Il Consiglio Direttivo della Società Italiana di Statistica scrive ai giornali riguardo alla nomina del nuovo Presidente ISTAT. In particolare sottolinea che il patrimonio più prezioso di un Istituto nazionale di statistica è la sua indipendenza e credibilità, le quali sono rafforzate se chi è proposto alla sua guida è innanzitutto dotato di autorevolezza scientifica e di indiscussa competenza, in particolare nelle metodologie statistiche per la progettazione, raccolta, analisi e diffusione dei dati.
Il Consiglio Direttivo della Società Italiana di Statistica nella riunione del 21 novembre c.a ha delegato il Presidente, prof. Nicola Torelli, ad inviare la nota che segue ai Direttori di alcune fra le principali testate giornalistiche.
Datano all’aprile scorso le dimissioni del Presidente dell’Istat Prof. Giovannini e, da allora, neppure l’eccellente lavoro svolto dal Prof. Golini in qualità di Presidente facente funzioni può far dimenticare l’importanza di poter contare su una guida dell’Istituto nazionale di statistica nel pieno delle sue funzioni. A questo riguardo, si è recentemente aperto un vivo dibattito sulla nomina del suo Presidente che ha tuttavia lasciato in ombra aspetti fondamentali del profilo che dovrebbe caratterizzare tale figura.
Il patrimonio più prezioso di un Istituto nazionale di statistica è la sua indipendenza e credibilità, a garanzia della qualità dei dati e delle informazioni statistiche che è chiamato a produrre. Tale garanzia è rafforzata se chi è proposto alla sua guida è innanzitutto dotato di autorevolezza scientifica e di indiscussa competenza, in particolare nelle metodologie statistiche per la progettazione, raccolta, analisi e diffusione dei dati. Non è certo un caso che coloro che ricoprono l’analoga carica in altri paesi vengano selezionati fra studiosi di chiara fama con esperienze specifiche in tali ambiti.
Concordo con la lettera del Consiglio direttivo della SIS sulla necessità di salvaguardare il patrimonio più prezioso dell’Istituto nazionale di statistica, cioè la sua indipendenza e credibilità. Ho qualche perplessità sull’affermazione secondo cui “chi è proposto alla sua guida [dell’ISTAT] è innanzitutto dotato di autorevolezza scientifica e di indiscussa competenza, in particolare nelle metodologie statistiche per la progettazione, raccolta, analisi e diffusione dei dati.” Tale affermazione appare corporativa, in quanto restringe la candidatura ai professori ordinari di statistica dell’università italiana, escludendo chiunque non faccia parte di quella ristretta élite. Sulla vexata quaestio della presidenza dell’ISTAT vedi anche l’articolo “L’Istat senza presidente? Il parlamento approva una legge per il rientro di un cervello” https://www.roars.it/listat-senza-presidente-il-parlamento-approva-una-legge-per-il-rientro-di-un-cervello/
Ma partiamo da qualche considerazione storica sulla figura del presidente dell’ISTAT, come previsto nel Decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, che istituisce il Sistema Statistico Nazionale (SISTAN). Il motivo per cui è stato stabilito per legge che il presidente dovesse essere un professore ordinario in materie statistiche, economiche ed affini è legato al periodo del Craxismo in cui il governo spesso seguiva, nelle nomine pubbliche, il criterio dei “nani e delle ballerine”. Allorché si dovette scrivere il Decreto (sostanzialmente a Via Balbo), la comunità scientifica degli statistici riuscì a mettere dei paletti riservando la carica di presidente dell’ISTAT a qualcuno del mestiere. Poiché al momento era in carica Guido M. Rey, professore di politica economica, venne aggiunta alla statistica la disciplina economica con l’appendice delle materie affini (mai specificate: sociologia, matematica, fisica?). Ma la pezza a colori, se da un lato ha evitato, almeno parzialmente, le scorribande dei politici, dall’altro ha creato un mostro: in nessun paese del mondo, e nemmeno in altri enti di ricerca italiani, vi è una discriminazione così netta, probabilmente incostituzionale. Sono esclusi i professori straordinari, gli associati, i ricercatori universitari, i ricercatori degli enti pubblici che sono su un piano di equivalenza con i docenti universitari, tutti gli esperti che lavorano in altre organizzazioni pubbliche e private, nazionali, straniere e internazionali. Va osservato a tal proposito che Enrico Giovannini, dirigente di ricerca dello stesso ISTAT, è dovuto diventare professore di statistica all’università per concorrere alla nomina a presidente – se rimaneva in casa sua non era eleggibile.
Prendiamo il caso di una altro ente di ricerca, il CNR. Secondo il Decreto legislativo 4 giugno 2003, ai sensi dell’ articolo 1, comma 1, della legge 6 luglio 2002, n. 137, “Il presidente del CNR è scelto tra persone di alta qualificazione scientifica e manageriale, con una profonda conoscenza del sistema della ricerca in Italia e all’estero e con pluriennale esperienza nella gestione di enti o organismi pubblici o privati, operanti nel settore della ricerca.” Paragonando dunque i due enti di ricerca, mentre al CNR serve una competenza scientifica insieme a quella tecnico-organizzativa, nel caso dell’ISTAT basta saper insegnare.
La SIS, società scientifica composta in maniera preponderante da professori universitari di statistica, con l’aggiunta in posizione marginale dei ricercatori dell’ISTAT e di pochi altri che operano negli enti di ricerca e nelle organizzazioni private, con la sua lettera ai giornali enfatizza gli aspetti metodologici tralasciando completamente la dimensione organizzativo-manageriale – non dimentichiamo che l’ISTAT è un’organizzazione di persone e di strutture che richiede grandi competenze e abilità di guida non soltanto scientifica ma anche gestionale. Mettere un così forte accento sul rapporto tra la credibilità dell’ISTAT ed il suo presidente dà un’immagine tutta monocratica di un ente di ricerca, immagine che va respinta. Tale immagine mortifica il lavoro di centinaia di ricercatori che le statistiche le producono, di cui sono i garanti definitivi e che sono “dotati di autorevolezza scientifica e di indiscussa competenza, in particolare nelle metodologie statistiche per la progettazione, raccolta, analisi e diffusione dei dati”. Benvenga, dunque, un richiamo al fondamentale ruolo della statistica ufficiale ed alla sua indipendenza, ma si eviti di farne una questione riservata a pochi eletti nell’assunzione che l’indipendenza e la credibilità possano essere garantiti soltanto dagli ordinari di statistica posti al vertice della piramide.