In un “decreto semplificazioni” ci si sarebbe potuti aspettare che le norme in via di messa a punto, sotto un cappello che evoca l’ammirevole volontà di semplificare il mare procelloso e dannatamente complesso della nostra legislazione, procedessero davvero nella direzione annunciata dal provvedimento. E invece, almeno con riguardo all’Università, la corposa bozza del provvedimento datata 6 luglio 2020, sotto la falsa effige della semplificazione, attua nell’art. 14-ter alcuni interventi mirati suggeriti dalle solite manine interessate (come rivela il fatto che sia stata inserita nell’articolato una norma ter, a riprova che si è voluto – come sempre – approfittare di un provvedimento già in cantiere per realizzare fini e interessi che stavano urgentemente a cuore alle manine in questione). Per consentire al lettore di capire cosa si accinge a cambiare nel settore universitario per effetto di questa annunciata micro-riforma, non abbiamo avuto scelta: abbiamo dovuto allestire delle tavole di raffronto dei testi normativi interessati dalla novella legislativa in gestazione. Alla faccia della semplificazione!

I testi normativi interessati dalla riforma “semplificante” del governo Conte sono: la legge 240/2010 (aka “Gelmini”); il d.lgs. 19/2012 (sulla “valorizzazione” dell’efficienza delle Università); il d.P.R. 254/2001 (sulle fondazioni universitarie); gli articoli della legge di stabilità 2020 che hanno istituito e disciplinato la famigerata ANR (Agenzia Nazionale della Ricerca), dotandola di un cospicuo tesoretto, mentre altre modifiche normative secondarie riguardano i titoli rilasciati dalle Scuole superiori a ordinamento speciale e il concorso di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 10 agosto 2017, n. 130.

In estrema sintesi – e lasciando ai lettori il compito di rendersi conto dei dettagli, per verificare se gli obiettivi perseguiti dal legislatore siano davvero semplificanti, o se invece celino obiettivi precisi, che, come al solito, innovano in modo inorganico il corpo della normativa universitaria senza essere preceduti da alcun serio dibattito sull’opportunità di ammettere la modifica individuata – le principali innovazioni riguardano:

  1. interventi volti ad agevolare lo scambio contestuale fra docenti consenzienti (adesso anche se con qualifica diversa: diverrebbe possibile lo scambio fra ordinario e associato) di sedi universitarie diverse;
  2. il fatto di ammettere anche le Università non virtuose che non abbiano conseguito particolari risultati nel campo della ricerca a sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese modalità di composizione e costituzione degli organi di governo e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base policentrica;
  3. un arzigogolato meccanismo normativo che sembra permettere alle sole Università virtuose (quelle sotto il tetto dell’80% di spese per il personale, per intenderci) di attivare procedure di arruolamento riservate ai soli docenti di Università che virtuose non sono, le quali implicherebbero anche lo spostamento delle mitiche “facoltà assunzionali” dalla Università non virtuosa a quella virtuosa, con la prima che per 12 mesi dalla perdita del personale drenato dalle Università virtuose non avrebbe la possibilità di bandire procedure (Università di serie A e serie B? quella è la rotta);
  4. la possibilità di conferire assegni di ricerca anche di durata semestrale, non più vincolato al rispetto del limite dell’annualità, per specifici progetti di ricerca che rendano necessario tale micro impegno;
  5. modifiche alla indicazione presente nei bandi per il reclutamento di ricercatori a tempo determinato (l’art. 24, per intenderci), con la previsione che non solo i PO, PA e RU, ma anche i ricercatori a tempo determinato già assunti dall’Università che procede al bando siano esclusi dalla possibilità di partecipare alla procedura bandita;
  6. la previsione che i ricercatori di tipo B siano adesso per legge (e non in base a regole previste dai singoli atenei, che finora in qualche caso potevano prevedere assai opinabili pseudo-lezioni da tenersi senza alcuna formalità di fronte all’indistinto corpo docente del dipartimento dell’ateneo bandente) tenuti a svolgere una prova didattica innanzi alla commissione esaminatrice nell’ambito delle procedure di selezione che li riguardano;
  7. la possibilità di chiamare all’inquadramento nel ruolo di associato, in caso di valutazione positiva già raggiunta, i ricercatori di tipo B dopo un solo anno dall’immissione nel relativo ruolo, sempre che l’ateneo abbia le risorse finanziarie per farlo;
  8. l’interpretazione normativa vincolante in base alla quale l’articolo 24, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n.240, va interpretato nel senso che l’abilitazione scientifica, da conseguire ai fini della chiamata di cui al medesimo comma 6, si riferisce allo stesso settore concorsuale di afferenza oggetto della procedura;
  9. nuove norme in materia di congedo obbligatorio per maternità;
  10. l’attribuzione all’associazione di diritto privato CRUI e non al CEPR della possibilità di esprimere un membro del panel dei valutatori dei futuri componenti del direttivo dell’Agenzia Nazionale della Ricerca, depennando il requisito in base al quale il candidato in possesso di esperienza nella gestione di progetti complessi avrebbe avuto titolo preferenziale nella selezione (evidentemente fra i nomi che la CRUI ha già in mente di proporre c’è qualcuno che non ha mai gestito progetti di ricerca complessi e sarebbe un vero peccato non consentirgli di spiccare nella selezione);
  11. l’attribuzione, a decorrere dall’A.A. 2022-23, ad ANVUR, CRUI e CUN del potere di esprimere i criteri che saranno recepiti da un regolamento governativo per definire i criteri di accreditamento dei nuovi corsi di insegnamento;
  12. singolari ritocchini ad hoc al modo in cui viene composto il collegio dei revisori dei conti delle fondazioni universitarie (forma giuridica attraverso cui operano, a titolo di esempio, realtà libere di agire iure privatorum come l’Istituto Italiano di Tecnologia – IIT o l’IMT di Lucca).

Insomma, la semplificazione nell’Università è ancora una volta sinonimo di particolarismi legislativi a corto raggio, che si guardano bene dall’affrontare organicamente e in una visione partecipata davvero (non solo nelle segrete stanze di CRUI, ANVUR e Ministero) i problemi di sistema che il settore conosce a far tempo dalla pessima riforma del 2010.

Buona non semplice lettura dei testi “semplificati”! (e, visto che ci siete, approfittatene per fare un ripasso sulla pessima “Gelmini”, che, martoriata da tante silenziose leggine succedutesi in questo decennio, nel testo oggi vigente non corrisponde più al testo che si ricava dalle prime occorrenze offerte da google tramite gli inaffidabili siti di legislazione del Parlamento italiano). 

Legge 30 dicembre 2010 DOPO DECRETO SEMPLIFICAZIONI

DLGS ANVUR 2012 DOPO DECRETO SEMPLIFICAZIONI

DECRETO FONDAZIONI UNIVERSITARIE DOPO DECRETO SEMPLIFICAZIONI

LEGGE FINANZIARIA 2020 ANR DOPO DECRETO SEMPLIFICAZIONI

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50 Commenti

    • Sarebbe un cambiamento ‘epocale’ impedire agli RTD-A di fare concorsi da RTD-B nello stesso Ateneo, un rimescolamento totale delle carte ed uno stravolgimento nelle vite di molti. Non voglio nemmeno immaginare che una cosa così venga inserita in un decreto semplificazione.

    • io la interpreto così:
      1) un RTDA non può partecipare ad un altro concorso RTDA nello stesso ateneo;
      2) un RTDB non può partecipare ad un altro concorso RTDB nello stesso ateneo;
      3) un RTDA può partecipare ad un altro concorso RTDB nello stesso ateneo anche quando è in servizio.

  1. Mi sembra evidente che l’attuale ministro non abbia mai smesso i panni del rettore-presidente-CRUI. Ma tutto ciò è inevitabile quando il Parlamento è ridotto al ruolo di passacarte delle decisioni del governo.

  2. boh… io non ho mai capito nemmeno se si possa tecnicamente essere per due volte A o per due volte B; per anni ho vissuto convinto di NO, ma invecchiando comincio a dubitare che “forse si”, salvo rispettare i massimali di anni di precariato “goduti” (ah, ah, ah…). Assumendo che sia così, forse si vuole evitare che dei B non abilitati in tempo utile accedano a un nuovo B presso lo stesso Ateneo? Mi tornerebbe con la specificazione della “medesima tipologia contrattuale di cui alla presente lettera” la quale voglio sperare che distingua tra A e B dato che evidentemente NON sono la stessa cosa…
    In ogni caso e specie se fosse da intendere come impedimento agli A di partecipare ai concorsi B presso lo stesso ateneo: varrà per i tempi determinati *in essere* alla scadenza utile per la domanda, o anche per tempi determinati *già conclusi*?

    E’ come nella ricerca, le nuove domande che sorgono surclassano di gran lunga le poche a cui faticosamente si riesce a trovare risposta…

  3. @annat20
    1)Per quanto riguarda il dubbio,
    art. 14 ter, comma 1, lett.h.
    “”ll’articolo 24, comma 2, lettera b), sono aggiunte, infine, le seguenti parole:
    “, nonché dei ricercatori a tempo determinato già assunti, con la medesima tipologia
    contrattuale di cui alla presente lettera, nella università che indice la procedura””.
    Si parla della “presente lettera”, quindi dovrebbe essere un rtdb che ha già preso serivizio come rtdb, secondo me, nessuna esclusione per rtda dello stesso ateneo,
    io ho capito così, chiedo conferma agli altri.
    2) Mi preoccupa invece la “prova didattica” richiesta (art. 14 ter, comma 1, lett.i).
    Su questo bisogna distinguere, nel senso che non è specificato in questa sede cosa si intenda: un argomento a sorte come nelle vecchie procedure di associato (pre gelmini?), può essere ma mi pare strano, non è specificato. Ovviamente, occorrerebbe attendere o specificazioni ministeriali o regolamenti di Ateneo.
    Non saprei, anche qui avrei bisogno di altri pareri o interpretazioni dei lettori o della Redazione di Roars.
    Che dire? Mi sembra strano, prima tanti piani straordinari per gli rtdb, poi bastoni tra le ruote? Ad esempio io per rtda, ho dovuto, alla fine sostenere un seminario in inglese su un determinato argomento (previsto da bando e regolamento di Ateneo), tranquillo, a rigor di logica dovrebbe essere leggero, non avrebbe senso, sarebbe più difficile del concorso per PA, e dell’eventuali promozioni da rti a PA, a questo punto incostituzionale, per violazione art. 3 Cost. (principio di uguaglianza) e per non interpretazione delle norme secondo principio di proporzionalità.
    Bisogna pregare tanto, perchè in questo ci vedo l’opera del maligno (precariato sempre più difficile, comportamento sadico, voglia procurare sofferenze, superficialità voluta, ignoranza colpevole quasi dolosa), non sto scherzando. E sarà necessario parlare anche con gli organi di Ateneo per far sì che il regolamento di ateneo rtdb non prevede prove didattiche impegnative, anche perché poi alla fine dei 3 anni, c’è cmq la valutazione per passare ad associato.

  4. Grazie Anto

    un dubbio sulla “presente lettera”
    non capisco bene da cosa desumi che si sta parlando precisamente dei B, dato che le tipologia di contratto sono definite e distinte al successivo comma 3. Pero’ tolto questo mi pare l’unica spiegazione possibile…

    • grazie a tutti!
      infatti il mio dubbio nasceva da “nonché dei ricercatori a tempo determinato già assunti, con la medesima tipologia contrattuale di cui alla presente lettera”, considerando che le tipologie contrattuali sono definite in seguito.
      Credo (o almeno spero visto che sarebbe appunto un grande cambiamento) possa essere valida l’interpretazione che non esclude gli A dalle selezioni per B nello stesso ateneo.
      Concordo comunque che per essere una semplificazione, apre già parecchie domande :)

  5. Sarebbe giusto. Si faceva l’esame prima. L’argomento ti veniva dato 24 ore prima. Difficilissimo. Ricordo le file in biblioteca, mettere insieme tutti i materiali, andare a letto (si fa per dire) alle 2, in piedi alle 5 e l’attesa prima del mio turno. Non voglio dire che così dovrebbe essere per voi, ma farvi sapere, perché ricordaste che non siete i più sfortunati.
    La mia generazione ha aspettato decenni per un concorso, ha fatto ricerca e insegnato in luoghi sperduti, con il peso di un lavoro serio ed impegnativo quale è quello dell’insegnante. Fatto dottorato, concorsi di ricercatore e professore associato. E ora che sarebbe il caso di avere la progressione carriera hanno inventato la ASN e quello che sembrava conquistato sul campo è stato negato.

  6. Mi sembra che in questo Decreto Semplificazioni le norme che riguardano l’Università non siano state sottoposte ad una valutazione preventiva delle loro conseguenze e difficilmente possano essere ritenute “semplificazioni” (anzi!). Temo che lo stesso possa valere per tante altre norme presenti in questo Decreto.

  7. Concordo con quanto già detto in precedenza:
    1) un RTDA non può partecipare ad un altro concorso RTDA nello stesso ateneo;
    2) un RTDB non può partecipare ad un altro concorso RTDB nello stesso ateneo.

    Questo perché si parla esplicitamente della “‘medesima tipologia contrattuale” e all’articolo art. 3 vengono chiaramente definite due diverse tipologie di contratto da RICERCATORE A TEMPO DETERMINATO: RTDB e RTDA.

  8. Il mio decreto semplificazione: viene istituito il ruolo unico con 4 classe stipendiali che ogni università distribuisce come meglio crede. Abolito ANVUR e viene istituito un pannello di esperti internazionale che a titolo quasi gratuito valutano post-hoc l’operato di ricerca e didattica dei prof x progredire o mantenere o retrocedere nella classe stipendiale.

    • @Ernst
      Esperti del proprio settore (perché internazionali? non è la provenienza geografica che indica disposizione al giudizio superficiale…) ad ogni avanzamento di carriera. Un po’ come per la conferma che avevamo noi dopo il ruolo da ricercatori e associati (dopo tre anni e prima dell’aumento stipendiale).
      Retrocessione dalla classe stipendiale mi pare un po’ anticostituzionale e scatenerebbe la stessa febbre maligna che ha indotto alcuni a fare le scarpe ad altri.
      Niente come il denaro fa commettere atti crudeli ed ingiusti.
      Il ruolo unico, però, mi pare più giusto del ribaltamento attualmente in atto, per cui persone con pochissima carriera sono divenuti ordinario e tenuti a forza nei loro ruoli pre-Gelmini persone che hanno svolto attività didattica continuativa, scritto, servito l’istituzione.

    • Le peggiori leggine mirate passano proprio quando chi le approva è convinto di essere padrone della materia. Non una maggiore conoscenza dell’argomento, ma solo una maggiore ignoranza socratica, può portare a una legiferazione meno avventata.

  9. Ah sí, chi non vorrebbe vedersi semplificare la vita dall’aggiunta di 12 eccezioni che allungano di 4 pagine la legislazione del proprio settore! A questo punto aspetto con ansia un “Decreto complicazioni” che si occuperà invece di selvaggio disboscamento normativo.

  10. Anto, il cosiddetto prof. Conte è uno di quegli ordinari che svolgono la professione prendendo lo stipendio da professore.
    Detto in altri termini è uno che usa la posizione da Professore per fini personali.
    E dalla sua dichiarazione dei redditi direi che è a tempo pieno (dovrebbe essere a tempo parziale).
    Però il furbetto ha piazzato negli ultimi anni 3 lavoretti per non figurare a 0 (vedere scopus e non ditemi che i giuristi non sono indicizzati, perché è una leggenda metropolitana)

  11. Il principio che non si possa fare tutta la carriera “dalla culla alla tomba” nella medesima sede è ampiamente condivisibile ed è anche nell’interesse del paese in quanto utile ad ottenere un’uniformità di pratiche e di qualità delle istituzioni pubbliche nell’intero territorio.
    Altra cosa però è discriminare: prima il concorso nazionale selezionava i migliori, i quali, una volta vinto il concorso, non potevano prendere servizio nell’ateneo di provenienza (sempre di ruolo). Chi non trovava la chiamata (anche i sovrannumerari) conservava il diritto al ruolo per un certo numero di anni.
    Qui invece si vuole instaurare una discriminazione ad escludendum che non solo priva di un diritto il candidando, ma priva anche l’amministrazione che bandisce del diritto di scegliere il più idoneo alla funzione che ha la necessità di ricoprire.
    Non c’è nessun ruolo, solo un contratto a tempo determinato. Dunque una reale discriminazione, per giunta dannosa per l’interesse dell’amministrazione ad avvalersi del personale già formato per lunghi anni e ad alto costo.

  12. @paola sonia gennaro:
    però, a me sembra che questo non significhi che, ad es. un rtda non possa partecipare ad un concorso per rtdb bandito nello stesso ateneo, infatti, come ho scritto sopra, riportando la modifica:
    art. 14 ter, comma 1, lett.h.
    “”ll’articolo 24, comma 2, lettera b), sono aggiunte, infine, le seguenti parole:
    “, nonché dei ricercatori a tempo determinato già assunti, con la medesima tipologia
    contrattuale di cui alla presente lettera, nella università che indice la procedura””.
    Si parla della “medesima tipologia
    contrattuale di cui alla presente lettera”, e poco sopra c’è la lettera b),
    quindi dovrebbe essere un rtdb che ha già preso serivizio come rtdb, secondo me, nessuna esclusione per rtda dello stesso ateneo,
    Sbaglio?

    • Il problema è l’art. 24 comma 2 lettera b) non si riferisce alla tipologia contrattuale, che invece è nell’art. 24 comma 3 lettera b) , quindi in ogni caso c’è un errore in questa bozza.
      Inoltre stiamo discutendo di una bozza pre-CdM, infatti il testo non è stato ancora (che io sappia) pubblicato in GU

  13. Io farei una sola grande riforma: chi boccia persona con le carte in regola in base a criteri discutibili (per esempio: ha fatto tot conferenze all’estero, ha fatto tot conferenze negli USA, passa, gli altri, anche se vi sono altri titoli, esclusi) deve rispondere del suo giudizio arbitrario.
    Basterebbe questo per far procedere le cose in modo sensato e giusto.

  14. martino084 :
    hai ragione, c’è un errore, “alla presente lettera” non significa nulla, forse si sono confusi con la lett.b. intendendo rtdb, forse no, chi lo sa?
    Così non significa nulla. Certo. Se uno legge tutta la norma intera, capisce che non possono può partecipare chi è strutturato a tempo ind. (vecchia versione) + chi è probabile che sia strutturato (rtdb+asn) o soltanto rtdb (come il dottorato, che non si può ripetere per lo stesso settore).
    Preghiamo affinché Dio illumini le loro menti.

  15. Scavalcando lo “scuorno” di avere la bozza dalle “politiche agricole”, prime telegrafiche osservazioni ai punti:
    1. Lo scambio è allargato, ma subito blindato con l’obbligo del consenso di entrambi gli atenei, oltre che beninteso degli scambiandi.
    3. Un “ratto delle Sabine”, con aggiunta della assurda penalizzazione alla sede espropriata che non può neppure reintegrare la docenza per almeno un anno. Una assurda punizione in primis agli studenti (sottinteso: devono andare negli atenei virtuosi). Ma perché se gli atenei virtuosi non vogliono assumere nuovi docenti/ricercatori (che costano meno dei vecchi), si deve vietare anche agli atenei in criticità di arruolare giovani? Forse i virtuosi hanno paura dei giovani?
    4. Introduzione del lavoro a chiamata nella ricerca; perché non a settimana, a giornata…?
    7. Chiamata quasi diretta per i nuovi PA, dopo un periodo di apprendistato obbligatorio di soli 12 mesi.
    10. Nomina diretta da parte della CRUI del componente della ANR che era attribuito al CEPR, anche in assenza dei requisiti di ricerca (un nuovo Arcuri?); peccato che la legge 165/2007, all’art.1 (!) attribuisca al CEPR proprio la consulenza nelle nomine negli Enti di Ricerca. Ma lì sono tutti scienziati di spicco e difficilmente segnalerebbero qualcuno che non abbia “esperienza di gestione di progetti complessi o di infrastrutture strategiche di ricerca”.
    11. Luminosa ascesa della CRUI, da libera associazione dei Rettori ad organo istituzionale regolamentare su materia di competenza legislativa. Il ministro già la definisce “Organo di autogoverno dell’università”.
    E questo è ciò che appare per ora.

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