Il CNR ha bandito 80 posti di dirigente di ricerca e 117 di primo ricercatore per oltre 2.000 aspiranti. Il processo di selezione si caratterizza per la completa informatizzazione delle domande, per l’estrema onerosità per i candidati nella compilazione della domanda e, soprattutto, per l’esasperata impostazione quantitativa, figlia del trend avviato con le procedure di valutazione dell’ANVUR. Un concorso che è figlio di una impostazione ideologica in cui la formalità la fa da padrona e deresponsabilizza coloro che sono chiamati ad operare le scelte, impiega una quantità eccessiva di risorse, è eccessivamente costoso ed è destinato a peggiorare, piuttosto che a migliorare, il processo di selezione.
Il CNR ha bandito, con una procedura avviata il 23 maggio 2013, un concorso per l’avanzamento in carriera dei propri ricercatori: 80 posti di dirigente di ricerca e 117 di primo ricercatore. Si tratta di un misero numero di posti rispetto agli oltre 2.000 aspiranti che, ormai da anni, aspettavano di avere la possibilità di vedere riconosciuti i propri meriti. I fortunati vincitori avranno la soddisfazione di acquisire un titolo superiore ma, specialmente quelli più anziani, non vedranno in busta paga un euro di più, o addirittura avranno uno stipendio più basso, visto che verranno collocati alla fascia iniziale del livello superiore.
Il processo di selezione si caratterizza per la completa informatizzazione delle domande, per l’estrema onerosità per i candidati nella compilazione della domanda e, soprattutto, per un cambio di paradigma rispetto al passato: l’esasperata impostazione quantitativa sugli output tradizionali della ricerca, figlia del trend dominante nel nostro paese avviato con le procedure di valutazione dell’ANVUR (VQR e Abilitazione Scientifica Nazionale). Tale trend è figlio di una ben precisa scelta ideologica che riguarda tutta la pubblica amministrazione: poiché non si ha fiducia in chi ha responsabilità di gestione e di scelta (manager, enti, commissari di esami, ecc.), si moltiplicano i controlli, i paletti, le verifiche, sperando di evitare che si commettano imbrogli e soprusi. Il risultato è un aumento vertiginoso delle carte, della burocrazia, senza per questo ottenere alcun risultato visibile (gli imbrogli e le pastette continuano), così che il lavoro di ricerca viene ostacolato – non a caso vi è una giusta lamentela per i lacci e i lacciuoli imposti agli enti di ricerca.
I candidati al concorso del CNR devono dunque riempire on-line tutta una serie di caselle in cui devono inserire l’h-index, l’impact factor delle riviste, ecc., e devono caricare sul sito i relativi documenti. Devono fornire inoltre altre informazioni quali quelle relative alle conferenze, ai progetti svolti ed ai relativi risultati, agli incarichi ricoperti, ecc., che, data l’unicità e la complessità del lavoro di ciascun ricercatore, forniscono per definizione un quadro non esaustivo della vita professionale del candidato[1]. Va osservato che, in molti casi, specialmente per le scienze dure, gran parte delle informazioni sono comunque disponibili sui siti web e che quindi l’enorme lavoro richiesto ai candidati appare inutilmente oneroso.
Di fronte a tale processo ci si possono porre due domande.
- Qual è il costo che l’ente sosterrà per svolgere il concorso?
- Passare da un sistema come quello precedentemente impiegato, che prevedeva una certa rigidità ed allo stesso tempo sufficienti margini di flessibilità (per esempio il candidato presentava il proprio curriculum, mentre ora questo documento non è previsto), ad un sistema totalmente rigido mirato e fortemente orientato alla bibliometria[2], è un passo avanti o un passo indietro?
Alla prima domanda si può dare una risposta valutando i costi diretti e indiretti sostenuti dall’ente e dai ricercatori, visto che questi hanno dedicato giornate (e nottate) di lavoro ed hanno impiegato le strutture dei propri laboratori, sottraendo tali risorse al lavoro ordinario.
La stima, che segue una metodologia già impiegata per la valutazione del costo della VQR e dell’Abilitazione Scientifica Nazionale è riportata nella Tabella 1. Si può ipotizzare che parteciperanno 1.300 ricercatori di terzo livello e 800 di secondo livello, il cui costo giornaliero è, rispettivamente, di 157 e 186 euro, e che, per la predisposizione della domanda, abbiano impiegato 10 giornate lavorative. In totale circa 3.500.000 euro. A questi vanno aggiunti i costi di gestione (riproduzione di documenti, specialmente per i settori delle scienze umane e sociali, uso di computer, stampanti, scanner, biblioteche, elettricità, logistica, ecc.) valutati in 250 euro a domanda per un totale di 525.000 euro. A tali costi vanno aggiunti quelli diretti relativi alle commissioni di concorso (indennità, missioni, ecc.) ed al sistema centrale di gestione dei dati dell’ente[3], stimati in 200.000 euro.
La stima complessiva è di oltre 4 milioni di euro, pari al 4 per mille del bilancio dell’ente, ed il costo per ciascun avanzamento di carriera ammonta ad oltre 21.000 euro (4.253.571 euro per 197 posti).
Veniamo alla seconda domanda. Il meccanismo messo in moto sarà in grado di garantire che la scelta dei migliori candidati sia fatta in maniera migliore che nel passato? Certamente i commissari disporranno di una grande massa di informazioni quantitative, ma valutare la “bontà” di un candidato ad assumere la qualifica di primo ricercatore o di dirigente di ricerca comporta un equilibrato esame di tutti i molteplici aspetti della sua complessa attività creativa e professionale.
L’eccessiva enfasi su alcuni indicatori quantitativi tenderà a distorcere il giudizio, anche per il fatto che i commissari saranno inevitabilmente costretti ad assumere un atteggiamento “notarile” fondato sui dati per “nascondersi” dietro ai numeri in vista del possibile e quanto mai verosimile profluvio di ricorsi all’autorità giudiziaria[4], e quindi a non esercitare appieno il proprio giudizio che, nella ricerca, è legato a mille fattori, ben al di là delle pubblicazioni e delle citazioni. Ciò tenderà dunque a deresponsabilizzarli ed a premiare i candidati più anziani, con un maggior numero di pubblicazioni, ed a penalizzare i più giovani, anche se più dotati.
Vi è poi un problema legato alla scelta dei commissari. Date le circostanze – quantità di tempo da dedicare alla procedura ed assenza di una sua remunerazione effettiva, vincoli stringenti che erodono la possibilità di esprimere il proprio giudizio basato sull’intuito e su altri elementi qualitativi, rischio di essere coinvolti in procedimenti giudiziari – qual è il motivo per cui un membro della comunità scientifica dovrebbe accettare di essere coinvolto nell’esercizio? Chi sarà disponibile ad assumere l’incarico potrà essere sospettato o di ingenuità o di portare avanti reconditi interessi personali. Nel complesso ci si può attendere un decadimento della quantità e della “qualità” dei commissari, con un impatto negativo sull’intero esercizio.
Si può dunque concludere che il concorso del CNR: è figlio di una impostazione ideologica in cui la formalità la fa da padrona e deresponsabilizza coloro che sono chiamati ad operare le scelte; impiega una quantità eccessiva di risorse dei ricercatori e dell’ente; è eccessivamente costoso (specialmente in un periodo di vacche magre come l’attuale); è destinato a peggiorare, piuttosto che a migliorare, il processo di selezione.
Note
- Va ricordato che, in occasione degli esiti della Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) del CNR da parte dell’ANVUR, lo stesso presidente dell’ente ha lamentato la scarsa considerazione data alle molteplici attività che i ricercatori sono chiamati a svolgere.
- Riguardo all’inadeguatezza di una valutazione bibliometrica di tipo automatico si può citare la San Francisco Declaration on Research Assessment. Di recente, vi è stata anche una dichiarazione della IEEE, la più grande associazione internazionale in ambito tecnologico.
- La costruzione del sistema informatico che raccoglie le informazioni su ciascun ricercatore rappresenta per l’ente un investimento che potrà essere utilizzato in future occasioni di selezioni, avanzamenti di carriera, valutazioni, ecc.
- Sabino Cassese prevede che, nell’analogo caso dell’Abilitazione scientifica nazionale, le scelte verranno di fatto operate dai giudici amministrativi, non più dai membri della comunità scientifica.
A parte la stima dei costi (come una analoga fatta lo scorso anno per l’ASN)che mi pare francamente esagerata (*), nessun commento sul fatto che si tratta di un nuovo concorso tutto interno al CNR.
Amen.
(*) Dieci giorni lavorativi interamente dedicati a compilare una domanda ? Duecentocinquanta euro per la riproduzione delle pubblicazioni ? E perché si da per scontato che uno debba compilarla dal lavoro sta domanda ?
Se si vuole difendere la straiperburocratizzazione informatizzata in corso, dappertutto, lo si dica apertamente. Che si calcoli il costo di un’operazione in ore lavorative (che non significa “dal lavoro”), mi sembra normale, dal momento che non si tratta di una scampagnata. Se poi si vuole sostenere la bontà e giustezza di queste metodologie informatizzate, dove se si sgarra di una virgola uno è fuori (ed è per questo che è fatto, visto l’alto numero di domande), lo si dica di nuovo apertamente. I programmi sono idioti, ma non i committenti dei programmi. E chi gestisce poi l’intera operazione della raccolta dei dati? Esterni? che vorranno essere pagati? O no? A che servono a questo punto i commissari persone vere? Calcolare i costi sociali complessivi, anche solo per stima, mi sembra sacrosanto e dobbiamo ringraziare chi lo fa, anche se sbagliasse di più di una virgola.
La stima dei costi è largamente sottstimata; io la domanda l’ho fatta e (fra crash di sistema e altre piacevolezze) penso di averci dedicato 30 giornate a tempo pieno, e non 10. Per quanto rigudara il compilarla dal lavoro o da casa, io l’ho compilata un po’ dal lavoro e un po’ da casa, nello stesso modo in cui i miei articoli li scrivo un po’ al lavoro e un po’ da casa; credo che ognuno che fa ricerca sappia benissimo che il confine fra “dentro” e “fuori” è oramai inesistente. Quelli da maggio a oggi sono stati fra i mesi più deprimenti della mia vita da quando sono al CNR.
PS: D’accordissimo con i commenti di Marinella Lorinczi.
@Alberto d’Onofrio, Condivido in toto.
Anch’io concordo appieno con le osservazioni di D’Onofrio. Lamentazioni come questa mi sembrano francamente anacronistiche; se riteniamo che il problema sia l’informatizzazione mi sa che abbiamo le idee un po’ confuse sulla situazione reale…
@fausto_proietti: Assumo che tu dica questo perché questa domanda non l’hai fatta. Se l’avessi fatta ti saresti reso conto a quale delirio il CNR ha costretto i suoi dipendenti. Informatizzazione “buona” sarebbe stata, ad esempio, un meccanismo che dal sito web del CNR ti diceva “Carica il tuo CV in .pdf”; informatizzazione delirante è quella che invece ti dice “Riscrivi il tuo CV su questo sito, casella per casella” su un sito web che, tra le altre cose, ha continui downtime ed è fatto con i piedi.
In risposta a D’Onofrio, io, da ex-CNR ed ora INAF (ma sempre “dipendente”), ho sempre ritenuto che ogni attivita’ (piu’ o meno burocratica, ma anche la partecipazione a forum di natura professionale come questo stesso) legata al mio lavoro faccia parte del mio lavoro (che poi il mio lavoro non abbia orario, ossia non si limiti all’orario ufficiale, e che non stacchi il cervello quando vado a casa … ma di certo non pago una connessione di rete a casa). Siano compilazione di richieste di fondi, schede e questionari vari, rapporti per la valutazione,o domande di concorso di progressione.
Mi preoccupa di piu’ la frase “visto che verranno collocati alla fascia iniziale del livello superiore.”
Da quando in qua e’ stata abolita la ricostruzione dei due terzi della carriera nel contratto del comparto ricerca ?
Nei concorsi ex Art. 64 e’ stata applicata, e sarebbe dovuto esserla anche in quelli ex Art.15 (dove sono riusciti a farli), e nel mio ente (sono contento che il mio istituto sia transitato da CNR a INAF perche’ con tutti i suoi difetti resta meno burocratizzato e bene o male sotto il controllo della componente scientifica) nessuno ha mai parlato di abolizione
Alcune osservazioni ai graditi commenti ricevuti.
Nell’articolo viene effettuata una stima del costo economico dell’operazione seguendo i criteri ordinari della contabilità, criteri esplicitati e dunque soggetti a verifica e critica da parte della comunità scientifica. Ben conosciamo i limiti intrinseci della contabilità che, non a caso, viene da molti considerata come un arido esercizio. Ma meglio questo che niente. Dunque una stima, non una misurazione, operazione che potrebbe fare il CNR, disponendo di ben più accurate informazioni. Come nei casi precedenti della VQR e dell’Abilitazione, si cerca di fare un po’ di luce sugli aspetti quantitativi, mentre rimangono del tutto inesplorati quelli emotivi, sociali, culturali, di cui parla anche Marinella Lorinczi.
Quantificare in 25 euro al giorno i costi di struttura per un ricercatore, quelli che al CNR vengono chiamati “costi a uomo fermo” (energia, guardiania, condizionamento, affitti, imposte e tasse, macchinari, materiali di consumo, amministrazione locale e centrale, ecc.) non mi sembra irragionevole; tuttavia, anche se si ipotizzasse un costo inferiore, ci si attesterebbe comunque sulla cifra totale di 4 milioni.
Concordo che l’impegno nella predisposizione della domanda sia parte del lavoro del ricercatore: si tratta di un avanzamento di carriera e quindi è legittimo dedicarvi tempo ed impiegare le strutture dell’ente. La prova è che né l’amministrazione centrale del CNR né i direttori degli Istituti hanno obiettato che il ricercatori si dedicassero alla compilazione delle domande sul posto di lavoro. La quantificazione delle giornate in numero di 10 è evidentemente discutibile, ma chi ha vissuto nelle scorse settimane negli Istituti del CNR ha visto con i propri occhi quanto tempo sia stato dedicato alla compilazione della domanda (nel caso delle scienze umane e sociali il carico di lavoro è stato senz’altro più oneroso di quello delle scienze esatte e naturali). Anche in questo caso, se si disponesse di una quantificazione più accurata, e se si ipotizzasse un numero inferiore di giornate, l’ordine di grandezza della spesa complessiva rimarrebbe lo stesso (naturalmente è benvenuto chi è in grado di fare una stima più accurata).
Lucio Chiappetti solleva una giusta questione relativamente all’impatto economico del passaggio di livello, in particolare la “la ricostruzione dei due terzi della carriera nel contratto del comparto ricerca”. Quanto ho scritto andrebbe meglio verificato e specificato; gli esperti del settore dicono tuttavia che, per i dipendenti con maggiore anzianità non conviene, dal punto di vista del trattamento economico, passare di livello.
Caro Sirilli,
e sul fatto che si tratti di un concorso riservato non ha nulla da dire?
non ci avranno mica anche abolito l’assegno che, come docenti universitari / dipendenti pubblici, perequa il salario di colui che avanzando di carriera perde l’anzianità nel vecchio ruolo? non mi sorprenderei, ma non mi pare
Se non sbaglio, nell’Univesità è stata abolita la ricostruzione della carriera per i ruoli acquisiti nell’era post-240 (gelmini). Per i motivi suddetti è pressochè sicuro che un associato anziano acquisendo il ruolo di ordinario potrebbe perdere parte degli emolumenti senza poterli recuparare nel tempo. Nel passato all’atto del passaggio a prof. ordinario da straordinario era possibile ricostruire la propria anziani di carriera raggiungendo fino a 4/5 scatti di anzianità.
Non so cosa accade negli Enti di Ricerca dove il personale è contrattualizzato ed è ancora legato ai “famiggerati” CCNL.
Un saluto
Nicola
Ero a conoscenza della abolizione della ricostruzione della carriera per l’universita’ da parte della legge 104 (a differenza di molti colleghi del mio ente che hanno partecipato all’ASN non essendone consapevoli, soprattutto quelli provenienti dai ruoli degli ex-Osservatorii, cfr, statistichina in http://sax.iasf-milano.inaf.it/~lucio/WWW/Opinions/asnastro.html)
Sono certo (avendone usufruito) che in passato la ricostruzione ai 2/3 (senza tetto) si e’ applicata negli EPR, come pure gli assegni ad personam.
Non so quanto tale norma dipenda dai CCNL (di cui comunque e’ bloccato il rinnovo) o da altre norme pregresse (ricordo che i primi CCNL del comparto ricerca erano formalmente adottati come Decreti del Presidente della Republica, il che ha sempre comportato la non-modificabilita’ di norme ivi contenute … p.es. nel mio ente, INAF, molti volevano abolire la prova scritta nel concorso di reclutamento, ma siccome uno di tali DPR parla di “titoli ed esami” per i concorsi di reclutamento, e “titoli ed esame” per quelli di avanzamento, l’interpretazione data era che “esami” plurale volesse dire prova scritta e colloquio)
Mi pare improbabile (ma non implausibile) che il CNR possa motu proprio derogare a tale norma.
Chiedo scusa per l’errore. Si legge e si scrive “famigerati” e non “famiggerati”: Un saluto Nicola Ferrara
Circa la domanda di Paolo Bertoletti avrei certamente qualcosa da dire, ma preferisco farlo in un contesto diverso da questo articolo di ROARS in cui ho cercato di adottare un approccio scientifico rispetto al problema trattato, consapevole di tutti i suoi limiti.
La questione dei concorsi riservati, come quella antica degli ope legis nel nostro paese, meriterebbe una trattazione a parte, largamente di natura sindacale. Per esempio si può leggere un recente articolo su http://www.usirdbricerca.info/index.php?option=com_content&view=article&id=2815:cnr-il-flop-informatico-simbolo-del-fallimento-della-gestione-nicolais&catid=81:cnr&Itemid=458
@MarinellaLorinczi : Io non difendo affatto la ASN, tutto il contrario essendone
stato vittima in prima persona. Solo che la informatizzazione dell’invio
dei dati non ha alcuna colpa, ciò’ che e’ errato sono i criteri scelti
dal ministero (vedasi anche mio post all’ultimo articolo roars edito oggi). L’unica cosa positiva di questa ASN è l’invio telematico
del CV e delle pubblicazioni etc… O lei preferisce riempire faldoni di carta ?
@Alberto d’Onofrio
Io ho fatto sia domanda per la ASN che per il concorso “art. 15”, e non esiste proprio paragone fra il tempo richiesto per preparare l’una e quello per preparare l’altra domanda; per la ASN la procedura è stata abbastanza snella, per l’art. 15 CNR un bagno di sangue, in termini quantitativi penso si possa parlare di un rapporto 1:20.
@GiorgioSirilli: entile collega, io non contesto la metodologia contabile da
lei adottata.
Io contesto i numeri: 10 giorni per preparare la ASN e 250 euro (contati su tutti i concorrenti, per giunta) per la riproduzione dei documenti sono a parer mio una stima eccessiva, specie tenuto conto che la stragrande maggioranza dei concorrenti ha fatto domanda per una o al massimo due ASN (fonte: ROARS).
Se si ragiona nei termini “il concorso riguarda solo il concorrente” le
due voci dovrebbero essere 0 giorni e 0 euro.
Ma anche ragionando in termini “è lecito inviare dal posto di lavoro la domanda ASN”, a parer mio la stima deve essere al massimo, rispettivamente, 1.5 giorni (se si vuole esagerare) e 0 euro per costi connessi alle pubblicazioni (i pdf “author copy” degli articoli sicentifici sono gratuiti, e se un candidato, magari di un settore non bibliometrico, deve fare lo scan o la fotocopia di un libro, non vedo perche’ dovrebbe pagarla lo Stato).
Sbaglio ? Se sì:
a) in che cosa ?
b) quali evidenze ha per le sue stime ? Io leggo solo: “Si può ipotizzare che parteciperanno 1.300 ricercatori di terzo livello e 800 di secondo livello, il cui costo giornaliero è, rispettivamente, di 157 e 186 euro, e che, per la predisposizione della domanda, abbiano impiegato 10 giornate lavorative. ”
Vengo ora al punto più importante: credo che fornire delle stime esagerate (in buona fede, non ne dubito)
sia una mossa sbagliata che fornisce appiglio a chi la infausta ASN la difende.
Chiunque sappia cosa sono “Libero” e “Il giornale” può facilmente immaginare come Sallusti o Belpietro commenterebbero le Sue stime.
Quanto al link su Nicolais, è forse troppo scritto in gergo sindacal-ciennerrese anche per me che mi addottorai proprio al CNR (che amo e con cui proficuamente collaboro da sempre), non riesco a capire bene la connessione con il problema del percepito eccesso di concorsi interni CNR per avanzamento carriera.
La domanda è molto semplice: alcuni dicono che il CNR fa troppi concorsi per primo ricercatore e per dirigente di ricerca riservati agli interni.
E’ vero o no ? Attendo il suo intervento in merito.
“il CNR fa troppi concorsi per primo ricercatore e per dirigente di ricerca riservati agli interni.
E’ vero o no ?”
Ovviamente non ho a disposizione cifre ufficiali, ne’ recenti, ma fino a che sono stato al CNR (dal 1982 al 2005) i concorsi “di avanzamento” sono stati assai limitati, dopo l’operazione iniziale di inquadramento per idoneita’ nelle tre fasce (analoga alle ope legis universitarie della legge 382). Nel settore astrofisico si saranno potuti contare sulle dita di una mano.
Tant’e’ che si erano venute a creare le famose “anomale permanenze” (di ricercatori e primi ricercatori), a cui si e’ cercato (giustamente imho) di ovviare con delle norme contrattuali (art. 64 e art. 15) che prevedevano concorsi interni (visto il differenziale per un passaggio di fascia).
Aggiungo che nel mio “nuovo” ente (INAF,dal 2005) creato mergendo istituti ex CNR ed Osservatorii (e che ricordo essere preponderante come personale nel proprio settore rispetto all’Universita’), i concorsi di avanzamento sono stati zero, a fronte di un certo numero di concorsi di reclutamento. I concorsi ex art.15 sarebbero stati possibili (essendo INAF un EPR) ma sono stati fermati dal TAR (a causa del problema della presenza di personale non contrattualizzato).
@Alberto d’Onofrio. Nell’articolo si parla dei concorsi del CNR e non dell’ASN. La stima di 10 giorni è discutibile, ma chi vive negli Istituti del CNR ha potuto vedere quanto tempo i candidati hanno dedicato alla predisposizione della domanda – ed è stato veramente tanto. 25 euro al giorno per far lavorare un ricercatore (strutture, affitti, materiali, comunicazioni, biblioteche, ecc.) è probabilmente una stima per difetto. Infine, se il punteggio assegnato alle pubblicazioni è molto limitato, perché dedicarvi così tante energie?
L’articolo verte sulla stima dei costi e non tratta dei benefici o delle scelte politiche relative all’emissione dei bandi, argomenti che richiedono una specifica trattazione in una opportuna sede.
“Il processo di selezione si caratterizza per la completa informatizzazione delle domande, per l’estrema onerosità per i candidati nella compilazione della domanda e, soprattutto, per un cambio di paradigma rispetto al passato: l’esasperata impostazione quantitativa sugli output tradizionali della ricerca, figlia del trend dominante nel nostro paese avviato con le procedure di valutazione dell’ANVUR (VQR e Abilitazione Scientifica Nazionale).”
Mi permetto di dissentire. E’ vero che il bando di concorso richiede di fornire dati bibliometrici. Peccato che questi saranno inutilizzabili da parte delle commissioni. Infatti l’impact factor da riportare può essere indifferentemente quello dell’anno di pubblicazione del prodotto oppure quello 2012, con variazioni enormi (senza contare i problemi connessi a riviste che han cambiato nome, hanno cessato la pubblicazione o sono confluite in altre); la fonte può essere indifferentemente Google Scholar o ISI-Web of Science. Anche per il numero di citazioni è consentito ricorrere indifferentemente a Google Scholar o ISI-Web of Science (il menu a tendina della procedura informatica consente addirittura di selezionare “altra fonte”). Come può la commissione fare una graduatoria tra il numero di pomodori di un candidato e il numero di arance di un altro?
In realtà si è voluto coprire con le foglie di fico degli Impact Factors e delle classificazioni nei quartili SCIMAGO il dato di fatto che al complesso della produzione scientifica di un candidato a Dirigente di Ricerca è riservata la miseria di 25 punti sul totale di 100, e che solo 10 lavori scelti (che saranno valutati, si spera, in modo più approfondito) mettono in palio 30 punti. Curiosamente, tra i prodotti valutabili ci sono anche (quoto dal bando di concorso):
“Relazioni Tecniche, depositate presso le strutture CNR o altre Istituzioni pubbliche o private aventi carattere nazionale e internazionale, quali:
• pubblicazioni interne anche di natura gestionale;
• documenti di natura programmatica;
• relazioni scritte a seminari interni o esterni all’Ente;
• carte geologiche o tematiche non pubblicate a stampa;
• relazioni sullo stato dell’arte contenenti un esame sistematico del settore scientifico e/o professionale di intervento;
• relazioni finali o resoconti anche di natura gestionale di progetti ufficialmente inviati all’Ente finanziatore.
Dei rimanenti 45 punti, 5 sono a disposizione per riconoscimenti scientifici e premi, e i gli altri 40 sono per “ruoli ricoperti, attività svolte, incarichi”. Qui, secondo il bando, conteranno le responsabilità di progetto scientifico, la direzione di Istituto, di Sezione Distaccata, di Servizio, etc., documentabili facendo riferimento ad atti certi provvisti di protocollo. E’ in questo ambito che sarà fatta la scrematura sostanziale dei candidati, non in quello relativo alla produzione scientifica. Si salverà chi si è procurato progetti europei per grossi importi, ma potrebbero avere ottime possibilità (a seconda della composizione delle commissioni) anche coloro che hanno saputo frequentare i corridoi del Palazzo (anche per interposta persona), ottenendo la titolarità di progetti interni al CNR, la partecipazione a commissioni e simili.
Un recente documento sindacale del 22 novembre 2013 mostra che le domande per dirigente di ricerca sono 856 e quelle per primo ricercatore 1.974. Nella Tabella 1 l’ipotesi era che fossero rispettivamente 800 e 1.300. Ricalcolando il costo totale, si raggiunge la cifra di 5,4 milioni di euro.
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Cnr & selezioni on line ex articolo 15. Dieci buoni motivi perché i responsabili si dimettano
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http://www.usirdbricerca.info/index.php?option=com_content&view=article&id=2849%3Acnr-a-selezioni-on-line-ex-articolo-15-dieci-buoni-motivi-perche-i-responsabili-si-dimettano&catid=81%3Acnr&Itemid=458
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in cui si legge
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“Chi scrive, nonostante alla pubblicazione del bando avesse (proprio in previsione della pubblicazione del bando stesso) il proprio curriculum perfettamente aggiornato, ha impiegato (anche a causa dell’orgia di dettagli burocratici richiesti, della pessima usabilità del sistema, delle sue varie interruzioni di funzionamento, e dei dati che il sistema stesso perdeva – vedi sotto) l’equivalente di circa un mese a tempo pieno a compilare la propria domanda.”
La lettera citata da Sylos su USIRDBricerca, che mi sembra quanto mai affidabile (sebbene l’autore ed il giornale abbiano ritenuto opportuno omettere la firma), fornisce un quadro molto dettagliato e fedele dell’impegno richiesto ai ricercatori del CNR ed all’amministrazione dell’ente per compilare la domanda. La mia ipotesi di impegno in media di 10 giorni di lavoro appare dunque conservativa. Nel caso in cui ne fossero stati impiegati 20 come è avvenuto per l’autore dell’articolo, e fossero stati inclusi altri costi che lui indica e che non sono stati computati nella Tabella 1 del mio articolo, il costo totale del concorso si aggirerebbe sui 10 milioni di euro, con un costo medio per avanzamento di carriera dell’ordine di 50.000 euro.