Nei giorni scorsi è improvvisamente affiorato un disegno di legge delega al Governo in materia di istruzione e università. La delega – tanto vasta quanto indefinita – avrebbe dato carta bianca al Governo su diversi aspetti cruciali. Subito dopo, però, la delega si è inabissata. Ma il laconico comunicato del MIUR lascia intendere che potrebbe presto riemergere in una qualche nuova forma. Quali sono gli aspetti che destano maggiore preoccupazione per l’università? Ne evidenziamo tre: l’incontinenza normativa cui è stata soggetta l’università negli ultimi anni, la genericità della delega e la minaccia di ulteriori radicali interventi decisi dall’alto senza un’adeguata consultazione di chi è destinato a subirne le conseguenze.
(L’articolo che segue tocca unicamente gli aspetti legati all’università, della delega attualmente in gestazione. Per ulteriori rilievi su scuola e ricerca si rimanda ai prossimi interventi)
Da molto tempo Roars sostiene l’esigenza di procedere a correttivi della Riforma Gelmini e principalmente, dei tanti provvedimenti legislativi, norativi e amministrativi generali richiesti dalla sua attuazione. Il percorso che si è avviato e che in parte ha già trovato attuazione offre evidenza di molte criticità che devono essere superate, anche attraverso il ripensamento di alcune scelte.
Una prima e commendevole iniziativa, potrebbe essere proprio quella di procedere alla redazione di un Testo Unico delle norme sul sistema universitario, per consentire a chi vi opera di muoversi in modo più agevole nel contesto normativo – intricatissimo – con il quale abbiamo ormai a che fare.
Da questo punto di vista è ragionevole che – nella bozza ormai pubblica di Disegno di legge delega al Governo, si preveda quanto segue:
- organizzazione delle disposizioni legislative vigenti alla data di adozione dei decreti legislativi medesimi per settori omogenei o per materie, secondo il contenuto precettivo di ciascuna di esse;
- coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti, anche apportando modifiche necessarie per garantire coerenza giuridica, logica e sistematica;
- individuazione e indicazione delle previgenti disposizioni, con l’indicazione, dopo la rubrica di ogni articolo, tra parentesi, degli estremi della previgente fonte normativa, oggetto del riassetto, in modo che sia agevolmente ricostruibile il percorso normativo previgente; in alternativa o in aggiunta, redazione di tabella di raffronto da pubblicar e nella Gazzetta Ufficiale in concomitanza con la pubblicazione del decreto legislativo;
- adeguamento della normativa alla giurisprudenza costituzionale, europea e delle giurisdizioni superiori;
- indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l’applicazione dell’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile;
- aggiornamento delle procedure amministrative, prevedendo l’ampia e ottimale utilizzazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, anche ne i rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa;
- indicazione, dopo la rubrica di ogni articolo, tra parentesi, oltre agli estremi della previgente fonte normativa, oggetto del riassetto, anche della disposizione dell’Unione europea, della giurisprudenza europea attuata.
Meno ragionevoli, e anzi assai preoccupanti, paiono le altre indicazioni contenute nella bozza. Tale bozza, afferma con apposito comunicato stampa il MIUR è da considerarsi superata. Tuttavia, vari indizi inducono a ritenere che non si vorrà rinunciare a presentare un diverso disegno di legge delega, per di più collegato alla Legge di Stabilità, che potrebbe finire per assegnare al Governo il compito di procedere a una riforma della riforma.
Cosa non va in tutto questo? Proviamo ad esporlo sinteticamente per punti.Naturalmente, occorrerà attendere la versione finale del provvedimento per un giudizio fondato su dati certi. Ma è forse meglio non attendere tanto a lungo.
- Il sistema universitario è emerso provato dall’attuazione della l.240/2010. Essa ha richiesto sforzi ingenti e non è pensabile procedere ora, a così breve distanza, a uno stravolgimento del quadro normativo vigente senza assestare un altro colpo (fatale?) al sistema stesso. Come si diceva, occorrono correttivi mirati, non riforme radicali. Nessuna organizzazione può sopravvivere indenne a una sequenza continua di interventi di riforma che finiscono per impegnare la gran parte delle sue energie. Insomma: il sistema dell’università e della ricerca deve assicurare didattica e ricerca di qualità e non può essere indirizzato costantemente verso la riorganizzazione complessiva di sé stesso.
- L’elemento più preoccupante della delega è la sua genericità. Non è pensabile che sia assegnata al Governo una delega assolutamente indeterminata, salvo vaghi parametri, tale da consentire all’esecutivo di congegnare una nuova riforma del sistema universitario senza alcun confronto, in primis con la comunita accademica e poi con lo stesso parlamento. La delega, nella bozza ormai pubblica, concerne: disciplina della finanza, del bilancio e dei controlli, disciplina della valutazione delle attività, organizzazione delle università, ivi compresi gli organismi preposti, contributi universitari, abilitazione scientifica nazionale, ricercatori e assegnisti di ricerca, promozione della ricerca universitaria. La materia oggetto di delega è troppo vasta e il testo è congegnato in maniera tale da lasciar mano totalmente libera al Governo.
- Non è pensabile che si possa anche solo pensare a interventi di tale portata senza consultare, anche attraverso gli organi di rappresentanza esistenti, chi vive e lavora nel sistema oggetto del possibile intervento. Non è tollerabile che si pensi di affidare a pochi soggetti, nel chiuso delle stanze ministeriali, il compito di rivedere il funzionamento del sistema universitario, in alcuni suoi punti chiave, in assenza di qualsiasi dialogo e confronto.
Va detto chiaramente: queste sono le tipiche premesse per un pessimo intervento legislativo. Il Governo dovrebbe ricordare che materie delicate come questa necessitano di confronto e che il confronto, lungi dall’essere di per sé un ostacolo all’attività di governo, contribuisce a renderla – se ben gestito – più efficace.
veramente il problema della legge gelmini può essere risolto con due righe :
La legge Gelmini è abrogata.
Se proprio si volesse entrare nello specifico andrebbe 1) ripristinato il ruolo dei ricercatori a tempo indeterminato, la cui abolizione condanna centinaia di giovani all’emigrazione, 2) ristabilita la funzione deliberante della Facoltà, senza la quale le università sono diventate insopportabili caserme.
Non si può abrogare la legge Gelmini, senza sostituirvi qualcosa d’altro: ci sarebbe il vuoto normativo.
Scusa…tecnicamente non è così! Ci sarebbe la legislazione precedente…per carità, dio scampi, ma insomma…. magari è meglio!
Ovviamente lo sapevi benissimo, lo ho scritto solo per …provocazione. Ormai, mio caro, siamo alla disperazione. Io ho smesso anche di disperarmi: guardo negli occhi degli studenti straniti che si aggrappano a qualche ‘professore’, solo per riceverne calci in faccia.
Un ministro che capisca qualcosa, e dove lo troviamo in Finlandia?
Lo vediamo con questo “ministro” e il suo predecessore, due sedicenti “professori”, e che hanno combinato, sfracelli ancora peggiori, lasciando la “polpa” nelle mani dei burocrati.
Che brutta fine per la più antica Università (come sistema, dico) del mondo!
Io comunque sono terrificato da deleghe di questo genere. E ho paura che non sia finita qui.
A proposito rtdb: ricercatori a tempo determinato di tipo b.
la legge Gelmini modifica il precedente ordinamento. Una volta abrogata la gelmini si ripristina automaticamente il precedente ordinamento.
Se nel frattempo la Madonna ci fa la grazia di darci un ministro che capisce qualcosa di università, possiamo sperare di fare le cose un poco meglio.
mi sono espresso male ma In ogni caso io trovo follia solo pensarlo.
Cari amici, non vorrei ripetermi e quindi sono breve, brevissimo.
Sorvolo su quella schifezza che è stata definita un disegno di legge delega, una cosa (parlo da vile giurista, da “tecnico”) orripilante che, presentata da uno studente, ne avrebbe comportato la bocciatura immediata e l’annullamento di ogni esame precedentemente sostenuto, e magari un ricovero precauzionale alla neurodeliri.
Ma domando: di cosa vi stupite? Ormai (lo dico con grande dolore perché, ahimè, credo fermamente nello stato come entità astratta, all’Italia come mia patria e via retoricando…stavo per dire “onore”, ma mi sono fermato in tempo) il nostro ceto (lasciate che si autodefiniscano “classe”, nemmeno si rendono conto di darsi la zappa sui piedi) politico è fatto da incompetenti, spesso alquanto sbarazzini in tema di legalità, che tutto hanno in “mente” fuori che l’interesse del paese (del quale parlano in continuazione, pensando in realtà al proprio paesello) e, figuriamoci, dell’Università.
Il guaio, il vero tragico guaio, di questo nostro povero paese, è che il ceto politico è solo lo specchio rimpicciolito di una mentalità corrente e diffusa a tutti i livelli, quando addirittura non oggetto di vanto. Il caso Cancellieri (chi ha assistito al “dibattito” parlamentare lo potrà condividere) ne è la conferma.
La consultazione? Collega Banfi, ma di che parli? Quando mai c’è stata, a parte qualche risibile sondaggio, puntualmente ignorato. Consultare implica il rischio di incontrare qualcuno competente che dica cose competenti, vogliamo scherzare!
Sì, basta. E basta anche con i RTD: la gente scappa se non ha prospettive a lungo termine.
Sugli rtd b si era parlato di un piano straordinario di cui si son perse le tracce..
Concordo con Giancarlo Guarino. Cosa spettiamo a bloccare, ma veramente, tutto quanto?
Certo, cara Lilli (? bah).
e come?
ci sarebbe un modo, un solo semplice e serio modo: sospendere ogni attività operativa (salvo le lezioni: gli studenti sono sacri!) e quando dico ogni intendo ogni, e quindi non si fa più nulla, non si partecipa a nessun organo collegiale o monocratico, non si firmano fatture o ordini…al limite non si fanno esami (di nuovo con molti dubbi: gli studenti sono sacri, ma per un po’ si potrebbe), non si partecipa a sedute di laurea, non si partecipa alle commissioni di vario genere ivi compresi ASN (visto che le sigle piacciono: abilitazione scientifica nazionale!), ci si rifiuta di “valutare” colleghi e prin e firb e qualunque altro assurdo acronimo, ecc.
Chi ha il coraggio di farlo?
Io sono pronto…ma gioco sporco, lo confesso: tra qualche mese mi mettono nella spazzatura.
RTD, RDT b…ma siete matti?
Parlate chiaro, almeno voi.
Se non altro, per ora non é menzionata nell’OdG del CdM di domani…
«Il sistema universitario è emerso provato dall’attuazione della l.240/2010. […] Come si diceva, occorrono correttivi mirati, non riforme radicali.» Dipende da che cosa si intende. Io chiamerei «riforma radicale» la semplificazione delle procedure e l’abolizione di mille vincoli (509 + 240 + AVA), che ottengono il solo effetto di rendere opache e soggette ad ogni arbitrio procedure che prima erano trasparenti e condivise. Conservo ancora il verbale di quando nel mio CCL (una quindicina di anni fa) venne deliberata l’attivazione di un nuovo indirizzo: fu un’animata e partecipata discussione di una mezz’ora, alla fine della quale tutto era fatto: dopo un’ora era pronta la nuova pagina da inserire nella Guida dello studente dell’anno dopo. Ora, anche solo per introdurre una sola disciplina opzionale, un delirio burocratico tra RAD, NdV, Senato accademico, Presidio di qualità, OFFF, MIUR, CUN, Sua, GOMP, Centro di calcolo, in cui nessuno ci capisce più niente, in cui tutto avviene con un ritardo clamoroso, e in cui qualsiasi manina maliziosa potrebbe inserire quello che vuole perché sa per certo che nessuno andrà mai a controllare. Ma se la cancellazione di tutto ciò vogliamo chiamarlo un «correttivo mirato», nulla in contrario.
“correttivo mirato”, indeed.
Isolo un’espressione e un concetto: “ministri-professori (universitari) del MIUR”. Trascuro gli economisti ecc. Prendiamo gli ultimi due: Profumo e Carrozza. Mi domando: che tipo di studiosi sono, all’apice della loro carriera? Credo, cioè, che lo studioso affronti criticamente i problemi, i fatti, i dati. Che cerchi di conoscerli anzitutto documentandosi, di sviscerarli, rivoltarli, smontarli e poi rimontarli e comprenderli a modo suo, descrivendo, spiegando e giustificando ciò che fa. Questa è una forma mentale che non credo si possa abbandonare di punto in bianco, nel momento stesso in cui si varca la porta di un ministero come ministro, cioè come capo di quell’istituzione, con un ruolo politico, con una visione d’insieme, e non come tecnico. Credo, a questo punto, che si tratti piuttosto di managers che come tali si sono costruiti la carriera. Il che non è negativo in sé, ma non è né sufficiente e nemmeno necessario per fare lo studioso, per esserlo.
Certo che le ultime esperienze, in quanto a Ministri, lasciano un poco perplessi.
Ero nella commissione che lo scorso nove settembre coordino’ a Milano il lavoro per il test di ammissione a medicina. A mezzogiorno, con l’esame in corso, venne da Roma la notizia dell’abolizione del punteggio previsto per il voto di diploma. Che tempismo!
Ora, veniamo informati che, rientrata la possibilità di rientrare nella graduatorie grazie al voto di diploma circa 2000 nuovi studenti potrebbero essere ammessi a frequentare il primo anno. A due mesi dall’inizio dell’anno accademico? E dove metterli, stante che le nostre aule sono programmate per un determinato numero di allievi? E come far loro recuperare le ore di lezione perse? Spero che il prossimo ministro non sia un professore universitario e condivido con Perrotti l’idea che sia necessario un tratto di penna sulla 240. E’ solo un sogno naturalmente…..
Al di là di ciò che si potrebbe eliminare o ridurre o migliorare, cosa che richiederebbe una discussione seria approfondita e documentata (forse sarebbe il caso di farla, almeno qui) non per addetti ai lavori e quindi irta di sigle incomprensibili ecc., al di là di ciò, quello che è evidente a tutti è la riduzione della Università (specie delle meno ricche) ad una struttura burocratica, dove la fantasia, l’inventiva, la novità sono proibite. Tutto viene schematizzato, e inserito in statistiche cretine. Gli studenti ne sono solo un oggetto, silenzioso e pagante, “servito” malamente e con sprezzo, da burocrati.
Lo stesso Ministro, al di là delle volgarità che dice e degli interessi che difende, non conta molto, non sa in realtà nulla: ha ragione la Lorinczi, con la cultura ha poco a che vedere.
Ormai contano i burocrati, come un certo Lifone, o Livone, o Livano, o non so cosa del quale ho letto da qualche parte il nome, non ricordo bene. chi sa se pure laureato.
Contro le assurdità e gli abusi ottusi di ciò e del mitico anvur (il solito carrozzone che non manca mai in Italia e che, regolarmente, si copre di ridicolo) sono state avanzate proteste, ricorsi, denunce.
Ecco una cosa che questa rivista potrebbe molto vantaggiosamente fare per iniziare un dibattito significativo e serio: elencare tutti i ricorsi ecc. pendenti e il loro oggetto, e, intanto darne notizia pubblica e trasmetterne l’elenco alla Corte dei Conti. Sarebbe, ne sono certo, un inizio interessante e utile, che forse indurrebbe qualcuno a ragionare e magari qualcun altro ad andarsene prima di essere cacciato…anche se non saprei bene da chi.
A me sembra che il CV scientifico della Carrozza non sia solo “gestionale”, anzi.
E non ha fatto carriera univ. ope legis.
Daniele Livon e’ laureato in Economia.
La spocchiosa abitudine di certi professori di dare degli incolti a tutti gli altri e’ nota.
L’idea che “ignoranti gestiscono il Paese con finalita’ occulte” la sento da quando avevo 10 anni. Che palle!!!
1. Le finalita’ sono palesi. E sono purtroppo largamente condivise.
2. Coloro che le attuano non sono affatto ignoranti.
3. Coloro che criticano spesso lo fanno semplicemente perche’ vogliono sostituirsi a chi dirige, senza poi cambiare alcunche.
4. Non c’e’ niente che si possa cambiare, a livello italiano.
5. Possiamo solo adeguarci a quello che fanno quelli piu’ grossi e ricchi di noi.
6. Giusto per rendere il tutto un po’ “occulto”: i punti precedenti, ed anche questo, sono falsi.
Alcune amare verità.Se fosse stato un decalogo l’avremmo scolpito nella pietra. Mi premuro di precisare che il punto 6. si applica anche al mio commento.
Eh eh… con la “spocchia” non si va lontano.
Se il Ministro ha fatto qualcosa per l’Università, lo dimostri: non occorrono gli insulti per farlo.
La cultura è cosa diversa dalla competenza tecnica.
Non basta una laurea (che non si nega a nessuno, tranne a chi se la merita) per essere capaci.
Uno dei guai del0’Università è proprio che gli “interessi difesi” non ci sono, prevale la melma.
Eccetera.
Anche tutto ciò è falso…bisognerebbe farne un videogioco.