Segnaliamo le interrogazioni parlamentari depositate da PD e IDV su ANVUR e Abilitazioni nazionali.
1. CAMERA
Interrogazione a risposta scritta 4-18061 presentata da WALTER TOCCI giovedì 11 ottobre 2012, seduta n.701
TOCCI. – Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:
da gran tempo è stata ampiamente riconosciuta nel dibattito pubblico la necessità di un adeguato e autorevole sistema di valutazione in grado, tra l’altro, di porre in evidenza i meriti e le risorse del sistema universitario; presupposti necessari per la realizzazione di questo obiettivo sono l’assoluta indipendenza dell’Agenzia ANVUR cui è affidato il delicato compito, la sua indiscussa autorevolezza, la linearità e coerenza degli indirizzi adottati, la condivisione o comunque il riconoscimento della scientificità dei criteri seguiti da parte della comunità accademica; le prime esperienze avviate dall’Agenzia, pur con innegabile impegno e dedizione da parte di tutti i suoi componenti, hanno tuttavia fatto emergere molti dubbi sulla metodologia seguita a causa di errori e incertezze che si sono ripetuti negli ultimi mesi; i criteri dettati per la valutazione della qualità della ricerca e più di recente quelli per l’abilitazione scientifica nazionale, l’appuntamento più atteso per riavviare l’accesso dei giovani ricercatori nel sistema garantendo trasparenza e serietà di giudizio, hanno determinato ampie e documentate critiche da parte delle comunità scientifiche; la stessa ANVUR ha risposto a tali critiche ammettendo gli errori e cercando di sopperire a tali carenze con indirizzi che appaiono incerti e aleatori, come si legge nel documento pubblicato sul sito dell’Agenzia il 14 settembre 2012, che mal si conciliano con la traduzione normativa dei criteri di valutazione; nel predetto documento l’Agenzia riconosce la validità di diverse critiche avanzate dalle comunità scientifiche e ammette che gli errori sono stati determinati dalla fretta con cui tutto il procedimento è stato portato avanti; la costruzione dei valori delle mediane risulta estremamente difficile a causa della mancanza di informazioni fondamentali, a cui si sarebbe potuto far fronte attraverso la costruzione dell’ANPRePS (anagrafe nominativa dei professori ordinari e associati e dei ricercatori delle pubblicazioni scientifiche prodotte); l’Agenzia ha riconosciuto anche che la prima versione degli indicatori per il calcolo delle mediane conteneva degli errori; sul valore prescrittivo e dirimente delle mediane ai fini del conseguimento dell’abilitazione e della partecipazione alle commissioni giudicatrici ci sono state da parte dell’Agenzia dichiarazioni ad avviso dell’interrogante aleatorie che rendono incerte le norme di riferimento e rischiano di ingenerare contraddizioni nei comportamenti delle commissioni e disparità di trattamento tra candidati e settori concorsuali; sia il CUN che la CRUI hanno espresso perplessità sulle procedure adottate e timori per la situazione confusa che si è venuta a creare; ad oggi si contano già numerosi ricorsi promossi da rinomate società scientifiche e da associazioni e comitati di professori e ricercatori universitari e la situazione che si è determinata favorisce il diffondersi di ulteriori contenziosi giurisdizionali che potrebbero bloccare l’intero procedimento; questa eventualità potrebbe produrre tuttavia gravi danni per le aspettative di tanti giovani ricercatori interessati a questo appuntamento e potrebbe mettere in discussione la credibilità della stessa Agenzia -:
se il Ministro non ritenga di intervenire nella situazione che si profila di potenziale grave danno per il sistema universitario ponendo in essere tutte le iniziative politiche e giuridiche necessarie per ripristinare serenità nell’ambiente accademico, scongiurare i rischi di paralisi del sistema e restituire fiducia nella necessaria attività di valutazione. (4-18061)
2. SENATO
Interrogazione a risposta scritta 4-08277 presentata da ELIO LANNUTTI mercoledì 26 settembre 2012, seduta n.802
LANNUTTI – Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca – Premesso che:
il “Fatto Quotidiano” riporta un articolo sulle polemiche relative alla pubblicazione da parte dell’Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) della lista delle pubblicazioni di valore scientifico accettate per partecipare ai concorsi: «È scoppiata la polemica sul concorso per l’abilitazione scientifica nazionale dei professori universitari e sulle scelte dell’Anvur, l’Agenzia per la valutazione del sistema universitario e della ricerca voluta da Fabio Mussi e poi istituita da Mariastella Gelmini e già colpita da ritardi, ricorsi e polemiche. Il 20 settembre, con diverse settimane di ritardo, l’Anvur ha pubblicato le liste delle riviste scientifiche che verranno ritenute valide per calcolare i punteggi che i candidati devono raggiungere per poter essere abilitati a diventare professori universitari, ovviamente se e quando gli atenei assumeranno nuovi professori. Infatti solo i saggi e gli articoli pubblicati nelle riviste incluse nelle liste saranno ritenuti di profilo scientifico adeguato. Scorrendo le liste per le aree cosiddette “non bibliometriche”, cioè le discipline umanistiche, storiche, giuridiche e le scienze sociali, si trovano però molte sorprese. Secondo le linee guida della stessa Anvur le riviste devono essere di tipo accademico, dotate di comitato scientifico, e per ovvi motivi non sono da includere quotidiani, settimanali, riviste divulgative o bollettini. È naturale: per dimostrare di essere un buono storico un ricercatore dovrebbe pubblicare saggi su una rivista specializzata e sottoposta al controllo di altri esperti del settore, e non su un mensile che va in edicola e scritto per il pubblico generico. Eppure le liste Anvur, subito spulciate dai diretti interessati di Return on Academic Research, sono piene di giornali e riviste che non hanno nulla di scientifico. Il risultato è tragicomico e sembra avere poco a che fare con lo sbandierato “merito”. Per esempio, pubblicare un articolo su FFwebmagazine, cioè il bollettino online della finiana fondazione Fare Futuro può valere un posto nel settore delle scienze giuridiche. Scorrendo un po’ la lista compaiono nomi di altra levatura: per esempio, la Harvard Law Review. Ma anche i giuristi che si sono limitati a pubblicare sul meno prestigioso giornale dell’arcidiocesi di Udine, La vita cattolica, possono stare tranquilli: sono nella lista, così come coloro che hanno pubblicato saggi su Il commercialista veneto. Il settore delle “Scienze dell’antichità filologico-letterarie e storico-artistiche” comprende invece chicche come Etruria Oggi, house organ della Banca Etruria, Il Mattino di Padova, e persino Airone, sì proprio la rivista Airone, noto luogo di dibattito filologico e artistico di altissimo profilo accademico. Chi volesse concorrere per l’abilitazione nel ramo ingegneristico avrà a disposizione riviste di profilo scientifico altrettanto elevato, come Yacht Capital, che si autodefinisce “magazine di costume e life-style che ospita anche interviste esclusive e incontri con i più illustri esponenti di questo prestigioso ambiente, personalità di spicco della finanza e dell’industria con la passione per il mare”. Certo, anche chi ha pubblicato un saggio sull’International Journal of Automotive Technology and Management può usarlo per far salire il proprio punteggio, ma sai la fatica? Le liste sono state stilate inserendo le riviste segnalate da chi professore è già, cioè dai docenti universitari già in ruolo. Tuttavia l’Anvur aveva il compito di controllare e validare le riviste per dar vita a liste credibili. Infatti da un lato l’inclusione di queste testate significa che il corpo docente universitario è composto anche da professori che ritengono meritevole ai fini accademici pubblicare su Cittadini dappertutto, o La rivista del clero italiano (che sostiene di mirare a “alimentare un sapere della fede cristiana radicato nella fede evangelica”). Ma oltre a questo problema c’è il sospetto che includere queste testate rischi di favorire candidati che sarebbero esclusi da una valutazione seria ma che magari fanno parte di questa o quella cordata o parrocchia»;
considerato che:
si legge su “Il Manifesto” del 25 settembre 2012 che l’agenzia «costa 7 milioni di euro all’anno, mentre ai membri del consiglio direttivo vengono erogati compensi di 180 mila euro, nonché 210 mila al Presidente. Solo nel 2012 l’Anvur gestirà un colossale processo di valutazione che costerà 301,9 milioni di euro: 276,2 milioni per i 450 valutatori, 18,7 milioni a carico delle 1700 strutture universitarie. Ci sarebbe da gridare per la rabbia, considerando che il taglio agli atenei previsto per quest’anno ammonta a 407 milioni di euro. Già la pubblicazione delle mediane dei titoli necessari sia per essere ammessi al ruolo di commissari, sia per accedere all’abilitazione, hanno sollevato seri dubbi sulla competenza dell’Anvur (..) I vari gruppi di valutatori nominati arbitrariamente dal direttivo dell’Anvur, senza alcun processo trasparente, né gara pubblica, avevano già individuato le cosiddette riviste di fascia A, quelle cioè più scientificamente prestigiose, innescando un mare di polemiche. In alcuni casi, nei settori scientifici meno soggetti a vincoli e controlli, come quegli umanistici, è apparso subito evidente che erano entrati in gioco fattori molto poco scientifici e universalistici»;
sul sito www.roars.it, curato da un combattivo gruppo di docenti e ricercatori, si legge che il 24 settembre, «sul sito di ANVUR (…) viene pubblicata, nella sezione ASN/documenti, una versione aggiornata del documento esplicativo sulla lista delle riviste di classe A dei settori non bibliometrici per l’abilitazione nazionale. La vecchia versione del documento, risalente al 18 settembre scorso, e da noi già commentata (“La mediana è mobile qual piuma al vento”) non è più disponibile sul sito dell’agenzia. Se si procede ad un raffronto tra le due versioni, si nota che l’unica differenza riguarda il punto 3 del documento»;
in particolare nella “versione del 18 settembre” riportata sempre dal citato sito si legge: «3. Il Gruppo di lavoro Libri e riviste scientifiche ha operato a partire dal mese di luglio 2012 e ha prodotto le liste in tempo utile per l’utilizzo al fine della pubblicazione delle mediane dei settori non bibliometrici, avvenuta a fine agosto. Le liste prodotte sono state preventivamente sottoposte al parere dei Gruppi di Esperti della Valutazione (GEV) della VQR». Mentre nella versione del 24 settembre, sempre al punto 3, viene riportato: «3. Il Gruppo di lavoro Libri e riviste scientifiche ha operato a partire dal mese di luglio 2012 e ha prodotto le liste in tempo utile per l’utilizzo al fine della pubblicazione delle mediane dei settori non bibliometrici, avvenuta a fine agosto»;
la pagina Internet conclude: «Pertanto, è stata rimossa la frase che specificava che le liste erano state sottoposte al parere preventivo dei GEV»,
si chiede di sapere:
se il Governo non ritenga che l’Anvur abbia preso per buone tutte le suddette riviste, senza controlli, scremature ed esclusioni, dando prova di una leggerezza e una superficialità che renderebbero necessarie le dimissioni del comitato direttivo e, di conseguenza, quali iniziative intenda adottare a riguardo;
se risulti corrispondente al vero che i vari gruppi di valutatori siano stati nominati dall’agenzia senza indire alcuna gara pubblica e comunque senza alcuna procedura trasparente;
se risulti che le liste in questione siano state sottoposte preventivamente a tutti i gruppi di esperti della valutazione (GEV);
se risulti la rimozione della frase relativa al punto 3 possa essere stata utile ad occultare l’insorgere di un conflitto di interessi dei numerosi membri GEV che si sono candidati come commissari per le abilitazioni, considerato che la frase eliminata evidenziava il loro ruolo nell’approvazione di liste di riviste fondamentali per la selezione dei commissari;
se risulti che le suddette testate sono state introdotte per favorire candidati che sarebbero stati esclusi da una valutazione più accademica ma che magari sono sponsorizzati da determinate alleanze o gruppi di potere.
(4-08277)
Mi sembra che in tutte le discussioni sul tema che ho potuto seguire su ROARS non si affronti un punto che per me é focale, ovvero gli errori dei database di Scopus ed ISI nel computare il numero di citazioni, da cui discendono gli indicatori bibliometrici.
Per gli interessati, ci sono anche dei lavori scientifici che documentano ció, come ad esempio
“To be or not to be cited in computer science”
Bjorn De Sutter, Aäron Van Den Oord,
Communications of the ACM , Volume 55 Issue 8, August 2012.
Nelle conclusioni di questo lavoro si legge letteralmente:
“ACM, Scopus, and WoS must develop better reference-parsing technology to fix the significant undercitation in their databases.
Due to the variations in undercitation, the ACM DL, Scopus, and WoS, and even combinations thereof, are unreliable information sources for the most commonly used citation-based metrics in CS. Moreover, Scopus and WoS databases reflect a significant bias against covered conference proceedings, resulting in underestimation of their impact.”
Pertanto, anche nell’ipotesi di voler ricorrere a meccanismi bibliometrici per le valutazioni dei singoli, bisognerebbe che almeno i dati su cui si basano i calcoli fossero corretti.
Ed invece questo é dimostrabilmente non vero.
Vogliamo continuare a sostenere che i meccanismi ANVUR sono equi anche a fronte di questi errori nei database?
“Vogliamo continuare a sostenere che i meccanismi ANVUR sono equi anche a fronte di questi errori nei database?”
Si se, come ho gia’ detto piu’ di una volta, facciamo un ragionamento comparativo con la peer review italiana che non funziona. I meccanismi ANVUR sono sicuramente piu’ equi nonostante i mille problemi e problemini degli indici bibliometrici.
Mi sembra che a furia di leggere papers scientifici sulla bibliometria hai perso il focus sul vero problema che ho evidenziato anche con esperienze personali.
Ancora nessuno mi ha fatto un esempio concreto di come fare ad evitare che, IN ITALIA, succedano ancora certe schifezze. Invece io ti ho dimostrato chiaramente con numeri alla mano che il sistema ANVUR avrebbe esattamente evitato quello che e’ successo a me a molti altri.
In verità ne abbiamo parlato. L’ANVUR e i suoi sostenitori ti diranno sempre che quello che vale per te vale per tutti e quindi non si commette un’ingiustizia. In realtà se pensi ad una mediana ottenuta come rapporto di due numeri incerti viene un po’ difficile dire che la si supera per 0.01 almeno. Fantoni ha omesso la trattazione degli errori e questo è molto grave per un fisico. La seconda mediana bibliometrica è (C +/- delta_C)/(E +/- delta_E)= C/E +/- delta_C/E -/+ C delta_E / E^2.
@Thor: nessuno ha (ancora?) dimostrato che l’errore é distribuito equamente sui singoli individui che appartengono allo stesso SSD.
In assenza di ció, non si puó escludere che ci siano persone il cui errore di sotto-citazione é molto piú alto di altre. Queste persone sono fortemente penalizzate NON dall’uso di un metodo bibliometrico, ma dai dati errati.
Che facciamo, continuiamo a chiuderci gli occhi ed a turarci il naso?
Le schifezze sono generate da un sistema clientelare e corrotto in tutti i campi. Dal pubblico impiego ai privati. Riesci a fare e a ottenere qualcosa solo se sei amico di, figlio di, etc. E’ una dura realtà da accettare, ma spesso è così. Prima c’erano più possibilità per tutti (bravi e meno bravi). Ma adesso che ci sono meno soldi e la cinghia si è stretta, è più difficile avere pari opportunità per chi è bravo ma non ha “appoggi”.
Se arrivi secondo ad un concorso, non è perchè sei mediocre. Ma perchè il “predestinato” era qualcun altro.
Se nei giudizi di un concorso i tuoi titoli vengono “ridimensionati” e non valutati come si dovrebbe, non è perchè non sei stato capace di indirizzarti a fare le cose giuste, ma perchè superi di gran lunga l’eletto e quindi devono trovare l’appiglio.
I meccanismi dell’ANVUR sono arginabili come per la peer review, se si vuole. Basta organizzarsi per tempo. E mi sembra che gli esempi fin qui proposti su questo blog ne siano una dimostrazione. E, sinceramente, per come si è svolta la vicenda in più di una occasione ci sono gli estremi
Il problema è l’onestà intellettuale di chi ha condotto e in futuro dovrà condurre le valutazioni.
Poi scusate. L’abilitazione, non è un concorso. Si doveva solo trattare di stabilire un minimo di criteri per fare in modo da creare una serie di scaglioni di accesso ai ruoli di associato e ordinario. Dopo di che tutto viene deciso in sede locale (peer review più approfondita).
SI vuole che tra i criteri di scrematura ci sia la produttività? Bene. Purchè poi le mediane vengano calcolate onestamente e su una base dati attendibile (cosa che non è avvenuta com’è stato ampiamente dimostrato su questo sito). Alla fine che c’è di male? Se non sono pronta questa tornata, mi presento alla prossima.
Perchè c’è tutto questo affanno? Qui sembra si stia parlando dell’ultima spiaggia. Tutti alla rincorsa di non si sa bene che cosa. O c’è dell’altro che verrà in seguito e di cui in pochi sono stati informati? E allora conseguire l’abilitazione diventa essenziale?
@samueleuk: chiedo scusa, ma mi sfugge il tuo post nel quale affermi di aver “dimostrato chiaramente con numeri alla mano che il sistema ANVUR avrebbe esattamente evitato quello che e’ successo a me a molti altri”.
Sará un mio limite (forse sopraggiunto a furia di leggere papers scientifici sulla bibliometria, come tu dici — ma poi mi chiedo come fai a sapere quali e quanti papers scientifici io legga), ma sono abituato ad un concetto di dimostrazione in cui si usa il rigore matematico.
La veritá é che se si vuole utilizzare un sistema automatico (cosa che non ritengo saggia, ma tant’e´), almeno i dati ed i programmi che usa devono essere validati. E lo dico da “computer scientist”.
Negare questa veritá elementare e basilare, adducendo la motivazione del “bene superiore” da ricercarsi con qualunque mezzo anche a scapito di equitá, correttezza e trasparenza mi sembra indegno di un paese civile.
“caso di Ji-Huan He”
Il bello della bibliometria e’ proprio questo. Essendo alla luce del sole, si possono andare a scovare questi casi (rari) di manipolazione del sistema. In generale, il sistema bibliometrico funziona (e infatti se ne tiene conto eccome anche all’estero) e la sua introduzione forzata in Italia avra’ molti beneifici rispetto alla situazione precedente. E con questo chiudo altrimenti non lavoro piu’ e il mio H-index non sale :-)
Non mi sembra di aver ricevuto una risposta alle mie obiezioni.
Peraltro, mi sembra che le osservazioni del tipo che ho fatto io molto di rado ricevano smentite argomentate con fatti e numeri.
A me basta questo.
Buon lavoro, e buona crescita di H-index.
Un ninja lo avevamo già localizzato, l’ANVUR no.
https://www.roars.it/la-leggenda-delle-mediane-fluttuanti/comment-page-1/#comment-4608
Posso sottoporvi due esempi di cui sono testimone oculare?
1. Un ordinario diventa sorteggiabile alle abilitazioni solo grazie a 3 articoli di circa 10 pagine in tutto pubblicati su una rivista di Fasca A. Detto commissario non ha pubblicato nulla altro nell’ultimo quindicennio.
2. Una giovane promessa accademica accede all’abilitazione grazie ad un estratto di 20 pagine della sua tesi di dottorato pubblicato sulla stessa rivista.
Ora considerato che, in molti casi, la classificazione delle riviste di Fascia A è stata fatta come è stata fatta, in modo frettoloso, irragionevole, non ripondente ad alcun criterio bibliometrico, tale da indurre forti sospetti di scorrettezza e partigianeria, domando:
COME SI PUO’ AVERE LA FACCIA TOSTA DI DIFENDERE LA CULTURA DELLA VALUTAZIONE DELL’ANVUR?
Naturalmene non mi aspetto nessuna risposta da tutti coloro che si trovano nella condizione dell’ordinario e del concorrente sopra indicati.
Se a qualcuno questo bel sistema conviene, abbia almeno la decenza di usufruirne in silenzio, senza tentare di convincerci delle virtù della pozione magica delle streghe pasticcione che lo hanno inventato e messo in opera.
PS. una rapida scorsa ai cv degli aspirani commissari, disponibili on line, sul sito ASN, vi convincerà che non sto parlando di casi isolati….
Infatti. Il problema è proprio questo. Se si decide di adottare dei parametri come le mediane (si può essere d’accordo o meno) poi tutto ciò che ne consegue deve essere fatto correttamente e coerentemente.
Nel caso dei settori NON BIBLIOMETRICI (caso che seguo) non è possibile assistere a tutto ciò che è stato fatto nella classificazione delle riviste di classe A o della lista delle riviste scientifiche e rimanere in silenzio.
E’ come se qualcuno le avesse redatte a proprio uso e consumo. Forse perchè, mano a mano che hanno calcolato le mediane, qualcuno si è accorto che non inserendo alcuni titoli difficilmente qualche commissario e/o qualche candidato avrebbe potuto accedere alle abilitazioni.
Non capisco però una cosa: con gli occhi puntati addosso da parte di tutto il mondo accademico italiano, com’è possibile che non si siano resi conto che sin da subito i “vizi” di queste liste sarebbero emersi anche agli occhi dei non esperti? Ingenuità o arroganza?
Eugenio: “COME SI PUO’ AVERE LA FACCIA TOSTA DI DIFENDERE LA CULTURA DELLA VALUTAZIONE DELL’ANVUR?”
Purtroppo a questo commento devo rispondere. Guarda che io sono del tutto disinteressato all’abilitazione. Sono ordinario in UK e posso presentarmi a qualsiasi concorso locale senza fare l’idoneita’ nazionale. La mia difesa del sistema di valutazione dell’ANVUR (per i settori bibliometrici) e’ del tutto onesta
@Francesco Sylos Labini, post delle 9,57.
Il testo che riporti è impeccabile e taglia la testa a inutili discussioni. C’è un “pasticciaccio brutto” Anvur (vogliamo definirlo solo così?). che umilia e mortifica ogni seria riflessione sulla bibliometria. C’è la grande illusione di chi sta fuori dell’Università di poter forzare la volontà di una commissione concorsuale usando una scienza “neutra”. Nella seconda metà dell’ottocento, un simile atteggiamento sarebbe stato definito positivistico, ma il discorso sarebbe troppo lungo. Per quanto mi riguarda, sono più interessata a chi sta fuori che a chi sta dentro (purché sia bravo) ma non credo che indicatori “oggettivi” risolvano il problema. Certo, nei settori scientifici, possono contribuire ad evitare grosse ingiustizie, ma in quelli umanistici…Il caso ha voluto che non fossi mai candidata “locale”, ma non me la sento di stigmatizzare con questo termine chi si è formato in una scuola scientifica, chi ha avuto un Maestro (io sono sempre stata orfana)e chi ha fatto davvero il precario, sostenendo attività didattiche pesanti e impegnative e aspetta almeno una stabilizzazione dalla sua struttura. Che soprattutto non si faccia una guerra tra poveri. Il sistema Anvur è indifendibile, falsa oggettività che cerca di occultare una rete di potere che emerge da ogni parte (assenza di trasparenza,arroganza, manipolazione). Non è così che si può valutare la ricerca. Io spero che ognuno di quelli che sono “fuori” trovino almeno un commissario onesto che li difenda fino alla fine.
proprio ieri ne parlavo con dei colleghi fisici francesi che si sono fatte grasse risate a sentire le storie anvuriane. pero’ per noi non c’e’ niente da ridere.
samueleuk io sono ordinario alla Sapeinza di Roma…ma io, a differenza di altri, cerco di guardare all’interesse generale
Non lo metto in dubbio. Pero’ tu evita di accusare chi difende le scelte dell’ANVUR di farlo perche’ “gli conviene” e di avere “almeno la decenza di usufruirne in silenzio, senza tentare di convincerci delle virtù della pozione magica”.
Caro samueleuk, avevo controllato ma avevo anche deciso di non intervenire perchè mi sembrava indelicato. Ma visto che lo suggerisci tu, mi puoi confermare che il concorso da ordinario che hai perso è quello del 2008 (l’ultima tornata che si è svolta in Italia)?
Certo. Il concorso pero’ si e’ concluso a Maggio 2011 (no comment)
Perchè vedi, e di nuovo non fraintendermi, sono certo che sei un eccellente ricercatore e hai tutto il mio rispetto, ma all’epoca avevi conseguito il Ph.D. da soli 3 anni (nel 2005 dal tuo CV), e non si diventa ordinario con 3 anni di anzianità dal dottorato nè in Italia nè in generale in UK, perché per diventare ordinario sono necessari (anche nelle abilitazioni) anche altri parametri. Il tuo h-index all’epoca era 7 con 127 citazioni totali, quello del tuo collega 6 con 148 citazioni totali. All’epoca avevi 31 pubblicazioni su Scopus, il tuo collega 26 su Scopus (più molte altre in italiano). Il tuo collega aveva già al’epoca vari progetti di ricerca finanziati e coordinava gruppi di ricerca, tu immagino meno. All’epoca, i vostri profili bibliometrici non erano così diversi, e tu saresti stato praticamente un post-doc in Italia o un ricercatore in Italia (così come lo eri in UK). Non mi sembra che l’esito di quel concorso, sulla base dei soli indici bibliometrici, sia stato scandaloso. Peraltro, sei diventato full professor a Kent a fine 2011 (a giudicare dalla affiliazione), e fino ad allora eri senior lecturer a Bangor(dal 2000 a Bangor), quindi non è che nel 2008 a Bangor (dopo 7 anni di lavoro li’) ti abbiano fatto full professor e in Italia no. Sempre desumendo gli indicatori bibliometrici da Scopus, senza valutare altri aspetti che non posso conoscere. Insomma, gli indici bibliometrici hanno senso (quasi) se applicati a grandi aggregati, sono solo grossolanamente informativi (e neanche tanto) se applicati agli individui.
con questi numeri in fisica si prende al massimo un postdoc
La valutazione comparativa e’ stata fatta nel 2011, non nel 2008, e io ero gia’ ordinario in UK (Novembre 2010, non fine 2011 come dici tu).
E non venirmi a fare ragionamenti burocratici del cavolo che i commissari dovevano valutare il CV solo fino al 2008. Stiamo parlando di sostanza. Altrimenti non hai capito una cippa lippa
“e non si diventa ordinario con 3 anni di anzianità dal dottorato nè in Italia nè in generale in UK”
Io sono diventato ordinario in UK a 5 anni dal mio dottorato e i miei genitori non hanno neanche la maturita’. Invece in Italia so che ci sono trentenni ordinari, ma sono figli di rettori.
Ma fatemi il piacere !!!
@ samueleuk
Oops, touché?
Chissà quanti di questi ‘traditi dalla cinica patria’ ci sono in giro a raccontare aneddoti attenti più al verosimile che al vero?
Finora non ero particolarmente ostile all’uso, sia pure circoscritto e moderato, della bibliometria, ma i suoi difensori stanno facendo un lavoro argomentativo talmente buono che sto rivalutando come parametri valutativi obiettivi l’ordalia ed il tiro alla fune.
Mi spieghi meglio quali sarebbero gli anedotti piu’ attenti al verosimile che al vero?
Non credo siano tanti, ma certo alcuni molto rumorosi sui media (almeno, per tutti quelli di cui ho letto loro o i giornalisti la raccontano assai a spanne).
L’ordalia mi piace più del tiro alla fune (è una parola più bella), possiamo proporre quella? :-)
Compara il tuo post del 17 ottobre ore 18.16 con quello di fabiof1 del 18 ottobre ore 15.33 e risponditi da solo.
P.S.: aneddoti, due d una t.
Grazie Professore Aggregato
Consolati con gli spelling mistakes
Ahi ahi, ora si che mi hai ferito! Tanti baci e salutami la regina.
Mio post: “recentemente un professore associato con un’eta’ accademica di 30 anni e un H-index di 8 ha vinto contro di me un concorso da ordinario Io ho un H-index di 21 con un’eta’ accademica di 13 anni.”
Mi dici cosa c’e’ di non vero?
Fabio ha fatto un analisi (per altro con errori) fino al 2008. Io ho fatto un analisi odierna che ha molta piu’ rilevanza visto che stiamo parlando di metodo ANVUR.
e tu salutami il tuo barone protettore. Digli che e’ ora che ti faccia diventare almeno associato. Hai 45 anni !!!
Scusa, cosa significa “ha vinto contro di me”?! Era uno scontro diretto?! A 2?!?! Ma dai..
E poi se parli di quel concorso, come giustamente fa notare fabiof1, i titoli vanno bloccati alla data. Se nel frattempo tu hai fatto altro e la tua carriera è progredita, buon per te. Ma non dovresti mischiare le cose, si genera più confusione. Meno male che non stava andando off.topic questa discussione..
samueleuk, immaginavo ci sarebbe stata una risposta aggressiva, nonostante i miei tentativi (maldestri evidentemente) di non essere offensivo. In Italia, i CV si valutano per quello che sono al momento della scadenza del bando, non è questione di sostanza ma di legge (non burocrazia), e le leggi vanno rispettate. Preferisco non capire una cippa lippa come dici te, grazie per la cortesia, ma rispettare la legge quando mi fa comodo e anche quando non mi fa comodo.
Comunque non hai contestato il fatto che al momento del bando i vostri profili bibliometrici non fossero diversi. Se fossi stato in commissione avrei forse bocciato entrambi (ma non è il mio campo e quindi non posso valutare in assoluto) ma certamente non avrei ritenuto scandaloso il fatto che tu con quel profilo fossi bocciato.
Nel post avevo premesso che la data di avanzamento di carriera era desunta dall’affiliazione indicata nelle tue pubblicazioni. Ora apprendo che sei diventato professor a novembre 2010. Buon per te. Cmq da quel che conosco della situazione nel Regno Unito, non si diventa generalmente professors a 3 o a 5 anni dal dottorato. Ma immagino ci siano eccezioni (io non ne conosco ma questo non fa testo). Infine, dal punto di vista logico, sostenere che in UK le cose funzionano meglio che Italia perchè lì sei diventato ordinario e qui no è un nonsense. Btw, neanche i miei sono rettori o accademici o persone importanti in qualunque modo, e allora? Non è né un merito né un demerito. Con immutato rispetto (a prescindere).
veramente sei tra i pochi che ha mantenuto dei toni pacati, però sinceramente mi sembra stiamo andando un pò off.topic.
Caro Samuele, io stavo facendo un ragionamento sulla logica dell’argomentare in difesa dell’Anvur portando ad esempio il tuo caso come di un caso “scandaloso” (ho argomentato sotto a un post di c-s). E’ una logica molto comune tra chi ritiene che il sistema Anvur vada bene o sia il minore dei mali. Il problema è che si tratta di una logica non corretta: oggi i criteri Anvur selezionerebbero (forse, viste le mediane ballerine e l’ambiguità del decreto) te e non il tuo collega, ma non è detto che una commissione “vecchio tipo” non avrebbe fatto lo stesso, visto che oggi i vostri profili appaiono diversi. Sappiamo invece per certo che all’epoca la commissione vecchio tipo non ti diede, giustamente come riconosci, l’idoneità, e i profili allora non erano diversi (ma altri criteri qualitativi, non bibliometrici, pendevano dalla parte del tuo collega). Quindi sappiamo che la commissione vecchia all’epoca non fece scelte scandalose contro di te. Quindi l’esempio non può essere portato a dimostrazione della validità dei criteri Anvur. Non sto, come vedi, facendo una analisi “legale”, ma sto interpretando il tuo esempio come fosse il risultato di un esperimento, e questo risultato non consente di dire nulla sull’ipotesi (anvur meglio di vecchio sistema), perché ci sono confoundings. In pratica, la giustificazione emergenziale non tiene :-)
Ok, constato l’impantamento tra le nostre due opinioni :-)
Pero’ ancora non mi hai detto se trovi giusto che, in un settore biomedico, si faccia idoneo a ordinario uno che in 30 anni di carriera ha un H-index di 8. Questo e’ il punto principale, non tanto il fatto che abbiano segato me.
Ragionamento ineccepibile.
Scusate, ma la piega che sta prendendo la conversazione mi sembra veramente triste. Capisco che Samuele abbia approfittato del blog per togliersi dei sassolini dalla scarpa.. chi di noi non ne ha? Ma credo che questi battibecchi (a questo punto non più tra poveri!) non siano molto costruttivi. Specie per chi vede un futuro incerto. Anzi.. non lo vede proprio.
Naturalmente hai ragione, volevo solo argomentare come la bibliometria male intesa e male applicata faccia molti danni, a molti. E mi taccio.
Oppure e’ giusto che, in un settore biomedico, si faccia idoneo a ordinario uno che in 30 anni di carriera ha un H-index di 8?
Caro SamueleUk,
le non si può assolutamente permettere di offendere nessuno in questa lista di discussione…
e se proprio non può fare a meno di farlo abbia il coraggio di firmarsi con nome e cognome…
veramente ha imparato poco dal suo soggiorno nel Regno Unito dove, per mia esperienza, i toni da lei usati in questo dialogo non sarebbero neppure pensabili.
sei rimasto indietro. Oltre al mio nome ho datto dettagli ben piu’ importanti. Purtroppo sono stati usati per fari analisi senza senso rispetto al discorso che stavo facendo (fabiof1) o addiritura con toni offensivi a cui ho risposto allo stesso modo (Andra Zhok).
E tutto perche’? Perche’ ho avuto la faccia tosta (secondo voi) di difendere il sistema bibliometrico dell’ANVUR.
Ad essere sinceri in uno dei post si è firmato con nome e cognome. Tant’è che fabiof1 ha ricostruito le tappe del fatidico concorso del 2008. Ciò non toglie che non si può sparare a zero sulle persone. Capisco che SamueleUK abbia il dente avvelenato. Però può ritenersi soddisfatto è diventato ordinario giovanissimo e sicuramente prima del suo “rivale” per quello che abbiamo letto (quello del 2008 era un concorso per associato). Se poi è frustrato dal fatto che se ne è dovuto andare in UK per fare carriera. E’ stata una sua scelta. Ognuno di noi fa delle scelte. Ciò non giustifica l’aggressione gratuita ad un altro partecipante a questo blog.
Aargh, la mia ossessività ha preso il sopravvento! off.topic: il concorso era da ordinario, si è laureato in Wisconsin, ha fatto il dottorato a Bangor Wales, è diventato a un certo punto (non so quando…) senior lecturer a Bangor, e poi professore a Kent.
Più seriamente, e non più off.topic, la difesa del criterio ANVUR è spesso basata sul fatto che ora certe scelte “scandalose”, come quella portata ad esempio da samueleuk, non sarebbero possibili o sarebbero più difficili. Il problema è che con ciò si assume che tutte o la maggior parte delle scelte fatte in passato senza l’ANVUR fossero “scandalose”. Come giustamente ha sottolineato più volte De Nicolao, se davvero nell’era pre-ANVUR il reclutamento fosse stato così tremendo, allora non si capirebbe perchè in Italia la produttività (misurata con indicatori bibliometrici) non è (o forse era, ormai) altrettanto tremenda, anzi. Evidentemente insieme a un certo numero x di reclutamenti/avanzamenti scandalosi ce ne saranno stati un certo numero y>x non così scandalosi. Infatti, l’esempio di samueleuk è utile perchè in quel caso senza criteri bibliometrici la commissione non fece una scelta scandalosa (tra i due, non so quali altri candidati ci fossero). Quindi l’esempio che samueleuk porta a dimostrazione della validità del sistema ANVUR in realtà non dimostra che il sistema ANVUR è migliore del sistema vecchio. E’ solo una argomentazione logica, magari sarà anche vero che ANVUR è meglio, ma siamo scienziati no?
Visto che dici che la decisione della commissione (presa nel 2011) non e’ stata scandalosa, ripeto:
ti sembra giusto che, in un settore biomedico, si faccia idoneo a ordinario uno che in 30 anni di carriera ha un H-index di 8?
Caro Samuele, stai assumendo che il valore scientifico individuale sia misurabile dall’h-index. Questa però è una assunzione non dimostrata valida (ad oggi) in nessuno studio scientifico. Certamente oggi un h-index di 8 in molti settori biomedici (ma non in tutti) ce l’hanno i dottorandi o giù di lì. Il che non significa che un post-doc con un hc-index di 11 (ci sono anche questi) “meriti” di diventare ordinario. Attenzione ai ragionamenti circolari! :-)
Va be, proprio non vuoi rispondermi allora :-)
Ripeto, ti sembra giusto che si faccia idoneo a ordinario uno che in 30 anni di carriera ha un H-index di 8?
@SamueleUK: si potrebbe tranquillamente ribaltare la domanda e chiedere: perché no?
Se la persona in questione ha dato prova di possedere la cosiddetta “piena maturitá scientifica” (cito la legge), che non vuol dire solo l’h-index elevato, ma anche aver ottenuto grant, aver gestito un gruppo di ricerca, ecc., perché non puó vincere un posto da ordinario?
Questo senza contare le eventuali qualitá didattiche, che in queste discussioni non sono mai tenute in cosiderazione.
aggiungo che non sto parlando del caso specifico, che non posso giudicare non conoscendo i dettagli, ma piú in generale delle procedure di valutazione quali quelle che ANVUR sta mettendo in atto.
Caro Samuele, approfitto della bacchettata sulle dita ricevuta da Antonio Banfi (io perchè ho iniziato questo off.topic) per evitare furbescamente di rispondere con un si o un no e andare a preparare la lezione di domani :-)
Caro Cosimo, scusami ma se uno ha ottenuto grant e ha gestito un gruppo di ricerca e, dopo 30 anni, ha un H-index di 8 allora l’idoneita’ sarebbe ancora piu’ scandalosa. Almeno senza grants e gruppo di ricerca avrebbe una mezza scusa per essere cosi’ poco produttivo :-)
lungi da me io non bacchetto proprio nessuno!
Off.topic: grazie per il riassunto delle puntate precedenti, avevo capito tutt’altro!
In.topic: Il sistema ANVUR per poter essere applicato non dovrebbe essere viziato (e qui mi riferisco ai settori Non Bibliometrici e alle liste delle riviste scientifiche e di classe A, non entro nel merito della bibliometria). Non credo che sul blog si stia criticando in toto il sistema ANVUR (per anni ci siamo sorbiti la peer review, a mio avviso una prova la si potrebbe fare). Il punto è la sua applicabilità e l’affidabilità dei dati su cui sono stati calcolati i criteri su cui si basa il sistema. Ditemi che non ho capito nulla e taccio per sempre! :-)
In effetti è il sistema Anvur in toto il problema. Il problema è una agenzia di valutazione con compiti immensi, di nomina politica e che segue direttive politiche e che fa politica della ricerca. Una cosa mai vista al mondo. Dopodiché i problemi sono infiniti perché oltre a questo baco di partenza (fatto dalla Gelmini – o chi per lei) il resto è tutto sbagliato. Criteri insensati basati su dati poco trasparenti (inventati?) che possono essere soggetti a ricorsi di ogni tipo. La fine dell’Anvur è scritta nel suo DNA politico, è solo una questione di tempo e di quanti danni farà.
Vivo sulla luna apparentemente. Secondo De Nicolao siamo mejo di Germania, Francia e Giappone. Allora perche’ stiamo parlando di riformarlo il sistema di recluatemento? Direi che andiamo benissimo, non ripariamo un giocattolo che non e’ rotto: non investiamo un tubo in ricerca, ci lamentiamo che abbiamo strutture fatiscenti eppure battiamo questi paesi avanzati che investono molto di piu’. Non vi pare di essere un po’ in contraddizione? Ah no, con gli indici bibliometrici non si possono fare classifiche perche’ non sono accurati. Ma allora forse non siamo meglio di Germania, Francia o Giappone dopotutto. Insomma decidetevi!
La storia di Samuele centra il problema in pieno. Ci voglioni criteri minimi al di sopra dei quali si valuta la persona in base ad altre doti (mai sentito di come si fa la tenure review?). Certo la legge dice che il CV andava valutato nel 2008 ma siamo seri, se un candidato in 3 anni non ha prodotto nulla mentre l’altro si’ chi assumiamo? Siamo al delirio totale che giustificate la scelta della commissione perche’ conforme alla legge (il fatto che il posto vada deciso 3 anni dopo la chiusura del bando mi pare che per voi non abbia nessuna rilevanza)! Se foste un ricercatore di quel dipartimento chi vorreste come collega, quello pippa perche’ 3 anni prima il suo CV vi bastava o quello bravo perche’ nei 3 anni successivi ha pubblicato molto e bene? A me pare di assistere a un caso di Schadenfreude invece che di sana incavolatura.
Secondo lei i dati statistici servono a qualcosa? è un ricercatore? si faccia questa domanda e si risponda: qual’è la relazione tra i dati statistici e i singoli casi?
Quindi “in aggregato” facciamo meglio di Germania, Francia e Giappone, giusto? Ma allora perche’ cambiare il sistema di reclutamento per correggere casi singoli (che direi esistono e fanno schifo a tutti) che a quanto pare non ci fanno granche’ male nelle classifiche internazionali? Lasciamo le cose come stanno e rimaniamo alti in classifica
Non credo alle logiche tutto-niente (va tutto bene aut va tutto male). Credo alla fatica di riformare l’esistente, avendo avuto prima l’umiltà di studiarsi la letteratura scientifica ed anche le esperienze internazionali. Abbiamo il dovere di fare meglio e siamo tutti sono d’accordo che il sistema dei concorsi presentava gravi criticità. Sapere che le malversazioni non ci hanno ricacciato nel fondo classifica delle graduatorie bibliometriche può far tirare un sospiro di sollievo, ma non deve essere un alibi per chiudere gli occhi. Educare a praticare ed esigere trasparenza mi senbra fondamentale. Roars ci sta provando senza timori reverenziali. Lo stesso approccio andrebbe seguito dentro i dipartimenti e gli atenei come pure dentro i SSD.
si vada a ripassare un po’ di statistica. e visto che c’è consideri che nella commissione del CNRS di selezione in fisica teorica metà sono italiani. ma si sa ai francesi piacciano gli asini.
Mi faccia vedere dove ho scritto che gli italiani sono asini.
Io sono asino di statistica e lo ammetto pure. Lei mi spieghi invece perche’ parlate cosi’ tanto di riformare il sistema di reclutamento se il paese va cosi’ bene nelle classifiche internazionali. Non ho usato nessun concetto statistico, solo il post di De Nicolao.
Federico: “perche’ parlate cosi’ tanto di riformare il sistema di reclutamento se il paese va cosi’ bene nelle classifiche internazionali.”
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Ne parliamo tanto perché il travisamento della Leggge 240/2010 da parte del Ministro Profumo (vedi D.M. n.76/2012) e dell’ANVUR (vedi Delibera ANVUR n. 55/2012) hanno già riformato il reclutamento in modo potenzialmente assai dannoso e contrario al progresso scientifico dell’Italia. Parlo di “travisamento” perché, pur essendo io assai critico nei confronti della L. 240, ritengo che la parte sul reclutamento avesse dei lati positivi. In particolare l’introduzione dell’abilitazione nazionale poteva aiutare a sanare alcune gravi disfunzionalità (eufemismo) dei concorsi locali. Purtroppo il D.M. 76 e la Delibera ANVUR n. 55/2012 hanno introdotto un uso automatico della bibliometria che contrasta con la legge (nella L.240 l’abilitazione è un’attestato di qualificazione scientifica e non una valutazione comparativa nei confronti dei docenti già in ruolo) e che non ha fondamenti scentifici e precedenti internazionali. I potenziali danni sono notevoli a partire dal pericolo concreto di far naufragare la procedura a causa di criteri calcolati in modo così raffazzonato da rendere sicuramente illegittime le commissioni (a causa dei criteri di selezione) ed eventualmente anche gli esiti delle abilitazioni, se i giudizi dovessero dipendere dalle mediane ANVUR.
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I dati bibliometrici smentiscono lo stato di eccezione (ovvero che la promozione degli indegni è la norma). Questo significa che il dibattito sul reclutamento va collocato nell’ambito delle analoghe regolamentazioni delle altre nazioni europee. A questo proposito, raccomando la lettura di “Malata e Denigrata” (a cura di M. Regini, Donzelli 2009). Il capitolo dedicato al confronto dei sistemi di reclutamento delle principali nazioni europee è istruttivo perché mostra che il problema non ha soluzioni ovvie nemmeno all’estero. Comunque, sapere che scientificamente stiamo a galla nonostante i casi di malversazione accademica (alcuni veramente gravissimi) non è un buon motivo per ignorarli. Quindi ben vengano norme serie per migliorare l’imparzialità delle commissioni (come il ritorno del sorteggio che – ricordiamo – era previsto dalla L. 382/80, anche se in sequenza con delle votazioni). In particolare, ritengo preoccupante il cono d’ombra che avvolge i regolamenti per i concorsi locali. Soprattutto se le abilitazioni dovessero essere “di manica larga”, c’è il concreto pericolo che i problemi dei vecchi concorsi locali si ripropongano in forma aggravata. Forse sarebbe bene imporre delle regole nazionali relative al sorteggio dei commissari anche per i concorsi locali.
Federico: “perche’ parlate cosi’ tanto di riformare il sistema di reclutamento se il paese va cosi’ bene nelle classifiche internazionali”
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Il sistema *è già stato* riformato e che questa riforma ci sta portando sugli scogli. E se non naufragheremo, incentiveremo una follia bibliometrica collettiva (la corsa alle firme incrociate sugli articoli e alle citazioni di cortesia) che non farà bene alla maturazione scientifica ed etica della nostra comunità scientifica.
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La logica tutto-niente va superata. La nostra università non è la feccia europea, ma nemmeno l’eccellenza assoluta. Stiamo in una posizione intermedia, magari non del tutto vergognosa, ma che ci impone di analizzare i punti di forza e di debolezza. Un evidente punto di debolezza è la carenza di trasparenza nei processi decisionali accademici (concorsi inclusi). Su questi aspetti, ci vuole una rivoluzione culturale: chi decide deve rendere ragione di ciò che fa assumendosene la responsabilità e rendendo trasparenti i processi decisionali. L’unico modo per riuscirci è maturare una coscienza collettiva condivisa in modo che la pressione dal basso obblighi i decisori a cambiare marcia. Le pressioni di Roars nei confronti dell’ANVUR sono un primo tentativo di muoversi in questa direzione. Non ha nessuna speranza di moralizzare l’accademia chi impone le sue decisioni usando i metodi opachi di sempre. I paletti bibliometrici non possono sostituire il controllo sociale e il senso etico.
era implicito: se tutti i concorsi sono marci, se chi vince è il lustrascarpe del barone di turno allora quale dovrebbe essere il risultato? E allora perché meravigliarsi dei dati statistici che ha mostrato De Nicolao? IL problema è la distribuzione, ovvero l’eterogeneità che caratterizza il sistema. C’è il buono, c’è l’ottimo, il mediocre ed il pessimo. I dati statistici dicono che IN MEDIA la produzione scientifica è soddisfacente a fronte delle risorse che vengono investite e rispetto agli altri paesi. Magari in altri paesi le distribuzioni sono più strette con meno fluttuazioni in bene ma anche in male. Ma il sistema italiano è ancora vivente. Certo continuando ad operare alla anvur un giorno si farà fuori soprattutto tagliando fuori le nuove generazioni. Questo è il problema del sistema.
I dati di De Nicolao non mostrano che il sistema IN MEDIA e’ soddisfacente, mostrano che e’ *eccellente*! Terzi nel grafico di sin. e praticamente terzi a pari merito in quello di destra. Urca! Ma lei ci crede davvero? (esuli dalla Fisica dove l’Italia ha veramente una grande reputazione ed e’ una potenza mondiale).
Peccato che nel grafico di sinistra il primo paese sia la Cina (hardly la prima potenza mondiale della produttivita’ scientifica).
Non ho mai scritto ne’ pensato che in tutti i concorsi vincono i lustrascarpe del barone di turno e poi come lei ben sa dato che e’ un fisico ci sono differenze enormi fra settori (Fisica e’ un settore piuttosto virtuoso). Sostengo solo che i dati mostrati da De Nicolao non fanno giustizia alla realta’ (per quale motivo non le so dire, come le ho detto prima sono un asino in statistica).
Federico: “i dati mostrati da De Nicolao non fanno giustizia alla realta’ (per quale motivo non le so dire, come le ho detto prima sono un asino in statistica)”
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Mi spiace che Federico non si fidi. Per rassicurarlo, provo a precisare alcuni punti.
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1. Le fonti sono affidabili: per la spesa (HERD: Higher-education Expenditure in Research and Development) la fonte è l’OCSE (OECD in inglese), mentre per quelli bibliometrici la fonte è il database Scopus della Elsevier. Da notare che è stata usata la spesa R&D *specifica* per l’università e che le pubblicazioni sono quelle i cui autori hanno affiliazione universitaria.
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2. Io non vedo un’eccellenza particolare. Vedo una produttività comparabile con quella di Germania, Francia e Spagna e la cosa non mi meraviglia troppo dato che nelle discipline che conosco competiamo più che dignitosamente con i colleghi di queste nazioni, a parte l’invidia per i mezzi e le strutture di cui dispongono alcuni di loro. È interessante vedere che la Cina spicchi nella produttività in termini di articoli e assai meno in quella citazionale. Questo si accorda bene con l’allarme lanciato di recente dall’Accademia Cinese delle Scienze che ha lamentato una possibile “publication bubble”. Il fenomeno è un’illustrazione esemplare degli effetti negativi dell’uso normativo dei criteri bibliometrici che finiscono per incentivare comportamenti opportunistici dannosi per la scienza. Per comodità, cito direttamente dal mio articolo “I numeri tossici che minacciano la scienza”:
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“La produttività scientifica cinese sta crescendo impetuosamente: secondo il database Scopus, dal 1996 al 2010, la Cina è passata dal nono al secondo posto per numero di articoli scientifici. Tuttavia, le citazioni degli articoli cinesi crescono ad un ritmo assai più lento, evidenziando un’inflazione di articoli di scarso impatto, una vera e propria “bolla scientifica”. Se la produzione scientifica venisse depurata dagli articoli di scarso valore, la crescita cinese ne uscirebbe drammaticamente ridimensionata. I ricercatori cinesi sono ossessionati dalla necessità di pubblicare perché il numero di articoli scientifici è il criterio chiave, se non addirittura l’unico, per progredire nella carriera accademica. L’articolo dell’agenzia Xinhua riprende in buona parte quanto già apparso su Nature nel gennaio 2010, in un articolo che prendeva spunto dal caso di due ricercatori della Jinggangshan University che avevano falsificato i risultati di 70 loro articoli apparsi su Acta Crystallographyca Section E. L’articolo di Nature riportava risultati di studi e di sondaggi che imputano alla valutazione puramente quantitativa della produzione scientifica la dilagante diffusione di pratiche fraudolente come la falsificazione dei risultati, il plagio e la compravendita di lavori scritti su commissione da veri e propri ghost writers della ricerca, il cui giro di affari annuo, secondo l’agenzia Xinhua, sarebbe quintuplicato in tre anni, superando i cento milioni di dollari nel 2010.”
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https://www.roars.it/i-numeri-tossici-che-minacciano-la-scienza/
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3. I dati di produttività da me mostrati, lungi dall’essere sorprendenti, sono in linea con i precedenti studi sull’argomento. Per esempio, si ottengono risultati equivalenti se si usano i dati bibliometrici ISI (Thomson Reuters) invece di Scopus, come nel seguente studio che confronta il costo per pubblicazione di diverse nazioni.
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Loet Leydesdorff & Caroline Wagner, Research Funding and Research Output: A Bibliometric Contribution to the US Federal Research Roadmap,Science and Development Bulletin, Issue No.50 – April 2009, http://www.sciencedev.net/Docs/uss.PDF
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Come variabile di input, viene usato l’HERD (Higher Education expenditure in R&D) e come output il numero di pubblicazioni (fonti: OCSE e ISI: Web-of-Science). Viene mostrato (Table 1) che per l’Italia il costo per pubblicazione è relativamente basso . Infatti, ci sono 14 nazioni che hanno un costo per pubblicazione maggiore di quello italiano (tra cui Giappone, Canada, USA, Francia, Svezia, Germania, Australia):
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Japan* 237,973 ($ ppp/publication) [ppp = a parità di potere di acquiato]
Austria 209,165
Norway 193,157
Canada 191,004
Singapore* 179,017
USA 175,284
EU-27* 163,216
France 156,271
Turkey* 154,728
Sweden 154,456
Germany 153,373
Denmark 148,556
Finland 141,476
Argentina 137,901
Australia* 137,798
Italy* 132,441
Portugal 137,362
Korea* 132,019
Spain* 128,119
Netherlands 124,708
UK* 123,110
Romania 115,938
Belgium 115,328
Taiwan* 111,104
Israel 108,408
Ireland 106,923
Greece 100,054
CzechRep 97,939
China* 89,638
Luxembourg 89,202
Hungary 87,047
Poland* 70,954
Russian Federation 62,763
Slovenia 58,081
SlovakRep 55,320
beh quelli sono i dati di produttività di articoli/citazioni: va bene la bibliometria? quello è il risultato. Allora non va bene? non ho capito. Comunque la bibliometria per dati aggregati è abbstanza significativa ma certo in Cina ci sono dei problemi ed anche questo è noto (con scandali bibliometrici annessi). Ed è un fatto che in Italia in vari campi ci siano eccellenze mondiali malgrado il sottofinanzimento cronico malgrado una politica da terzo mondo ed una classe impreditoriale semi analafabeta. Se vuole guardare alla realtà deve per forza di cose usare un approccio statistico e quelli sono i dati che devono essere capiti non rifiutati.
Federico, i dati non mostrano che “tout va tres bien (madame la marquise)”. Mostrano che “il ritorno in termini di pubblicazioni e di citazione dei (pochi) soldi che spendiamo non sfigura affatto nel confronto internazionale”, che e’ cosa diversa. Ci credo? si’, ci credo, un po’ perche’ non vedo questo esercito di imbecilli fra i miei colleghi (ammetto di essere un fisico,
ma frequento anche altre cattive compagnie come quella dei chimici), un po’ perche’ ci sono altre cose che quadrano nei grafici. Per esempio, la Cina, paese ancora relativamente low-cost ma che ha adottato in pieno il publish or perish, pubblica tantissimo per i soldi che spende (pannello di destra) ma citato poco (confrontare con il pannello di sinistra; io confronto con la mia personale esperienza con lo stile cinese di pubblicazione e non mi stupisco manco un po’). Gli UK hanno notoriamente un’ottimo sistema universitario, e si vede, sia nella quantita’ che soprattutto nel numero di citazioni.
Ovviamente ho scambiato destra e sinistra …
Federico: “Siamo al delirio totale che giustificate la scelta della commissione perche’ conforme alla legge”
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La commissione non aveva scelta riguardo alla valutabilità dei titoli conseguiti dopo la chiusura del bando, pena l’annullamento dell’esito del concorso. Se cominciamo a giustificare le commissioni che violano la legge temo che non faremo molti passi avanti sulla strada della moralizzazione concorsuale. Se un domani la legge dice di usare nei concorsi localil’h-index come criterio comparativo ed io sono convinto che il candidato con l’h-index più alto valga di meno, cosa faccio? Falsifico il calcolo dell’h-index per far tornare il risultato che mi sembra più giusto? Potrei battermi pubblicamente per far cambiare una legge che non condivido, ma da commissario la devo rispettare. Anch’io sono convinto che reclutare nel 2010 usando il CV del 2008 non sia molto sensato, ma questo non mi autorizza a violare la norma che considera valutabili solo i titoli consegnati prima della chiusura del bando.
Preciso di nuovo che la decisione e’ stata presa nel 2011, a 3 anni dal bando. Solo questo la dice lunga su come funziona il Bel Paese !!!
E poi se vuoi giustificare certe schifezze (Professore Ordinario in campo biomedico con un h-index di 8 in 30 anni di carriera) fai pure.
samueleuk: “Preciso di nuovo che la decisione e’ stata presa nel 2011, a 3 anni dal bando. Solo questo la dice lunga su come funziona il Bel Paese !!!”
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Non posso che condividere l’indignazione. Allo stesso tempo, è curioso notare che il cosiddetto “argomento emergenziale” ebbe un ruolo nel causare questo abnorme ritardo. Infatti, il blocco fu giustificato dalla necessità di prevenire malversazioni attraverso l’introduzione del sorteggio al posto delle votazioni per la formazione delle commissioni. Credo che sarebbero bastate poche settimane per rendere operativo il sorteggio, ma le cose andarono diversamente. Di nuovo, la penetrazione degli argomenti emergenziali era stata così profonda che l’asfissia del sistema universitario non era vista come un problema (se sono così corrotti, meglio non alimentare il bubbone). Voglio precisare che ero totalmente favorevole al sorteggio, ma che lo si poteva introdurre in tempi brevi senza strangolare il reclutamento.
Comunque sia, mi sembra che sia stato appurato che i titoli *valutabili* di samueleuk non erano migliori di quelli dell’altro candidato. Cosa rimprovera pertanto alla commissione? Ritiene che la scelta migliore fosse non idoneare nessuno? Vista la situazione di turnover praticamente bloccato mi sembra una soluzione estrema e (se non c’erano altri candidati più validi) è difficile rimproverare la commissione per la sua scelta. Se si vogliono trovare casi aneddotici a sostegno dell’argomento emergenziale, credo che se ne possano trovare di molto migliori di questo (ma pur sempre concettualmente deboli a fronte dell’evidenza della produttività bibliometrica su scala aggregata).
signori, se dobbiamo discutere di bibliometria, che trovo un argomento affascinante, pregherei di farlo in modo scientifico, la letteratura è abbondante e sono sicuro che possiamo dibattere con piacere. Lascerei da canto il ragionamento non scientifico (con questo indice passa Tizio e con quest’altro Caio, e per una questione di stile e perché argomentazioni del genere lasciano il tempo che trovano). Parliamo di efficienze e inefficienze degli strumenti a disposizione. Personalmente, l’argomento che siccome l’Italia è pizza-spaghetti-mafia allora ci vogliono indicatori inefficienti e taroccabili (che per dirne un paio non discriminano il primo e ultimo autore dagli altri, e devastano la ricerca trans/multi/interdisciplinare), non mi convince per niente. Ma è un’opinione personale di appartenente a settore non bibliometrico e studioso di bibliometria per hobby. Resto dell’idea che un sistema trasparente sia più efficace. E quello di ANVUR non è trasparente, per numerosi versi.
Assolutamente d’accordo sul fatto che la trasparenza e’ non solo necessaria ma il minimo della decenza. Se uno deve essere giudicato deve sapere quali sono i criteri che fanno punteggio.
Mi fa solo specie leggere che la validita’ dei dati bibliometrici viene invocata quando fa comodo e scartata quando non lo fa. Non credo che nessuno auspichi l’uso indiscriminato di dati bibliometrici per i concorsi, nel qual caso non c’e’ bisogno di una commissione ma basta un computer. D’altra parte escuderli completamente e a priori mi pare una posizione un po’ futile.
Federico: “D’altra parte escuderli completamente e a priori mi pare una posizione un po’ futile.”
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Io non li escludo a priori. Vanno guardati ed interpretati insieme ad altri elementi di giudizio, come per esempio l’autonomia del candidato evidenziabile da lavori a firma singola o come autore principale, la caratura di coloro che citano il lavoro del candidato, etc). Inoltre, la frequenza delle citazioni può dipendere dal settore di indagine e che l’h-index di chi lavora in grandi gruppi potrebbe essere inflazionato. Pertanto, condivido pienamente la contrarietà all'”uso indiscriminato di dati bibliometrici per i concorsi, nel qual caso non c’e’ bisogno di una commissione ma basta un computer”. Non si tratta di mandare al macero qualsiasi misura bibliometrica, ma di usarle per quello che possono dare evitando pericolose idolatrie.
Mi spieghi questo sistema trasparente più efficace?
Mi sembra che, sulla carta, i concorsi vecchia maniera siano la procedura piu’ chiara e trasparente che ci sia.
Mi commuovo quando leggo la legge Berlinguer. Con un testo cosi’ in Italia dovrebbero passare solo persone validissime senza distinzione di eta’, sesso, razza, parentela, appartenenza politica etc. etc. Il sistema piu’ bello del mondo.
samueleuk: “Mi sembra che, sulla carta, i concorsi vecchia maniera siano la procedura piu’ chiara e trasparente che ci sia. Mi commuovo quando leggo la legge Berlinguer. Con un testo cosi’ in Italia dovrebbero passare solo persone validissime senza distinzione di eta’, sesso, razza, parentela, appartenenza politica etc. etc. Il sistema piu’ bello del mondo.”
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No, il sistema dei concorsi locali in vigore fino alla L. 240/2010 era pessimo. L’ho detto fin da subito e continuo a pensarlo. Un’idoneità nazionale è meglio. È stata una iattura che la riforma Moratti dei concorsi (che prevedeva un’abilitazione nazionale a numero chiuso) sia rimasta lettera morta e che ora l’abilitazione nazionale fatichi così tanto a vedere la luce a causa delle norme suicide volute da MIUR e ANVUR.
la domanda era per Antonio chiaramente
no non sono d’accordo credo che si potrebbe fare di più in termini di trasparenza e pubblicità. Anche di incompatibilità dei commissari, non lasciando ai candidati l’onere delle ricusazioni. E naturalmente c’è il problema della valutazione ex post. Non è semplice ma si può fare, bisogna pensarci, è tempo che mi ripropongo di proporre qualcosa in materia. Ho bisogno però di un po’ di respiro che al momento non ho.
Per FSL: siete voi che non volete la bibliometria ma poi la usate per mostrare che andiamo bene. Ha ragione, i dati vanno capiti, non rifiutati a priori. Questo vale anche per gli H-indices, total citations ecc… di individui ovviamente.
Credo che i fisici siano un po’ skewed in questa discussione perche’ la Fisica in Italia e’ una cosa seria e fatta (molto spesso) bene.
I Fisici italiani producono molto e bene soprattutto date le risorse che hanno a disposizione. Io sono (ero) chimico, in uno dei dipartimenti piu’ grossi d’Italia, quindi per la mia disciplina direi un grosso contributor alla media nazionale in termini di personale. Ebbene mi sento di dire con cognizione di causa che la produttivita’ del dipartimento era deplorevole. Mi si puo’ dire che e’ un caso singolo e non fa statistica. Vero. Ma a per questo motivo ho difficolta’ a credere che l’Universita’ italiana e’ la terza piu’ produttiva al mondo.
Questi dati poi sono un po’ troppo aggregati per essere veramente significativi. Per esempio, negli Stati Uniti ci sono i laboratori nazionali che costano un botto di overhead (i cui ricercatori hanno spesso affiliazione universitarie quindi comparirebbero nelle tabelle di De Nicolao). Ce ne sono parecchi e impiegano migliaia di ricercatori. Parlo di un costo per ricercatore (tutto compreso) dell’ordine di mezzo milione di $ all’anno (non di stipendio!). Chiaro che numeri cosi’ affossano qualsiasi misura di produttivita’ se ha $$ al numeratore. Vi sentite di dire che i fisici di Fermilab siano improduttivi o molto meno produttivi di voi?
De Nicolao: grazie per i dati ulteriori.
Non riesco pero’ a riconciliare i suoi dati con questi che provengono da un articolo su Nature del 2004 (Nature 430, 311-316) (http://www.nature.com/nature/journal/v430/n6997/fig_tab/430311a_F5.html#figure-title). Qui sembra che l’Italia sia ultima come citations/HERD. Se lo leggo correttamente, il grafico mostra che gli scienziati italiani pubblicano bene, sono citati ma lo sono poco in relazione all’HERD (solo il Giappone e’ peggio). Questo e’ diverso da quello che lei ha nel suo grafico di destra dove nel 2004 l’Italia e’ terza dopo UK e USA.
Peraltro i suoi dati non mostrano che competiamo dignitosamente con Francia e Germania, mostra che le stracciamo (sul grafico a sx, battiamo la Germania di un buon 30%, la Francia anche un po’ di piu’, su quello di dx battiamo la Francia di un buon 50%). E questo avendo anche strutture peggiori! Se tutto cio’ e’ vero, non tocchiamo niente! Ironia a parte, e’ interessante il fatto che l’UK che per molti versi (intendo come popolazione e economia) e’ paragonabile a noi faccia le scarpe a tutti. Devono aver indovinato qualcosa. Secondo lei?
Aggiungo che in UK i concorsi sono del tutto locali e non ci sono obblighi di legge di utilizzare criteri bibliometrici.
Eppure in UK, e parlo per esperienza personale, si puo’ vincere un concorso da ordinario senza conoscere nessuno nell’universita’ in cui si concorre.
In Italia?
PS-sia ben chiaro che non ho nessuna intenzione di denigrare l’Universita’ italiana e che non mi sogno neanche di pensare che sia mediocre. Quando vedo dati pero’ che fanno pensare che andiamo meglio della Germania o della Francia (soprattutto nella stagione dei Nobel…) temo che si pensi che tutto sommato va tutto bene, continuiamo cosi’. E questo e’ certamente sbagliato: possiamo e dobbiamo fare meglio dello status quo.
“temo che si pensi che tutto sommato va tutto bene, continuiamo cosi’. E questo e’ certamente sbagliato: possiamo e dobbiamo fare meglio dello status quo”
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Concordo: possiamo e dobbiamo fare meglio. Ma senza isterismi e senza dare per scontate visioni apocalittiche. La complessità del sistema universitario e della ricerca impone un approccio scientifico e tanta umiltà. È troppo facile prendere abbagli alla luce della propria esperienza personale o delle impressioni alimentate dalla cronaca spicciola. Bisogna usare i migliori dati disponibili e cercare di interpretarli attentamente. I dati mostrano che il sistema italiano non merita di essere raso al suolo per essere ricostruito da zero. C’è un nucleo valido, nemmeno troppo piccolo, da preservare il quale può fungere da punto di ripartenza. Meno mitologia e più dati fattuali. Meno valutazione fai-da-te e più studio delle esperienze internazionali. Meno mugugni anonimi e più confronti a viso aperto. E soprattutto, rispetto delle regole e trasparenza a tutti i livelli, dal concorso per ricercatore fino ai criteri ANVUR e alle politiche del MIUR.
“Per FSL: siete voi che non volete la bibliometria ma poi la usate per mostrare che andiamo bene. Ha ragione, i dati vanno capiti, non rifiutati a priori. Questo vale anche per gli H-indices, total citations ecc… di individui ovviamente.”
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Sono d’accordo. Io non rifiuto i dati bibliometrici. Rifiuto il loro uso automatico, soprattutto a livello individuale dove non si può nemmeno fare appello a compensazioni statistiche. E in ogni caso bisogna fare attenzione anche su scala aggregata. Per fare un esempio, a livello nazionale, l’Università dell’Insubria primeggia per produttività bibliometrica, ma bisogna tener conto che al suo interno la Facoltà di Medicina (un settore che di norma ha una notevole rilevanza bibliometrica) pesa assai di più che nella media degli altri atenei
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“Ma a per questo motivo ho difficolta’ a credere che l’Universita’ italiana e’ la terza piu’ produttiva al mondo.”
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Dire “ultima” o “terza” desta sensazione ma non ha molto senso perché la classifica dipende dal gruppo di confronto che in entrambi i casi è molto ristretto. Più che la classifica, mi sembrano importanti gli ordini di grandezza: l’Italia sta nella zona delle grandi nazioni europee (con l’eccezione di UK che primeggia) e nei dati più recenti si posiziona anche assai bene.
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“Non riesco pero’ a riconciliare i suoi dati con questi che provengono da un articolo su Nature del 2004 (Nature 430, 311-316) (http://www.nature.com/nature/journal/v430/n6997/fig_tab/430311a_F5.html#figure-title). Qui sembra che l’Italia sia ultima come citations/HERD. Se lo leggo correttamente, il grafico mostra che gli scienziati italiani pubblicano bene, sono citati ma lo sono poco in relazione all’HERD (solo il Giappone e’ peggio). Questo e’ diverso da quello che lei ha nel suo grafico di destra dove nel 2004 l’Italia e’ terza dopo UK e USA.”
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Il grafico riportato da D. King nel suo famoso articolo su Nature fa riferimento a dati bibliometrici del 2001 ottenuti tramite il database ISI, mentre i grafici da me riportati sono più recenti dato che coprono l periodo 2004-2010 (2004-2009 per l’Italia) e sono ottenuti tramite Scopus (li riporto per comodità di chi legge):
Mi sembra comunque giusto fare delle ipotesi sulle possibili spiegazioni delle discrepanze che si osservano tra D. King (Nature 2004) e l’Internat. Comparative Performance of the UK Research Base (ICP-UK):
1) Diverso database bibliometrico: ISI contro Scopus
2) Diverso sottoinsieme di pubblicazioni: tutte (Nature) contro accademiche (ICP-UK)
3) Diverso periodo temporale: 2001 contro 2004-2009
A proposito dell’ultimo punto, va detto che i dati Scopus suggeriscono che l’Italia nell’ultimo decennio è cresciuta più rapidamente di buona parte delle altre nazioni, come mostrato dai seguenti grafici presi da SCImago (http://www.scimagojr.com/countrysearch.php). I grafici riportano in marrone la percentuale della produzione scientifica mondiale ed in verde la percentuale nel continente di appartenenza. Si vede che l’Italia ha tenuto bene a livello mondiale (non facile dato che la crescita impetuosa della Cina fa perdere quote percentuali alla grande maggioranza delle nazioni) ed ha persino guadagnato qualcosa a livello europeo (cliccare per ingrandire).
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“Ironia a parte, e’ interessante il fatto che l’UK che per molti versi (intendo come popolazione e economia) e’ paragonabile a noi faccia le scarpe a tutti. Devono aver indovinato qualcosa. Secondo lei?”
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Dubito che si possa dare una risposta in poche righe. Mi limito a dire che l’agenzia di valutazione britannica è molto più seria e professionale dell’ANVUR. Confrontare i documenti dell’agenzia britannica con quelli dell’ANVUR è molto istruttivo, anche se può causare seri stati depressivi a chi ha a cuore il futuro dell’università italiana. Poi ci devono essere anche altre ragioni non meno importanti tra cui la tradizione di eccellenza accademica e l’internazionalizzazione favorita anche dalla lingua.
Mi scusi sa ma prima di scrivere “siete voi che non volete la bibliometria ma poi la usate per mostrare che andiamo bene” si faccia un po’ un giro su questo blog e veda quali sono le idee che abbiamo espresso in proposito. Lei evidentemente non ha capito nulla delle posizioni espresse almeno da noi della redazione, il che non è una colpa ma eviti di venire qui a farci la morale scrivendo fesserie senza aver letto nulla di quello che abbiamo scritto da anni a questa parte.
Nessuno è contro la bibliometria quando questa ha un senso (ovvero quando considera delle statisiche robuste), è usata in maniera consapevole ed è costruita su dati ragionevoli. Cosa vogliono dire questi tre requisiti? Non usare Scholar Google, non usare la bibliometria per valutare il singolo in maniera automatica, non usare la bibliometria in campi dove si fanno gli articoli in 700 autori o dove si cita pochissimo (entrambi hanno problemi), non usare la bibliometria in campi non censiti sui database, ecc ecc. Insomma il minimo sindacale di ragionevolezza, diciamo il minimo sindicale di civiltà.
Mi scusi se la importuno di nuovo: ce l’avete sul blog un documento dove spiegate quantitativamente e chiaramente quali sono le regole che voi di Roars avvallate per l’uso di dati bibliometrici? Una specie di guideline insomma?
Dipende a che livello vuole approfondire la questione: si va dal libro di Alberto Baccini https://www.roars.it/valutare-la-ricerca-scientifica/ o per una esposizione piu’ divulgativa ad esempio il mio post http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01/31/scienziati-e-tennisti/89346/. Altrimenti di una occhiata qui
https://www.roars.it/faq-sulla-vqr/
Per DN: quindi se lei fosse stato nel dipartimento dove il posto al quale Samuele ha concorso e perso e avesse saputo della qualita’ dei concorrenti al momento dell’assunzione avrebbe detto “vabbe’ ci capita quello peggiore e ce lo teniamo come collega finche’ non va in pensione ma d’altra parte e’ la legge, che ci possiamo fare?”. Non le pare che a questo punto a forza di legiferare (forse per evitare imbrogli) il sistema sia diventato troppo rigido se non ammette correzioni cosi’ ovvie? Non sono mai stato in commissione ma davvero non c’e’ modo di rimediare a una stortura cosi’ evidente? Ci si lamenta che le commissioni trombano quelli bravi ma poi pare non abbiano potere di superare queste technicalities… A parte l’aspetto legale poi, non le pare sia il dovere della commissione di informarsi sullo stato di carriera dei candidati al momento del concorso?
Se un candidato non ha la maturità scientifica e didattica per ricoprire il ruolo per cui concorre, io voto contro la sua idoneazione. Ma era questa la situazione?
Da quanto leggo samueleuk è convinto di aver avuto i titoli adeguati per la prima fascia già nel 2008. Se il suo concorrente aveva titoli equivalenti o persino migliori, vuol dire che il vincitore aveva titoli adeguati. Altrimenti, samueleuk ha fatto domanda per un posto per cui (all’epoca) non aveva i titoli.
Se fosse stato fatto idoneo nel 2008, samueleuk avrebbe gridato alla vergogna del reclutamento italiano che lo aveva promosso a distanza di soli tre anni dal suo PhD e con indici bibliometrici ancora acerbi? (h-index all’epoca pari a 7 con 127 citazioni totali).
In tutta onestà, sarei dell’idea che l’argomento emergenziale (che non condivido) possa essere difeso con dei casi molto più scandalosi delle vicende di samueleuk.
Infine, la commissione può informarsi quanto vuole, ma quelle informazioni sono comunque inutilizzabili sul piano concorsuale, perchè non fanno parte della domanda dei candidati. Ripeto che il rispetto delle regole è fondamentale altrimenti siamo punto a capo. Immaginiamo che il MIUR introduca delle regole bibliometriche. Se la commissione ha il compito di verificarle, chi non condivide queste regole può mettersi ad “aggiustare” i numeri? Per esempio, se io ritengo che certe riviste non indicizzate su ISI e Scopus siano validissime, le aggiungo nei conteggi? Così non solo invalido il concorso, ma mi metto nei guai. Lo stesso valeva per i titoli non valutabili di samueleuk.
Vabbe’ si e’ commessa un’ingiustizia ma almeno le regole sono salve. Sia lodato il Cielo!
A voler essere maliziosi si potrebbe pure pensare che le regole siano state usate per commettere un’ingiustizia, ma si sa questo non succede mai e se succede e’ OK perche’ e’ piu’ importante rispettare le regole.
A prescindere dal caso di Samuele pero’ se ci fosse un caso molto piu’ eclatante, e’ singolare essere a favore della meritocrazia ma poi accettare di far trionfare regole che tutto sommato riguardano la forma (far contare solo atti raccolti 3 anni prima del concorso!!) rispetto alla sostanza e alla giustizia.
Caro Federico, come ho dimostrato coi numeri di cui sopra, anche limitando la valutazione comparativa ai titoli presentati fino al 2008 avrei dovuto vincere a mani basse. La commissione non doveva mica violare la legge :-)
Comunque la sostanza che mi premeva far notare e’ che nel 2011 l’accademia italiana ha promosso a ordinario un inetto, non tanto che hanno segato me. Con il metodo ANVUR, questa promozione immeritata non sarebbe successa.
off.topic: Mi sembra che l’argomento sia stantio. Non è un caso la giustizia (e la valutazione) debbano essere amministrati da organismi indipendenti. Detto con molta franchezza, il tipo di arroganza che traspare dalle risposte a Andrea Zhok (io sò ordinario e te ‘un sei nulla) mi convince che non lo vorrei nel mio dipartimento, in nessun ruolo e soprattutto non come ordinario. Cmq è stato detto in tutte le salse che la valutazione della commissione va fatta a CV fermo alla scadenza del bando. Insistere, a questo punto, mi pare inutile.
Per Fabiof: vai a rileggerti i posts. Io ho denigrato il titolo altisonante di Andrea Zhok solo dopo che lui si’ messo a fare il “maestrino” facendomi notare uno spelling mistake che ho fatto. Riporto letteralmente:
“P.S.: aneddoti, due d una t”
Quindi chi di spada ferisce, di spada perisce.
Caro Samuele, e con questo scusa ma chiudo la discussione perchè a questo punto devo ammettere di essere d’accordo con Banfi e c_s se non ricordo male:
1) i criteri che la commissione usa devono essere a data bando, inclusa la eventuale valutazione bibliometrica (dati citazionali inclusi). Su questo non si discute perchè è la legge;
2) su Scopus ti risultano 37 pezzi, incluse 8 lettere all’editore (che non sono articoli come su Nature, ma vere e proprie lettere, ho controllato), la commissione ti ha contato 42 pezzi, tra cui 30 impattati, 8 lettere e 4 reviews, tu dici che sono 51, evidentemente conti anche eventuali articoli in italiano (credo, visto che su Scopus non risultano);
3) Ma se conti anche i tuoi lavori in Italiano, allora lo devi fare pure per il tuo collega, che pare ne avesse molti più di te;
4) hai invitato tu a fare confronti basandoci su Scopus o WoS, e su Scopus i dati sono quelli che ho riportato;
5) continui a dare giudizi negativi sul collega, il che non è elegante, non dimostra nulla perchè non abbiamo i vostri CV all’epoca per giudicare autonomamente, e soprattutto implica un ragionamento circolare che non può dimostrare nulla rispetto a Anvur. Credo che a questo punto si possa/debba andare avanti, la discussione è sterile. Un cordiale saluto.
A parte il fatto che hai sbagliato i calcoli delle mie citazioni (242 non 127) e del mio h-index (11 non 7) nel 2008, mi spieghi dove e’ scritto nella legge che le valutazioni vanno fatte come se si valutasse nel 2008?
Visto che le valutazioni erano soggettive, bisognav a resettare il cervello dei candidati in modo che le loro memorie, conoscenze della letteratura, dei candidati, etc. fossero quello che avevano nel 2008?
Ma fatemi il piacere!!!
L’unica cosa che non ammetteva la legge era quella di valutare titoli dopo il 2008. Ma i titoli fino al 2008 vanno valutati nel 2011 (quando la commissione ha espresso i giudizi), non nel 2008!!!
Scusate. Perchè non è possibile discutere in maniera civile? Samuele, il tuo caso, così come ce lo hai presentato inizialmente ha solo creato confusione. Finalmente ho letto i verbali e i giudizi su tutti i candidati. Tu e l’idoneo non eravate nemmeno dello stesso SSD per cui concorrevate ma del settore affine (almeno così risulta dai verbali). C’erano altri concorrenti più coerenti. Forse loro avrebbero dovuto gridare allo scandalo. Non tu!
E poi. Stiamo parlando di maturità scientifica e didattica. Sei così sicuro che eri veramente maturo per quel posto? Lasciando perdere la caduta di stile che sta inficiando queste conversazioni. Sembriamo alla scuola materna!
E con questo vi lascio accapigliare.
Sarebbe stato bello se da questo dibattito fosse scaturito qualcosa di costruttivo.
Che peccato, l’ennesima occasione persa.
Buon lavoro a tutti.
beh… Tu sostieni una cosa. L’unico riscontro sono i verbali. Non c’è molta scelta, mi sembra. Nessuno di noi ha altre carte alla mano. Quelli si possono leggere e li ho dati per buoni.
Certo la vicenda non è affatto lineare e, se posso permettermi (sperando di non innescare nuove polemiche), tipica di ciò che a volte accade nelle sedi “neutre”.
Quindi il concorso si rifarà. Nuova commissione. Stessi partecipanti.
Cosa farai?
Scusami, quest’epilogo che stai raccontando è più significativo del resto della storia. E’ evidente che si tratta di mala peer review. Ma forse il torto non è stato fatto (solo) a te.. tant’è che il ricorso l’ha fatto chi si è sentito veramente danneggiato..
Forse un pò di confusione l’hai veramente creata. Bastava ampliare un pò di più la prospettiva sin da subito e forse i ragionamenti sarebbero stati più lineari.
Detto questo ti saluto e taccio, però se posso darti un consiglio spassionato (spero non mi prenderai per maestrina) non c’è motivo di scaldarsi e di alzare i toni. Questo è un blog molto serio. Ho iniziato a seguirlo da quest’estate per capire qualcosa in più sulle abilitazioni e devo dire che sto imparando tanto. Alcune cose si possono condividere, altre no, ma perchè sparare a zero su alcuni partecipanti?
L’unico su cui ho sparato a zero e’ Andrea Zhok, e l’ho fatto solo dopo che si e’ messo a fare lo spiritoso facendo notare un errore di spelling che ho fatto. Robe da secchione delle medie !!!
Comunque la confusione secondo me l’ha fatta chi e’ andato a farmi (sbagliando) le pulci per cercare di giustificare l’insana scelta della commissione.
Il mio punto era, con dati alla mano, che nel 2011 la peer review italiana ha fatto idoneo uno scientificamente poco abile, e che il sistema ANVUR delle mediane bibliometriche avrebbe evitato questo scempio. As simple as that
una volta si diceva:
“Compagni respingete le provocazioni!”
infatti.. solo tanta confusione.. andate a leggervi il nuovo post.. “che è meglio!”
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