Presentazione di Ricercarsi. Indagine sui percorsi di vita e di lavoro nel precariato universitario
La FLC CGIL ha promosso per mercoledì 9 Luglio “Jobs Map”, un’assemblea nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori precari della conoscenza. Nel corso dell’assemblea, che si è tenuta presso l’aula “Sergio Musmeci” del Dipartimento di Architettura dell’Università di Roma Tre, sono stati presentati i primi risultati di “RICERCARSI”: un’indagine sui percorsi di vita e di lavoro nel precariato universitario, promossa dalla Flc e condotta da un’equipe di ricercatori universitari di diversi atenei italiani.
L’indagine, tramite dati di fonte ministeriale, ricostruisce l’esatto numero di precari negli ultimi 10 anni e le sue evoluzioni dal 2003 ad oggi. Inoltre, grazie a una “survey” on line e a decine di interviste ai precari che hanno attraversato o tuttora lavorano nelle Università italiane, vengono messe in luce le traiettorie di lavoro e le condizioni di vita di oltre 1800 persone. L’elaborazione finale dei dati quantitativi sarà presentata in un report esteso ad Ottobre, le analisi preliminari sono nel documento allegato. I risultati della survey, invce, sono disponibili in versione completa in questa infografica. Alcuni risultati di rilievo, impietosi:
– fra il 2003 e il 2013 i contratti precari della ricerca sono quasi raddoppiati, passando da poco meno 18.000 nel 2003 a più 31.000 nel 2013.
– In questo stesso decennio nelle Università italiane hanno lavorato con contratti precari oltre 65.000 ricercatori. Di questi più del 93% non è stato assunto ad oggi nel sistema universitario.
– I ricercatori precari che hanno risposto alla survey, la cui età media è di 35 anni, nel 70% dei casi non hanno figli.
– In presenza di almeno un genitore disoccupato si abbassa la quota di coloro che continuano a lavorare da precari all’Università.
Diritti negati, carriere interrotte e una schiacciante predeterminazione sociale raccontano il più grande spreco di risorse qualificate del nostro paese.
Presentazione FLC Ricercarsi_ROARS
è successo che ci sono precari che hanno messo su un curriculum eccellente, enorme, ma bocciati all’ASN, perché il ric. a temp. ind., sarebbe costato di meno, in quanto già incardinato e poi perché chi è a temp. ind. ha un titolo in più (che è appunto quello di ric.) e, infine, il ric. a tempo ind. ha avuto più tempo e serenità (e soprattutto non urgenza di fare mille domande a destra e a sinistra, perché lo stipendio lo prendeva prima e lo prende adesso).
soluzione:
1)sospendere l’ASN e, riservarla, come un lusso, ai soli strutturati.
2)Aprire il canale “precari”, ovviamente quelli molto titolati, non chi sta al primo anno di dottorato per intenderci.
Per fare questo, reintrodurre subito terza fascia, ric. a tempo ind., si può fare tramite un decreto-legge e, nel frattempo, finanziari tanti posti rtd tipo b., ma con commissioni sorteggiate (quest’ultima cosa si può fare anche con un Decreto Ministeriale, in un minuto).
chi non è d’accordo, alzi la mano.
grazie,
anto
Non è affatto una proposta strana. Coincide praticamente con l’idea della separazione fra reclutamento e progressione di carriera.
Non è una questione di Decreti Ministeriali (siamo stanchi anche di questi…) ma è l’Accademia che proprio non vuole questa cosa. Devo aggiungere, purtroppo.
Alzo la mano io. Secondo me il problema non è il precariato in sé, ma la mobilità e il mercato del lavoro in Italia. Le posizioni permanenti all’università sono poche anche in quasi tutti gli altri Paesi. Quello che è maggiore negli altri Paesi, in genere, è la facilità per i giovani di trovare un buon lavoro nel settore della ricerca. I giovani precari italiani hanno come unico obiettivo quello del posto a tempo indeterminato solo perché i posti a tempo determinato che ci sono in Italia fanno abbastanza schifo. Se un assegnista sapesse che con quasi assoluta certezza troverà un buon posto di lavoro alla fine dell’assegno la sua vita sarebbe più serena. Purtroppo in Italia abbiamo dirigenti non qualificati e ricercatori superqualificati che non trovano lavoro. Quindi io prima di aprire un canale di stabilizzazione dei precari adotterei misure concrete per permetter a chi fa ricerca di trovare un buon posto di lavoro, all’università o fuori dall’università che sia.
“Alzo la mano io. Secondo me il problema non è il precariato in sé, ma la mobilità e il mercato del lavoro in Italia. Le posizioni permanenti all’università sono poche anche in quasi tutti gli altri Paesi.”

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Altrove saranno poche, ma noi abbiamo proprio chiuso i battenti:
@nonnepossopiu:
concordo,
voglio dire che io, da precario, non ho il pallino del posto fisso per forza, ma in Italia, se vuoi fare ricerca devi avere il posto fisso, altrimenti non potrai più farlo.
Magari fossero tutti a temp. determinato (post doc. come pure associati e ordinari), ma purtroppo non lo sono, quindi bisogna scegliere o tutti o nessuno.
@Thor :
bravo! è proprio questo il punto, cioò la separazione fra reclutamento e progressione di carriera.
Mi farebbe piacere sentire il parere di qualche associato o ordinario in merito;
se si riuscisse a coinvolgere tutti, infatti, si potrebbe sperare nel cambiamento indicato.
grazie,
anto
Io sono favorevole ma temo di essere una goccia nell’oceano. Come ho già scritto l’Accademia (intendo quella che conta) non vuole la separazione del reclutamento dall’avanzamento di carriera. E’ una storia lunga che risale almeno fino al 1990 (L. 341) quando è stato stabilito che i ricercatori confermati potevano tenere i corsi universitari. La terza fascia in realtà è tramontata miseramente e siamo arrivati dove siamo.
In ritardo. Anche io sono favorevole alla separazione.
Sono un precario, e tuttavia mi sento di dire che una grande fetta di noi non ė titolata o non ha abbastanza autonomia sul piano della ricerca. Credo anche che l’ASN abbia anche messo in evidenza questo nervo scoperto, ma naturalmente lo stesso vale per una buona fetta di strutturati. Voglio dire che sara proprio l’Asn a risolvere a mio parere il problema del precariato. La dimensione locale non è piu in grado di garantire una carriera certa anche a chi non è attrezzato ma ha entrature giuste, poiche i poteri locali sono estromessi dalle decisioni su chi passerà l’asticella delle abilitazioni. Ne consegue che non avremo più frotte di precari disponibili ad essere sottopagati e fare la fila per decenni facendosi sfruttare fino al midollo, rimarranno solo i più capaci e abilitati.
Vero, ma anche falso, perchè se per passare da un contratto all’altro perdi mesi di stipendio fra bandi, commissioni, corte dei conti, consigli di dip e bizarrie burocratiche di ogni specie anche se in cassa il tuo gruppo di ricerca ha pronto tutto il budget che serve, i più bravi e meritevoli si cercano uno stipendio altrove.
Mah! Qui si guardano tutti i lacci delle scarpe. I tempi delle vacche grasse son passati. L’Italia e’ regredita economicamente a 20 e piu’ anni fa, ma non ci sara’ un nuovo boom. La colpa? Nessuna colpa, e’ la “globalizzazione”. Le risorse si spostano laddove e’ piu’ conveniente investire. Qui i precari della ricerca vogliono il posto a tempo ind., gli strutturati vogliono piu’ stipendio, sono rimasti mentalmente bloccati a 20 anni fa’. Si portano ad esempio Francia, Germania, ecc., ma il paragone non tiene. Quando esiste una sola pista per correre globalmente, e non piu’ migliaia separate come qualche anno fa’ (ogni paese per se’), le risorse e le opportunita’ si concentrano e si polarizzano. In Cina, India, Iran, Sud-America ci sono frotte di giovani disposti a tutto pur di avanzare (anche nella ricerca): sottopagati, sfruttati, ecc. quanto si vuole, ma ci sono. Su un altro thread si parlava di un tale (Spiegelhalter, Cambridge) con 469 papers, decine di migliaia di citazioni, ecc. Come ha fatto? Come stanno facendo tanti altri in giro per il mondo, reclutando tanti giovani da paesi meno sviluppati o con “manodopera scientifica” in super-abbondanza. La “moda” (ma non e’ una moda) arrivera’ (col solito ritardo italiano) anche da noi, tranquilli. E qui qualcuno e’ cosi’ miope da invocare “stabilizzazioni” di precari. LOL
La “manodopera scientifica” e’ un tipo di manodopera qualificata, non di così facile reperibilità sul mercato. Un conto e’ la concorrenza su borse e scarpe, un conto e’ ad esempio la concorrenza sulla produzione di motori aeronautici, che i cinesi non sanno neanche ancora da dove cominciare. Ci arriveranno? E’ certo che stanno facendo sforzi enormi in questo senso, reclutando per periodi più o meno lunghi le nostre menti migliori per mettere su laboratori. Ma il benessere generale approderà nel tempo anche in questi paesi e c’è da scommettere che, aumentando il livello di vita, sempre in meno saranno disposti a farsi pagare una miseria. Sono cose che noi abbiamo vissuto e adesso non è tanto per noi una questione di aver pretese capricciose, quanto di continuare, anzi di ricominciare a valorizzare il nostro sistema per inserirci in maniera intelligente e competitiva nel flusso dei nuovi equilibri che si stanno generando.
Grazie per questa versione accademica de “Ogni mattina, in Africa, una gazzella si sveglia, sa che deve correre più in fretta del leone …”. Ne sentivamo la mancanza.
Aggiungo solo qualche numero (Cambridge e Pavia sono università di dimensioni simili per numero di professori e di studenti).
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Cambridge
Tasse studenti: £ 183,000£ = € 228,000
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Pavia
Tasse studenti: € 34,000
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Cambridge
Trasferimenti dal governo: £ 184,000£ = € 230,000
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Pavia
Trasferimenti dal governo: € 143,000
http://m.youtube.com/watch?v=bp5fZUQuJdA
E’ bellissimo. E’ la pubblicità cinese del Risiko? Non so, ho fatto fatica a seguire l’audio.
Ribadisco: la Cina non ha le conoscenze, le capacità e l’esperienza per svilupparsi in maniera autonoma un motore aeronautico, anzi un motole aelonautico.
Sul fronte dell’aeronautica militare, la Cina copia/acquista dalla Russia. Lo stesso J20 è equipaggiato con motori russi e scoppiazzato per il resto:
“China is making an attempt to catch up with world leaders and develop hi-tech vehicles in the absence of crucial military know-how and technology, like engines for ultrasonic cruise flights and active phased array antennas.”
“As of now, the J-20 flies with two Russian AL-31F jet engines it borrowed from the Russian Su-27 fighter jet that entered Chinese service in the mid-1980s.”
“China also tried to put engines of their own on a second test J-20 vehicle, but the copycat of the Soviet engine AL-31F made by China is not in the same league as the Russian analogue for reliability and durability.”
“The real problem is both AL-31F and Chinese version are engines of the previous generation.”
da:
http://rt.com/news/fifth-generation-j-20-russian-engine-261/
Il primo aereo da trasporto militare cinese è un collage di vari Antonov:
http://italian.ruvr.ru/2013_01_02/Progresso-nell-industria-aeronautica-cinese/
Se sull’aeronautica militare i cinesi si stanno dando parecchio da fare, su quella civile per il momento comprano e basta. Si prevede che Airbus (presentazione sentita con le mie orecchie) venderà sul mercato Asia-Pacifico numeri impressionanti di aeromobili che renderanno il nuovo mercato il primo nel mondo, prima di noi e del Nord America, con grande gioia per l’economia europea. Si può leggere ad esempio qui:
http://www.avionews.it/index.php?corpo=see_news_home.php&news_id=1150086&pagina_chiamante=index.php
In Cina in particolare Airbus realizzerà anche 5,8 miliardi di euro di elicotteri:
http://www.technapoli.it/wps/wcm/connect/aerospaziocampania/ita/homenews/notizie/airbus,+accordo+con+avic+per+costruire+elicotteri+in+cina?stile=contrasto
La Cina non parla di lacci o portachiavi quando si parla di ricerca, quelli si limita a venderli nei negozietti e nelle Chinatown del mondo: l’investimento sul PIL ha superato da poco quello medio europeo, e si aggira intorno al 1,9 % contro l’1,96% dell’UE.
H2020 sta rispondendo aumentando lo stanziamento per la ricerca nei settori considerati strategici e noi che facciamo? Per il momento bruciamo una generazione intera di ricercatori e giochiamo coi numeri del lotto.
1,98%, la tastiera cinese si è mangiata l’8 :-)
Buongiorno, mi inserisco nel dibattito per sottolineare come parte del problema precariato sia dovuto alle pessime condizioni contrattuali dei postdoc, quando inquadrati come assegnisti di ricerca (per le altre tipologie contrattuali va anche peggio). Non si tratta solo di stipendio basso: quale altra nazione europea considera i postdoc “collaboratori” e li retribuisce con una “borsa di studio” invece che assumerli come dipendenti, seppur a tempo determinato ? Su questa e su tutte le altre anomalie del postdoc italiano (es la mancanza di bandi nazionali per attribuire gli assegni), la legge gelmini non è intervenuta, mentre sarebbe stato relativamente semplice farlo. Ecco perché chi grida che si è deliberatamente ignorata una generazione di ricercatori non mi sembra più farneticare.
I primi 6 minuti di questo filmato sono assolutamente da vedere :-)
http://youtu.be/7QDvvFFbr8c
l’università deve fare una rivoluzione culturale, come quando la Talpa è passata da Rai2 a Italia 1 …
Vedo che, quando non ci si guarda i lacci, si gioca col portachiavi…
Questo thread vuole piangere sulla morte dei precari (toh, qualcuno s’e’accorto che esistono), ma la cosa e’ tardiva e pure inutile. Siamo in pieno tracollo economico, non c’e’ piu’ una lira. Si vuole rovesciare la colpa su…chi? Moratti? Mussi? Gelmini? Profumo? Carrozza? Giannini? Ministri di ogni partito e colore non possono farci pressoche’ nulla. Altro che stabilizzazioni. Ma tanto qui su Roars c’e’ chi posta Aldo Giovanni e Giacomo che cosi’ almeno ci facciamo 4 risate e smettiamo di pensare…
jeronimo: “Siamo in pieno tracollo economico, non c’e’ piu’ una lira. Si vuole rovesciare la colpa su…chi? Moratti? Mussi? Gelmini? Profumo? Carrozza? Giannini? Ministri di ogni partito e colore non possono farci pressoche’ nulla.”

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È vero che alla luce della crisi economica, “Ministri di ogni partito e colore non possono farci pressoche’ nulla”? Per verificarlo, vediamo alcuni dati OCSE
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1) In seguito alla crisi, tra il 2008 e il 2010 in 20 nazioni su 30 il PIL è calato
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2) 25 nazioni su 30 hanno aumentato la spesa pubblica in istruzione
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3) 25 nazioni su 30 hanno aumentato la spesa pubblica in istruzione come % del PIL
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4) l’Italia, con la sola eccezione dell’Ungheria, è la nazione che ha effettuato i tagli più pesanti sia in termini assoluti che in % del PIL
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Evidentemente si sbagliano le altre nazioni e noi italiani, unici tra tutti, abbiamo capito tutto (beh, non unici, ci sono anche gli ungheresi). Per uscire dalla crisi bisogna togliere risorse alla formazione e farlo più rapidamente degli altri. Li abbiamo fregati, siamo stati prontissimi a gettare le basi per un clamoroso sorpasso economico di quei paesi governati da inetti che in piena crisi hanno continuato a spendere in formazione.
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E’ sempre piacevole discutere con un anonimo che scrive banalità sconfinate. Complementi per l’elaborazione e per metterci la faccia.
Mi chiamo Pinco Pallino. Contento?
Ecco alcune “banalita’”:
http://www.ilfattoquotidiano.it/lavoro-precari/
Altre banalita’(e’vero, son cose banali, scusate):
http://mobile.ilsole24ore.com/solemobile/main?fn=srchFd&id=SEARCH/NEWS24/ABQAh0k
Grazie dei preziosi links, ci mancano però quelli a Novella 2000.
@tutti:
Il problema esiste.
che fare?
1) I soldi ci sono, basta non spenderli per le chiamate degli abilitati strutturati. Questi ultimi (che costituiscono il 90% degli abilitati), infatti, hanno già uno stipendio e che si facciano da parte per un po’.
2) Insisto su quello che ho scritto sopra:
reintrodurre subito terza fascia, ric. a tempo ind., si può fare tramite un decreto-legge e, nel frattempo, finanziari tanti posti rtd tipo b., ma con commissioni sorteggiate (quest’ultima cosa si può fare anche con un Decreto Ministeriale, in un minuto.
3)E’ stata enfatizzata, da parte dei Ministri, la questione dell’ASN, che rende più ricco chi è già ricco.
4)Nel momento in cui scrivo, ci sono già 19 commenti, che per un articolo sui precari, credo sia già tanto.
5)Si scrive, si lanciano idee, nella speranza che il Ministro legga qualcosa e si renda conto dell’urgenza dei precari, tutto qua……meglio parlarne che non parlarne.
Questo è il mio piccolo e noioso contributo….ma la questione dei precari pende anche dinnanzi la Corte di giustizia, in relazione alla scuola, qualcosa vorrà dire.
http://www.aerrecom.com/Precari-scuola-rinvio-al-2015-delle-udienze-in-attesa-della-sentenza-della-Corte-Giustizia-Europea
e voi, che pensate? è davvero inutile parlarne?
grazie,
anto
La terza fascia non è mai esistita. Il ruolo, ora ad esaurimento, del RTI non è mai stato la terza fascia di professore. Tanto è vero che il titolo di “professore aggregato” vale solo per il tempo dell’incarico di insegnamento. La legge Gelmini stabilisce anche che i ricercatori che insegnano dovrebbero essere pagati per il corso. Non so quante università rispettano questo punto. C’è poi un altro aspetto di tipo costituzionale che riguarda i PO, soprattutto di giurispridenza, che possono avere alti incarichi. Di fatto la progressione di carriera non si può introdurre se non con una legge e l’accesso ai singoli ruoli rimane governato da concorsi aperti a tutti gli aventi titolo. Se passa l’idea della chiamata “libera”, l’ASN diventa il concorso. Non se ne esce.
per terza fascia, intendevo il ric. a tempo ind.,
che si faccia allora la legge per separare reclutamento o progressione. Si può anche fare con un decreto legge.
segnalo:
http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/atenei-cambia-l-abilitazione-piano-per-6mila-ricercatori.flc
servirà a qualcosa?
segnalo anche
http://www.repubblica.it/scuola/2014/07/09/news/universit_la_mappa_dei_ricercatori_precari-91139555/?ref=HREC1-39
ma tanto l’indifferenza continuerà
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