A dodici anni dall’introduzione del “3+2” il bilancio è fallimentare: calo degli immatricolati e pesante diminuzione dei docenti. Non va meglio la formazione degli insegnanti dopo la chiusura delle Siss e la parodia del Tfa. E intanto il taglio delle risorse ha raggiunto livelli incompatibili con la stessa sopravvivenza dell’università.

Un anno fa, in occasione del dodicesimo anniversario della riforma universitaria berlingueriana del “3+2” (laurea specialistica e laurea magistrale) si fecero alcuni bilanci ottimistici. Con quanto fondamento lo vediamo ora, constatando che il numero degli studenti universitari è crollato, accanto a una pesante diminuzione del numero dei docenti. Né la diminuzione della natalità può giustificare simili numeri, anche in presenza di un aumento della scolarità e delle riforme che miravano ad aprire gli accessi a un numero sempre maggiore di studenti Può stupirsi solo chi non abbia seguito le vicissitudini dell’università in questo lasso di tempo. Al solito grido “l’Europa lo chiede” (il che era anche falso), si costrinsero le università a dedicarsi per alcuni anni al compito immane di mettere in piedi un sistema barocco ed elefantiaco di crediti. S’introdusse una laurea triennale dequalificata, spezzettata in micro-insegnamenti e che non da accesso a quasi nessuna professione. Si sostituì la collaudata laurea quadriennale con una laurea quinquennale, un “+2” di cui metà serve a tappare le falle del “3” e l’altra metà a fare appena qualcosina in più. Quindi, tre anni per ottenere un pezzo di carta che non vale niente, cinque anni per ottenere qualcosa che vale meno delle vecchie lauree quadriennali, spendendo un anno in più di tasse. Di che stupirsi se un simile sistema sia risultato assai poco attraente? Inoltre, uno dei canali fondamentali, quello della formazione degli insegnanti è stato prosciugato. Prima lo si è fatto passare attraverso un’istituzione a dir poco discutibile, le Siss (Scuole di specializzazione per l’insegnamento) che costringevano ad altri due anni di corsi (ben sette anni in totale!). E il tentativo di ridurli a uno con il Tfa (Tirocinio Formativo Attivo) è stato vanificato e ridotto a una parodia da una ridda di inteventi, modifiche, deroghe e test di accesso assurdi.

Si aggiunga che la frantumazione dei corsi in corsucci persino di poche ore ha creato un clima isterico in cui lo studente deve superare un numero esorbitante di esamini, senza potersi mai fermare a studiare seriamente una materia in modo organico. Le università hanno pesanti responsabilità nell’aver contribuito a questa frantumazione. Ciò riconduce all’antica questione se sia più colpevole Eva o il serpente. Sta di fatto che hanno giocato una parte rilevante i tanti serpentelli che hanno predicato (e predicano indefessamente) contro le università che sarebbero troppo dedite alla cultura, allo studio disinteressato, alla ricerca pura, invece di funzionalizzarsi in toto al mondo produttivo, uscendo dalle “torri d’avorio”. Dalle torri d’avorio si è usciti da un pezzo ed ecco il risultato.

V’è poi la questione del corpo docente. Dagli anni settanta vi furono grandi immissioni ope legis ed era chiaro che in questi anni vi sarebbe stata una valanga di pensionamenti. Nulla si è fatto, producendo un’enorme frattura generazionale e la conseguente mancata trasmissione di esperienze e competenze.

Le cifre – in controtendenza rispetto agli altri paesi avanzati e non – indicano un drammatico declino dell’università italiana che viene osservato con insensibilità pari a quella con cui viene osservato il disastro dei beni culturali, e anzi proponendo di calcare la mano sulle ricette rivelatesi fallimentari. Si parla di “società della conoscenza” e si crede che questa possa reggersi su nuove generazioni sempre meno qualificate. Infine, il continuo taglio delle risorse ha ormai raggiunto livelli incompatibili con l’esistenza di un’università degna di questo nome. Un conto è razionalizzare la spesa – ma allora perché si trovano quattrini a palate per le follie dell’Anvur? – altro conto è credere che si possano fare le nozze con i fichi secchi. Sono stato di recente in un’università svizzera neppure di primo livello, e mi sono vergognato nel vedere la qualità delle aule, del campus, dei servizi. Quale rispetto, interesse, attrattiva può suscitare un’istituzione ridotta in uno stato di vero e proprio sfacelo?

 

(Il Mattino, 2 febbraio 2013)

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29 Commenti

    • Se ‘errato’ fosse la parola giusta che esaurisce tutti gli aspetti dell’applicazione malfunzionante, chiunque avesse vissuto il processo potrebbe rispondere con una secco “sì”. Ma ‘errato’ è troppo limitativo.

  1. Io non credo che il problema sia il 3+2. Che funziona dappertutto altrove. Troppo facile dare la colpa ad una norma “errata”. Meglio ad una complessiva incapacità di governare il cambiamento negli anni successivi. Con riforme che si sono susseguite, senza un piano preciso nella testa di nessuno. Ma d’altra parte il 3+2 è stato gestito dai difensori dell’eccellenza (ovviamente sempre la propria e dei propri amici), da chi pensa che è meglio che il figlio dell’operaio non faccio l’università e che con la cultura non si mangia…

  2. Sottoscrivo pienamente. I colpi inferti dal “3+s” nostro sistema universitario sono stati micidiali. Penso alle materia scientifiche e ingegneristiche in cui il biennio comune delle laure quadriennali (fisica, chimica) e quinquennali (ingegnerie varie) permetteva una solida e uniforme preparazione attraverso tutto questo spettro, con esami annuali e propedeuticità che permettevano la riflessione e la maturazione di concetti che sarebbero stati le fondamenta degli anni futuri. Il mercatismo, l’aziendalizzazione, la formazione al ribasso per aziende (“poi li formano lì”) sono l’antitesi del concetto di università che deve formare prima di ogni altra cosa migliori essere umani, menti informate e soprattutto critiche, capaci di elaborare molteplici conoscenze nella risoluzione di problemi. Il 3+2 è stato funzionale a questo attacco all’università che è infine un attacco ai diritti, alla formazione di una cittadinanza informata capace di prendere posizione in maniera consapevole e scegliere. Personalmente vedo questa riforma inserita in un disegno più ampio di riorganizzazione sociale a beneficio di pochi, in risposta alle conquiste sociali antecedenti agli anni 80.

  3. Israel non me ne voglia, ma queto articolo mi sembra un po’ superficiale. Il solito “si tava meglio quando si stava peggio”. Il 3+2 è partito mentre un generalizzato attacco alla università pubblica stava montando. E mentre una seria crisi extra-universitaria era in incubazione. Per correlare il declino universitario con il 3+2 ci vorrebbero dati che io non ho. Per esempio, i pochi corsi di laurea che non hanno implementato il 3+2 sono andati meglio?
    La mia impressione è che l’unico vero danno del 3+2 sia stata l’atomizzazione dei corsi. Ma questa non era implicita nella riforma, l’abbiamo voluta noi docenti per coltivarci il nostro orticello, e in generale siamo corsi al riparo in pochi anni. Non credo che se fossimo rimasti al vecchio sistema staremmo meglio. Ho al contrario l’impressione che alcune lauree triennali “vere” (non lo spezzatino di vecchie lauree) abbiano attratto studenti. Ma anche qui non ho dati.

  4. Praticamente nulla di quanto è asserito nell’articolo corrisponde al vero.

    – Il numero degli studenti universitari è crollato perchè la crisi morde la fame e si continua a tagliare sia l’offerta formativa sia il diritto allo studio;

    – Il “sistema dei crediti” non è nè barocco nè elefantiaco, ma impone solo una riflessione su qualità e quantità dell’apprendimento richiesto allo studente;

    – La laurea triennale non deve essere per forza nè “dequalificata” nè “spezzettata” in micro-insegnamenti: ciò dipende solo dall’autonoma determinazione dei piani di studio;

    – l’introduzione di più livelli di lauree (triennali e magistrali) corrisponde all’idea di venire incontro alla diversità del corpo studentesco, degli interessi dei singoli, e alle necessità del sistema socio-economico;

    – la formazione degli insegnanti risente di un clima viziato da scelte storiche sbagliate e da un eccessivo affollamento di postulanti, non richiesti da un sistema produttivo asfittico e declinante;

    – il sistema di accertamento del profitto è determinato dai docenti, non dal Governo: la mancata comprensione delle opportunità della riforma ha comportato una miserella guerra di potere tra feudatari poco disposti a considerare il Bene Comune e intenti a spartirsi quote di sovranità didattica fra di loro.

    • A me sembra che gli obiettivi della riforma non siano stati raggiunti, in primo luogo una maggiore diffusione della formazione universitaria. Però sarebbe semplicistico pensare che il “3+2” sia la vera e unica causa del fallimento del tentativo di allargare l’accesso alla formazione universitaria. L’impressione è che sia stato accompagnato da interventi che, nel loro insieme, non potevano che stroncare le speranze di successo del progetto. Personalmente, la cosa più deplorevole mi sembrano i continui cambi di rotta. Il “3+2” ha decretato la fine dei Diplomi Universitari (le “lauree brevi”). Nel caso di ingegneria, dopo anni di assestamento, stavano andando a regime e avevano ottimi riscontri occupazionali. Chi si accorgeva di voler proseguire gli studi poteva farlo con una specie di 3+3 (perdeva un anno per passare dal percorso professionalizzante a quello specialistico). Abbiamo azzerato tutto, costruendo un percorso che doveva adattarsi sia a professionalizzare che a formare specialisti. Inevitabili le soluzioni di compromesso. Aver implementato tutto ciò in un regime di risorse calanti e di attacco mediatico contro l’università ha reso l’impresa una “mission impossible”. Nonostante tutto, abbiamo continuato a ridisegnare piani degli studi e a insegnare meglio che potevamo, ma sempre più frustrati dal contesto nazionale.

  5. A Lettere è successo quello che Spano descrive per le materie scientifiche. La qualità è peggiorata e le materie serie hanno sofferto un calo di studenti a vantaggio di insegnamenti ridicoli. Personalmente renderei obbligatorio il +2, perché la formazione del triennio è talmente superficiale che non serve a niente.

  6. Non dimentichiamo che la programmazione seria di un corso è ormai quasi impossibile per i lacci e lacciuoli formali. Parlo per le ex facoltà di lettere: qui – soprattutto in una condizione di scarsità di docenti – materie di base non possono essere messe al triennio perché insegnate da un ricercatore che quindi “pesa” poco e non fa arrivare alla media cabalistica di 0,7 il corso con i suoi 12 docenti incardinati e all’opposto materie specialistiche vengono insegnate già al triennio, Lauree triennali che nascono dall’accorpamento di curricoli troppo lontani tra loro… e non forniscono poi un numero di CFU sufficienti per laccesso alle varie magistrali corrispondenti. Si deve programmare non in base alla logica successione degli insegnamenti, ma in base alle disponibilità di docenti e a griglie numeriche calate dall’alto senza nessuna analisi preliminare delle conseguenze, con un progressivo irrigidimento delle opzioni lasciate agli studenti che ingessa tutto e costringe ad acrobazie per far tornare i codici degli esami in alchimie incomprensibili a noi stessi docenti.

  7. La risposta alla domanda se il vizio sta nel 3+2, la mia risposta è sì. Mi dispiace però di sentirmi a disagio per il tono di certi interventi. In particolare: ebbene sì, sono stato nominato in una commissione dal ministro Gelmini di cui faceva parte la presidente dell’Accademia della Crusca, la preside Ugolini (ora sottosegretario) e molte altre persone. Solo che la commissione non aveva nulla a che fare con l’università, ma con le Indicazioni Nazionali per i Licei. E poi: in che cosa questo costituisce una colpa che mi inviterebbe a fatti e non a chiacchiere?… Forse perché la nomina veniva dalla Gelmini, in quanto la Gelmini è del PDL? E allora che dire di tutti i componenti della commissione di sinistra? Tutti colpevoli? E che dire di coloro che hanno fatto la riforma dell’università della Gelmini? Per lo più persone di sinistra, anche con tessera PD? Volete un elenco delle persone di sinistra che hanno fatto i consulenti e di quelli che sono nell’Anvur, anche tra i sette dirigenti, incluso qualcuno di “rifondazione”? Che significa tutto questo? Tentare di mettermi alla gogna perché sarei di centrodestra? Non lo sono, mai stato, e comunque, se anche lo fossi? Tutto ciò è disgustoso, puzza di Lubianka lontano un miglio. Mi dispiace, ma se questo è il clima che viene tollerato a Roars, preferisco che nessun altro mio commento o articolo venga messo in rete.

    • Il commento a cui fa riferimento G. Israel è stato rimosso. Non solo era fuori tema, ma imputava all’autore dell’articolo la partecipazione ad una commissione ministeriale, come se averne fatto parte privasse del titolo a esprimersi pubblicamente sulle politiche universitarie. Rispondo a Giorgio Israel: no, questo non è il clima che vogliamo per i commenti su ROARS e ci scusiamo dell’increscioso episodio.

  8. Troppo spesso si è interpretato il passaggio al 3+2 come un banale “dividi a metà i corsi di laurea” quando questo passaggio avrebbe dovuto richiedere una piena rivisitazione dei programmi. Abbiamo perso una grande occasione per pigrizia o incapacità. E probabilmente testardaggine: che senso ha ostinarsi a dire “tre anni non bastano per formare qualcuno, devi per forza farne quattro o cinque”. Dipende tutto da come si programma la formazione. La riforma 3+2 doveva far si che la laurea triennale diventasse molto più invitante rispetto alle precedenti lauree quadriennali, ampliando così la platea dei laureati, e riservando la specialistica solo ad una parte di questi. Bene, siamo riusciti a fare praticamente il contrario.

    • Salve Marc, purtroppo il fatto è che l’affermazione “3 anni non bastano a formare qualcuno, devi per forza farne quattro o cinque” aveva una fortissima evidenza sperimentale negli anni precedenti in cui i nostri laureati erano considerati esempio di solidità in tantissime discipline. Parlo per la mia disciplina (Fisica, ma è un fatto : tre anni non bastano per assimilare certi concetti, specialmente con la mole di informazioni oggi disponibili. Non posso credere che in questi 12 anni non sia stato tentato di rendere il triennio formativo dalle varie università, ma se al limite temporale ci aggiungiamo le difficoltà di cui parla Paolo Liverano nel post più sopra, non mi sorprendo che anche indrani maitravaruni noti gli stessi problemi anche a Lettere. Sono d’accordo sul fatto che dipende da come si programma la formazione. Il fatto è che in questa programmazione la variabile tempo è cruciale e dominante e va presa in conto.

  9. Secondo me il 3+2 va bene, almeno per certe discipline.

    Con la laurea triennale in Ingegneria, Statistica, Chimica ed anche Fisica, almeno fino a qualche anno fa, si trovavano lavori adeguati.

    Vi sono poi lauree triennali professionalizzanti (principalmente, ma non solo, nell’area sanitaria) che danno adeguati sbocchi occupazionali anche oggi: Tecniche di Radiologia Medica, Infermieristica, Ostetricia, Ottica e Optometria, ecc.

    Per quanto riguarda la SSIS, da ex studente e docente, posso dire che mi sono trovato bene. E secondo me era utile, anche se aveva troppi corsi psico/pedagogici per i miei gusti.

    • Salve Luca,
      personalmente mi attendo che la formazione universitaria formi cittadini con solide competenze critiche, di alto livello, che giochino un ruolo importante nel miglioramento della qualità della loro comunità umana ( per me vuol dire ogni tipo di sviluppo e crescita intelettuale , spirituale, scientifica, artistica e così via, tutto ciò che è umano) e/o nella soprevvivenza della comunità stessa, risultando in questo utili a se e agli altri (permettendogli avere indietro una fetta della torta prodotta da tutti). Se la tua definizione di “lavoro adeguato” è la stessa della mia, ho i fortissimi dubbi che il 3+2 vada bene per le discipline scientifiche che menzioni e li ho già espressi nei post precedenti. Se abbiamo definizioni diverse sarei curioso di conoscere la tua.

    • “Lavoro adeguato” = “Attivita’ retribuita bene per svolgere compiti che necessitano delle competenze acquisite con lo studio universitario”.

      Esempi:
      i) un laureato in tecniche di radiologia che esegue una TAC o una RMN;
      ii) un laureato in statistica che analizza un campione di dati;
      iii) un laureato in fisica che determina l’inquinamento acustico o elettromagnetico.

      Quanto alla “crescita culturale”: se scrivo che ho trovato una bellissima equazione che descrive un interessante fenomeno fisico, invece di chiedermi di dettagliare il professore universitario di filosofia mi risponde citando Ecchisenefrega di Cuore. Ecco, appunto, ognuno ha il suo modo di crescere culturalmente.

  10. Oltre alle critiche superficiali al 3+2 non leggo nell’ opninione di Israel un solo argomento che permetta di stabilire un nesso causale tra riforma degli ordinamenti e calo delle iscrizioni.

    Mi limito ad osservare che questo mettere tutto in un unico fascio non giova alla comprensione di quanto sta accadendo negli ultimi anni nel mondo universitario. Sul 3+2 si puo’ discutere a lungo e andrebbe fatto in modo meno superficiale. Ma nel contesto del documento CUN di allarme sulla crisi dell’ universita’, impostare la discussione in questi termini serve solo a chi vuole distogliere l’ attenzione dai macro problemi di questo momento e dalle loro cause.

    Il taglio delle borse di studio, il sottofinanziamento dell’ universita’, il mancato turn-over dei docenti, in un periodo in cui si acuiscono gli effetti della crisi economica sono da soli motivi piu’ che evidenti per una drastica riduzione delle immatricolazioni. Ignorare questi punti per portare acqua al mulino dei propri motivi personali di insoddisfazione non e’ un buon servizio all’ Universita’.

    Sarei curioso di avere dal prof. Israel almeno un argomento che spieghi:

    – come mai il calo nelle immatricolazioni avrebbe atteso proprio adesso per manifestare il disagio verso il sistema del 3+2 e non si sia divenuto evidente prima;
    – come mai la terribile dequalificazione dell’ universita’ a seguito del 3+2 non sia riuscita a ridurre o azzerare la cosiddetta fuga dei cervelli.

  11. «Il continuo taglio delle risorse ha ormai raggiunto livelli incompatibili con l’esistenza di un’università degna di questo nome». Questo sta scritto nel mio articolo, ovvero viene indicato (e non “ignorato”) proprio quello che secondo Pastore è uno dei motivi da soli più che sufficienti per spiegare la crisi ecc. Quanto alle domande, sono stati proprio gli ex-ministri Berlinguer e Profumo a spiegare che occorrono circa 10-12 anni per vedere gli effetti di una riforma… E ho udito con le mie orecchie Profumo, un anno fa, spiegare in un incontro pubblico a uno studente fortemente critico del 3+2 che appunto ora si sarebbero visti gli effetti positivi del 3+2. È stato servito… Poi, è un mistero della fede perché mai la dequalificazione avrebbe dovuto azzerare la fuga dei cervelli. Al contrario, tante persone se ne sono andate proprio perché non sopportavano un’università ridotta in questo stato e non accettavano di restare nell’università dei “corsetti” (conosco personalmente tanti casi del genere). Per il resto, Pastore non è d’accordo con le critiche “superficiali”? (Non pretendo che si legga il tanto che ho scritto sul tema, questo è un articolo di giornale e non un saggio). Perfettamente legittimo. Ma non capisco però perché mai quanto ho scritto avrebbe come unica motivazione “portare acqua al mulino” di pretesi “motivi personali di insoddisfazione”. Non ho alcun motivo personale di insoddisfazione, visto che me ne sono andato in pensione anticipata, lasciando spazio al turn-over e, al contempo, godendo con sommo piacere della possibilità di leggere e scrivere. Che cosa sa Pastore della mia psiche che io non so? Non sarebbe meglio limitarsi a valutare quanto dico nel merito invece di fare illazioni personali? Continuo a constatare che a un gruppo di lettori di Roars il solo mio apparire produce una crisi d’orticaria e non riescono a trattenersi dal buttarla sul personale. È per questo che ripeterò la mia richiesta ai gestori del sito di non mettere in rete altri miei pezzi, per non portare acqua al mulino di motivi personali di disagio. Però, prima di andarmene, segnalo (provocatoriamente):
    http://gisrael.blogspot.it/2013/01/persone-o-capitale-umano-una-campagna.html

    • Concordo completamente con Giorgio Israel sul fallimento conclamato del 3+2, ma, in verità, capii immediatamente fin dal 2001 che l’orrenda riforma berlingueriana avrebbe distrutto l’Università (e noi si dovrebbe votare PD? ma per favore!). Infatti che è successo? Il triennio si è ridotto a uno spezzatino di corsi e corsetti e moduli (magari di 8 ore), assolutamente rigido e impastoiato da disposizioni centralistiche (alla faccia dell’autonomia), il tutto aggravato da un numero esorbitante di esamini del tubo (fino a 30 in Scienze Biologiche) che non garantiscono affatto una buona preparazione di base per lo studente. Il sistema dei crediti poi, a che cosa doveva servire? Non lo si è mai capito; forse avrebbe avuto un senso se accoppiato con la frequenza obbligatoria alle lezioni, ma questo non si è affatto verificato(nella mia università sono l’unico che richiede la frequenza obbligatoria al 75% delle lezioni, gli altri se ne sbattono altamente) e ha solo introdotto una enorme farraginosità nell’organizzazione degli orari delle lezioni. Tralascio altre amenità, tipo i famigerati 9 crediti “liberi”, che a livello locale sono stati trasformati in crediti totalmente vincolati alle sole materie del CdL. Quindi, una pessima riforma a livello centrale, vieppiù peggiorata a livello locale perchè, riconosciamolo, molti colleghi adorano la burocrazia. Purtroppo ho “solo” 56 anni e devo rimanere in questa istituzione bollita, ostile e decrepita, che non mi rappresenta più in nessun modo e che, quando va bene, si diverte a mettermi i bastoni tra le ruote sia per la didattica che per la ricerca.

  12. Caro Israel, lei ha una strana concezione del dibattito. Appena legge una critica alle sue parole sovrareaggisce come se fosse vittima delle più brutali offese. Eppure non riesco a vedere nula di offensivo in quanto ho scritto. Visto che questo non e’ uno scambio privato, chiunque puo’ giudicare. L’ avrei buttata sul personale ? Ma scusi, non ha espresso un’ opinione da cui si deduce che non e’ soddisfatto del 3+2 ? E non era questa una sua opinione personale (anche se condivisa da altre persone) ? E allora cosa c’e’ che non va nel parlare di “motivi personali di insoddisfazione” ? Conosco altri colleghi che mostrano la stessa insoddisfazione e altri no. E allora ? Deve forse diventare una convinzione universale ?

    Se ritiene di non contribuire più ai dibattiti su ROARS, mi creda, ne saro’ dispiaciuto perche’ io credo nel confronto, anche dialetticamente acceso tra posizioni diverse. Mi sembra invece che lei preferisca il terreno sicuro del suo blog in cui può mettere al bando chiunque metta in discussione il suo modo di vedere.

    Sul contenuto di quanto ha scritto, ripeto che, anche se cita il taglio delle risorse, metterlo come osservazione finale dopo aver indicato come misura del bilancio fallimentare del 3+2 la diminuzione delle immatricolazione, il calo dei docenti e finanche il Tfa (ma scusi, che c’azzecca col 3+2 ?), e il tutto giustapposto senza *argomentazioni*, non lo trovo un modo accurato di informare. Idem per continuare a parlare di “frantumazione in corsucci anche di poche ore”. Forse le e’ sfuggito che dopo il DM509, alcune cose sono cambiate col DM270 e normativa successiva. Tra queste il fatto che esiste un limite al numero massimo di esami tale da portare il numero massimo di questi a circa 6 l’ anno. Non mi sembra poi tutta questa frammentazione. Frammentazione peraltro mai scritta nella riforma ma inventata da tanti colleghi.

    Ripeto, del 3+2 si potrebbe discutere molto, esaminandone luci e ombre. E questo anche senza scrivere trattati. Ma occorrerebbe almeno entrare in tema.

    • Addendum sulla fuga dei cervelli. Il resto del mondo industrializzato vede una grande competizione anche nell’ accesso a borse per dottorato, post-doc e posizioni permanenti. Nessuno regala niente a nessuno. I cosiddetti cervelli in fuga riescono ancora a vincere la concorrenza di tanti altri colleghi provenienti da sistemi universitari diversi dal nostro. Genio italico o buona preparazione di base nonostante tutto ?

      La mia esperienza personale, confortata dal parere di molti colleghi stranieri e’ che la nostra universita’ continua a produrre laureati competitivi su scala mondiale. Nonostante il 3+2 !

  13. Criticare anche duramente il merito di quel che dico è un conto. Riportarne la causa non a ragioni di merito ma esclusivamente a motivazioni di insoddisfazione “personale” (non professionale, ma personale) è una cosa che si commenta da sola. Come del resto hanno notato alcune persone che mi hanno scritto poco fa, stupite. Non credo che le farebbe piacere se le facessi lo stesso servizio – per esempio dicendo che lei difende il 3+2 esclusivamente per portare acqua al mulino di proprie frustrazioni – il che mi guardo dal fare, è solo perché si sforzi a capire. Quanto al mio blog, è anche questa una sua illazione che io censuri chi non è d’accordo con me. Basta una rapida lettura per rendersi conto di quanti messaggi critici vi siano. Mi sono limitato a “moderare” due o tre messaggi volgari in un paio d’anni. Peraltro, mi pare che tutta questa faccenda delle mie insoddisfazioni personali e annessi, non dovrebbe interessare nessuno.

  14. Scienze Biologiche con 30 esami ? Dove ? Quando ? Attualmente un corso triennale con piu’ di 20 esami e’ fuorilegge.
    E gli esamini del tubo chi li ha prescritti ? Ne’ il medico ne’ il Miur. Su queste cose, “chi e’ causa del suo mal…”.

    Quanto al sistema dei crediti serve a tenere sotto controllo il contenuto di lavoro dei corsi. Capisco che la memoria affievolisce col tempo. Ma i corsi pre-riforma avevano durate effettive molto maggiori di quelle legali. Una delle ragioni erano corsi-mostro (ricordo corsi annuali da piu’ di 140 ore di lezione).

    Inoltre, chiunque abbia avuto a che fare col problema del riconoscimento di studi svolti altrove (Erasmus inclusi) conosce bene l’efficacia del sistema dei CFU.

    Diciamola tutta. Uno dei *veri* errori della riforma degli ordinamenti e’ stato di aver lasciato completamente briglia sciolta alle soluzioni locali piu’ comode e “fantasiose”. Senza aver creato una vera partecipazione attorno al processo di riforma. Il risultato e’ una maggioranza di docenti che hanno “subito” la riforma senza capirne le ragioni e senza cercare di implementarla in modo ragionevole. Per fortuna non dappertutto e’ andata cosi’.

    Purtroppo il risultato e’ che, invece di focalizzarsi sui problemi reali dell’ Universita’ del 2013 (risorse al di sotto del minimo vitale, turn-over insufficiente, diritto allo studio in via di scomparsa, verticismo crescente), c’e’ una considerevole percentuale di colleghi che continua a vedere tutti i mali nel 3+2, dimenticando gli enormi problemi del vecchio ordinamento.

    Io non mi sento e non sono un avvocato d’ufficio del 3+2. Ripeto che ce ne sono di cose da criticare nel sistema. Ma non vedo spazio di miglioramenti se si propone solo di azzerarlo per un ritorno ad un passato mitizzato ma ancor piu’ problematico.

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