In perfetta continuità con le deleterie leggi di bilancio dei governi PD, sono in arrivo una serie di norme scoordinate, dettate solo dall’esigenza di tagliare la spesa e di costituire nuovi enti inutili. Ci riferiamo in particolare agli articoli 28, 29, 71 e 72 della Legge di bilancio. L’art.28 è dedicato alla creazione di una nuova Agenzia Nazionale della Ricerca, che sarà presieduta da un membro nominato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con un consiglio direttivo composto da 8 membri, di cui ben 5 di nomina ministeriale. Di fatto si pone la ricerca nazionale sotto il controllo della politica. La comunità accademica ha espresso la sua opposizione: oltre 5000 firme chiedono il ritiro del provvedimento. La Legge di bilancio dell’anno scorso aveva consentito agli Enti Pubblici di Ricerca di procedere a nuove assunzioni per mitigare il crescente problema del precariato. Ora che è cambiato il governo, è tornato il PD e, in perfetto stile sovietico anni ’50, con l’art. 29 vengono imposti stravaganti indicatori per il controllo della spesa per il personale. Un’altra perla è l’art. 72 comma 23 che obbliga tutta la pubblica amministrazione italiana, incluse le università, ma escluse le regioni, al riuso dei sistemi e degli strumenti ICT (Information and Communication Technology). E così i poveri professori e ricercatori italiani saranno obbligati, per legge di bilancio, a telefonare con i vecchi Nokia 3310, a usare Windows95 e a recuperare il glorioso Commodore64. Il capolavoro è il comma 3 dell’art. 71. Con il decreto-legge scuola attualmente in fase di conversione, le università erano state finalmente affrancate dall’obbligo di uso dei bizzarri strumenti del CONSIP, una specie di Amazon di Stato, macchinosa e inusabile, dove si trovano spesso attrezzature di qualità inferiore e a prezzi superiori rispetto a quelle disponibili sul libero mercato. Ma ecco che l’art. 71 ripristina l’obbligo per tutta la PA, ivi incluse università ed enti di ricerca, ad approvvigionarsi con CONSIP. Sembra di essere su Scherzi a Parte. La comunità accademica tutta si chiede accoratamente dove sia il Ministro Fioramonti. Basterebbe poco: un fermo veto agli articoli 28, 29, 71 e 72 ed egli verrebbe acclamato Salvatore della Patria. Ministro, se ci sei batti un colpo!

La legge di bilancio del governo giallorosso su Università e Ricerca ha molto di rosso e proprio niente di giallo. Essa pare in perfetta continuità con le deleterie leggi di bilancio dei governi PD che hanno scaricato sul comparto Università e Ricerca inutili sovrastrutture e asfissiante burocrazia.

Una serie di norme scoordinate, che sembrano dettate solo dall’esigenza di tagliare la spesa e di costituire nuovi enti inutili, gettano in allarme professori e ricercatori, entrando a gamba tesa nell’autonomia dell’Università e della Ricerca.

Ci riferiamo in particolare agli articoli 28, 29, 71 e 72.

L’art.28 è dedicato alla creazione di una nuova Agenzia Nazionale della Ricerca, che sarà presieduta da un membro nominato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con un consiglio direttivo composto da 8 membri, di cui ben 5 di nomina ministeriale. Di fatto si pone la ricerca nazionale sotto il controllo della politica, in spregio all’autonomia e alla libertà di ricerca sancite all’articolo 33 della Costituzione. Si tratterebbe di un caso unico nel panorama internazionale, senza alcun precedente, nemmeno nell’unione sovietica o nell’Italia fascista. Organismi di indirizzo strategico della ricerca esistono in molti paesi: in Germania è stato istituito da oltre un secolo il Deutsche Forschungsgemeinschaft, concepito come libera associazione di istituzioni di ricerca che eleggono i propri rappresentanti, in Francia c’è l’Agence Nationale de la Recherche, istituita sì come ente pubblico ma posta sotto il controllo del Ministero per la Ricerca, l’equivalente del MURST che fu fondato in Italia dal compianto ministro Ruberti e che poi l’austerity ha miserevolmente cancellato.

La comunità accademica sta facendo sentire la sua voce forte e chiara: oltre 5000 firme sono state raccolte per chiedere a Governo e Parlamento il ritiro del provvedimento istitutivo della nuova agenzia.

E poi ci sono altre norme bizzarre. In particolare l’art. 29 che è un florilegio di norme paralizzanti e di controllo centralistico della spesa degli enti di ricerca. La legge di bilancio dell’anno scorso aveva consentito agli EPR di procedere a nuove assunzioni per mitigare il crescente problema del precariato. E adesso che succede? Contrordine compagni! E’ cambiato il governo, è tornato il PD e, in perfetto stile sovietico anni ’50, vengono imposti stravaganti indicatori per il controllo della spesa per il personale.

Il capolavoro è l’art.71 che al comma 3 ripristina l’obbligo per tutta la PA, ivi incluse università ed enti di ricerca, ad approvvigionarsi con CONSIP e con i suoi strampalati strumenti informatici. Il CONSIP è la centrale acquisiti della pubblica amministrazione, una specie di Amazon di Stato, macchinosa e inusabile, dove si trovano spesso attrezzature di qualità inferiore e a prezzi superiori rispetto a quelle disponibili sul libero mercato. Lo stesso governo si era reso finalmente conto che questo strumento era inadatto alle università e agli enti di ricerca, considerate le specificità tecniche delle apparecchiature necessarie ai ricercatori, spesso offerte da un unico fornitore che talvolta opera su mercati (liberi) prevalentemente esteri. Infatti, con il decreto-legge scuola attualmente in fase di conversione, le università sono state finalmente affrancate dall’obbligo di uso dei bizzarri strumenti del CONSIP, fuori da ogni logica di libero mercato, che adesso, con la legge di bilancio, vengono improvvidamente ripristinati. Sembra di essere su Scherzi a Parte. A dimostrazione che ormai il controllo del comparto università e ricerca è saldamente in mano a burocrati di Stato irresponsabili e distaccati dalla realtà.

Un’altra perla è l’art. 72 comma 23 che obbliga tutta la pubblica amministrazione italiana, incluse le università ma escluse le regioni (enti di ricerca non pervenuti), a ricorrere al riuso dei sistemi e degli strumenti ICT (Information and Communication Technology). E così mentre si chiede di competere a livello internazionale, e mentre i colleghi stranieri si dotano delle migliori tecnologie di intelligenza artificiale, i poveri professori e ricercatori italiani saranno obbligati, per legge di bilancio, a telefonare con i vecchi Nokia, a usare Windows95, a recuperare il glorioso Commodore64, a comunicare con le raccomandate con ricevuta di ritorno (o con la PEC che è lo stesso), a scrivere gli articoli con la fida Olivetti Lettera 32 e la carta carbone.

La legge di bilancio del governo giallorosso è l’ennesima dimostrazione che non si è ancora capito che la ricerca libera e autonoma è l’unica possibilità per lo sviluppo e la ripresa dell’economia, e che sta diventando urgente e indifferibile liberarla dai burocrati della ragioneria di Stato che ormai vivono in un mondo parallelo fatto di austerity, tasse, regole e autoflagellazioni.

La comunità accademica tutta si chiede accoratamente dove sia il Ministro Fioramonti.

Fra un viaggio e l’altro, fra una dichiarazione sull’ambiente e una sulle merendine zuccherate, egli potrebbe anche ricordarsi che è il Ministro in carica dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e fermarsi un attimo a leggere lo scempio che la legge di bilancio sta producendo sul comparto che lui dovrebbe presidiare.

Basterebbe poco: un fermo veto agli articoli 28, 29, 71 e 72 ed egli verrebbe acclamato Salvatore della Patria.

Ministro, se ci sei batti un colpo!

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5 Commenti

  1. Quegli articoli forse spariranno anche alla fine, ma da qui a chiamare ‘salvatore della patria’ un ministro che non ottiene neanche un euro in più (altro che un miliardo) per università e ricerca ce ne corre. Anzi, se gli articoli spariranno il dubbio che fossero stati inizialmente previsti proprio per poi farli sparire e dare l’ennesimo contentino a costo zero a un mondo universitario ormai incapace di declinare in qualsivoglia modo il concetto di dignità sarebbe alquanto forte.

  2. Negli USA grandissima parte della Ricerca è finanziata dal Pentagono. In Italia la corruzione linguistica inglese dell’università e della ricerca ne ha fatto e ne fa un elemento distruttivo dell’alta conoscenza e formazione nell’idioma della Repubblica. Basti dire questo: quando circa 8 anni fa mi occupai della distruzione del sapere in italiano al Politecnico di Milano (dove non ci si può più laureare studiando in lingua italiana) Ingegneria Aerospaziale era in italiano, ne fui positivamente impressionato, ora non esiste più: è nella lingua dell’impero delle menti anglosassone.
    Pertanto ben vengano le responsabilità POLITICHE della Ricerca nella/della Repubblica.

  3. Il Sovranismo non c’entra, c’entra il diritto e l’economia. Se sono gli italiani a pagare la Ricerca nel/del Paese, deve essere in italiano e non in una lingua avversaria e non comunitaria già a fine gennaio 2020. Ovvio che un ricercatore oggi non possa non conoscere l’inglese ma la sua produzione, la progettazione deve essere in italiano perché gli italiani hanno diritto a conoscerle e controllare ciò che pagano con le loro tasse.
    Sono principi di diritto elementari insiti nella Costituzione italiana.

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