Pubblichiamo l’incredibile lettera che il Presidente del consiglio direttivo di ANVUR, Andrea Graziosi, ha inviato ai rettori italiani per accompagnare i dati dell’indicatore ISPD (Indicatore Standardizzato di Performance Dipartimentale) sulla base del quale sono stati selezionati i 352 dipartimenti quasi eccellenti che parteciperanno ai ludi. Cosa accadrebbe in un paese normale se la comunità accademica ricevesse una comunicazione del genere? Per capirsi meglio: cosa accadrebbe se il ministero della salute decidesse l’adozione obbligatoria di medicinali omeopatici per l’otite, dichiarando che i dati e le evidenze scientifiche sono state prodotte da una agenzia governativa, ma che non sono disponibili per la comunità scientifica? E aggiungesse poi che le evidenze contrarie sono solo aneddotiche e non conclusive? Ormai siamo a questo: ANVUR ragiona solo sulla base del principio di autorità. Dati e risultati prodotti da ANVUR sono sottratti ad ogni controllo della comunità scientifica. Sono validi perché l’agenzia ha deciso che sono validi. Sono validi, cioè, in supremo spregio della logica che guida da secoli le comunità scientifiche. Quello che davvero impressione è il silenzio e l’accondiscendenza dei rettori e di quanto occupano posizioni di governo negli organi delle università. Ormai ridotti al rango di sudditi. E impressiona l’adesione operosa dei colleghi impegnati nella gara per vincere il premio. Ci sarà qualcuno che oserà far sentire la sua voce?

Redazione Roars ha ricevuto l’incredibile lettera che il Presidente del consiglio direttivo di ANVUR prof. Andrea Graziosi ha inviato ai rettori italiani sui dipartimenti eccellenti. La lettera, riprodotta qua sotto, accompagna l’invio ai rettori dei dati relativi all’indicatore ISPD (Indicatore Standardizzato di Performance Dipartimentale) sulla base del quale sono stati selezionati i 352 dipartimenti quasi eccellenti.

Nella lettera si legge che il sovrano, cioè ANVUR, concede ai rettori la visione dell’indicatore ISPD. Il sovrano raccomanda ai rettori di farne buon uso. E si premura altresì di ricordare loro che comunque farà pervenire linee guida per l’uso dei dati a livello di Ateneo. Immaginiamo già i rettori deferenti ringraziare il sovrano per cotanta generosità.

Cosa accadrebbe in un paese normale se la comunità accademica ricevesse una comunicazione del genere?

Prima di tutto si comincerebbe a pensare che sulla base dei valori di ISPD si distribuiscono ben 1,3 miliardi di €.

Quindi la comunità scientifica si domanderebbe se quegli indicatori sono costruiti su una base scientifica nota.

Ci si domanderebbe se quegli indicatori sono stati validati dalla comunità scientifica di riferimento, diciamo gli studiosi di bibliometria e statistica.

Poi ci si domanderebbe se qualcuno ha adottato un sistema simile per distribuire le risorse.

Molti si domanderebbero come è costruito l’ISPD, se è possibile verificare e riprodurre i conti; se sono disponibili i dati di base su cui i conti sono stati fatti.

Ci piace pensare che dopo aver constatato che la risposta a tutte queste domande è NO, la comunità scientifica farebbe sentire la propria voce e forse tenterebbero di opporsi all’adozione di una misura di politica economica così anomala.

La situazione non è molto diversa dalla seguente che forse solleticherà di più l’interesse dei lettori.

Immaginate che domani mattina il ministero della salute decida l’adozione obbligatoria di medicinali omeopatici per l’otite, dichiarando che ci sono i dati e le evidenze scientifiche prodotte da una agenia del governo, ma che non rivela alla comunità scientifica. E che le evidenze contrarie sono solo aneddotiche e non conclusive.

Questo è ciò che sta succedendo per le cure cui viene sottoposta l’università italiana. ANVUR ragiona ormai solo sulla base del mero principio di autorità. Dati e risultati prodotti da ANVUR sono sottratti ad ogni logica scientifica. Sono validi perché l’agenzia ha deciso che sono validi.

Non contano evidenze contrarie, non conta che siano irriproducibili, non conta che siano coperti da segreto.

Sono validi in supremo spregio della logica che guida da secoli le comunità scientifiche.

Quello che davvero impressione è il silenzio e l’accondiscendenza dei rettori e di quanto occupano posizioni di governo negli organi delle università. E impressiona l’adesione operosa dei colleghi impegnati nella gara per vincere il premio, dimenticando quali sono da secoli le regole della scienza.

Ci sarà qualcuno che chiederà l’accesso agli atti?

Ci sarà qualcuno che chiederà ad ANVUR di rendere noti i dati per permettere la replicazione dei conti?

Ci sarà qualcuno che chiederà come sono stati aggregati i SSD per il calcolo delle varianze?

Ci sarà qualcuno che chiederà di rilasciare i dati senza quell’incredibile elenco di ex-aequo, frutto semplicemente di arrotondamenti ad hoc?

Ci sarà qualcuno che chiederà l’intervento del TAR per bloccare questa gara sgangherata?

 

 

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15 Commenti

  1. Al di là del fondamentale discorso relativo alle modalità di calcolo dell’ISPD e alla replicabilità e verificabilità dello stesso, mi pare che con questa lettera sia definitivamente e incontrovertibilmente sancito un altro principio (contrario alla legge, stando almeno alla normativa attuale): la VQR serve, eccome, a valutare, da ogni punto di vista, i singoli e non (solo) le strutture: le singole macro-aree, i singoli settori concorsuali e i singoli ricercatori in quanto ad uno di essi afferenti, purché in numero di almeno 5 (chissà perché si continua ipocritamente a mantenere questo limite dei 5?).

  2. Tutto ció è una invenzione autarchica italiana, priva di basi scientifiche, senza altri esempi nei paesi avanzati. Chiaramente come si è visto con le Cattedre Natta, la CRUI è un consesso più attento ai giochi di palazzo che alle esigenze del sistema. I peggiori sono i Rettori del Sud, che avendo evidentemente dei peccati originali da farsi perdonare, sono poi disponibili a legittimare il potere delle lobbies lombarde in cambio di una legittimazione personale e di un piatto di lenticchie. Ma l’asservimento delle classi dirigenti meridionali (spesso corrotte) ai poteri forti, dura dai tempi di Garibaldi e i risultati si vedono.

  3. Sul silenzio e l’accondiscendenza dei rettori:

    Beh, io so per certo che alcuni rettori si stanno già leccando i baffi in relazione alla competizione per i dipartimenti di eccellenza e in relazione alla specifica composizione della commissione dei “7 saggi” …

    Mi domando però: ma chi è quel rettore che ha fatto pervenire questa lettera alla redazione ROARS ? Perche’ non si palesa ?

  4. A rivolgersi al TAR deve essere un danneggiato, se non sbaglio. Chi è il danneggiato? Un ateneo. Un rettore si rivolgerebbe al TAR contro l’Anvur? Non credo proprio. Come mai un rettore deve accettare dall’Anvur senza diritto di replica? Non è il MIur l’interlocutore istituzionale? O, come è inconfutabile, l’Anvur si sostituisce al Ministero? È anche vero che all’Anvur sono stati insediati professori universitari o, meglio, baroni.

    • Il Rettore di Messina ha annunciato ricorso al TAR al Giornale di Sicilia del 26 maggio 2017.

  5. A prescindere dal fatto che la valutazione delle ‘eccellenze’ sia veritiera o no, è proprio il criterio generale di attribuire più fondi a chi si piazza meglio che è fondamentalmente sbagliato da un punto di vista ‘economico’. Intendo dire che anche supponendo che La Formula dell’Anvur sia davvero l’indice sintetico del ‘merito’ di un dato dipartimento, l’attribuzione dei fondi in base al ‘merito’ sarebbe comunque una mostruosità economica.
    Infatti, ad una Università (probabilmente meridionale) che non è stata ‘eccellente’, saranno attribuiti meno fondi per la ricerca rispetto ad un’altra (probabilmente settentrionale) che si è rivelata invece ‘eccellente’.
    Il risultato per l’anno successivo quindi non può che peggiorare: se l’Università era ‘poco eccellente’ prima, come può battere quella ‘eccellente’ con un differenziale di finanziamenti negativo ancora maggiore?
    Non si tratta di un paradosso, o meglio : è un ‘paradosso’ come quello di Achille e la tartaruga (è si un paradosso, ma solo per chi crede che una somma infinita di numeri positivi debba necessariamente essere infinita).
    Più che paradosso, svela l’erroneità di certi assiomi.
    Nel nostro caso l’errore stà nel confondere il concetto di ‘premio’ con il concetto di ‘finanziamento’. Un finanziamento non è un premio, ma comunque, più in generale, l’errore di fondo consiste nel mimare il comportamento dei manager aziendali: nel mondo aziendale in effetti ‘premio’ e ‘finanziamento’ pur concetti differenti sono comunque strettamente correlati. Un azienda che ottiene un finanziamento da una banca, effettivamente lo ottiene perché ha un ‘merito’ (il ‘merito di credito’ lo chiamano) cioè perché ha dimostrato di essere solvibile. Questo merito d’altra parte è proprio lo stesso, unico, merito richiesto ad una azienda: quello di far profitto. Nel rapporto banche-aziende quindi i due concetti sono quasi intercambiabili l’uno con l’altro, praticamente equivalenti. Una banca che ‘concede’ un finanziamento lo fa perché vede un lucro, vede che una azienda fa profitti, e allora vuole partecipare a questi profitti (così almeno vanno le cose in linea di principio, il che non indebolisce il mio ragionamento che mira a mostrare che il MIUR sbaglia proprio in linea di principio…)

    Nel caso dell’Anvur le cose sono ben diverse dal mondo aziendale, e mimarne come un pappagallo gli schemi (come gli studenti che applicano il criterio del ‘pattern matching’ di cui si parlava qui in un’altra discussione) ebbene conduce a tragici errori.
    Nel mondo Università/Ricerca/MIUR il finanziatore non ‘concede’ il finanziamento a scopo di lucro, e non si basa sull’indice sintetico del profitto per calcolare il ‘merito di credito’. In effetti non gli deve ritornare proprio nulla da questo ‘finanziamento’, il quale serve semplicemente a fornire la ‘pseudo-azienda’, cioè il dipartimento/Istituto di ricerca, di quanto gli occorre per lavorare. Una tale ‘unità di produzione’ non può essere ‘punita’ togliendogli i beni strumentali, nessuna azienda agirebbe così, al limite un azienda eliminerebbe un reparto che non gli serve più, o perché lo giudica troppo costoso rispetto a ciò che rende (è questo l’unico giudizio di ‘scarsa produttività’ che vige nel mondo aziendale, e tipicamente è proprio la ricerca che viene sacrificata, visto che ha scarso impatto sulla ‘trimestrale’.. l’unica cosa che conti davvero nelle aziende).
    Un’azienda mai ‘punirebbe’ un proprio reparto al modo del ‘tagliargli i finanziamenti’ cioè, che sò, togliendogli i computer… Insomma, al limite lo chiude, ma certo non gli stacca la luce e impedisce ai suoi membri di andare in missione, cosa che non avrebbe alcun senso..

    Nel nostro caso però, le cose vanno in modo ben diverso perché, innanzitutto l’Anvur non è un ufficio di una banca incaricato di stimare il merito di credito di una determinata azienda, e comunque l’esito della valutazione non può essere la chiusura perché
    il ‘reparto’ non lo si può chiudere, o almeno ciò che decide se tenerlo aperto o chiuderlo sono considerazioni del tutto diverse da quelle usate da una azienda per i suoi reparti. Che l’Università di Messina debba restare aperta, ovvero chiudere, è già da sempre deciso dal fatto che si ritiene che gli abitanti del messinese e della Calabria meridionale abbiano diritto ad andare all’Università, senza per questo trasferirsi a centinaia di chilometri di distanza. O perlomeno se gli abitanti di Modena o Ferrara hanno diritto ad andare all’università a piedi, e non prendere il treno che li porta in pochi minuti a Bologna, anche gli abitanti di Messina lo hanno
    (vieppiù perché la linea Messina-Palermo è notoriamente inefficiente..ma questo è un altro discorso). Non so se mi sono spiegato.

    Analogo discorso lo si può fare sulla opportunità di tenere aperto un determinato istituto di ricerca in un determinato settore.
    Il succo della questione è che ciò che decide l’utilità di tenere aperte Università e Dipartimenti è qualcosa dell’ordine dei diritti dei cittadini, oppure dell’ordine della strategia economica generale di un determinato Stato, tutte cose del tutto estranee al mondo aziendale e al rapporto banca-azienda che qui si vuole scimmiottare.

    In ogni caso, l’esito della valutazione non può essere neppure una riduzione dei finanziamenti, perché questo non ha proprio senso da nessun punto di vista (nemmeno aziendale!). Diverso sarebbe il discorso se l’Anvur decidesse NON finanziamenti aggiuntivi, ma semplici PREMI, cioè denaro che i ricercatori e i professori (e eventualmente tutto il personale) si mettono direttamente in tasca. Questo, perlomeno, avrebbe un senso economico, ma il dare finanziamenti (aggiuntivi e non) non lo ha.

  6. Supponiamo per assurdo che il mio ateneo voglia iniziare a competere con gli altri atenei per avere più fondi. Vorrei sapere in che modo un rettore, un direttore di dipartimento o chi per essi possono indurre a produrre di più? In che modo si possono allontanare gli improduttivi? Come faccio a reclutare i migliori se non ho fondi? In poche parole come posso scalare le classifiche ANVUR se gli atenei non hanno neanche gli strumenti per intervenire?

    • Una volta esisteva un metodo per allontanare alcuni degli improduttivi: se un ricercatore universitario non veniva confermato per due volte, passava ‘ad altra amministrazione dello Stato’, cioè decadeva comunque dal ruolo di ricercatore.
      In effetti io ricordo più di un caso di ‘trapassati’ ad altra amministrazione dello Stato..
      Forse non era il massimo ma era qualcosa. Non valeva per i professori associati e ordinari, ma avrebbe potuto in linea di principio essere introdotto. Sicuramente TUTTE le pseudo-riforme attuate successivamente non solo non hanno migliorato la situazione ma l’hanno considerevolmente peggiorata.

    • Prima di pensare ad allontanare gli improduttivi bisognerebbe chiedersi perchè una persona diventa improduttiva e valutare i possibili interventi per recuperarla. Si chiama valorizzazione del capitale umano. La politica dell’ANVUR, alla lunga e in assenza di contromisure, genererà un’epidemia di improduttivi.

  7. Il Presidente Graziosi afferma che sono proprio i Rettori a spingerlo ad emanare criteri per le loro esigenze. Credo che quello che dice sia vero. Se i Rettori volessero indebolire l’ANVUR potrebbero farlo in pochi minuti. In ogni caso, come volevasi dimostrare, la VQR e suoi derivati (ISPD) viene usata per valutare i singoli, nonostante le ormai flebili smentite. Era logico che si arrivasse a questo. Era logico e prevedibile, l’avevo previsto perfino io. “Curarne uno per curarli tutti” fu l’incipit di questa follia declamato da un esponente della prima ANVUR. Mai parole furono più profetiche!

  8. si racconta che nei dipartimenti esclusi dai “Ludi Dipartimentali” sia partita la ricerca dei reprobi (singoli e/o SSD) “colpevoli” della cattiva performance dell’aggregato dipartimentale. Ovviamente per ora i segugi, che sono stati sguinzagliati, si aggirano per i corridoi dei laboratori limitandosi a fiutare l’aria, ma non appena Graziosi renderà disponibile la traccia ISPD, sarà vera e propria caccia all’uomo …

    • Detta così, è un omaggio all’Anvur… significherebbe che la ‘cura’
      Miur per aumentare la produttività stà funzionando. Non che funzionerà, ma che stà funzionando, cioè è iniziata la fase 1: la ricerca degli ‘improduttivi’…

  9. Non c’è bisogno che sguinzaglino alcuni segugi. Da noi a Cagliari, ma qualcosa di simile anche a Sassari, è stato pubblicato un bando per il finanziamento di progetti finanziati dalla Fondazione Banco di Sardegna: nel bando sono esclusi tutti coloro che non hanno partecipato alla VQR 2011-2014 (Cagliari e Sassari) e contentino possono per grande concessione del rettore e del senato presentare domanda e partecipare al progetto coloro che hanno due prodotti per gli anni 2015-2016. Follia pura.

    • Escludere gli antivuquristi da bandi emanati da enti privati è un atto di pura autocastrazione da parte dell’ateneo. Così chi non potrà (com)partecipare alla distribuzione di questi fondi, produrrà probabilmente meno, sarà comunque più debole, a grande vantaggio dell’Ateneo, nevvero? L’ateneo ci guadagna anche nella maggiore compattazione empatica del proprio personale, nevvero?, tanto che importa di questi tempi? Ognuno per sé e nessuno per tutti. Se così accadesse, ritorcerei la cosa contro il rettore e il senato: siete voi che avete deciso per me, ora tenetevi anche le conseguenze, intelligentoni. Un saluto, oggi 1 giugno, al compagno Graziosi, si rilegga la Costituzione. Si proponga un nuovo referendum, accademico questa volta: vuoi tu abolire la neomonarchia universitaria denominata Anvur, cioè Aristocrazia Nefasta per la Valutazione delle Università Repubblicane?

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