In più di un’occasione il Ministro Giannini ha dichiarato di volersi ispirare al modello spagnolo per riformare il sistema del reclutamento universitario:

I ricorsi sono percentualmente bassi rispetto ai numeri mobilitati, ma le abilitazioni vanno comunque fermate. Lascerò consumare il secondo turno di questo round, poi cambierò il sistema. Mi ispirerò a quello spagnolo. La valutazione dei curriculum, delle pubblicazioni, degli articoli scientifici non avverrà in una solo periodo, i giorni del concorso. I candidati saranno valutati in continuazione da una commissione che ad appuntamenti ravvicinati, e quindi più gestibili sul piano numerico, controllerà gli archivi Cineca e offrirà il suo giudizio: “Abilitato”, “non abilitato”. Le commissioni ruoteranno. E poi saranno le università, tenendo conto del budget a disposizione, delle loro necessità, a chiamare l’idoneo migliore”. (la Repubblica 27.4.2014)

Ma come funziona davvero in Spagna il reclutamento? Vediamolo insieme, esaminando aspetti positivi e negativi.

 

Il modello di Accreditamento Nazionale spagnolo è in vigore dal 5 ottobre 2007 (Real Decreto 1312/2007 http://www.aneca.es/var/media/185245/academia_rd1312.pdf) e sostituisce un precedente sistema di abilitazione che si basava su un’offerta di posti a concorso delimitata preventivamente.

La finalità del modello di accreditamento attuale è quella di valutare merito e competenze per una successiva selezione efficiente, obiettiva e trasparente del corpo docente. Il professorato spagnolo prevede due figure a tempo indeterminato, il professore “Catedrático” (I fascia) e il professore “Titular” (II fascia). Sono poi previste diverse altre figure a tempo determinato che svolgono attività didattica istituzionale, come quella del professore “Asociado”, sostanzialmente analogo ai nostri ricercatori a tempo determinato (sebbene con maggiori possibilità di rinnovo), per il cui reclutamento non è prevista alcuna procedura nazionale.

Le commissioni di accreditamento vengono designate dal “Consejo de Universidades” (Consiglio delle Università), formato dai rettori delle università spagnole. Le commissioni sono tenute ad esaminare e giudicare la documentazione presentata dai candidati ed emettere le conseguenti risoluzioni. Sono previste almeno una commissione per ciascuna fascia (cattedratici e titolari) e per ognuna delle cinque grande aree: Arte e Scienze Umane, Scienze, Scienze della Salute, Scienze Sociali e Giuridiche, Ingegneria e Architettura.

Ogni commissione, composta da almeno 7 membri di riconosciuto prestigio scientifico e accademico appartenenti alle università spagnole, ai centri pubblici di ricerca, o da esperti di prestigio internazionale, viene proposta dalla “Agencia Nacional de Evaluación de la Calidad y Acreditación” (Agenzia Nazionale di Valutazione della Qualità e Accreditamento – ANECA), con una rosa di almeno 5 candidature per ogni membro, al Consiglio delle Università. La commissione ha un carattere permanente e si riunisce su convocazione del presidente almeno una volta al mese.

I criteri per la designazione dei commissari prevedono sia un adeguato curriculum scientifico e accademico del candidato, sia una esperienza pregressa nel campo della valutazione accademica, scientifica e tecnologica. L’ANECA rende pubblici sul proprio sito web i curricula dei commissari effettivi e supplenti d’accordo con principi di trasparenza e obiettività.

I candidati devono presentare domanda elencando i titoli accademici, professionali, scientifici e gestionali, che sono valutati secondo uno schema riportato in appendice, e saranno accreditati in seguito al superamento di un punteggio differenziato a seconda della fascia.

Un candidato può fare domanda di accreditamento in qualunque momento.

Per accedere alla fascia dei professori titolari occorre essere in possesso del titolo di “Doctor” (corrispondente al nostro dottorato di ricerca). Sono ammessi gli stranieri con titolo equivalente a quello di Doctor. Per accedere alla fascia dei professori cattedratici occorre essere professori titolari.

Per la posizione di Professore Titolare si considera:

1) Attività di ricerca: un massimo di 50 punti;

2) Didattica o attività professionale: un massimo di 40 punti;

3) Formazione accademica: un massimo di 5 punti;

4) Esperienza gestionale: un massimo di 5 punti;

Si ottiene l’accreditamento con un minimo di 60 punti complessivi per le sezioni 1 e 2, e di 65 punti totali.

Per la posizione di Professore Cattedratico si considera:

1) Attività di ricerca: un massimo di 55 punti;

2) Didattica o attività professionale: un massimo di 35 punti;

3) Esperienza gestionale: un massimo di 10 punti.

Si ottiene l’accreditamento con un minimo di 80 punti complessivi per le 3 sezioni, e almeno 20 punti per la sezione 2

Una volta ricevuta la domanda, due esperti dell’ambito scientifico del candidato elaborano un rapporto da sottoporre alla commissione. Se ritenuto opportuno, la commissione può richiedere rapporti addizionali ad altri esperti. Successivamente vengono esaminati i titoli presentati dal candidato, unitamente ai rapporti degli esperti, e viene emesso il giudizio.

Entro un tempo non superiore a 6 mesi la commissione dovrà concludere i lavori con un motivato giudizio che deve essere notificato all’interessato entro 10 giorni, e pubblicato entro 15 giorni nel sito del Ministero.

Nel caso di un esito negativo, prima che si pubblichi la risoluzione, il candidato riceverò il giudizio debitamente motivato ed avrà un tempo di 10 giorni per indirizzare al presidente della commissione i commenti che riterrà opportuni. Contro la risoluzione, il candidato può presentare entro un mese un reclamo al Consiglio delle Università che, nel caso sia considerato ammissibile, sarà preso in esame da una apposita commissione.

Quanto riportato è una sintesi di ciò che è contenuto nel Real Decreto 1312/2007, ma ovviamente l’implementazione della legislazione nella realtà accademica non può essere conosciuta che da coloro che lavorano effettivamente nella realtà accademica. Per questo motivo sono stati intervistati alcuni colleghi appartenenti a università spagnole. I paragrafi seguenti riportano quindi le loro opinioni informate, ma non devono essere equiparate ad un sondaggio con valore statistico, in quanto sono stati ascoltati solo pochi docenti, tutti appartenenti ad un’unica area, quella delle Scienze Biologiche. Tuttavia possono dare una idea di come il sistema universitario spagnolo è visto da alcune persone che lavorano al suo interno, e il quadro sotto descritto potrà essere integrato o eventualmente modificato da lettori in possesso di informazioni dirette e che vorranno intervenire nei commenti a questo post.

Una volta ottenuta l’accreditamento, il candidato può fare domanda per un posto bandito da una università spagnola, previo il superamento di un concorso locale, le cui regole sono stabilite autonomamente dalle università. Al momento vengono banditi posti in misura molto ridotta (circa il 10% dei pensionamenti), e le priorità di chiamata dei posti sono autonomamente decisi dalle singole università.

Come prassi, a meno di particolari necessità su settori non coperti in sede, le università mettono a concorso posti su un settore per il quale sia già presente del personale accreditato, talvolta utilizzando come priorità il criterio del tempo trascorso dal momento dell’accreditamento.

Questo meccanismo, sostanzialmente analogo a quanto avviene in Italia, comporta un notevole grado di localismo universitario, con la tendenza a fare carriera nello stesso ateneo facilitata dalla minore quota del budget necessario. Non è da escludere che tale pratica sia anche incentivata dalla presenza in Spagna di forti autonomie regionali, come la Catalogna e i Paesi Baschi, che tendono a reclutare in sede locale anche per motivi linguistici.

Casi di nepotismo accademico, o più in generale casi di reclutamento non dovuti ad altri motivi che non siano il merito scientifico, sono ritenuti sicuramente possibili, se non probabili, da tutti i colleghi spagnoli che sono stati intervistati, ma nessuno avrebbe saputo farne degli esempi concreti tra la propria rete di conoscenze. Sembra dunque che il sistema spagnolo non registri eclatanti casi di familismo universalmente noti, e che eventualmente se ne possano registrare in realtà locali o in aree disciplinari diverse da quella in cui lavorano i colleghi intervistati (che, ripetiamo, appartengono al campo delle scienze biologiche, normalmente associato a minori interessi economici e professionali rispetto ad altri ambiti).

Grazie al dispositivo legislativo, i casi di conflittualità sembrano molto più ridotti rispetto a quanto sta avvenendo in Italia. Infatti, secondo i colleghi intervistati, i casi di procedimenti legali sono molto rari, mentre è più frequente il ricorso al Consiglio delle Università (come previsto dalla legge) e in qualche caso viene modificato l’esito dell’accreditamento a favore del ricorrente.

Rispetto alle scelte inerenti al reclutamento, non esiste un meccanismo esplicito di “premio-punizione”, ma ciò avviene indirettamente. Infatti, quei dipartimenti che non mostrano un accettabile livello di pubblicazioni vedono aumentare il carico di insegnamento ai loro docenti, oltre che diminuire le risorse finanziarie. In pratica questo significa che se un dipartimento ha molti professori con alto carico didattico avrà tutti i suoi insegnamenti ben coperti e non potrà fare domanda per nuovi posti, al contrario i dipartimenti con buona produzione scientifica vedranno i loro professori sollevati da parte della didattica dovuta e potranno reclutare nuovi professori per coprire la docenza assegnata.

Il sistema universitario spagnolo, e segnatamente il meccanismo dell’Accreditamento Nazionale, presenta alcuni aspetti analoghi al sistema italiano, come un alto localismo e un ridotto turnover (quest’ultimo presumibilmente dovuto alla crisi economica che ha colpito entrambi i paesi). Altri aspetti sono, a parere dello scrivente, decisamente migliori, come una procedura di abilitazione non elefantiaca, non cervelloticamente bibliometrica, molto più flessibile e equilibrata nel peso dato a ricerca, didattica e attività gestionali e con maggiori garanzie e rispetto della privacy. Non mancano però alcuni aspetti peggiorativi, come il concetto dell’uso del carico didattico come fattore punitivo, prefigurando una sorta di gerarchia tra “Teaching vs. Research Departments”.

 

 

Appendice

 

1) Attività di ricerca

1.A Qualità e diffusione dei risultati dell’attività scientifica. – pubblicazioni, conferenze professionali, seminari, creazioni artistiche, ecc.

1.B Qualità e numero di progetti e contratti di ricerca

1.C Trasferimento dei brevetti e della proprietà intellettuale di registrazione, trasferimento di conoscenze all’industria, ecc.

1.D Mobilità del professorato, permanenza in centri di ricerca, ecc.

 

2) Didattica o attività professionale

2.A Attività docente – ampiezza, diversità, intensità, responsabilità, cicli, tipo di insegnamento, supervisione delle tesi di dottorato, ecc.

2.B Qualità docente – valutazione positiva della attività, materiali didattici originali, pubblicazioni didattiche, progetti di innovazione, ecc.

2.C Qualità della formazione docente – partecipazione a scuole di formazione degli insegnanti –attività di orientamento universitario, ecc.

2D Qualità della attività professionale, in aziende, istituzioni, organizzazioni di ricerca pubbliche o ospedali, ecc.

 

3) Formazione accademica

3.A Qualità della formazione pre-dottorale. Borse di studio, premi, altri titoli, ecc.

3.B Qualità della formazione post-dottorale. Borse di studio post-dottorato, tesi di dottorato, dottorato europeo, menzione di qualità, ecc.

4)  Esperienza gestionale

4.A Impegno in cariche relative alla gestione universitaria

4.B Impegno relativo ad incarichi educativi, scientifici e tecnologici per il governo centrale o comunità autonome, per almeno un anno.

 

 

 

 

 

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13 Commenti

  1. “Casi di nepotismo accademico, o più in generale casi di reclutamento non dovuti ad altri motivi che non siano il merito scientifico, sono ritenuti sicuramente possibili, se non probabili, da tutti i colleghi spagnoli che sono stati intervistati, ma nessuno avrebbe saputo farne degli esempi concreti tra la propria rete di conoscenze.”

    Si chiama “omertà”, ed è abbastanza praticata anche da noi.

  2. “uso del carico didattico come fattore punitivo, prefigurando una sorta di gerarchia tra “Teaching vs. Research Departments””

    Non so se si possa considerare un fattore punitivo. A me sembra piuttosto logico che tutti coloro che ricevono lo stesso salario dovrebbero lavorare con la stessa intensità. Se uno non ama fare molta ricerca, può dedicarsi maggiormente all’insegnamento. Affinché i dipartimenti siano legittimati e motivati ad adottare tale sistema al loro interno, gli atenei lo adottano nei confronti dei dipartimenti. Inoltre, credo che non non sia una pratica che avviene solo nel sistema spagnolo.

  3. Il problema è che qui è tutto marcio e qualsiasi valutazione sarà sempre falsata se non si mette tutto on line, curriculum e valutazione. Tutto pubblico con nome e cognome dei commissari. Ma anche in queto caso non ci sarà mai nesun tribunale che quella commissione che avrà valutato di più, perché originale/innovativo/etc… quell’articolo pubblicato sul giornale della parrocchia rispetto alla pubblicazione su Lancet. Il problema resta il fatto che, giustamente (altrimenti i ricorsi sarebbero anche dipiû) la commissione è sovrana.
    Il problema è il marcio, il malcostume che qui da noi ha invaso tutto.
    Ma non avete sotto gli occhi l’atteggiamento carbonaro e mafioso tenuto persino dai più giovani universitari, di quelli entrati senza merito e che sono protetti.
    Scusate lo sfogo, ma qualsiasi sistema qui da noi non funziona.
    Persono questo sistema dell’ASN, quasi automatico, che comunque ha permesso a quelli di noi senza padrini di prendere l’abilitazione è scardinabile. A parte le porcherie delle commissioni, ora stiamo assistendo alla porcheria delle porcherie. Da me ci sono degli emeriti scansafatiche a cui stanno mettendo il nome sui lavori degli amici degli amici. Gente che in due anni si ritrova da zero il nome su 20-30 lavori.

    • Che le sorti magnifiche e progressive del nuovo corso post-240 così ricco di meritocrazia basata su indicatori “oggettivi” non fossero sorti così luminose è cosa scritta su Roars in tempi non sospetti. “È tutto marcio” è il mantra emergenzialista usato per giustificare pozioni magiche che finiscono per aggravare lo stato del paziente. Bisogna imparare a ragionare in termini scientifici (basta bibliometria fai-da-te), giuridici (basta normativa scritta da dilettanti che è manna per gli studi legali) ed anche etici (senza prese di responsabilità ed etica collettiva non c’è bacchetta magica che tenga). Non ci sono scorciatoie.

  4. Ho lavorato per 6 anni in Spagna ed ho l’abilitazione citata, ANECA, per “profesor titular” e “contratado doctor”. La quantità di documenti richiesta per avere questa abilitazione è gigantesca, il tutto avviene in formato cartaceo e deve essere bollato in presenza di un ufficiale. Ho dovuto fare più viaggi in Italia e spendere una quantità non indifferente di soldi per far tradurre documenti come “Dottorato in Matematica” a “Doctorado en matematicas”…no comment. Per cosa? Per terminare il mio tenure track “Ramón y Cajal” e ritrovarmi a spasso perché tutte le assunzioni sono state bloccate fino a data da destinarsi, oltre il danno la beffa.

    Ovviamente conosco per nome e cognome tutti i casi di nepotismo che ho visto che di certo non sono secondi a nessuno, nemmeno alla tanto vituperata Italia.

    Continuare a denigrarci non serve a nulla e, se dobbiamo guardare all’estero, dopo la mia esperienza orribile mi permetto di consigliare di guardare altrove.

    Cari saluti.

    • Molto interessante questa testimonianza diretta, che dimostra – se mai ce ne fosse bisogno – di come si sia abituati a usare a sproposito espressioni come “abilitazioni a sportello”, “sistema spagnolo”, ecc…
      Porto la mia, di testimonianza: abilitazione (qualification) come Maitre de Conférences (Professore di seconda fascia) in Francia, con procedura consistente in: compilazione di un modello online di 10 righe (a ottobre 2013); assegnazione (a dicembre 2013) di due referee esperti dei temi da me studiati, ai quali ho dovuto spedire per posta il curriculum, la fotocopia del diploma di dottorato e le tre mie pubblicazioni da me ritenute migliori; delibera del panel dell’area sulla mia abilitazione (a gennaio 2014), con esito positivo. Non è una procedura “a sportello”: c’è una sessione online ogni anno, a scadenze fisse, sincronizzata con quella dei concorsi (l’esito delle abilitazioni si conosce entro fine gennaio; i bandi di concorso di tutte le università francesi escono in simultanea a febbraio – OGNI ANNO).
      Proporrei questo sistema per l’Italia? Sì, se lo facciamo gestire ai francesi…
      Il problema, purtroppo, è sempre il solito.
      Aggiungo, però, che in NESSUNA fase del processo di qualification l’AERES (l’ANVUR francese, diciamo) mette becco: questo è un fatto di cui tenere conto.

    • Caro Fausto, ti porto anche una testimonianza francese a questo punto eheh. Dopo la mostruosa esperienza spagnola sono venuto a lavorare in Francia. Comincio con i fatti positivi: la Francia è il paese dove meglio si sta per quanto concerne la ricerca…forse in tutto il mondo. Il sistema è rodato, ogni anno ci sono moltissime opportunità di lavori temporanei (ATER, per esempio) o permanenti (Maitre de conference, CNRS, INRIA, etc.), come giustamente dici, ogni anno ci sono abilitazioni (qualification) propedeutiche per partecipare ai posti che verranno banditi di lì a poco. Tutto questo è megnifico ed essere qualificati non costa molto, a meno che si desideri essere qualificati per professore di prima fascia, alché occorre avere la HDR (Habilitation à diriger des recherches), una cosa un po’ vetusta, a mio avviso…e non solo, una specie di tesi di un centinaio di pagine (rigorosamente in francese) che deve essere presentata da un professore di prima fascia ad un comité scelto pressoché interamente dal candidato…insomma, un po’ una perdita di tempo, visto che è molto raro non avere la HDR quando un professore “amico” decide che è il momento che uno la ottenga.
      La parte negativa del sistema francese è proprio questa: l’amicizia…ho partecipato ad un concorso all’universitè Paris Descartes per maitre de conference un mese fa e sono arrivato…SECONDO…nulla di male se non fosse che il bambino, perché di questo si tratta, che ha vinto ha 25 anni, ha finito il dottorato da 3 mesi, 2 pubblicazioni (Contro le mie 34) e zero ore di esperienza didattica (Contro le mie 1202!). Come mai mi ha vinto? Beh, per cominciare è un “Normalien”, ovvero, per chi non conosce il sistema francese, viene della École Normale Supérieure, in secondo luogo il suo supervisore di dottorato è un caro amico di parecchi membri del comité che ci ha giudicati…
      Ergo, per cortesia, INVITO TUTTI A SMETTERLA DI CERCARE SOLUZIONI IN ALTRI PAESI, come se tutto in Italia fosse corrotto, decadente e non funzionante. È un atteggiamento nichilista che non porta da nessuna parte e, come avete letto dalle mie due testimonianze in terra iberica e d’oltralpe, la corruzione, l’inettitudine, il nepotismo e le amicizie messe al di sopra della qualità ci sono ovunque.
      In Francia potro concorrere l’anno prossimo ai posti che, periodicamente, vengono offerti con scadenza annuale, ma ho tanta voglia di riportare in Italia il mio bagaglio di esperienza estera di quasi 9 anni tra USA, Australia, Francia e Spagna…viaggiare e vedere che ciò che si pensa funzioni perfettamente all’estero invece, spesso, non lo fa, apre gli occhi e la mente e fa riconsiderare molte cose che si vedevano solo in modo negativo nel proprio paese.
      Un caro saluto a tutti.

    • Caro Zoidberg,
      in effetti bisogna fare molta attenzione a non confondere il sistema di abilitazione con quello di reclutamento. Ma in Italia è l’abilitazione come è stata concepita che è sostanzialmente fallita, dunque ha senso guardare ai sistemi funzionanti all’estero. Quanto all'”amicizia”, si tratta di un criterio – detto anche cooptazione – che vige più o meno ovunque. In Italia i suoi effetti sono esasperati dal localismo (da noi, anche un Normalista ha ben poche chances di essere cooptato se non nell’istituzione da cui proviene); il localismo a sua volta sarà presto ulteriormente esasperato dall’abolizione dei concorsi che il Ministro ha intenzione di decretare. La stessa ASN, da noi, è stata assurdamente interpretata come un processo di cooptazione.

  5. Negli USA la scelta dei docenti da assumere è interamente del dipartimento (col benestare della facoltà), e l’equivalente del MIUR semplicemente non esiste, come non esistono gli equivalenti di ANVUR, VQR e ASN. Strano che a nessuno venga la curiosità di andare a vedere come si possa tranquillamente andare avanti senza un MIUR, per esempio.

    • Italia e Stati Uniti non si assomigliano in niente: perché dovremmo imitare proprio – e solo – il sistema del reclutamento universitario di quel Paese?
      Immagino già la risposta: perché funziona.
      Controreplica: funziona negli Stati Uniti, Paese che, appunto, non somiglia per nulla all’Italia.

    • Negli USA il Governo federale non è proprietario di Università: la competenza in materia di istruzione è [principalmente] in capo ai singoli Stati, diremmo noi. Ciò non toglie che esista una Legge federale sull’Istruzione Superiore lunga più di 400 pagine, e quindi “de jure e de facto” una politica federale sulla materia.
      La politica federale in materia di ricerca è più ampia, e sono ben note le Agenzie federali come la NSF o i NIH che sborsano molti quattrini. Ci sono poi alcuni Laboratori Federali (anche gli stessi NIH svolgono direttamente della ricerca) e poi c’è soprattutto la ricerca svolta sotto l’egida del Ministero della Difesa, o di quello del Commercio. I programmi, e quindi le politiche, non mancano.

  6. La valutazione dell’ANECA spagnola è tutta basata sulla quantità, più è pesante il pacco che presenti più possibilità hai di essere abilitato. Ho dei colleghi che passano il tempo di un convegno ad altro soltanto per avere il certificato di participazione da presentare all’ANECA. Tra l’altro, la commissione è formata per esperti di diverse materie, per esempio, nel mio caso che mi interessa il diritto del lavoro sarei valutata da giuristi, ma magari soltanto c’è tra di loro un esperto nella mia materia. Il dato positivo è che si può sollecitare l’abilitazione quando vuoi, se dovessi avere una valutazione negativa, la commissione ti indica perché la valutazione non è stata positiva, magari mancava, per esempio, una ricerca di 3 mesi all’estero. Una volta che lo sai, puoi risolverlo y richiedere l’abilitazione dopo un breve tempo, non come in Italia che comporta attendere quattro anni!!! Io credo che nulla è esportabile, anche perche dipende di tante altre cose, non soltanto del sistema da utilizzare

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