Nel passato su ROARS sono stati pubblicati diversi post che riassumono dati e statistiche sulla produzione scientifica italiana. Recentemente, questo post di Francesco Sylos Labini segnala una breve notizia sulla prestigiosa rivista Nature, da cui salta fuori che i ricercatori italiani sarebbero molto efficienti, addirittura più efficienti degli statunitensi! Mi sono detto che forse era il caso di dare un’occhiata più approfondita, e dunque sono andato a scaricare e leggere il rapporto originale, che è pubblicamente disponibile qui. Il rapporto è stato commissionato dal governo britannico a Elsevier, ed è un’indagine statistica sulla performance della ricerca inglese rispetto al resto del mondo. Poiché ci siamo anche noi italiani, allora è il caso di dare un’occhiata più approfondita. Vi propongo qui un breve riassunto mostrando e commentando alcuni grafici a mio parere significativi.
Cominciamo dall’input, ovvero da quanto i paesi analizzati spendono nella ricerca. Nella seguente figura viene riportato il GERD in rapporto al PIL dei paesi oggetto dell’indagine.
Il GERD è la spesa totale in ricerca, comprendente la spesa pubblica in fondi di ricerca, il finanziamento diretto all’educazione superiore (HERD), la spesa da parte delle aziende private, e la spesa da altre fonti (principalmente associazioni non-profit come ad esempio Telethon). L’Italia e l’ultima tra i paesi analizzati. Notiamo che tutti stanno tagliando, mentre l’Italia sembra in leggera crescita. Il dato però è da prendere con le molle: la parte tratteggiata delle curve rappresentano proiezioni sui dati OECD. Inoltre, è importante sottolineare la crescita di un rapporto potrebbe anche essere dovuta al calo del denominatore (ovvero del PIL).
È anche interessante dare un’occhiata alla scomposizione della spesa totale nelle varie componenti.
Come vedete, in Italia assistiamo sia a un basso livello di spesa generale, sia il fatto che la spesa privata è tra le più basse in assoluto. In altre parole, le aziende Italiane investono poco nella ricerca. Finora si tratta di dati ben noti.
Vediamo adesso il numero di ricercatori presenti nei vari paesi.
Leggendo il rapporto, salta fuori che il numero di ricercatori presenti in Italia potrebbe essere sottostimato. Su questo tornerò più avanti. Per ora è importante notare che al solito le linee tratteggiate sono stime calcolate sui dati OECD, mentre le linee continue sono dati ufficiali (probabilmente forniti direttamente o indirettamente dal MIUR).
Adesso andiamo a vedere gli “output” del sistema. In particolare, il rapporto si concentra sul numero di pubblicazioni e sul numero di citazioni, estratti dal database Scopus che i ricercatori italiani conoscono molto bene, dato che è stato utilizzato sia per la VQR che per l’ASN. Naturalmente, questo vuol dire che l’indagine copre esclusivamente i settori scientifici bibliometrici.
Nei seguenti grafici viene riportata la percentuale mondiale di articoli per ciascun paese: il grafico a destra è un ingrandimento di quello a sinistra, ottenuto escludendo USA e Cina.
Stesso dicasi per il numero di citazioni
Tali numeri sono tutt’altro che sorprendenti visti gli input, ovvero la spesa e il numero di ricercatori impiegati da ciascun paese. Ma cosa succede se facciamo il rapporto tra spesa e numero di articoli? Nella figura successiva vediamo il numero di articoli prodotti per unità di GERD.
Osservo con stupore che gli USA cadono parecchio in basso nella classifica, mentre l’Italia balza al terzo posto dopo UK e Canada. Se poi guardiamo il numero di citazioni ottenute da articoli italiani per unità di GERD si ottengono risultati simili.
Notiamo che i ricercatori italiani rimangono piuttosto efficienti, nonostante il recente sorpasso del Canada.
Naturalmente, queste sono solo alcune tra le possibili misure di efficienza di un sistema nazionale della ricerca, e non è detto che siano le più adeguate. È però un fatto che tali misure siano sempre più prese in considerazione dai governi nazionali. In particolare, vorrei sottolineare che indici bibliometrici simili sono adottati dall’ANVUR (l’agenzia nazionale per la valutazione dell’Università e della ricerca) sia per valutare le università italiana (ultima VQR), sia per valutare i singoli ricercatori/docenti (vedi ASN).
Riporto per completezza anche i grafici che riportano gli stessi indicatori (numero di articoli e numero di citazioni) per unità di HERD, ovvero rispetto alla sola componente della spesa che riguarda il finanziamento dell’università.
Infine, il rapporto presenta anche dei grafici che mostrano il numero di articoli e il numero di citazioni per ricercatore. Eccoli:
In questi ultimi due casi l’Italia balza incredibilmente in testa. Possibile? Nel rapporto c’è una nota importante:
Of particular note is Italy, which shows a very high but broadly stable productivity per researcher; as noted in the previous report in this series, this indicator may be overestimated owing to underestimation of researcher counts for Italy.
Non mi è molto chiaro in che modo il numero dei ricercatori sarebbe sottostimato. Come detto sopra, per l’Italia il dato sul numero di ricercatori è ufficiale e non una proiezione. La mia ipotesi è che il MIUR comunichi esclusivamente il numero di ricercatori assunti in pianta stabile (a tempo indeterminato) e non tenga conto dei tanti ricercatori precari che lavorano in Italia. Se qualcuno ne sa di più lo pregherei di far luce sulla questione.
Un mio commento finale. A mio parere non c’è da essere contenti del quadro che viene fuori da tale rapporto. L’Italia si piazza in fondo alla classifica di molti indicatori assoluti, come numero di articoli prodotti e numero di citazioni ricevute. In altre parole, la quantità totale di ricerca prodotta è inferiore a quella di altri paesi europei di dimensione simile, come la Francia, il Regno Unito e la Germania. Gli unici dati su cui siamo messi molto bene sono quelli che riguardano il rapporto tra risultati ottenuti e soldi spesi. Ne consegue in maniera abbastanza evidente che il sistema della ricerca scientifica italiana è già molto efficiente, e che difficilmente sarà possibile migliorare questi indici continuando a tagliare la spesa per la ricerca. Certamente tutto è perfettibile, ma forse è il caso di andare a cercare gli sprechi da un’altra parte.
[…] corruzione e perfino della libertà di stampa, ma direi che il fatto che è ultimo in Europa per investimenti nella ricerca, nella didattica e nel numero di laureati siano una base materiale almeno altrettanto […]
[…] Qualche numero Il 50% dei nostri connazionali di età compresa tra 16 e 65 anni non riesce a risolvere un problema in cui compaiano due numeri, e si posiziona penultimo su 24 paesi campionati per le competenze matematiche (indagine Ocse-Piaac). Per i quindicenni le cose non vanno meglio: su 65 nazioni campionate l’Italia si posiziona al 32o posto, preceduta dalla maggior parte dei paesi europei. In alcune scuole l’80% dei ragazzi è pressoché analfabeta a livello matematico. In totale, un quarto dei nostri studenti rientra tra quelli che sono meno capaci in matematica, e un sesto tra i più ignoranti in scienze (indagine Ocse-Pisa). Paradossale, se pensiamo che il metodo scientifico è nato proprio in Italia, con Galileo Galilei. Paradossale, se pensiamo al numero che di influenti scienziati che l’Italia ha sfornato in ogni campo, soprattutto in quello fisico-matematico. Numerosi sono i premi Nobel ottenuti da italiani nelle materie scientifiche. Dal 2014 un’italiana dirige il CERN. L’Italia può vantare la più alta produttività di pubblicazioni scientifiche per ricercatore su finanziamenti concessi, seconda solo al Regno Unito. […]