma. Il giappone ha una qualità MEDIA molto elevata e una scarsa propensione all’ imbriglio. In Italia in certi settori (dove magari 20 è un h-index alto) non sono infrequenti casi in cui lo h-index di qualche individuo è cresciuto di 10 punti in uno/due anni. Ci sono oramai clan citazionali professionali di 30/40 persone che in ogni cosa che scrivono mettono 2/300 citazioni, i cinesi in questo ” new market ” sono fondamentali.

    • La lettura di questi dati deve tener conto che si tratta di “indicatori la cui relazione con i finanziamenti è, per sua natura, dilazionata nel tempo (se finanzio un progetto oggi, devo svolgere gli esperimenti, scrivere gli articoli, farli accettare per la pubblicazione, attendere i tempi di pubblicazione, …). Ancor più ritardato è l’effetto dell’assunzione di ricercatori/professori che lavoreranno negli anni a venire.” [cito da una mia precedente risposta].

  5. Leggo che Nannicini non rientrerà nel governo perchè nessun ministro lo vuole come sottosegretario, per cui secondo il gossip politico del giorno, domani (= 29/12) forse le nomine, lo mettono nella segreteria del PD. Non è detto che da quella posizione non riprovi a rimettere in campo le Natta, anche se dubito che in un governo a tempo, qualcuno voglia mettere la sua testa sotto la ghigliottina e magari tirare pure la corda da solo, tanto per fare contento il nostro.

    • Noi avevamo avvisato Renzi che era meglio guardarsi da amici come Nannicini che ti procurano persino più danno dei nemici:
      =====================
      Caro Renzi, dagli amici ti guardi Iddio …

      Un’ultima riflessione. Nei circoli bene informati, qualche indiscrezione sul progetto di affidare la nomina delle commissioni alla Presidenza del Consiglio circolava già da diversi mesi. In questi stessi circoli era convinzione comune che il Decreto Natta, una volta reso noto, avrebbe avuto un effetto dirompente e che, persino nel sonnolento mondo accademico, le reazioni non sarebbero mancate. E, infatti, non sono mancate.

      Pertanto, ha destato non poca meraviglia che il DPCM venisse inviato al Consiglio di Stato nell’imminenza del voto referendario. Essere paragonato al Duce sulla prima pagina di due quotidiani nazionali non è certo l’ideale per chi sta cercando di convincere gli elettori che la sua riforma costituzionale non comporta rischi di derive autoritarie. E non è nemmeno bello essere bacchettato dal Corriere della Sera o vedersi recapitare una lettera aperta firmata da qualche migliaio di scienziati, inclusi quelli con i bollini di eccellenza internazionale ERC e Thomson-Reuters (si firma qui: L’Università si riforma, non si commissaria da Palazzo Chigi). Tra i primi firmatari c’era persino una vincitrice di ERC, cervello in fuga nei Paesi Bassi …

      Come mai, in un momento così decisivo, i consiglieri accademici di Renzi non hanno frenato l’iter del provvedimento? Talmente sprovveduti da ignorare il possibile effetto boomerang?
      https://www.roars.it/supercattedre-col-trucco-ecco-come-sono-state-dirottate-sulle-materie-della-ministra/

  6. Oltre al lasciar (de)perire le cattedre Natta, fra le poche cose (buone) relative all’università fatte da una ministra chiaramente messa dal pupazzo per provare a rabbonire il personale della scuola con lui discretamente inferocito, non potrà per caso rientrare il superamento dell’assurdo da Guinness per cui non basta l’abilitazione, nemmeno quella a ordinario, per poter partecipare ai concorsi a RTDb? C’era un DDL senatoriale (il 1873), sostenuto da una flottiglia di parlamentari pd (puglisi inclusa), che, partito dalla commissione cultura ad aprile dell’anno scorso, mirava appunto a rimuovere l’assurdo; dopo un semestre di conversazioni in commissione con le opposizioni che ovviamente non avevano nulla da eccepire, il tutto è sprofondato nel nulla. La nuova ministra non potrebbe disseppellirlo? Parrebbe tanto facile, ma ovviamente mi rendo conto che in realtà, in questo paese, è probabilmente chiedere troppo. Tanto più se fosse ben informato Johnny mnemonico, il quale in questo sito ebbe a scrivere che sulla questione avrebbe a un certo punto cambiato idea nientemeno che la puglisi

    • Il problema è stato già risolto con la legge di stabilità (L. 232/2016, comma 338):

      “b) all’articolo 24, comma 3, la lettera b) e’ sostituita dalla seguente: «b) contratti triennali, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a), ovvero che hanno conseguito l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima o di seconda fascia…” (etc. come prima).

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