Siamo davvero impotenti di fronte all’involuzione autoritaria impressa da molti governi, e oggi dal governo turco, alla vita democratica del loro paese? Se il primo atto repressivo del governo nel dopo golpe è stato privare della libertà di movimento migliaia di nostri colleghi e colleghe o addirittura costringerli alle dimissioni, quanto sta succedendo è la prova dell’immenso potere che il pensiero critico, la diffusione del sapere e la libertà di ricerca hanno nella vita delle comunità, in quanto indispensabile terreno di coltura della democrazia e della pace. «L’educazione ‘liberale’ libera la mente dalle catene dell’abitudine e della tradizione, formando persone in grado di operare con sensibilità e prontezza come cittadini del mondo», scrive Seneca nel De ira: è questa la straordinaria potenza del pensiero critico, che è tanto temuta da ogni regime illiberale. Una protesta unitaria di tutto il mondo universitario che richiami al valore formativo del pensiero critico sarebbe un momento di assunzione consapevole del nostro compito di docenti e ricercatori, e della forza e dell’importanza che questo compito ha: difendere il diritto al sapere contro la repressione e la violenza.
L’immagine di copertina è tratta da https://www.scholarsatrisk.org/, sito web di Scholars at Risk, “an international network of institutions and individuals whose mission it is to protect scholars and promote academic freedom”.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente appello lanciato dal Circolo universitario Giorgio Errera di Pavia e pubblicato su http://www.circoloerreraunipv.it
Appello alle donne e agli uomini dell’Università
Siamo davvero impotenti di fronte alla violenza e alla guerra assunte come unico modo per regolare i rapporti tra gli uomini?
Siamo davvero impotenti di fronte all’involuzione autoritaria impressa da molti governi, e oggi dal governo turco, alla vita democratica del loro paese?
Per comprendere e valutare quanto sta succedendo in Turchia occorre certamente il tempo dell’analisi informata e non ideologica. Tuttavia, abbiamo fin d’ora il dovere di riflettere. Se il primo atto repressivo del governo nel dopo golpe è stato privare della libertà di movimento e limitare così la libertà di insegnamento e di ricerca migliaia di nostri colleghi e colleghe (come conferma in un’intervista del 28 luglio 2016 Betül Tanbay, presidente della Società Matematica Turca, che non ha potuto partecipare al congresso della European Mathematical Society di Berlino perché tutti gli accademici turchi sono diffidati dal lasciare il paese), o addirittura costringerli alle dimissioni, quanto sta succedendo è la prova dell’immenso potere che il pensiero critico, la diffusione del sapere e la libertà di ricerca hanno nella vita delle comunità, in quanto indispensabile terreno di coltura della democrazia e della pace.
In questa circostanza contingente, abbiamo il dovere di riflettere sul fatto che la prima azione del dopo golpe turco è stato il controllo del settore dell’educazione. In generale, abbiamo il dovere di riflettere sul nesso, dimostrato, tra il tasso dell’investimento in formazione e cultura, e la crescita: crescita non semplicemente economica, ma di civiltà e di felicità dei paesi. Queste riflessioni ci consegnano un’arma molto potente: l’arma del sapere. Il sapere come arma ci impone il dovere di richiamarci, in ogni contesto e con gli strumenti di cui disponiamo, agli effetti reali del sapere nelle nostre comunità.
«L’educazione ‘liberale’ libera la mente dalle catene dell’abitudine e della tradizione, formando persone in grado di operare con sensibilità e prontezza come cittadini del mondo», scrive Seneca nel De ira: è questa la straordinaria potenza del pensiero critico, che è tanto temuta da ogni regime illiberale, proprio perché, in quanto esercizio di verità, e «compito per definizione infinito», non può che apparire al potere, agli automatismi e all’opacità dei suoi processi decisionali, «una tecnica di disturbo» (Edward Said).
Come donne e uomini del mondo universitario, dobbiamo oggi ribadire con forza e con orgoglio il significato dell’universitas: “università” non è altro che una totalità che è sempre in divenire, che si fa cioè continuamente attraverso la libera produzione e circolazione del sapere, e attraverso il confronto aperto e spesso produttivamente conflittuale delle idee e delle tesi. Una protesta unitaria di tutto il mondo universitario che richiami al valore formativo del pensiero critico sarebbe un momento di assunzione consapevole del nostro compito di docenti e ricercatori, e della forza e dell’importanza che questo compito ha: difendere il diritto al sapere contro la repressione e la violenza.
Sarebbe anche una prova straordinaria di quell’Europa come comunità di cui siamo tutti alla ricerca.
Mi dispiace, ma no riesco a capire cosa c’entra il golpe Usa/EU in Turchia con la liberta’ di pensiero critIco.