Riprendiamo qui, ampliandolo, un articolo apparso il 15 dicembre scorso su The Scientist che affronta alcuni grossi eventi del 2017 che hanno avuto e avranno forti ripercussioni sul sistema della circolazione della informazione scientifica. E’ stato un anno di azioni e reazioni in cui gli attori in campo (editori e comunità scientifiche) hanno cercato, in maniera più o meno aggressiva, di portare avanti le proprie ragioni. Non c’è stato un vincitore, la partita è ancora in corso. Certo è che dopo (decine di) anni in cui il circuito della comunicazione scientifica è rimasto uguale a se stesso, ora le cose si muovono molto rapidamente. Da un lato abbiamo l’ingresso di nuovi attori (come i social network o i siti pirata), dall’altro la sperimentazione di nuove vie di produzione, validazione e valutazione della ricerca scientifica.
1. Un anno di cause legali
Il 2017 è stato l’anno delle cause legali. Due editori in particolare si sono distinti in questo ambito: Elsevier e ACS.
I soggetti contro cui si sono diretti gli strali dei due editori sono Sci-Hub e Researchgate.
La causa contro Sci Hub vinta da Elsevier condanna Alexandra Elbakyan al pagamento di 15 milioni di dollari come risarcimento dei danni ricevuti dalla messa a disposizione illegale di una grande quantità di articoli pubblicati dall’editore.
La causa vinta da ACS condanna Sci-hub al pagamento di 4,8 milioni di dollari di risarcimento e autorizza l’editore a chiedere ad internet provider e motori di ricerca di censurare il sito.
Alexandra Elbakyan, perfettamente conscia della non escludibilità dell’informazione in internet ha deciso di ignorare le elevatissime penali e procede imperterrita con il supporto di molti utilizzatori di twitter che tracciano puntualmente i domini attivi.
Abbiamo già affrontato il tema Sci Hub in altri post e continuiamo a ritenere che esso sia un sintomo piuttosto che la soluzione di un sistema (quello iniziato da Oldenburg nel 1665) ormai per molti versi diventato anacronistico.
Un altro sito, Researchgate, è stato oggetto di una azione legale da parte di un gruppo di editori (Elsevier, Brill, ACS, Wiley e Wolters Kluwer) che ha portato a novembre, alla richiesta di oscuramento di quasi 2 milioni di articoli. Researchgate (come Academia.edu) mette a disposizione contributi di ricerca in maniera illegale, vale a dire che per la riproduzione di questi articoli non c’è alcuna autorizzazione da parte degli editori.
Il caso di Researchgate è diverso nella forma da quello di Sci Hub, (Researchgate è un social network che fornisce ai suoi utenti una serie di servizi aggiunti, quali le metriche e l’indicazione di chi ha fatto cosa e chi cita chi e chi lavora su quale tema, Sci Hub fornisce semplicemente i testi richiesti attraverso un ID) ma non nella sostanza che è la messa a disposizione di lavori scientifici in maniera illegale.
2. La interruzione delle trattative con Elsevier e le dimissioni degli editors
È della fine del 2017 la decisione di circa un centinaio fra università e istituzioni di ricerca tedesche di interrompere le trattative con Elsevier per l’acquisto degli abbonamenti. Acquisto che avviene di solito con la modalità del big deal per cui un consorzio acquista tutte le riviste di un editore senza poter scegliere fra i titoli. Il vantaggio è quello dell’accesso all’intero pacchetto di titoli, gli svantaggi sono il costo e l’accesso a titoli che potrebbero non interessare ai membri di una istituzione. I nuovi modelli di acquisto (come ad esempio quello olandese) prevedono la possibilità che le pubblicazioni dei membri delle istituzioni che sottoscrivono il contratto vengano pubblicate ad accesso aperto. La proposta del consorzio tedesco DEAL prevedeva un modello “publish and read”, cioè oltre all’accesso anche il fatto che tutte le pubblicazioni con primo autore un membro del consorzio fossero pubblicate ad accesso aperto.
Anche in Italia la trattativa per il rinnovo del contratto con Elsevier ha avuto qualche problema ed è entrata in una fase di stallo, ma dal sito CRUI CARE non emergono informazioni più precise.
A seguito del rifiuto di Elsevier di portare avanti questo modello, il consorzio tedesco ha interrotto le trattative. A sostegno della posizione del consorzio una ventina di studiosi si sono dimessi dai board delle riviste di Elsevier. E così le università e le istituzioni di ricerca tedesche si preparano ad un nuovo anno senza Elsevier, e stanno cercando di allestire nuovi servizi che rendano la chiusura degli abbonamenti il meno problematica possibile.
A proposito di dimissioni, anche l’editorial board della rivista International journal of occupational and environmental health (Taylor and Francis) ha rassegnato le dimissioni in massa per via di un coinvolgimento non molto chiaro e trasparente con l’industria.
3. La crescente disponibilità di lavori scientifici
Accanto a Sci Hub e ai social network sono però anche cresciuti i repository istituzionali legali, cioè quei repository in cui le pubblicazioni vengono depositate con l’autorizzazione degli editori seguendone le regole e in ottemperanza alle politiche mandatarie degli enti finanziatori della ricerca.
Pubmed, coi suoi 4,6 milioni di fulltext accessibili, ha segnato proprio negli ultimi giorni di quest’anno un miliardo di download e ha avviato una interessante collaborazione coi repository istituzionali e le biblioteche di tutto il mondo (per l’Italia partecipano per ora l’università di Torino e quella di Milano)
Sempre a propostito di record raggiunti il repository istituzionale dell’università di Liegi (ORBI), ha raggiunto in questi giorni i 100.000 documenti archiviati.
Il repository istituzionale di Cambridge ha festeggiato in ottobre le 3.000 richieste attraverso l’open access button e oltre 1200 dataset archiviati.
E’ sempre del 2017 la creazione di Unpaywall, una estensione dei vari motori di ricerca che permette di recuperare fra le diverse versioni di un articolo quella liberamente accessibile. Si ricerca un articolo, se appare il lucchetto verde di unpaywall cliccandoci sopra si viene indirizzati verso la versione free.
Nel 2017 è cresciuto anche il numero dei repository disciplinari di preprint che si vanno ad aggiungere ad Arxiv.
4. I diversi modi della peer review
Il 2017 è stato anche l’anno in cui le comunità scientifiche hanno cominciato ad interrogarsi con maggiore decisione sulla efficacia della peer review così come viene condotta e sulle possibili alternative, in particolare la open peer review.
OpenAIRE ha pubblicato i risultati della indagine effettuata alla fine del 2016 sulla open peer review.
Un gruppo di ricercatori ha pubblicato su Faculty1000 research un’ottima rassegna delle diverse forme innovative di peer review esistenti,
Questi sono solo alcuni degli eventi che hanno caratterizzato il 2017 e che vedono da un lato la concentrazione sempre maggiore nelle mani di pochi soggetti oligopolisti della gestione dell’informazione scientifica ma anche di tutti quegli strumenti a contorno che servono per valutarla e tracciarne gli usi (database bibliometrici e altmetrici, reference manager ecc.), dall’altro le comunità scientifiche che cercano nuove vie (legali e non) per risolvere due problemi che l’attuale sistema non è più in grado di gestire correttamente. Il problema dell’accesso alla ricerca scientifica e il problema della credibilità della ricerca scientifica. Il dibattito su questo fronte in Italia è ancora molto immaturo sia nei media che a livello delle politiche locali e centrali. Ci auguriamo che anche nel nostro Paese queste tematiche possano essere presto affrontate in maniera organica e trasparente.
Chiaramente Sci-Hub o LibGen non sono soluzioni di lungo periodo, ma il livello di costi proibitivi e gli effetti discriminatori delle attuali politiche editoriali stanno mettendo a dura prova la sostenibilità del sistema. Anche se temo che dietro la gentile Alexandra Elbakyan si nasconda l’ ex KGB credo che se i nostri governi non prenderanno coscienza del problema la pirateria rimarrà l’unica forma di compensazione alla carenza strutturale di fondi.
“credo che se i nostri governi non prenderanno coscienza del problema la pirateria rimarrà l’unica forma di compensazione alla carenza strutturale di fondi.”
Io di governo che non si pone proprio questo problema ne conosco solo uno in Europa. Spero invece che le istituzioni non perdano il treno (anche se senza guidatore è più difficile) e prendano coscienza di quanto avviene nel resto del continente.
Una azione compatta come quella portata avanti dalle Università tedesche(pur con il sistema frazionato dei Laender) nei confronti di Elsevier in Italia sarebbe, allo stato attuale, impensabile.
Il problema è che si pensa all’accesso di domani e dopodomani (esattamente come fa la Elbakyan) e non a quale forma avrà la comunicazione scientifica fra uno, due, tre anni.
Semplicemente business dell’editoria scientifica, come altrove esiste(va), quando e(ra) il caso, il business delle lingue minoritarie, dopodiché altri ancora volevano diventare minoritari. Tornando all’editoria scientifica, nessuno riesce a concepire che l’oligopolio editoriale è come l’imposizione delle monocolture, scoraggia se non addirittura tende a uccidere la varietà? E che alla fine la ‘varietà’ si ribella in qualche modo, anche semplicemente non pagando più o hackerando? Bellissime le storie delle vespe parassite! Ad es. “Una volta schiuso l’uovo, Euderus set si fa strada nel corpo dell’altra vespa e prende il controllo della sua mente” (http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2017/01/27/news/vespa_parassita_euderus_set_ipermanipolazione-3397441/?refresh_ce).
In Italia, altro che boicottaggio … tutte le procedure ministeriali gestite dall’ANVUR (VQR, ASN, FFABR, …) si basano su data-base (a pagamento) gestiti da Elsevier e Thomson Reuters.