Segnaliamo ai lettori la seguente ordinanza del TAR Lazio (Roma), con la quale si aggiunge un nuovo tassello alla farsesca vicenda dell’Abilitazione Scientifica Nazionale.
Come è noto, le tre mediane per i settori “non bibliometrici” sono calcolate su 1) numero di monografie 2) numero di articoli su rivista di fascia A 3) numero di articoli su rivista scientifica e “capitoli di libro”.
Gli arzigogoli numerologici pensati da chi ha (malamente) scritto in vari momenti le regole, hanno già portato a interrogarsi sull’esatto concetto di “monografia” e di “articolo”; per tacere della discussione sulla scientificità o meno di una rivista, della classificazione di “fascia A” spesso attribuita con criteri opachi (o forse in qualche caso perfino casuali), del vero ed assoluto concetto di “articolo”: cosa è esattamente un articolo? E come si applicano le barriere fra aree e settori scientifico-disciplinari? In questa babele classificatoria, segno palese della pestilenziale diffusione di una inedita forma di demenza, che induce ad un enorme spreco di risorse con il solo risultato di peggiorare la qualità della ricerca scientifica a vantaggio della quantità, di deresponsabilizzare le commissioni e di deformare l’azione dei ricercatori, allegramente indirizzati verso un nuovo medioevo bibliometrico (ma oggettivo, vivaddio, oggettivamente somaro, appunto), non poteva mancare il dubbio sulla natura vera del “capitolo di libro”. Dubbio che sono stati chiamati a risolvere, loro malgrado, i giudici della sezione terza del TAR Lazio (Roma). La soluzione adottata dal giudice, è tanto paradossale quanto – per certi versi – lineare. Se posso indicare come capitolo di libro un capitolo, appunto, apparso in un volume collettaneo, per quale ragione non posso fare lo stesso con i singoli capitoli che costituiscono una monografia interamente mia? Le regole vigenti, dice il TAR, non lo escludono e dunque sarà il candidato a scegliere (sulla base della sua convenienza, aggiungiamo noi), con l’unico limite di non poter far figurare lo stesso identico titolo ai fini del superamento di più di un indicatore:
Invero, in base allo stesso D.M. n. 602/2016 non è possibile desumere alcun netto e chiaro ostacolo a che i capitoli di un medesimo libro possano essere considerati sia come distinti contributi o pubblicazioni (rientrando nell’indicatore di cu alla lettere a), ovvero come parti di un medesimo volume (in questo caso rientrando nell’indicatore di cui alla lettera c).
In altri termini, dalla suddetta disciplina è possibile ricavare che la scelta delle modalità con le quali utilizzare i capitoli di un libro (se come distinti capitoli o come libro) è rimessa al candidato con il limite della impossibilità di avvalersi del medesimo testo per due volte, ai fini del calcolo sia del primo, sia del terzo indicatore.
A dire il vero, il giudice giustifica tale sua scelta interpretativa affermando che essa
appare coerente con la ratio del sistema dell’abilitazione scientifica nazionale, soprattutto dopo la novella del 2016, che mira ad evidenziare e premiare non tanto la quantità della pubblicazioni, ma la loro qualità sotto il profilo della innovatività ed originalità e ciò a maggior ragione nel caso di specie in cui l’istante (come si osserverà infra) ha ottenuto un giudizio assai positivo sulla qualità delle pubblicazioni sottoposte all’esame della commissione. Il sistema dell’abilitazione, infatti, ha lo scopo di individuare la qualificazione scientifica del candidato, fine rispetto al quale gli indicatori costituiscono meri strumenti.
Ancora una volta, a giudizio di chi scrive, il giudice si fa supplente del policy maker, adattando le procedure a una sua visione del sistema di reclutamento, attraverso, in buona sostanza, interpretazioni creative: è un fenomeno già visto molte volte negli scorsi anni, a proposito dell’ASN. Né l’interpretazione del TAR appare così pacifica come il collegio lascia intendere, a maggior ragione quando se ne considerino gli effetti: è infatti evidente che il senso della regola è di costruire un’unica categoria che ricomprenda articoli di rivista e capitoli contenuti in opere collettanee.
In ogni caso, vi è un punto sul quale vorrei ancora una volta richiamare l’attenzione: sono state adottate regole fragili e mal scritte che hanno dato vita a un ecosistema nel quale i ricercatori cercano di agire massimizzando le loro chances e dunque adottando comportamenti che tecnicamente (sia detto senza alcuna censura di carattere morale) possono essere definiti come opportunistici. Costoro cercano di operare, infatti, come soggetti razionali, sempre che non abbiano perso prima la ragione aggirandosi nel labirinto valutativo e pseudobibliometrico. I giudici, dal canto loro, cercano come possono di rimediare a un contenzioso tanto vasto quanto oneroso.
I numeri, di per sé, non valutano un bel nulla e su questo sì, il TAR Lazio ha ragione.
Sono tutte cose che chi scrive le regole, dal legislatore fino ad ANVUR, avrebbe dovuto conoscere e prevedere, se solo fosse stato in grado di comprendere e svolgere un ragionamento elementare.
In ogni caso, in attesa di vedere quali nuovi prodigi ci regalerà il sistema di reclutamento accademico italiano, possiamo già profetizzare quale nuovo “prodotto della ricerca” si affermerà prepotentemente negli stili letterari delle Human and Social Sciences italiane: il “capitoletto”. Preghiamo solo che il Ministero o altri non vogliano por mano alla cosa regalandoci una definizione quantitativa del “capitolo di libro” – che so io, diecimila caratteri. Perché scopriremmo presto una straordinaria tendenza all’uniformità nella struttura interna delle monografie.
Pubblicato il 23/07/2019
N. 09821/2019 REG.PROV.COLL.
N. 06588/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
Vista la domanda depositata in data 27/06/2019 da XXXXX, rappresentata e difesa dagli avvocati Federico Gualandi e Francesca Minotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.
per la correzione
della sentenza n. 8307 del 26.6.2019, pronunciata da questa Sezione sul ricorso 6588 del 2018;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2019 il dott. Vincenzo Blanda e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Vista la sentenza n. 8307 del 26.6.2019 con cui questa Sezione ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso n. 6588 del 2018, proposto da XXXXX per l’annullamento:
– del diniego di abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima fascia espresso nei riguardi della ricorrente nella procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia per il settore concorsuale 12/H1 indetta con D.D. n. 1532/2016, appreso dalla ricorrente a seguito della pubblicazione, sull’apposito sito internet, dei risultati della procedura in data 14.4.2018;
– del giudizio collegiale della Commissione Nazionale per l’Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia del Settore Concorsuale 12/H11 e dei giudizi individuali dei Commissari, pubblicato sul sito web del MIUR, nonché, per quanto occorrer possa, del verbale della medesima Commissione n. 3 del 12.4.2018, con relativa “Relazione riassuntiva della riunione del 12 aprile”;
– dell’elenco pubblicato sul medesimo sito nella parte in cui è evidenziata la non idoneità della ricorrente;
– del provvedimento a firma del Direttore generale per la programmazione, il coordinamento e il finanziamento delle istruzioni della formazione superiore del MIUR prot. n. 758/2018, emesso nei riguardi della ricorrente, avente ad oggetto “Provvedimento in autotutela ex art. 21 nonies della L. n. 241/1990 – Rettifica indicatori ed elenco pubblicazioni valutabili ai sensi dell’art. 7 del D.M. 120/2016”;
– del D.M. 7.6.2016 n. 120 “Regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, nonché le modalità di accertamento della qualificazione dei Commissari, ai sensi dell’articolo 16, comma 3, lettere a), b) e c) della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e successive modifiche, e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2016, n. 95”, e/o del D.M. 29.7.2016, n. 602, “Determinazione dei valori-soglia degli indicatori in cui agli allegati C, D ed E del D.M. 120/2016”, nelle parti in cui dovessero interpretarsi come ostativi alla possibilità di consentire che i capitoli del libro di un medesimo autore possano essere conteggiati all’interno dell’indicatore “a) numero di articoli su riviste scientifiche dotate di ISSN e di contributi in volumi dotati di ISBN (o ISMN)”, qualora lo stesso libro non venga utilizzato all’interno dell’altro indicatore “c) il numero di libri (escluse le curatele) a uno o più autori dotati di ISBN (o ISMN)”;
– di ogni ulteriore atto e/o provvedimento presupposto, connesso e/o dipendente rispetto a quelli impugnati;
Vista l’istanza di correzione di errore materiale;
Visto l’istanza depositata dal difensore di parte ricorrente il 27 giugno 2019, con cui si chiede la correzione di errori materiali riscontrati nella citata sentenza, facendo rilevare come in tale pronuncia si sia erroneamente fatto riferimento ad una sopravvenuta carenza di interesse della ricorrente dichiarata in udienza, che in realtà non sarebbe mai stata resa;
Visto l’art. 86, co. 2, cod. proc. amm.;
Considerato che, per mero errore materiale, nella sentenza n. 8307 del 26.6.2019 sul ricorso n. 6588 del 2018, si è fatto riferimento ad una dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse del tutto estranea al presente giudizio – oggetto di altro contenzioso trattato alla stessa camera di consiglio, attinente alla materia delle abilitazioni scientifiche nazionali, posto in ordine di ruolo immediatamente successivo a quello in esame – piuttosto che alla trattazione nel merito della impugnazione con conseguente accoglimento, come in casi analoghi, alcuni decisi alla medesima camera di consiglio del 19 giugno 2019;
Ritenuto che l’istanza di correzione dell’errore materiale formulata dal difensore di parte ricorrente sia, dunque, fondata, attesa l’erronea completa trasposizione del testo di una sentenza in luogo di un’altra, relativa al provvedimento effettivamente impugnato da parte ricorrente, così come decisa alla camera di consiglio del 19 giugno 2019;
Considerato che alcun dissenso è stato manifestato dalle amministrazioni resistenti all’odierna camera di consiglio.
Ritenuto, pertanto, che tale domanda sia meritevole di accoglimento e, per l’effetto, debba essere disposta la correzione del predetto errore materiale, mandando alla Segreteria l’effettuazione delle annotazioni di cui all’art. 86, comma 3, del cod. proc. amm., con le seguenti modifiche:
1. della motivazione ivi erroneamente trasposta e riportata, con quella di seguito integralmente trascritta:
“La ricorrente ha partecipato alla procedura per ottenere l’abilitazione scientifica nazionale indetta ai sensi degli artt. 3 e 9 del d.P.R n. 95 del 2016 (Regolamento recante modifiche al d.P.R. n. 222 del 2011 concernente l’abilitazione scientifica nazionale), alle funzioni di professore universitario di prima fascia, nel settore concorsuale 12/H1 – Diritto Romano e diritti dell’antichità”.
L’istante,in data 27.3.2018, ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale alle predette funzioni di professore universitario dalla commissione nominata con D.D. n. 2412/2016.
Tuttavia il MIUR ha contestualmente comunicato all’interessata, in data 26.3.2018, l’avvio di un procedimento di autotutela ex art. 7 L. n. 241/1990 (cfr. allegato n. 14 della ricorrente), in cui le veniva contestato l’impiego della di una pubblicazione sia come “contributo in volume”, suddividendone i capitoli presentati poi come contributi (ai fini del raggiungimento del valore soglia per l’indicatore n. 1), sia come monografia (vale a dire come “libro” per l’indicatore n. 3).
Il MIUR non ha accolto le osservazioni presentate dalla XXXXX e con provvedimento del 29.3.2018 ha comunicato alla stessa docente e alla Commissione di aver ricalcolato e rettificato gli indicatori di impatto della produzione scientifica, escludendo dagli “articoli e contributi” i cinque capitoli della monografia in questione.
Tale provvedimento del 29.3.2018 e gli altri atti indicati in epigrafe sono stati impugnati dall’interessata che ha dedotto:
1) violazione del DM Istruzione, Università e della Ricerca n. 120/2016, del D.M. Istruzione, Università e ricerca n. 602/2016, “Determinazione dei valori-soglia degli indicatori in cui agli allegati C, D ed E del D.M. 120/2016”; violazione dei principi di ragionevolezza, di proporzionalità e di tutela del legittimo affidamento; violazione e falsa applicazione della l. n. 240/2010; violazione dei principi di uguaglianza e imparzialità; eccesso di potere per sviamento; contraddittorietà. Falso presupposto di fatto e di diritto; disparità di trattamento; arbitrarietà e illogicità manifeste;
2) violazione dell’art. 3, l. n. 241/1990, per difetto di motivazione; violazione dei principi in materia di autotutela e dell’art. 21-nonies, l. n. 241/1990. Eccesso di potere per sviamento. Difetto di istruttoria. Con specifico riferimento al provvedimento del MIUR impugnato: incompetenza e violazione dell’art. 2, c. 6, d.m. n. 1532/2016;
3) illegittimità in via derivata per: illegittimità dei dd.mm. n. 120/2016 e n. 602/2016 – nelle parti in cui non consentono che i capitoli del libro di un medesimo autore possano essere conteggiati all’interno dell’indicatore “a) numero di artico-li su riviste scientifiche dotate di ISSN e di contributi in volumi dotati di ISBN (o ISMN)”, qualora lo stesso libro non venga utilizzato all’interno dell’altro indicatore “c) il numero di libri (escluse le curatele) a uno o più autori dotati di isbn (o ismn)”.
– per: violazione degli artt. 3 e 97 cost.-. Violazione dei principi di imparzialità, ragionevolezza, proporzionalità e tutela del legittimo affidamento. Violazione e falsa applicazione della l. n. 240/2010 “norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario”, art. 16. Eccesso di potere per sviamento. Contraddittorietà. Falso presupposto di fatto e di diritto. Disparità di trattamento. Arbitrarietà e illogicità.
Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso perché infondato nel merito.
La ricorrente ha chiesto, ai sensi dell’art. 71 bis del d.lgs. 104/2010 (secondo il quale “A seguito dell’istanza di cui al comma 2 dell’articolo 71, il giudice, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata”), la definizione del ricorso mediante sentenza in forma semplificata.
Al termine della camera di consiglio il collegio, ravvisati i presupposti per poter definire la controversia con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a. (come anticipato alle parti in camera di consiglio), ha trattenuto il ricorso per la decisione.
Ai fini della decisione è necessario un esame preliminare della disciplina che regola l’Abilitazione scientifica nazionale, facendo particolare riferimento agli indicatori con i quali si accerta l’impatto della produzione scientifica del candidato, condizione necessaria, ma non sufficiente al fine di conseguire l’abilitazione stessa ai sensi del D.M. n. 120/2016.
Per misurare tale impatto (che corrisponde al titolo n. 1 dell’Allegato A del Regolamento in questione), il D.M. n. 120/2016 all’Allegato D prevede i seguenti tre indicatori:
a) il numero di articoli su riviste scientifiche dotate di ISSN e di contributi in volumi dotati di ISBN (o ISMN) pubblicati nei dieci anni precedenti;
b) il numero di articoli su riviste appartenenti alla classe A pubblicati nei quindici anni precedenti;
c) il numero di libri (escluse le curatele) a uno o più autori dotati di ISBN (o ISMN) e pubblicati nei quindici anni precedenti.
Il medesimo allegato D) al n. 3 stabilisce che per ottenere la valutazione positiva dell’impatto della produzione scientifica il candidato debba raggiungere i valori soglia di almeno due indicatori.
Per quel che rileva nel ricorso in esame l’art. 4, comma 2, del D.M. n. 602/2016 definisce i tre indicatori, prevedendo, per quanto riguarda gli indicatori a) e c), di cui si discute:
– Indicatore a) “numero articoli e contributi”: “Per contributo in volume deve intendersi: capitolo o saggio in libro, prefazione, postfazione, voce in dizionario o enciclopedia, contributo in atti di convegno”;
– Indicatore c) “numero libri”: “libri a uno o più autori dotati di ISBN (o ISMN) quali monografia o trattato scientifico, concordanza, edizione critica di testi/di scavo, pubblicazione di fonti inedite, commento scientifico, traduzione di libro. Sono escluse le curatele”.
Ciò premesso poiché è lo stesso D.M. n. 602/2010 a stabilire quanto all’indicatore a) che “Per contributo in volume deve intendersi: capitolo o saggio in libro, prefazione, postfazione, voce in dizionario o enciclopedia, contributo in atti di convegno”, ogni capitolo può essere considerato come un contributo utilizzabile ai fini del raggiungimento del valore soglia per il medesimo indicatore a).
Invero, in base allo stesso D.M. n. 602/2016 non è possibile desumere alcun netto e chiaro ostacolo a che i capitoli di un medesimo libro possano essere considerati sia come distinti contributi o pubblicazioni (rientrando nell’indicatore di cu alla lettere a), ovvero come parti di un medesimo volume (in questo caso rientrando nell’indicatore di cui alla lettera c).
In altri termini, dalla suddetta disciplina è possibile ricavare che la scelta delle modalità con le quali utilizzare i capitoli di un libro (se come distinti capitoli o come libro) è rimessa al candidato con il limite della impossibilità di avvalersi del medesimo testo per due volte, ai fini del calcolo sia del primo, sia del terzo indicatore.
Tale interpretazione appare coerente con la ratio del sistema dell’abilitazione scientifica nazionale, soprattutto dopo la novella del 2016, che mira ad evidenziare e premiare non tanto la quantità della pubblicazioni, ma la loro qualità sotto il profilo della innovatività ed originalità e ciò a maggior ragione nel caso di specie in cui l’istante (come si osserverà infra) ha ottenuto un giudizio assai positivo sulla qualità delle pubblicazioni sottoposte all’esame della commissione.
Il sistema dell’abilitazione, infatti, ha lo scopo di individuare la qualificazione scientifica del candidato, fine rispetto al quale gli indicatori costituiscono meri strumenti.
Anche sotto il profilo logico, come evidenziato dalla ricorrente, una volta che il candidato ha raggiunto la soglia minima di libri prescritta per integrare il terzo indicatore (nel caso di specie addirittura quadrupla rispetto alla soglia minima di un libro), può ritenersi ragionevole che lo stesso possa scegliere di avvalersi di eventuali altri volumi come “somma di contributi”, posto che il D.M. n. 602/2016 – come anticipato – considera ogni capitolo come un contributo in volume.
In senso contrario non vale quanto eccepito dall’Amministrazione secondo cui non è possibile scindere un testo in più parti, utilizzando lo stesso volume per integrare due distinti indicatori.
La tesi seguito dal MIUR finisce, infatti, per ledere i candidati come la ricorrente, che ha dimostrato una indubbia produzione scientifica, avendo pubblicato quattro libri e sette contributi fra articoli in riviste, voci enciclopediche e contributi in volumi di autori vari, riportando per l’indicatore n. 3 un valore pari quattro volte rispetto al valore-soglia (quattro volumi, rispetto al valore soglia minimo di uno), purché ovviamente ciascun testo venga utilizzato una sola volta ovvero nell’ambito di uno dei tre indicatori.
Peraltro l’interpretazione seguita dal MIUR vanificherebbe l’apprezzamento della Commissione incaricata di valutare l’idoneità per l’abilitazione scientifica, che, nell’ambito dei criteri adottati in sede di autovincolo e indicati nel verbale n. 1 del 10.11.2016, aveva riconosciuto l’importanza primaria delle “monografie” all’interno degli studi giusromanistici, stabilendo che “La Commissione delibera altresì che si atterrà ai seguenti criteri nel valutare le varie pubblicazioni: a) sarà data importanza primaria alle monografie, considerate nel loro numero, nella loro ampiezza e qualità, tenuto conto dell’importanza di questo genere letterario nella tradizione degli studi in questione”.
Tutto ciò non senza considerare – si ripete – il giudizio estremamente positivo originariamente espresso dalla commissione in data 27 marzo 2018 riportando 4 giudizi favorevoli su 5, in cui si afferma che “Le pubblicazioni risultano coerenti con le tematiche del settore concorsuale e sono valutate complessivamente di buona qualità, attesa la correttezza del metodo, l’ampio studio sotteso alla ricerca, la chiarezza argomentativa, la produzione scientifica della candidata appare continua sotto il profilo temporale e prevalentemente caratterizzata da una collocazione editoriale di rilievo.
Alla luce delle valutazioni di cui sopra, e dopo ampio e approfondito dibattito sul profilo scientifico della candidata, la Commissione, a maggioranza di 4/1, ritiene che la stessa presenti titoli e pubblicazioni tali da dimostrare una posizione riconosciuta nel panorama scientifico, come emerge dai risultati della ricerca in termini di qualità e originalità per il settore concorsuale rispetto alle tematiche affrontate”.
In ragione di quanto sopra, il Collegio ritiene che il ricorso, previo assorbimento delle ulteriori censure non esaminate, sia fondato e vada accolto, con conseguente annullamento dell’impugnato giudizio di inidoneità.
Ai sensi dell’art. 34, comma 1, lettera e) del d.lgs. n. 104 del 2010, il Collegio ritiene, altresì, che, in esecuzione della presente sentenza, la posizione dell’interessata debba essere riesaminata da parte della medesima Commissione che, in data 12.4.2018, ha espresso il nuovo giudizio sulla candidata “sulla base del nuovo calcolo degli indicatori effettuato dal Ministero”, limitandosi a “prendere atto” del mancato soddisfacimento del titolo/requisito relativo all’impatto della produzione scientifica, entro il termine di giorni 60 (sessanta) dalla comunicazione in via amministrativa della presente pronuncia, ovvero dalla sua notificazione se antecedente.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo”.
2. del dispositivo, in cui dopo le parole “Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) definitivamente pronunciando, sul ricorso, come in epigrafe proposto”, l’esito ivi erroneamente trasposto e riportato deve essere modificato, sostituendo le parole “lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse. Spese compensate”, con “lo accoglie nei sensi e con le modalità di cui in motivazione e, per l’effetto:
– annulla i provvedimenti che hanno giudicato inidonea la ricorrente;
– ordina all’amministrazione di rivalutare l’interessata nei termini di cui in motivazione entro 60 (sessanta) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza;
– condanna il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e delle Ricerca al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente che liquida complessivamente in € 1.000,00 (mille/00) oltre I.V.A. e C.P.A. e contributo unificato”.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) accoglie l’istanza di correzione materiale avanzata dal legale di parte ricorrente il 27 giugno 2019 e, per l’effetto, ordina alla Segreteria l’effettuazione delle annotazioni di cui all’art. 86, co. 3, cod. proc. amm., nel senso di cui in motivazione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Gabriella De Michele, Presidente
Vincenzo Blanda, Consigliere, Estensore
Claudio Vallorani, Primo Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Vincenzo Blanda | Gabriella De Michele | |
IL SEGRETARIO
Geniale! Un suggerimento agli aspiranti candidati: suddividere i libri in numerosi capitoli, così da poter moltiplicare i contributi spendibili. Non mi sembra che vi sia una disposizione che individui un numero minimo di pagine per ciascun capitolo. Anche una sola pagina dovrebbe essere sufficiente, in attesa di una definizione normativa di “capitolo”.
Se il giudizio è l’innovatività (cosa mai sarà?) e tutti gli altri criteri indicati dalle commissioni, forse del giudizio i commissari dovrebbero essere consultati responsabili (chi scrive un giudizio manifestamente errato, non è un esperto, quindi…)
Vorrei soggiungere ciò che tutti sanno: scorrendo le pubblicazioni di chi è molto produttivo ho potuto vedere articoli in due o tre versioni (italiano, traduzione, italiano ma prima in rivista e poi in libro). Senza leggere gli articoli, ma contando i numeri, si giunge ad avere i titoli per avere fondi, per esempio.
12/H1. Diritto romano. Non e’ una sorpresa. In Italia -detto senza offesa per nessuno- siamo causilici e i giuristi più di altri, anche sfruttando le competenze (appunto) giuridiche. C’e’ un detto “la legge si interpreta per gli amici e si applica per i nemici” che sembra particolarmente appropriato. E’ colpa del legislatore non aver distinto tra “capitolo in volume collettaneo” e “monografia a firma singola” o un fantasioso stiracchiamento della legge ad opera del tar del Lazio (tar volutamente minuscolo) che si inventa una realtà che non c’e’ basandosi sulla forma? Sono sentenze che non sono fatte in nome del popolo italiano. la prossima volta ogni paragrafo di un articolo sara’ un articolo (chi mai ha scritto che cosi’ non e’, ci insegneranno i magistrati di un qualche tribunale della Repubblica). No, i comportamenti opportunistici sono praticati in quanto c’e’ una giurisprudenza che li favorisce. Basta che poi questi soloni non scrivano sulle pagine dei giornali di “merito” e di “colpa di leggi scritte male”.
Sinceramente se, provenendo da Marte, mi chiedessero perché i capitoli scritti in un volume collettaneo “fanno numero” e non possono farlo i capitoli di un volume di cui sono unico autore, la mia prima reazione sarebbe perché mai sul pianeta terra sia necessario porsi tali questioni di lana caprina. Probabilmente, qualcuno mi spiegherebbe che c’è stata l’invasione dal pianeta Anvur, quello dove praticano il culto misterico delle tre soglie (entità che erano chiamate mediane nei loro testi sacri più antichi). A quel punto, capirei che è meglio ripartire per un’altra galassia prima di perdere il senno dietro a queste follie.
Caro Chiarelli,
veramente anche io “sono” di 12/H1, e non ho mai mancato di sottolineare le assurdità della regolazione dell’ASN che è ovviamente la prima causa di sentenze che ci possono sembrare troppo “creative”. Detto questo, e non so se lei sia il presidente dell’INFN o un omonimo, eviterei di attribuire opportunismi a questo o quel settore, a questa o quella area, perché la cosa – mi creda – è universale.
Certo, ha ragione il TAR del Lazio. Dice anche che non si può presentare la monografia se la si presenta come volumi in capitoli di libro.
Ma rimane vero quello che tristemente dice Chiarelli…
Almeno, però, sarebbe giusto sapere perché si diventa nemici di gente con cui si hanno normali rapporti fra colleghi, o che non si conosce affatto. Uno si chiede perché… e non trova ragione e, allo stesso tempo, dubita dei titoli, delle decisioni prese, perché li ha visti meschini in così tante occasioni. Come si può rispettare la cuspide dell’Università?
Ho partecipato da poco in Italia a un convegno internazionale; una volta conclusosi , uno degli invitati, prof. ord., ringraziava l’organizzatore per il risultato di alta qualità scientifica; l’organizzatore propone la pubblicazione degli Atti, uno dei responsabili scientifici fa però notare che i contributi agli Atti valgono poco nelle regole anvuriane. Dunque non si sa cosa decideranno. E la fame di punteggio è enorme. Purtroppo non si tratta di giuristi. Era comunque evidente che alcuni hanno presentato al convegno materiali già utilizzati altrove, non dico reciclati perché per molti potevano essere novità, ma la forma della presentazione tradiva la riutilizzazione. Quante volte sarà quindi pubblicato lo stesso testo, cambiando qualcosa qua e là? Mi sono fatta l’idea che alcuni , come dei predicatori ambulanti, vaghino di convegno in convegno, predicando, appunto, la stessa cosa. Che poi magari viene pubblicata anche in riviste di fascia a e poi come capitolo di libro. Inventiva non applicata tanto alla ricerca ma a come piazzarla sul mercato, facendo i prestidigitatori.
Il sistema è così profondamente corrotto per l’aspetto morale, che ormai quasi solo i corrotti lo criticano quando non funziona come vorrebbero.
Vorrei chiedere al collega Antonio Banfi, da non corrotto né corruttibile,e riprova ne sia la mia marginalizzazione nella vita accademica, che cosa propone. Io personalmente penso che se i non corrotti e vittime del sistema marcio non parlano, supinamente accettano, e, quindi, sono corresponsabili.
So che è una soluzione imperfetta, ma a mio avviso l’unica: il giudizio dei pari reso in modo il più possibile pubblico. La pubblicità a mio avviso è l’unico rimedio al malaffare, profondamente radicato in tutto il Bel Paese. Mi si dirà che nessuno vorrà contestare o censurare per paura di ritorsioni. Capisco l’obiezione. La mia risposta – del tutto liberale – è che ne riparleremo quando il Paese sarà fallito come merita.
I giuristi, si sa, sono cattivi cristiani. Ciò detto, trovo molto più preoccupante lo sdegno sincero di molti colleghi, per l’elusione di regole demenziali. A mio avviso, il romanista “causilico” (sic!) è un benemerito, perché svela l’idiozia di questo sistema e forse contribuisce a demolirlo, in un contesto servile, quale storicamente è la nostra accademia. Questo sistema non ha nessun senso e, men che meno, possiede una moralità intrinseca. Dunque ben venga chi se ne fa beffe, anche se mosso dalle peggiori intenzioni.
Aggiungerei che l’ANVUR ha sempre avuto un’anima dadaista, solo che non è stata capita. Doveva essere il TAR a metterla in luce.
Concordo toto corde. Chissà se i romanisti capiranno, di questi tempi? :D
Alla fin fine, quello che conta è abbattere il sistema ingiusto. A mio parere solo parlando chiaro, ma è un’opinione.
Io rifletto su un fatto: la legge sull’ASN è stata cambiata, per quel che mi risulta, solo per la parte che riguarda il collega ‘straniero’ (ma non annullati i giudizi fotocopia di molti di questi, che hanno permesso senza possibilità di ripensamento la non idoneità di tanti); e per ciò che riguarda i ripetuti prolungamenti dell’abilitazione; oppure per la concessione dell’abilitazione di chi aveva avuto 3 giudizi positivi su cinque.
Personalmente, sono contenta che questi colleghi abbiano avuto questi vantaggi, ho firmato per loro, ma nessuno, dico nessuno, ha mai fatto pressione perché l’obbrobrio dell’ASN venga abolita, perché si dia la possibilità di avanzamento a chi ha lavorato e lavora nella didattica e nella ricerca con onore. Tutti sanno, ma tutti non prendono la penna per proporre e cercare una soluzione a questa ingiustizia: anzi la perpetuano! L’ASN diventerà ADN!
Ma perché lei forse crede ancora in questo Paese fallendo?
Sinceramente mi sembra solo una decisione di buon senso, che non usa la scusa di un appiglio formale, ma fa anche riferimento al superamento molto ampio di una delle tre mediante (dichiarata particolarmente rilevante per il settore dalla commissione) e anche al giudizio scientifico della stessa commissione, nonchè, ovviamente al fatto che l’ASN ha lo scopo di accertare ”la qualificazione scientifica del candidato, fine rispetto al quale gli indicatori costituiscono meri strumenti.”
Magari invece, vorrei chiedere una piccola spiegazione a qualche giurista che per caso leggesse questo mio intervento. Leggo sulla voce della Treccani che il provvedimento di autotela “deve essere giustificato da un interesse pubblico concreto” e “in base a giurisprudenza consolidata, il presupposto è che vi sia un interesse concreto e attuale all’eliminazione del provvedimento illegittimo” e che l’annullamento “è provvedimento discrezionale, chiamato a ponderare l’interesse pubblico alla rimozione del provvedimento invalido con gli altri interessi dei soggetti coinvolti”.
Quale sarebbe l’interesse pubblico insito nell’annullare l’abilitazione della candidata? Io al massimo ci vedo un interesse molto molto privato di eventuali altri candidati che avrebbero un rivale in meno nell’essere eventualmente chiamati dalla propria università. L’esercizio dell’autotutela non potrebbe magari rivelarsi, in questo caso, puro arbitrio o addirittura abuso di potere?
Soggiungo, forse esagerando, ma se qualcuno di noi, con le “scatole piene”, volesse denunciare per mobbing l’ANVUR… non ci sarebbero abbondanti presupposti?
Dalla propria o altre università…
“So che è una soluzione imperfetta, ma a mio avviso l’unica: il giudizio dei pari reso in modo il più possibile pubblico. La pubblicità a mio avviso è l’unico rimedio al malaffare, profondamente radicato in tutto il Bel Paese. Mi si dirà che nessuno vorrà contestare o censurare per paura di ritorsioni. Capisco l’obiezione. La mia risposta – del tutto liberale – è che ne riparleremo quando il Paese sarà fallito come merita.”
Aspettavo una risposta da Antonio Banfi, che stimo. Ha ragione, ma vediamo già qui la risposta alle denunce (è gelosia, vuole il posto che è di altri, se i giudizi sono negativi ci sarà un motivo). Io mi aspetto l’annullamento di una legge che ha fatto tanti guasti. Dovrebbe esserci la condanna di chi ha permesso che fosse approvata, di chi se ne è servito…
Certo che tutto il Paese è corrotto: nessuno vuole essere al posto di chi denuncia ed è punito in mille modi, anche con la ridicolizzazione.
Se non superiamo questi modi che un tempo si chiamavano da liceo, ma che sono connaturati all’accademia, non ci sarà possibilità di superare questo brutto momento.
Io credo non nel Paese, io credo in noi, credo in me, che non isolo i colleghi oggetto di mobbing, che continuo a seguire agli studenti, che chiedo ragione inascoltata dei comportamenti scorretti dei colleghi.
Per chi non lo conoscessse: https://www.youtube.com/watch?v=N0VYLTYwx3s
Ho guardato il video su youtube, rabbrividendo….
L’Italia, per me, è un Paese a cui dare una ragione per combattere e riaffermare i propri principi.
Lo si può fare con una bella risata e alzata di spalle al prof. compiaciuto attore…. Quanti ne ho incontrato, saldamente in cattedra, tutti disfattisti