L’istruzione e la ricerca scientifica sono i settori trainanti per la crescita e lo sviluppo di un paese civile, ma in Italia sono da sempre relegate al ruolo di conclamate Cenerentole e se ne vedono i risultati. I nostri governanti interpellati sull’argomento si riempiono la bocca di belle frasi di circostanza, ma all’atto pratico le loro preferite vittime sacrificali sono sempre scuola, università e ricerca pubbliche. E nel frattempo montagne di soldi pubblici svaniscono, per far fronte ai costi spudorati di una politica vorace, sia leciti che illeciti.
Mentre i finanziamenti pubblici destinati dal governo Monti alla ricerca di base sono giunti ormai ai minimi storici e molti laboratori versano in gravi difficoltà, ogni anno fondazioni ed enti privati stanziano finanziamenti cospicui destinati a ricerche applicate di ottimo livello, finalizzate però solo allo studio di malattie genetiche e cancro. Ad esempio, i bandi Telethon sono purtroppo inaccessibili ai ricercatori che non studiano esclusivamente uno specifico gene già saldamente associato ad una nota malattia ereditaria umana. In passato, ho fatto presente al direttore generale di Theleton, Francesca Pasinelli, che a mio parere enti e fondazioni private commettono un grosso errore escludendo a priori la ricerca libera e di base dai loro bandi di finanziamento, ma ho ricevuto una risposta che assomiglia molto ad un dogma: la ricerca di base deve essere finanziata dallo stato. Ne consegue che se lo stato è latitante e disgraziato come il nostro, la ricerca di base può anche andare in malora con la benedizione di tutti. Ma la storia della scienza parla chiaro: senza la ricerca di base, la ricerca applicata, finalizzata a scopi predefiniti non esisterebbe. E’ la ricerca di base il vero motore del progresso scientifico e tecnologico. Per dimostrarlo mi limiterò a citare pochi, ma illuminanti esempi nel settore biologico.
Andrew Fire e Craig Mello per alcuni anni hanno studiato un fenomeno di spegnimento dell’attività dei geni in un organismo apparentemente insignificante: il microscopico verme Caenorhabditis elegans. Nel 2006 però il valore del lavoro dei due ricercatori, esclusivamente di ricerca base, è stato riconosciuto con il Premio Nobel per la Medicina e la Biologia. Infatti, dietro questo caso sperimentale si nascondeva il fenomeno della cosidetta “interferenza da RNA”, o RNAi, un sistema di controllo universale dell’espressione genica, la cui scoperta ha rivoluzionato la biologia e ha avuto un impatto dirompente proprio sulla ricerca applicata. Ebbene, nessun Thelethon o Airc avrebbe mai finanziato le ricerche di Fire e Mello, perché queste non avevano nessun legame ovvio con le malattie genetiche o con il cancro. Eppure, ironia della sorte, oggi molti gruppi oggi finanziati da Theleton e Airc nei loro studi utilizzano proprio gli approcci sperimentali derivati dal sistema dell’RNAi. Non è questa una clamorosa contraddizione? Questo caso non segnala forse un’anomalia di fondo?
Lo stesso discorso vale anche per altre novità rivoluzionarie derivate da studi di ricerca di base inizialmente trascurati. E’ il caso della scoperta dei geni omeotici nel moscerino della frutta Drosophila melanogaster che ha portato nel 1995 il premio Nobel a Edward Lewis, Christiane Nüsslein-Volhard ed Eric Wieschaus. Una lavoro che ha permesso di identificare i meccanismi di attivazione genica “a cascata” che determinano il piano strutturale di un organismo. Una scoperta che ha funzionato da “volano genetico” per l’identificazione di geni e meccanismi analoghi nella specie umana e in tutti gli organismi animali e vegetali dotati di sviluppo. Una scoperta che ha avuto un impatto smisurato sulla biologia e anche sulla ricerca applicata. E per finire, come non citare il premio Nobel per la Chimica assegnato nel 2008 a Osamui Shimomura, Martin Chalfie e Roger Tsien, per la scoperta e lo studio della proteina fluorescente GFP nella medusa Aequorea victoria. Uno strumento innovativo che ha permesso di “etichettare” proteine, cellule e strutture biologiche varie, il cui utilizzo a scopi applicativi si è rivelato fondamentale in campo biomedico. E l’elenco potrebbe continuare. In seguito a queste semplici considerazioni basate su fatti oggettivi e che esprimono il punto di vista di buona parte della comunità scientifica internazionale, è più che evidente che la ricerca di base merita ampiamente di essere incentivata. I prerequisiti perchè questo questo avvenga è che siano impegnate risorse economiche congrue (no elemosine, grazie), senza improvvisazione, ma con una seria programmazione, utilizzando meccanismi di valutazione trasparenti e adeguati agli standard internazionali; quindi ben lungi dalla valutazione dell’Anvur con le sue riviste scientifiche pazze, la sua rigida numerologia e i suoi indici che non necessariamente stimano il valore reale dei ricercatori (vedi i vari articoli sull’argomento pubblicati su Roars). Ma come realizzare questa semplice ricetta, se i governi che si sono succeduti alla guida del paese negli ultimi anni in tema di università e ricerca hanno solo proposto leggi e riforme che abolivano le precedenti, generando caos, instabilità e disorientamento?
Purtroppo sulla stragrande maggioranza dei nostri politici non è possibile fare affidamento, questo è un dato assodato. I pochi che di rado, e solo in campagna elettorale, intervengono sul tema della ricerca si esprimono usando un buon mix di di ignoranza e disinteresse, limitandosi a citare sempre e soltanto la ricerca industriale o privata. Ebbene sì, è questo l’unico tipo di ricerca che questi “signori” conoscono, quasi attuassero una sorta di acritico e automatico “copia e incolla” tramandato di governo in governo, di legislazione in legislazione. “E’ aggiacciandeeeee” direbbe Maurizio Crozza. Non a caso, nella recente agenda di Mario Monti si legge che ” è prioritario accrescere gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione, incentivando in particolare gli investimenti del settore privato”. Stando così le cose, è chiaro che per il bene della ricerca vera e per il bene del progresso scientifico del nostro paese, servono altre forze, altre idee, altre menti.
Allora, perchè nel frattempo Telethon, Airc e altre istituzioni private non decidono finalmente di organizzare dei bandi mirati al finanziamento e all’incentivazione della ricerca di base di qualità, non esplicitamente finalizzata allo studio di malattie ereditarie e cancro? L’Istituto Pasteur-Fondazione Cenci Bolognetti lo fa con successo da anni. Non sarebbe una scelta difficile da spiegare all’opinione pubblica, ai media e ai finanziatori: basterebbe solo la volontà di attuarla. Tra l’altro, è una pia illusione che la ricerca applicata rechi comunque benefici immediati. Nel caso degli studi di Fire e Mello, invece, tra i risultati delle ricerche sperimentali (fine anni ‘90) e l’impatto delle stesse in campo applicativo (dal 2000 in poi) è trascorso veramente una breve lasso di tempo.
Se tutti continueranno a laversene le mani, se la ricerca di base in Italia verrà fatta morire, di fatto non ci sarà futuro nemmeno per quella applicata, questo è certo.
Tutto verissimo, peccato però che per l’Istituto Pasteur-Fondazione Cenci Bolognetti ci siano dei limiti geografici alla ricerca di base…
L’altro limite che vedo (e che sperimento tutti i gironi sulla mia pelle) al finanziamento della ricerca di base collegato all’innovazione è rappresentato dalla “tendenza” a finanziare i soliti noti (grossi e potenti gruppi di ricerca) sui soliti progetti o varianti sul tema. Questo offrirà forse maggiori garanzie di successo ma di sicuro poca innovazione e determina la creazione di una lobby scientifica autoreferenziale.
Esatto! i finanziamenti per la ricerca di base vanno sempre ai soliti noti che spesso, tanto sono sicuri di riuscire, non modificano nemmeno negli anni il titolo dei loro progetti o al massimo fanno delle variazioni sul tema. Se si propone qualcosa di innovativo il minimo che ti rispondono è “ma il gruppo o il PI non ha esperienza sul campo!)oppure ti giudicavano (ormai è solo per pochi eletti visti i nuovi meccanismi PRIN) il progetto idoneo ma non bastando i finanziamenti nada. Ovviamente l’anno successivo lo stesso progetto veniva giudicato non idoneo e i soliti noti continuavano a essere finanziati.
Tra le altre cose non si tiene conto del fatto che se il finaziamento pubblico si riduce sempre più, soprattutto nel campo biomedico, c’è la possibilità che le ricerche vengano in qualche modo “guidate” anche nei risultati dagli sponsor privati: pubblichi solo quello che non va contro i miei interessi!
Volevo dire che l’Istituto Pasteur-Fondazione Cenci Bolognetti porta avanti un’opera meritoria finanziando progetti di ricerca di base utilizzando il sistema del pere-review. Un esempio che dovrebbe essere seguito anche da altri.
Il problema dei gruppi potenti e “bulimici” che magnetizzano e assorbono un eccesso di risorse è reale, ma è un problema indipendente dalla ricerca di base o applicata.
Ovviamente il sistema a cui mi riferivo è quello del peer-review.
Caro collega,
devo dire che sono perfettamente d’accordo con la risposta da lei attribuita a Francesca Pasinelli: la ricerca di base deve essere finanziata dallo stato. Cerco di spiegarmi, fondazioni ed enti privati rispondono direttamente ai propri donatori delle attivita’ di ricerca che finanziano. Se promettono di finanziare un certo tipo di progetti non possono poi finanziarne altri. Seguendo la sua linea di pensiero potrei lamentarmi del fatto che la Fondazione Telethon non finanzi la ricerca sulle algebre non commutative o sui processi stocastici non stazionari che in futuro potrebbero rivelarsi fondamentali per la diagnosi e la cura delle malattie rare ed ereditarie; come possiamo escluderlo? Sono invece ovviamente d’accordo sull’importanza della ricerca di base, e non solo in campo biomedico. Occorre quindi insistere affinche’ le forze politiche facciano propria questa posizione. Infine, rimanendo nell’ambito privato di cui lei discute, nessuno impedisce di creare fondazioni o enti che si occupino di finanziamento della ricerca di base. Se fossi molto piu’ ricco lo avrei gia’ fatto. Temo pero’ che la raccolta di fondi sarebbe piu’ difficile. Gia’ mi immagino una campagna primaverile dal titolo “Un SMS per la ricerca sulla gravita’ quantistica a loop”.
Cordiali saluti
Enrico Scalas
Caro collega, con i paradossi non si risolvono i problemi…..E poi, scusami, l’impatto anche a breve termine degli studi genomici di base sulla ricerca applicata alle malattie genetiche e al cancro è indiscutibile! C’è poco da ironizzare.
In un mondo ideale sarei anche d’accordo che la ricerca di base debba essere finanziata esclusivamente dallo stato, ma la realtà, come ho scritto è ben diversa…. Inoltre, visto che lo stato finanzia la ricerca applicata e industriale, perché le fondazioni private non possono finanziare la ricerca di base?
Per ognuno degli esempi citati nell’articolo ci sono centinaia di progetti di ricerca di base che non hanno prodotto niente altro che articoli su riviste scientifiche. E’ normale che sia cosi’, la ricerca di base e’ high-risk high-reward per definizione. Per questo poco si presta a essere finanziata da fondazioni private che si basano su risultati “tangibili” per il loro fundraising.
Caro signor Federico, nel suo lapidario commento noto lo spirito fiscale del notaio, che però la porta a fare solo della superficiale propaganda.
In primo luogo, i premi Nobel da me citati nell’articolo sono ovviamente solo alcuni degli esempi più eclatanti e rappresentano l’apice di ricerche portate avanti nel tempo anche da altri gruppi. Come ho già risposto al collega Scalas (vedi sopra), l’impatto anche a breve termine degli studi genomici di base sulla ricerca applicata alle malattie genetiche e al cancro è ormai indiscutibile e negarlo significa essere in malefede.
A mio parere, continuare con la filastrocca che “la ricerca di base non si presta ad essere finanziata dai privati sicuramente fa comodo a qualcuno, ma rappresenta una visione miope della cose, si tratta di un pregiudizio stantio che deve essere superato, anche perchè in realtà rallenta il progresso scientifico e indebolisce le potenzialità della ricerca appllicata.
E poi, a fronte dei cospicui finanziamenti elargiti, vorrei proprio vederli tutti questi risultati “tangibili” e a breve termine prodotti da ricerche esclusivamente di finalizzate a cui lei si riferisce……
Saluti
Caro Sig. Dimitri,
Non capisco che cosa lei abbia contro i notai (snobismo accademico forse?). Quanto a propaganda superficiale, a mio parere si tratta di un caso di bue che da’ del ecc…
“A mio parere, continuare con la filastrocca che “la ricerca di base non si presta ad essere finanziata dai privati sicuramente fa comodo a qualcuno”
Chi e’ questo qualcuno? C’e’ una cospirazione di cui non sono a conoscenza? I privati danno i soldi a chi gli pare a loro e se pensano che i loro soldi avranno un impatto maggiore se spesi in ricerca applicata, li’ li spenderanno. Lei e’ liberissimo di cercare di convincerli del contrario e loro sono liberissimi di non crederle. Non capisco perche’ ci sia bisogno di invocare persone cui questo “faccia comodo”.
“E poi, a fronte dei cospicui finanziamenti elargiti, vorrei proprio vederli tutti questi risultati “tangibili” e a breve termine prodotti da ricerche esclusivamente di finalizzate a cui lei si riferisce……”
Cospicui paragonati a che cosa? Quelli pubblici?
“Come ho già risposto al collega Scalas (vedi sopra), l’impatto anche a breve termine degli studi genomici di base sulla ricerca applicata alle malattie genetiche e al cancro è ormai indiscutibile e negarlo significa essere in malefede.”
La ricerca di base e’ piu’ vasta degli studi genomici. Per un matematico, gli studi genomici sono gia’ da considerare “applicati” quindi anche la sua definizione di “ricerca di base” e’ molto soggettiva. Se lei vuole fare un discorso piu’ generale non puo’ portare un singolo esempio e estrapolare a quello che lei chiama tutta la “ricerca di base”.
Caro signor Federico,
Eviti di dissezionare le mie frasi con noiosa pignoleria, non ci fa bella figura. Le consiglio anche di informarsi meglio delle cose su cui interviene con questa arrogante sicumera. I concetti espressi dal mio intervento sono molto chiari a chi lavora nel campo e gli studi genomici sono all’avanguardia della ricerca biologica, ne rappresentano una parte molto ampia e non sono necessariamente applicati, come lei sostiene non so sulla base di cosa.
Comunque, non vorrei continuare questa sterile polemica, tra l’altro l’educazione vorrebbe che si presentasse senza nascondersi dietro un generico nome.
[…] “A proposito di ricerca di base” di Patrizio Dimitri (ricercatore di Istituto Pasteur) ROARS – 27 marzo 2013 […]
A furia di difendere la ricerca di base come punto di partenza di quella applicata, non vorrei che si scordasse che la ricerca di base dovrebbe innanzitutto stimolare un pensiero critico e basato sui fatti. Quanto vale questo, quando ricade sulla società, non in forma di tecnologia ma di cultura? A mio avviso, molto più di una cura per il cancro, ma a quanto pare molti pensano invece che valga nulla, e se ne vedono i risultati in giro.
Mi chiedo se i privati possano davvero sostituire lo stato in questo ruolo. L’interesse privato, a mio avviso, finirebbe inevitabilmente per prevalere (per fare un esempio banale: se faccio ricerca su sistemi complessi e dinamica del clima, per quanto di base, è molto facile che la mia ricerca entri in conflitto con degli interessi privati). Rivolgersi ai privati è, a mio avviso, una sconfitta. Dobbiamo esigere una ricerca finanziata in maniera sensata dallo Stato, la real politik non paga (se si hanno dubbi a riguardo, basta guardare al PD).
PS: Sarebbe bello leggere di alcuni esempi di ricaduta culturale, invece che tecnologica, della ricerca scientifica.
PPS: Bel sito, non lo conoscevo.
Le ricadute culturali possono essere ovviamente enormi, nel momento in cui certe scoperte derivate dalla ricerca di base rivoluzionano un settore della conoscenza. Io ho voluto mettere in luce anche l’impatto applicativo, perché, insisto, se si azzera la ricerca di base, scomparirà di conseguenza anche quella applicata.