Le università greche chiudono una dopo l’altra. I pesantissimi tagli subiti impediscono agli atenei di svolgere la loro missione e i senati accademici sono costretti a decretare lo stop di tutte le attività, incluse le immatricolazioni. L’Università di Atene ha annunciato pochi giorni fa la propria chiusura, con un comunicato del senato accademico. “Risanare” un Paese distruggendone la formazione avanzata è una vera follia. In Italia tutto tace, pochi hanno commentato i drammatici eventi greci, una situazione che ogni giorno che passa sembra solo un po’ avanti a quella del nostro paese. L’unica voce istituzionale, nel silenzio generale, è stata quella CRUI che ha ricordato come il sistema universitario italiano sia a un passo da quello greco e ha preso la palla al balzo per chiedere il minimo per mantenere in piedi il sistema. Riportiamo di seguito il testo di un articolo di Argiris Panagopoulos sulla drammatica situazione del sistema universitario ellenico e il testo del comunicato stampa CRUI.

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Grecia, Samaras chiude otto atenei

Per prima volta i rappresentanti della Troika hanno fatto i complimenti ad un ministro greco. Il «riformatore» dell’amministrazione pubblica, Kyriakos Mitsotakis, ha presentato le liste di proscrizione di 12.500 impiegati fino alla fine dell’anno e si prepara ad un altro bagno di sangue nella pubblica amministrazione di altri 12.000 statali per l’anno prossimo. In contemporanea i rettori delle università greche hanno promesso una lotta legale ad oltranza contro le decisioni del governo greco e della Troika che hanno deciso di chiudere i loro luoghi sacri.

Proprio nel momento in cui i rettori chiedevano 2500 assunzioni, le sfingi dell’austerità hanno imposto il loro responso: le università devono licenziare 1700 dipendenti, quasi un terzo del personale amministrativo delle otto università del paese. I tagli colpiranno l’Università nazionale Capodistriana di Atene, il Politecnico di Atene, l’Università di Economia e Commercio di Atene, l’Università Aristotele di Salonicco, e poi quelle di Creta, di Tessaglia, di Ioannina e di Patrasso. Nell’ultima settimana tutti gli atenei hanno sospeso le loro attività ordinarie. Il Senato dell’università di Ioannina ha annunciato che non si effettueranno nuove immatricolazioni.

Il Senato accademico dell’Università Nazionale Capodistriana di Atene, la seconda per numero di iscritti in Grecia, ha comunicato l’imminente chiusura. In una sessione straordinaria del 23 settembre, il Senato ha denunciato «l’oggettiva e assoluta impossibilità di svolgere le funzioni didattiche, di ricerca e amministrative». L’organismo ha inoltre denunciato le scelte del ministero dell’Istruzione «che minano l’istruzione superiore delle nuove generazioni in Grecia». La «totale opacità» dei «calcoli infondati e approssimativi indegni delle istituzioni responsabili di uno stato civile». A causa dei tagli, la prima università dei Balcani non potrà continuare ad offrire i suoi servizi, per la prima volta dall’anno della sua fondazione: il 1837. Le autorità dell’università chiedono la sospensione delle «dolorose misure a danno dell’università di Atene». La chiusura degli atenei, o il blocco delle immatricolazioni dei nuovi studenti, rappresenta un ulteriore tentativo per esercitare una pressione sul governo.

Ieri, i rettori hanno deciso all’unanimità di forzare ancora la mano. Hanno annunciato una selva di ricorsi e di azioni legali contro la decisione del governo di licenziare i dipendenti. Per dare ancora maggiore peso a questa decisione, hanno istituito un organo rappresentativo per difendere le condizioni ritenute prioritarie per garantire il corretto funzionamento delle facoltà. Questi ricorsi intendono proteggere il principio dell’autonomia amministrativa degli atenei, violato dalla decisione del governo Samaras di licenziare i dipendenti.

A sostegno della loro battaglia, i rettori si sono richiamati anche alle decisioni della Corte costituzionale portoghese. L’organo supremo della giustizia lusitana ha, per ben tre volte, rimandato al mittente i tagli imposti all’università. In Grecia non esiste una vera Corte costituzionale ma chiedere l’intervento della magistratura, quando anche questa viene massacrata con tagli pesanti, resta sempre una strada da percorrere.

Alexis Tsipras, leader di Syriza, ha incontrato ieri la presidenza del Consiglio dei rettori. Il suo partito sostiene le loro rivendicazioni. Il licenziamento del personale amministrativo delle università è una responsabilità innanzitutto del governo che non può nascondersi dietro il diktat della Troika. Sempre ieri si è svolto anche l’incontro dei rettori con il segretario dei comunisti ortodossi di KKE Dimitris Koutsoumbas. I rettori, Syriza e Koutsoumbas sono d’accordo su due elementi. Il governo Samaras intende chiudere le università pubbliche per favorire l’istruzione privata. La Grecia è ancora uno degli ultimi paesi europei dove l’istruzione universitaria appartiene quasi interamente allo Stato. Con la sua azione, inoltre, il governo ha espresso la sua contrarietà rispetto all’istruzione di massa dei giovani.

È sempre più forte in Grecia l’impressione che per la Troika il desiderio di studiare e di laurearsi espresso da molti giovani sia «anomalo». Tutti gli organi di governo, nazionali e europei, battono infatti su un unico tasto: i giovani devono scegliersi un mestiere e non continuare a studiare. Questo discorso ossessivo va di pari passo con i licenziamenti degli insegnanti nelle scuole elementari e medie. E viene comprovato dalla forte diminuzione del personale amministrativo.

Il ministro della Pubblica Istruzione, K. Arbanitopoulos, ha imposto la riforma degli esami di ammissione nelle università con lo scopo di dimezzare il numero dei ragazzi che aspirano a entrare in una facoltà. I ragazzi che hanno compiuto i 15 anni di età dovranno sopportare un calvario di esami lungo tre anni, superato il quale avranno acceso alle università. L’obiettivo è allontanare il maggior numero dei ragazzi dall’istruzione pubblica.

In questi primi giorni di scuola stanno dilagando nel paese le occupazioni delle scuole superiori. Forte è la solidarietà con gli insegnanti, affaticati dagli scioperi ad oltranza contro i tagli. Al momento non esiste ancora un movimento degli studenti nelle università contro le «riforme» di Samaras e delle Troika.

Argiris Panagopoulos

(già pubblicato  su Il Manifesto – 25 settembre 2013)

 

 

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La Grecia è dietro l’angolo

Un piano per i giovani ricercatori e 100 milioni ai migliori nella valutazione della ricerca. La CRUI chiede al Governo due provvedimenti urgenti da inserire nella Legge di Stabilità.
“L’Europa è nata con le Università e la crisi delle Università può farla morire. E’ necessario ripensare in primo luogo l’Europa del sapere. Partendo da due concetti sostanziali: merito e giovani. Solo puntando su creatività e innovazione riusciremo a vincere questa sfida decisiva per il Paese”.
Ha iniziato così la sua prima Assemblea Generale il neo-Presidente della CRUI, Stefano Paleari. E dopo aver appreso le notizie che vengono dalla Grecia, non poteva essere altrimenti. 12500 dipendenti delle Università, ai quali la CRUI esprime la propria piena solidarietà, verranno licenziati. 1350 alla prima tornata. Almeno 8 atenei sono a rischio chiusura. Nella migliore delle ipotesi non riusciranno a dare avvio all’anno accademico.
Un destino che attende anche le Università Italiane? Per scongiurare questo pericolo il primo atto formale della CRUI presieduta da Paleari è stato l’invio di una lettera al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Università.
“La lettera nasce all’interno di una situazione drammatica – ha sottolineato Paleari – Negli ultimi anni abbiamo perso 1 miliardo su 7. Stiamo parlando di uno dei finanziamenti per l’Università più bassi d’Europa! Questo ha significato una riduzione di 10.000 unità di chi insegna e fa ricerca. E un conseguente decremento dei laureati, che ormai sono di più di 10 punti percentuali sotto la media europea. Un numero di stamattina a titolo esemplificativo: l’Università della Basilicata ha quest’anno 800 nuovi iscritti, l’anno scorso ne aveva 1500. Di questo passo il punto di arrivo mi sembra evidente”.

In quest’ottica, attraverso la lettera, la CRUI chiede al Governo un intervento tempestivo. Servono subito: • 100 milioni ai migliori nella valutazione della ricerca – Di fatto il taglio ereditato nei bilanci dell’Università per il 2013, pari a quasi 400 milioni (il 4,5% in meno rispetto al 2012), impedirà di premiare chi si è meglio comportato. Rendendo inutile l’immenso lavoro di Atenei e ANVUR • Un piano per i giovani ricercatori che ne arresti l’emorragia, altrimenti ogni richiamo alla crescita risulterà vano – I dati ci dicono che abbiamo 4 addetti alla ricerca ogni 1000 occupati. La Francia ne ha 9. Germania e Regno Unito 8. Persino la Spagna 7. Solo per passare da 4 a 5 avremmo bisogno di 20.000 ricercatori

“Su questi due punti chiediamo al Governo un segnale immediato. Da inserire nella prossima Legge di Stabilità – aggiunge Paleari – Da anni merito e giovani sono trascurati. La Grecia non è più così lontana”.

(fonte: www.crui.it)

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8 Commenti

  1. Premesso che sono esterrefatta dalla notizia, e lo sgomento e il dolore sono talmente grandi da essere quasi inesprimibili con le parole, voglio commentare da ignorante alcuni aspetti.
    1. Ricordo quando nel momento dell’ingresso della Grecia nell’UE, si sono tenute lì le sontuose Olimpiadi, in un paese che non sembrava poter avere tali risorse a disposizione. Ho pensato: li avranno aiutati. Poi si è scoperto, anni dopo, che era fumo senza arrosto e mi sono domandata come mai era possibile che gli organismi dell’UE avessero ignorato o sottovalutato la situazione. La risposta che mi sono data in base a certe informazioni che circolavano riguardava Cipro e Turchia, in quanto strettamente legati alla storia e alla collocazione geografica della Grecia. Avrebbero dovuto vigilare e lavorare meglio, gli organismi dell’UE, prima, durante e dopo l’ingresso della Grecia, per il bene dei Greci e di noi tutti.
    Commento n.2. Tempestività della CRUI. Le reazioni della CRUI mi spiazzano sempre: tace quando dovrebbe essere attiva (cfr. gelmini), fa equilibrismi politici quando dovrebbe essere netta e chiara e propositiva, scrive tempestivamente epitaffi preventivi quando questa è la moda del giorno. Perché quando non ci fosse più, se ne possa raccontare: Fu buona e giusta, forte contro i forti, dolce accanto ai deboli (scil. noi). Ecco, qua non sono ignorante, perché mi sono occupata di pseudoautoepitaffi (quelli del tipo berlusconiano lo sono sempre; che trovata, ragazzi … chi sarà il consigliere?).
    3. Mi domando e vorrei anche una risposta: quanto è costata negli ultimi anni (in danaro, tempo ed energie spese male), l’implementazione di gelmini, anvur, vqr, asn? Non solo. I risultati sono proporzionali agli investimenti (di danaro, tempo, energie individuali e collettive)?

  2. Lo spread, la procedura di infrazione, il debito pubblico e bla bla bla: gli organi di informazione ci martellavano che avremmo fatto “la fine della Grecia”.
    Ora tutto tace.
    Lasciatemi fare una previsione che si ispira ai mitici Highlander. “Ne rimarrà solo uno” (di settori disciplinari in Italia): quello dei professori di finanza.

  3. Sono sgomenta. Ma come può accadere nel cuore d’Europa, nella culla della civiltà? Non è possibile fare nulla?

    (Mi permetto di osservare che la Grecia è entrata nella UE, o meglio nella allora CEE, nel 1980. Quindi poco dopo di noi e ben prima di Spagna e Portogallo).

    • Il miur_anvur comunica i soli costi diretti. I calcoli dei costi indiretti (imposti ad atenei EPR e ricercatori sono complicati e in Italia nessuno li farà mai. Sirilli ha usato stessa metodolia adottata nel 2005 in un.

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