«Oggi, il sistema scolastico italiano è un sistema classista: chi nasce povero rischia di continuare ad essere povero, chi nasce ricco, ovviamente, gode di una condizione di vantaggio. Allora, la vera sfida è quella, appunto, di personalizzare l’istruzione, far sì che nessuno rimanga indietro.» Come? Con l’insegnante tutor, con la valorizzazione professionale dei docenti a cui occorre ridare autorevolezza e rispetto. Un primo passo significativo: 124 euro al mese in più di aumento. Ma anche un fondo nazionale, destinato a tutte le scuole finanziato dal mondo delle imprese. una sperimentazione in 150 scuole con modelli nuovi, pensiamo, per esempio, in queste scuole ad avere 10 studenti per classe, un esperimento che in Francia ha dato ottimi risultati. Per affrontare le dispersione scolastica e il tema dei divari Nord-Sud, avvieremo una sperimentazione in 150 scuole con modelli nuovi, per esempio, avere 10 studenti per classe. Infine, l’alternanza scuola/lavoro è assolutamente insostituibile, necessaria, non soltanto in istituti tecnico-professionali, ma anche nei licei. Pubblichiamo il video e la trascrizione del videomessaggio inviato dal Ministro Valditara come contributo alla tavola rotonda del Quarto Convegno Roars. Insieme alla trascrizione, riassumiamo anche le domande che la Redazione aveva posto al Ministro: (i) il passaggio dei test Invalsi da modalità censuaria a modalità campionaria; (ii) il ruolo dell’autonomia differenziata nella problematica dei divari Nord-Sud; (iii) la progressiva delegittimazione dei docenti, che va a braccetto con una visione salvifica di metodologie didattiche e strumenti informatici, dipinti come panacee miracolose.
Quarto Convegno Roars, Trento 24-24 febbraio 2023
Tavola rotonda: COSA «MERITANO» LA SCUOLA E L’UNIVERSITÀ ITALIANA
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Giuseppe De Nicolao (Università di Pavia e ROARS): Noi avevamo posto delle domande al Ministro che mi permetterei di riassumere rapidamente, in modo tale che, nei commenti della Tavola rotonda, emerga anche ciò a cui si è risposto e ciò a cui non si è risposto. Noi avevamo posto essenzialmente tre domande.
Una prima domanda era legata all’uso dei testi Invalsi in modalità censuaria, cioè non tramite campionamento statistico, ma su tutta la popolazione, e alle preoccupazioni che destava la schedatura degli studenti. In particolare, l’indicatore di fragilità ha costruito degli elenchi nazionali di milioni di studenti “disagiati” che sono stati comunicati alle scuole e che quindi sono stati -come dire- etichettati da un algoritmo non verificabile, nel senso che i test non sono noti e non c’è nessun modo nemmeno di contestarne l’esito. Volevamo chiedere, appunto, se si poteva dare un segnale preciso, cambiando la modalità di erogazione di questi test da test censuari a test, invece, su base campionaria. Se effettivamente servono a individuare le zone di disagio, le scuole, le regioni e così via, la modalità campionaria è sufficiente. Viceversa, la modalità “schedatura” desta sicuramente molte preoccupazioni, anche perché riduce moltissimo il respiro della formazione per il messaggio che passa: ormai ci sono i libri per l’addestramento agli Invalsi che vengono propinati agli studenti. Insomma, questa modalità ha un effetto ben preciso, mentre se io effettuo una misura statistica non induco il teaching to the test. Invece, con la modalità censuaria, l’incentivo al teaching to the test è fortissimo. Questa era la prima domanda.
La seconda domanda era questa: abbiamo un paese con fortissimi divari e, in qualche modo, anche il ministro ha riconosciuto questo fatto. Noi chiedevamo: avendo questi forti divari, in che misura il progetto di autonomia differenziata, che tocca anche gli aspetti dell’istruzione, appare in grado di migliorare questa situazione? Sui divari c’è stata risposta, ma sul ruolo dell’autonomia differenziata verso una possibile cura di questi divari non mi sembra che ci sia stata purtroppo risposta.
Il terzo punto era sulla digitalizzazione e su una visione salvifica di metodologie didattiche, strumenti informatici, e così via, che va a braccetto con la progressiva delegittimazione dei docenti. Nella risposta del Ministro, se è parlato di dignità dei docenti, anche di riconoscimento economico, e si è parlato di autorevolezza. Però si è eluso il discorso su che tipo di ruolo. Anzi no, forse non lo si è eluso, perché l’idea è di formare capitale umano. Questo è il messaggio che è passato, mentre ci sarebbe piaciuto che fosse messo in discussione questo paradigma. Ecco, queste erano le tre domande che avevamo posto.
Giuseppe De Nicolao (Università di Pavia): 3 domande al Ministro Valditara
Giuseppe Valditara: videomessaggio per il Quarto Convegno Roars
Ministero dell’Istruzione e del merito: la novità sta nell’aggiunta di questo sostantivo “merito”. Che cosa vuol dire? Perché “merito” è un’autentica sfida: sin dall’inizio della mia azione di governo ho voluto precisare che alla base di questa scelta ci sono due articoli della Costituzione: l’articolo 34 e l’articolo 3, che devono essere letti necessariamente insieme. Partiamo da una considerazione: diversi studi, fra cui uno importante di Banca d’Italia, hanno chiarito come l’ascensore sociale, cioè la capacità del sistema scolastico di promuovere socialmente, di far sì che un ragazzo che nasce in una famiglia disagiata possa avere successo nella vita, si è bloccato alla metà degli anni ’70. Addirittura, nel 2022 siamo ritornati ai livelli del 2000. Quindi, abbiamo fatto un passo indietro.
Oggi, il sistema scolastico italiano è un sistema classista: chi nasce povero rischia di continuare ad essere povero, chi nasce ricco, ovviamente, gode di una condizione di vantaggio. Allora, la vera sfida è quella, appunto, di personalizzare l’istruzione, far sì che nessuno rimanga indietro. Da qui le linee guida per l’orientamento, con la previsione dell’insegnante-tutor. L’insegnante-tutor, che non è un superiore gerarchico, ma è un collega che, in una logica di team, collabora con gli altri per la personalizzazione dell’educazione, avrà una formazione specialistica particolare, soprattutto in campo psico-pedagogico, e dovrà coordinare l’aiuto nei confronti di quegli studenti che hanno più difficoltà, che, dunque, non devono essere lasciati indietro, che devono poter recuperare, fornendo nel contempo aiuto anche a quei ragazzi che in classe, magari, si annoiano perché hanno necessità di accelerare. L’ottica della nuova scuola deve essere sempre più improntata sulla personalizzazione dell’insegnamento. Stanzieremo delle risorse proprio per pagare questi docenti maggiormente formati, stanzieremo risorse per pagare anche docenti disciplinari che svolgeranno queste funzioni di supporto sia a livello curricolare sia extracurricolare, comunque sostanzialmente al pomeriggio.
C’è poi l’altro grande tema, l’altra grande sfida, quella della valorizzazione professionale dei docenti. Ho sottolineato come due parole siano per me particolarmente significative: autorevolezza e rispetto. Per ridare autorevolezza ai docenti, ovviamente, bisogna pagarli di più. Posso dire che in poche settimane siamo riusciti a concludere un accordo con tutti i sindacati, cosa che i governi precedenti non erano stati in grado di fare. Abbiamo concluso questo accordo, innanzitutto mettendo 100 milioni in più a disposizione dei docenti e del personale della scuola (un milione duecentomila persone) e finalizzando diversamente 300 milioni che si disperdevano in progetti, dato che gli stipendi delle persone della scuola sono troppo bassi. Ho preferito finalizzare queste risorse all’aumento generalizzato di tutti i lavoratori della scuola. Abbiamo così ottenuto un primo passo significativo: 124 euro al mese in più di aumento. Non basta, certamente non basta. Dovremo fare ancora di più, dovremo fare ancora di più con risorse pubbliche.
Ma io chiedo una forte mobilitazione di tutti i cittadini, di tutta la società, e quindi in particolare del mondo delle imprese. Ho detto anche agli amministratori delegati: “voi avete drammaticamente bisogno di personale formato bene. Allora iniziate a concepire che l’investimento nella formazione del personale umano, delle risorse umane, è egualmente importante che l’investimento in macchinari e quant’altro”. E dunque, imprenditori, dovete dare soldi, trovare risorse da investire nel mondo della scuola, nel mondo di tutta la scuola, e quindi finanziare tutta la scuola e non soltanto alcune scuole. Penso ad un fondo nazionale che possa essere utilizzato in tutte le realtà italiane, in tutte le realtà scolastiche italiane.
Un altro tema di particolare rilievo è il tema della dispersione scolastica e il tema dei divari Nord-Sud. Non è vero che la scuola italiana è una scuola peggiore dal punto di vista degli esiti formativi rispetto ad altre scuole. Per esempio, si cita molto la Finlandia, ma pochi sanno che, per esempio, che in matematica i test Pisa, che sono gli unici attualmente utilizzabili, certificano che la formazione, i risultati, appunto le performance, degli studenti di alcune regioni italiane risultano superiori rispetto alle performance degli studenti finlandesi. Le performance, per quanto riguarda la lingua e quindi, la risposta corretta, la capacità di usare correttamente la lingua nazionale, sono superiori in alcune regioni italiano rispetto a quelle dimostrate dagli studenti tedeschi; ci sono divari significativi sotto questo profilo. Allora, una prima risposta è quella della personalizzazione. Una seconda risposta è quella sempre contenuta nelle linee guida sull’orientamento, appunto, che mira a orientare le scelte delle famiglie e degli studenti, a far conoscere le abilità, le propensioni, le predisposizioni di ogni giovane, di ogni ragazzo, di ogni studente e metterle in contatto anche con le esigenze, le richieste, le opportunità, le opportunità lavorative del territorio. L’altro tema, l’altro argomento importante invece, è quello di una sperimentazione che deve riguardare le aree geografiche maggiormente in difficoltà da questo punto di vista. Ho chiesto ad Invalsi di verificare i risultati delle varie scuole italiane, di individuare le aree a maggiore criticità. Noi avvieremo una sperimentazione in 150 scuole con modelli nuovi, pensiamo, per esempio, in queste scuole ad avere 10 studenti per classe, un esperimento che in Francia ha dato ottimi risultati. Pensiamo a una formazione particolare verso quei docenti che lavorano nelle scuole cosiddette di frontiera, pensiamo anche a un trattamento economico che valorizzi quei docenti che lavorano nelle realtà più difficili, quindi interventi mirati proprio per far sì che tutte le scuole italiane siano in grado di garantire risultati formativi analoghi.
C’è poi il tema dell’alternanza scuola/lavoro, un tema molto discusso. Un conto è la sicurezza, un altro è l’efficacia dell’alternanza scuola/lavoro. L’alternanza scuola/lavoro è assolutamente insostituibile, necessaria. Ritengo che sia un’esperienza fondamentale, non soltanto in istituti tecnico-professionali. Ma anche nei licei, dove può svolgere importanti funzioni di orientamento, di apprendimento delle cosiddette soft skills, cioè quelle competenze non disciplinari, il saper organizzare il proprio tempo e il lavorare in squadra e via dicendo, che diversi studi, uno recente americano, hanno definito fondamentali proprio per inserirsi efficacemente nel mondo del lavoro. Diverso, dicevo, è il tema della sicurezza. Abbiamo presentato al tavolo con i sindacati e nel confronto col Ministero del Lavoro alcune proposte molto interessanti, molto importanti, proprio per rafforzare e garantire sempre più la sicurezza anche in questa fondamentale esperienza formativa.