Sul Corriere della sera del 1° febbraio Gian Antonio Stella riferisce di una situazione verificatasi all’Università di Messina. Il Rettore sospende l’assunzione di un “ordinario” in Letteratura italiana contemporanea perché sono emersi elementi di plagio nelle pubblicazioni che gli hanno valso l’abilitazione nazionale e segnala la situazione al MIUR, questo risponde che la Commissione di abilitazione, “visionata la documentazione”, ritiene di “non dover modificare il giudizio già reso”; nell’articolo, il giornalista riproduce parte della documentazione (incluso un testo nel quale l’interessato trascrive integralmente -senza citarlo- un lungo scritto firmato da altri, dedicato a Salvatore Quasimodo, con la mera sostituzione del nome dell’autore che egli ora esamina, Giovanni Pascoli).
Si tratta di uno dei casi nei quali l’università italiana fa una pessima figura. Non tanto, rileva giustamente Stella, per la presenza di un plagiario (ve ne possono essere ovunque), bensì per la connivenza dell’intero sistema accademico, che rifiuta di trarre conseguenze dalla verifica di situazioni che sono inaccettabili in termini culturali oltre che etici. Proprio per questo motivo, a mio parere è importante che cerchiamo tutti di rispondere ad alcune domande, sintetizzabili nel seguente quesito: ipotizzando che nell’ambiente universitario le “mele marce” siano una minoranza, la maggioranza è stata capace di isolarle? Oltre che isolarle, ovviamente, sarebbe importante creare degli anticorpi, costruire strumenti per far sì che alla parte infetta sia reso impossibile, o almeno molto difficile, danneggiare l’intero sistema.
Anche se su una affermazione come la seguente è difficile dare dimostrazioni “scientifiche”, è comune convinzione che l’isolamento non vi è stato, e meno ancora la predisposizione di validi anticorpi: basti considerare, al proposito, le ripetute rielezioni di Rettori i cui comportamenti clientelari, o peggio, risultavano manifesti. A mio parere, manca oggi nel mondo universitario -a differenza di ciò che è avvenuto in alcuni periodi passati- un reale conflitto tra movimenti che siano impegnati a rinnovare, anche in termini etici, la vita accademica, e le forze interessate invece allo status quo: senza conflitti di questo tipo un corpo sociale si deteriora. Nei rapporti interni, le aggregazioni -e conseguentemente le contrapposizioni- non avvengono ora sulla base di scelte di fondo, di opzioni strategiche, bensì in termini categoriali o disciplinari; nei rapporti con l’esterno, la stessa presenza di “nemici” quali gli interventi governativi di compressione delle risorse hanno determinato una specie di union sacrée, di difesa corporativa dell’istituzione, a prescindere dai vizi presenti nella stessa. E, quando i vizi vengono evidenziati dai media, talora si attribuiscono tali denunce a presunte losche manovre tese a sabotare l’università pubblica a favore di interessi privati.
Se il mondo universitario, anziché impegnarsi per rendere visibile che in esso vi sono posizioni differenziate, si appiattisce su una linea unanimistica, il discredito che dovrebbe colpire alcuni si estende invece a tutti; conseguentemente, si rafforza la tendenza dei responsabili politici a restringere i finanziamenti. Essi esiterebbero a colpire istituzioni intorno alle quali fosse visibile un consenso sociale, possono invece agire tranquillamente se le istituzioni non sono apprezzate.
Le polemiche contro ciò che non va sono salutari, e spesso si cita l’espressione evangelica “oportet ut scandala veniant”; va ricordata peraltro anche la conclusione della citazione, “vae autem illi per quem veniant”, i responsabili vanno combattuti!
” A mio parere, manca oggi nel mondo universitario -a differenza di ciò che è avvenuto in alcuni periodi passati- un reale conflitto tra movimenti che siano impegnati a rinnovare, anche in termini etici, la vita accademica, e le forze interessate invece allo status quo: senza conflitti di questo tipo un corpo sociale si deteriora. ”
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Un curioso commento da mettere su questo sito. Consiglio all’autore di vedersi il post appena successivo
https://www.roars.it/le-iene-vogliamo-dire-scopiazzature-la-nomina-del-consigliere-anvur-finisce-in-prima-serata/
e poi leggersi
https://www.roars.it/io-speriamo-che-mi-selezionano-allanvur/
Poi dare un’occhiata anche veloce ai 65 post dedicati all’abilitazione:
https://www.roars.it/documentazione-asn-e-vqr/
E ai i 3.309 commenti di Monitoring ASN (passati tutti al vaglio della moderazione della redazione):
https://www.roars.it/monitoring-asn/
Poi riparliamo di anticorpi.
Credo si possa leggere un tantino diversamente, fermo restando che è innegabile che su questo sito e anche altrove le discussioni o i dibattiti avvengono. Trasponendo le ultime vicende, della protesta anti vqr, all’interno della vita quotidiana universitaria, nei corridoi – luoghi deputati alle chiacchiere tanto utili – o altrove dove si parla in privato e in termini non formali, a meno che non si sappia già che si è d’accordo, là regna la cautela generale, per non parlare delle riunioni dove al massimo si usano toni e formulazioni felpati. Figurarsi quando si tratta di situazioni esplosive. Se succede qualcosa, la maggioranza tace. Di solito è così, nella mia esperienza. Insomma, ci sono forme diverse, non esplicite di aggregazione di opinioni, di formazione di consensi, dove la maggioranza scivola con cautela sul terreno viscido per evitare le cadute.
Verissimo. Però il malcostume esiste anche nella Chiesa, tra i politici, tra gli industriali (il famoso cocainomane con in naso d’argento o l’organizzatore di parties con minorenni). Questo però non abilita a screditare tutto il sistema a danno anche e soprattutto dei capaci e meritevoli. Questa si chiam demagogia e populismo. Le prese di posizione ci sono eccome, anche su questo sito.
In ogni settore della società si annidano furbi e disonesti. Non c’è quindi da stupirsi se anche in ambito accademico si verificano episodi di malcostume. La cosa anomala e preoccupante nel nostro settore è che i massimi vertici ministeriali coprano e giustifichino tali episodi o, al massimo, li ignorino con imbarazzante silenzio.
Questa è l’anomalia del sistema universitario: la mancanza di etica e di controlli efficaci al vertice, non alla base.
Poi quando giornali e TV denunciano gli episodi più eclatanti, si reagisce colpendo l’intera categoria proprio alla base, introducendo nuove regole bizantine e incomprensibili e controlli pervasivi e vessatori che impediscono a tutti di lavorare.
Proprio con le troppe regole e i troppi controlli, i furbi e i disonesti riescono a dare il meglio di sé.