Ieri è stata pubblicata l’edizione 2014 della classifica di Shanghai riguardante le “migliori” 500 università del mondo. Una classifica la cui validità metodologica è del tutto discutibile, ma oggi ci occupiamo di come è stata riportata la notizia dai media italiani: nessuna università Italiana nelle prime 150 e, soprattutto, una “graduatoria” in Italia che vede nell’ordine Bologna (“al 151mo posto”, “la prima università Italiana” che addirittura “migliora la sua posizione”) Milano, Padova, Pisa, Roma Sapienza. Ma su cosa è basata questa classifica nazionale? Orribile sospetto: B-(ologna), M-(ilano), PA-(dova), PI-(sa), R-(oma Sapienza), T-(orino). Ma… non è l’ordine alfabetico? Proprio così. La classifica di Shanghai mette in fila solo le prime 100 università. Per quanto riguarda le posizioni dalla 151 alla 200 l’ordine all’interno del segmento è puramente alfabetico, Ma nessuno in Italia se n’era accorto.
La scorsa settimana c’eravamo occupati delle classifiche di università. Ribadisco che, secondo la mia opinione, sono uno strumento inutile, dannoso, funzionale per lo più a scrivere articoli sensazionalistici, e soprattutto pericoloso in mano ad inesperti. Qualcuno dei commentatori (che ringrazio soprattutto dei suggerimenti scritti con spirito di critica costruttiva) mi ha fatto notare che una classifica “ci vuole” ed è meglio una valutazione “approssimativa” che nessuna valutazione.
Bene. Forse sono stato davvero eccessivamente duro. Troppo?
Ieri è stata pubblicata dall’ateneo Jiao Tong di Shangai, come avviene ogni anno dal 2003, l’edizione 2014 della classifica riguardante le “migliori” 500 università del mondo. Questa graduatoria è una delle più famose perché tra le prime a essere stata compilata, inaugurando l’età delle classifiche.
Com’è stata riportata la notizia dai media italiani? Nessuna università Italiana nelle prime 150 (che non significa nulla se non si considerano i finanziamenti enormemente differenti con le prime della classe) e soprattutto una “graduatoria” in Italia che vede nell’ordine Bologna (“al 151mo posto”, “la prima università Italiana” che addirittura “migliora la sua posizione”) Milano, Padova, Pisa, Roma Sapienza (e Torino, aggiungo io). Ad esempio, come riportato qui e qui.
Ma su cosa è basata la classifica nazionale? Orribile sospetto: B-(ologna), M-(ilano), PA-(dova), PI-(sa), R-(oma Sapienza), T-(orino). Ma… non è che questo sia semplicemente l’ordine alfabetico? Possibile che lo studente in procinto di scegliere un’università piuttosto che un’altra si veda propinare una non classifica?
Purtroppo è tragicamente così. La graduatoria di Shanghai mette in fila solo le prime 100 università. Per quanto riguarda le posizioni dalla 101 -150, 151-200 e così via l’ordine all’interno del segmento è puramente alfabetico, che giustifica la pessima posizione (ultima nel gruppo) della Z-(hejiang University).
La classifica di Shanghai fornisce i “total scores” solo per le prime 100 università che sono ordinate una per una. Le altre sono raggruppate a blocchi di 50 (da 101 a 150, da 151 a 200, etc) senza “total scores” e collocate solo in ordine alfabetico. Nel blocco da 151 a 200, ci sono 6 università italiane che vanno pertanto considerate a pari merito, come d’altronde facilmente verificabile dalla colonna “National Rank” che indica “1-6” per tutte e sei. Non c’è pertanto nessuna ragione per dire “Bologna la migliore” come affermato, tra altri, da ANSA, RAI News, Sole 24 Ore, la Stampa e QN.
Come potrebbe il nuovo rettore di Sapienza, il quale sarà eletto il prossimo settembre, portare in con un colpo da maestro il proprio ateneo in cima al gruppo delle sei migliori secondo la classifica di Shanghai?
Cambiando nome all’ateneo, in omaggio al vernacolo romano e attualizzando il nome dell’ateneo vecchio di 700 anni ascoltando l’opinione degli studenti “Aho! Qual è ‘a mejo università de Roma?” “’A Sapienza!”. Bologna trema, la tua posizione è in pericolo…
Rispondo sugli amministrativi e ricercatori degli EPR.
Intanto separiamo i ricercatori dai tecnologi (livelli I, II, III).
Prendiamo i tecnologi e vediamo cosa fanno.
Dato che gli amministrativi per CCNL arrivano fino al livello IV, si sono fatti scivolare tantissimi amministrativi nel livelli da III fino ad I con la qualifica di tecnologo.
Non ho i dati, ma ai miei tempi nell’ufficio INFM centrale erano quasi tutti (8 su 10) in questa situazione.
Va anche aggiunto che in passato, non so ora, il personale tecnico ed amministrativo è stato addirittura inserito come ricercatore. Caso emblematico il direttore generale INFM che, quando l’ente e’ stato assorbito nel CNR, e’ diventato Dirigente di Ricerca (cioe’ ricercatore di massimo livello, ovverosia I). La cosa fu motivata dal fatto che i dirigenti amministrativi devono, per legge essere laureati, mentre i ricercatori no.
Max Planck: amministrativi + tecnici = 22.4% + 25,2% = 47,6%
CNR: amministrativi + tecnici = 28,5% + 11,5% = 40,0%
Tecnologi !!!!!!
Ci sono i tecnici ma anche i tecnologi (tecnici laureati).
I ricercatori vengono messi assieme ai tecnologi (ed hanno lo stesso stipendio, a parita’ di livello).
E’ nella categoria dei tecnologi che ci sono anche amministrativi !!!!
Scusa De Nicolao, ma non hai lavorato anche tu nel CNR prima di passare all’Univ. Non c’erano i tecnologi ai tuoi tempi?
Sono passati più di 20 anni e per di più non ero in un istituto ma in un centro universitario. Nel Max Planck nel ruolo “scientists” cade un po’ di più del 30% del personale. Nel CNR, ricercatori e tecnologi sono il 60%. Questo è ciò che si desume dalle statistiche ufficiali. Non capisco come gli amministrativi possano essere inquadrati come tecnologi, ma sarà un mio limite.
Negli EPR italiani vengono messi tra i tecnologi (e quindi conteggiati come ricercatori) oltre agli amministrativi anche i “responsabili della sicurezza” ed anche “i responsabili di area”, cioè quelli che in universita’ sono il “responsabile dei servizi generali” di un Dipartimento.
Insisto: EPR dentro le universita’ e basta con i travestimenti da “ricercatore”.
Grazie della spiegazione. Non so se siano numeri tali da rovesciare la comparazione con Max Planck e nemmeno cosa facciano i tedeschi per questi profili.
Rispondo sui docenti maleducati.
Come presidente di CCS posso dire che bastano 2 casi su 16 per screditare un corso di studi agli occhi degli studenti. Certi personaggi vanno pensionati o sostituiti, se si puo’.
Rispondo sulla droga. Purtroppo Padova e’ messa molto molto male (dal mio punto di vista. Se a uno piace la droga Padova e’ il paradiso). Nel pomeriggio ci sono spacciatori (chiaramente identificabili) che posizionano le dosi negli alberi della zona universitaria.
Meglio che gli studenti vengano a Pavia, allora. Chiederemo all’ANVUR di inserire l’indicatore DRUG nella prossima VQR.
http://files.are.ucdavis.edu/uploads/filer_public/2014/06/20/concorsitruccatidimostrazionematematica.pdf
Eccoli dei numeri. Studio fatto su un SSD; la probabilita’ che le commissioni di concorsi non siano frutto di un’orchestrazione è 10e-71. Mi rendo conto che è un solo SSD ma spero comprendiate che non è semplice fare questo tipo di studi, per mille motivi. C’era anche qualcuno che aveva fatto uno studio sulle omonimie e sulle grandi “famiglie” accademiche, devo trovarlo. Mi piacerebbe sapere che percentuale di aspiranti ricercatori italiana, in confronto a quella di altri paesi, si è sentita chiedere, sotto ricatto, di ritirarsi da un concorso. Accetto suggerimenti per la metodologia di tale studio.
Anziche’ strumentalizzare “quelli che vanno all’estero” per battere cassa, vi prego di prendere in considerazione l’ipotesi che gli espatriati se ne siano andati anche per questi motivi e non per questioni meramente economiche. Anche perche’, nella maggior parte dei casi, giunti nei vari paesi del bengodi dalla ricerca iperfinanziata, non hanno trovato la mammella di un FFO pronto a nutrirli vita natural durante a prescindere da qualsiasi valutazione della loro attivita’. Al contrario, si sono dovuti procurare lo stipendio attraverso grant competitivi. Chi si è spostato all’interno dell’UE, si è guadagnato lo stipendio attraverso fonti di finanziamento accessibili anche dall’Italia. Il sottoscritto, addirittura se l’e’ guadagnato quando stava ancora in Italia, ma il merito gli è stato riconosciuto all’estero, con la netta impressione (non falsificabile lo ammetto) che i grant per il dipartimento fossero piu’ un “burden” che altro.
V.
“Mi rendo conto che è un solo SSD”
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Appunto.
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“C’era anche qualcuno che aveva fatto uno studio sulle omonimie e sulle grandi “famiglie” ”
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Quello sulle omonimia stato smontato, come aveva ricordato Lilla fornendo il link all’articolo che aveva ripetuto l’analisi in UK mostrando che se si misurava il nepotismo familiare con le omonimie stavano messi male pure loro.
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“Mi piacerebbe sapere che percentuale di aspiranti ricercatori italiana, in confronto a quella di altri paesi, si è sentita chiedere, sotto ricatto, di ritirarsi da un concorso.”
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Molto più alta, senza dubbio. Ma l’oggetto del contendere non sono le malversazioni, ma se la loro entità sia tale da giustificare la coventrizzazione dell’accademia italiana. E questo giudizio non può che essere fatto sulla produzione e sulla produttività. I casi di malasanità ci sono e sono comunque troppi. Ciò non toglie che (almeno fino a qualche tempo fa) il sistema sanitario italiano reggesse molto bene i confronti internazionali.
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“vi prego di prendere in considerazione l’ipotesi che gli espatriati se ne siano andati anche per questi motivi e non per questioni meramente economiche”
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Non metto in dubbio, ma di nuovo sottolineo che non avrebbe senso sfasciare la sanità intera perché ci sono dei primari che hanno favorito i parenti o gli amici in qualche assunzione.
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“con la netta impressione (non falsificabile lo ammetto) che i grant per il dipartimento fossero piu’ un “burden” che altri”
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Anche in questo caso non metto in dubbio, ma quanti sono invece i dipartimenti italiani per cui i grant non sono un peso e che si danno da fare per procurarseli? Capisco benissimo chi ha il dente avvelenato (anche con buone ragioni), ma non possiamo bombardare una fabbrica che in qualche modo produce ed anche efficientemente per punire fannulloni e disonesti che non sono di certo la maggioranza (che altrimenti non si capirebbe come fa a produrre la fabbrica). Se usassimo questo criterio, bisognerebbe radere al suolo l’Italia intera.
Quelli che De Nicolao chiama pregiudizi derivano da sfogliare le principali riviste scientifiche del mio settore, frequentare qualche convegno, visitare qualche istituzione estera. Da quando mi sono laureato ho visto decine di studenti in gamba emigrare per fare un dottorato all’estero piuttosto che in Italia. Forse anche loro erano influenzati da pregiudizi? Forse la causa erano i pochi mezzi dell’Universita’ italiana, tuttavia l’esodo e’ avvenuto anche negli anni (a cavallo del cambio di millennio) di vacche grasse, con idonei fatti a iosa e quasi tutti chiamati in pochi mesi (proprio il contrario di quello che accade ora).
Riguardo a quelle che De Nicolao chiama affermazioni prive di riscontro e luoghi comuni, queste sono basate sull’esperienza diretta, e anche indiretta; si puo’ dire che questa e’ aneddotica, non la base per un metodo scientifico. Tuttavia, affermare che la quota di ricerca italiana su quella europea e’ aumentata e’ compatibile con i difetti dell’Universita’ che io ho indicato: il mio punto di vista e’ che senza tali difetti la posizione dell’Italia sarebbe ancora migliore. Forse perche’ la mia torre d’avorio e’ diversa da quella di De Nicolao: se e’ cosi’ lo invidio un po’.
“si puo’ dire che questa e’ aneddotica, non la base per un metodo scientifico”
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Concordo.
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“il mio punto di vista e’ che senza tali difetti la posizione dell’Italia sarebbe ancora migliore.”
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Senza dubbio.
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“Forse perche’ la mia torre d’avorio e’ diversa da quella di De Nicolao: se e’ cosi’ lo invidio un po’.”
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All’inizio del rapporto ““Global university rankings and their impact” della European University Association” (la cui lettura può essere istruttiva: http://www.eua.be/pubs/global_university_rankings_and_their_impact.pdf) viene riportata – molto opportunamente – la parabola dei sei ciechi e dell’elefante. Ciascuno di noi ha una visione molto limitata dell’accademia italiana e – ancor più – di quella mondiale. La tentazione di generalizzare le proprie esperienze è assai forte, ma si fa la fine dei sei ciechi. Proprio per questo, è bene diffidare delle “verità evidenti” e cercare di superare l’impasse basandosi ogni volta che sia possibile sui dati. La percezione di un’università nepotistica, provinciale e allo sfascio è una di queste “verità evidenti” che ci è penetrata nelle ossa. L’approccio scientifico esige però che sia messa a confronto con l’evidenza sperimentale. Io stesso sono rimasto sorpreso (e poi indignato) la prima volta che ho letto le statistiche bibliometriche di SCImago. Sorpreso perché condividevo buona parte dei pregiudizi. Indignato perché ho capito di essere stato ingannato per anni.
Scrive Lionel:
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Ho una domanda da farle (e a chiunque mi può rispondere): al di là del caso specifico della classifica di Shangai qui discusso, sappiamo se poi effettivamente gli studenti utilizzano questi ranking per scegliere dove andare a studiare?
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Personalmente, non ho dati, se non aneddotici.
La mia sensazione però è che se i media italiani danno ampio risalto a queste “graduatorie” inevitabilmente qualcuno ci casca.
La cosa grave è però secondo me che praticamente nessuno che ha responsabilità gestionali all’interno dell’università abbia preso le distanze in modo chiaro dalle classifiche. In questo modo si accreditano pratiche antiscientifiche e sopratutto dannose, in primis per gli studenti: ripeto che inseguire le classifiche porterebbe ad un ateneo sicuramente peggiore.
Alessandro Schiesaro interviene sul ranking di Shanghai (ARWU) dalle colonne del Sole 24 Ore (anche in edizione cartacea) ridimensionandone la portata:
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“La realtà virtuale creata dalle classifiche, lo si voglia o no, influisce su come vengono percepiti le singole istituzioni e il sistema nel suo complesso. A livello di policy, però, l’esercizio serve a poco. Sono dati più concreti – il numero di iscritti, gli abbandoni, la regolarità degli studi, la qualità della ricerca, il rapporto tra finanziamenti disponibili e risultati conseguiti, tanto per citarne alcuni – che conviene tener d’occhio e sui quali impostare strategie di miglioramento.”
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web:
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-08-27/splendori-e-miserie-ranking-universitari-063635.shtml
Cartaceo:
http://rassegna.unipv.it/bancadati/20140827/SIF3005.pdf
Era già intervenuto qualche anno fa (Sole24 ore del 2 settembre 2011) sulle classifiche QS, conludendo: “È quindi bene non confondere operazioni sostanzialmente divulgative con la vera valutazione della ricerca, quella sì laboriosa e costosa, ma anche ben diversamente affidabile. È quella che si fa da molti anni, per esempio, in Gran Bretagna, e cui ora attende l’Anvur. Solo da questo tipo di analisi si possono ricavare indicazioni tarate sul piano metodologico e quindi davvero significative.”
Ed ancora: “Assegnare più fondi ai primi in classifica” quella ANVUR.
http://www.scienzainrete.it/files/atenei_da_ora_piu_fondi_a_chi_vince_in_ricerca.pdf
Parole di saggezza sui ranking arrivano persino sul Corriere della Sera. L’argomento dei 17.000 atenei mondiali (essere nelle prime 200, significa stare nel top 1,2% mondiale) sembra ispirato dalla lettura di Roars.
http://rassegna.unipv.it/bancadati/20140826/MI22100.pdf
Mi permetto di segnalare il seguito del post:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08/27/universita-classifiche-come-pseudoscienza/1100527/#disqus_thread
ROARS si rivolge ad un pubblico molto specializzato. Io come blogger invece ad un auiditorio più vasto ma che non ha le competenze del “lettore quadratico medio” di ROARS.
Ringrazio tutti i commentatori perché mi hanno dato una serie di idee interessanti, ma soprattutto uno dei “padroni di casa”, Giuseppe De Nicolao, perché è stato impagabile. Tutti noi siamo legati ad un “maestro” che ha cambiato il nostro modo di ragionare. Ecco, per alcuni aspetti De Nicolao è stato questo per me.
Consiglierei a tutti la lettura di questo articolo che per me è stato illuminante:
http://www.lamsade.dauphine.fr/~bouyssou/BillautBouyssouVinckeScientometrics.pdf
“Tutti noi siamo legati ad un “maestro” che ha cambiato il nostro modo di ragionare.”
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:-)
Ho sempre sognato di interpretare il ruolo di Maestro Kesuke Miyagi:
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“Tu prometti di imparare. Io dico, tu fai. Nessuna domanda. Questa è la tua parte, d’accordo? [magari non ci fosse nessuna domanda … in effetti la moderazione e le risposte ai commenti possono essere impegnative] …prima lava tutte le macchine, poi le lucidi … avanti! Devi dare la cera con la mano destra e la devi togliere con la sinistra. Dai la cera, togli la cera.”
http://www.youtube.com/watch?v=HyrFRhimIKE