L’ ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, per illustrare le motivazioni che hanno giustificato i tagli all’istruzione, all’università e alla ricerca, si è posto una domanda retorica: «Perché dovremmo pagare uno scienziato quando facciamo le migliori scarpe del mondo?». Questa domanda merita attenzione perché svela un pensiero comune non solo di una parte consistente del mondo politico, ma anche delle stesse classi dirigenti di questo paese. L’idea sostanziale è che «non possiamo assolutamente più pensare di essere un paese di serie A in tanti settori perché le ricerche sono condotte con mezzi che non possiamo permetterci». Questa visione delinea una voluta disattenzione verso la ricerca fondamentale e la cultura. Come spiega Milena Cuccurullo nel suo saggio “Le ali spezzate della ricerca”, possiamo sostituire la parola “scienziato” con la parola “ricercatore”, intendendo la ricerca come sapere fondamentale, sia esso scientifico o umanistico. Non c’è stata, infatti, alcuna differenza nei tagli e la (contro) riforma ha riguardato ogni campo del sapere. Di contro, vi è l’espressa e dichiarata volontà di condizionare il tipo di ricerca avanzata da svolgere e la modalità stessa con cui è perseguita, al fine di tagliare le ali a tutta quella ricerca che è considerata priva delle potenzialità di dare un ritorno economico a stretto giro.

Negli ultimi mesi il tentativo di condizionamento viene perpetrato attraverso l’Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca. Questa agenzia è stata progettata in fretta e furia, al di là d’ogni standard già in uso a livello internazionale. La necessità di una valutazione del sistema universitario è condivisibile, ma la maniera in cui questa sta avvenendo lascia perplessi e allarmati, sia per la mancanza di trasparenza nei metodi che di chiarezza negli
obiettivi. In questa situazione i principi primi del senso del finanziamento della ricerca fondamentale da parte dello Stato devono essere ridiscussi in maniera aperta per convincere l’opinione pubblica che la spesa in ricerca non è un
costo, ma il migliore investimento per le nuove generazioni.

 

 

 

 

Uno dei motivi principali per cui la ricerca di base deve essere finanziata con fondi pubblici risiede proprio nella
scala di tempo per la ricaduta dell’investimento. A questo proposito riporto una citazione tratta da una prolusione di
Sheldon Glashow, premio Nobel per la fisica nel 1979, in cui è spiegato molto chiaramente il ruolo della ricerca fondamentale: «La scienza fornisce la possibilità di comprendere razionalmente il nostro ruolo nell’universo e può rimpiazzare le superstizioni che tante distruzioni hanno prodotto nel passato. Ci sono delle scienze che portano benefici di carattere generale, piuttosto che vantaggi specifici a prodotti individuali. L’eventuale ritorno economico di queste ricerche non può essere ascritto a una singola impresa o imprenditore. Questa è la ragione per la quale la ricerca pura è finanziata dai governi senza tener conto dell’immediato interesse commerciale dei risultati. Il finanziamento governativo della ricerca di base, non indirizzata a finalità immediate, deve continuare se si vogliono ottenere ulteriori progressi».

Quale può essere il valore aggiunto della ricerca fondamentale per un paese come l’Italia, in cui le piccole, medie e recentemente anche grandi imprese ad alto tasso tecnologico stanno scomparendo? Bisogna ribaltare la domanda iniziale e chiederci se è possibile che un paese come l’Italia possa produrre solo “scarpe”, nel senso di prodotti a bassa intensità tecnologica, o puntare sul terziario e il turismo lasciando da parte ogni altra velleità. La ricerca dell’arricchimento facile non porta da nessuna parte: la crisi economica, di questi tempi, lo rammenta tutti i giorni.

(Pubblicato il 24 gennaio 2013 su La Repubblica – Napoli)

 

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9 Commenti

  1. Sotto le scarpe degli Italiani, NIENTE!

    „L’ ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, per illustrare le motivazioni che hanno giustificato i tagli all’istruzione, all’università e alla ricerca, si è posto una domanda retorica: «Perché dovremmo pagare uno scienziato quando facciamo le migliori scarpe del mondo?». Questa domanda merita attenzione perché svela un pensiero comune non solo di una parte consistente del mondo politico, ma anche delle stesse classi dirigenti di questo paese.“

    Leggendo e rileggendo questa frase sono giunta alla conclusione che essa corrisponda al pensiero di coloro che votano o meglio hanno votato Berlusconi. In realtà, come scritto, lui ha sempre espresso il pensiero di chi lo appoggiava. Lo dimostrano i continui camaleontismi di espressione e idee che Berlusconi ha adottato e adotta ogni giorno, ogni ora. L´”uomo” in questione ha solo fini personali, come li raggiunga, è nelle mani di coloro che lo votano. Al popolo italiano è sempre piaciuto sentirsi dire ciò che viene detto nei “bar”! E la classe dirigente di questo paese ha appoggiato questo populismo per fini di lucro, per non pagare le tasse, per avere agevolazioni. E quì sta il punto fondamentale! Questa mentalità ha delle origini lontanissime ma è dentro le persone che si muove e nasce una società diversa, di doveri ma anche di consapevolezza dei propri diritti! E anche di consapevolezza che si possono scegliere delle strade diverse da quelle che sembrano invece le più facili.
    l`Italia è considerata all´estero un paese arretrato, anche se i ricercatori al contrario rappresentano ancora un bacino eccezionale di cervelli (temo ancora per poco! Visto che i giovani andranno a fare i baristi!). E dico temo perché sono ancora convinta che è limitativo parlare solo d´Italia quando in realtà dovremmo essere tutti cittadini europei, in una comunità Europea con regole e strutture di potere diverse da quelle di oggi! All´estero c`è una considerazione bassissima della politica e dei politici italiani, ma quello che viene valutato come cosa peggiore è l´atteggiamento passivo e la mentalità del popolo. l´Italia ha una mentalità “Border country”!
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    „Bisogna ribaltare la domanda iniziale e chiederci se è possibile che un paese come l’Italia possa produrre solo “scarpe”, nel senso di prodotti a bassa intensità tecnologica, o puntare sul terziario e il turismo lasciando da parte ogni altra velleità.“

    La mia risposta a questa domanda è:
    SÌ! Non solo é possibile, ma bensì é quello che si sta perseguendo (molto anche a parole) con grande zelo da più parti e da parecchio tempo! Anche se dubito che anche gran parte del terziario sopravviverà. E proprio per questo penso che:
    NO! Non sarà fattibile nel lungo periodo se non si vuole finire nel terzo mondo!

    La ricerca di base è fondamentale perché costituisce uno dei pilastri della crescita insieme alla ricerca applicata e allo sviluppo sperimentale.

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    Ancora una considerazione speciale la faccio non alla classe dirigente, non alla classe politica, ma alla classe d`intellettuali di questo paese che (esclusi pochi casi), si sono piegati alla corrente che li portava, perseguendo i propri interessi e non hanno fatto nulla per reagire o far sentire una voce alternativa al profondo degrado che dilagava, da ultimo:
    “Negli ultimi mesi il tentativo di condizionamento viene perpetrato attraverso l’Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca. Questa agenzia è stata progettata in fretta e furia, al di là d’ogni standard già in uso a livello internazionale.“

    „ Non vi é per l´intellettuale che una forma di tradimento o di diserzione: l´accettazione degli argomenti dei „politici“ senza discuterli, la complicità con la propaganda, l´uso disonesto di un linguaggio volutamente ambiguo, l´abdicazione alla propria intelligenza alla opinione settaria, in una parola il rifiuto di comprendere, e in tal guisa di apportare agli uomini l ´aiuto prezioso di cui la cultura sola é capace, l´aiuto a infrangere i miti, a spezzare il circolo chiuso di impotenza e di paura, in cui si rivela la contagiosa inferiorità dell´IGNORANZA!“ Bobbio. (Da l libro “l´intransigente”, Maurizio Viroli, 2012, Gius. Laterza & Figli.

    • Il problema è che anche il centro sinistra ha subito l’iniziativa del mondo imprenditoriale piuttosto che guidarlo. Di fondo il problema è quello di politica economica e industriale, che dovrebbe essere guidata, in parte almeno, dallo Stato, visto che solo lo Stato ha le capacità e le risorse per dare un impulso allo sviluppo di attività ad alto contenuto tecnologico.

  2. Circa il 15 per cento dei docenti universitari di fisica in italia si occupano di fisica della materia condensata. Nel settore atomic, molecular and optical (AMO) physics la percentuale e’ circa del 10 per cento. Nel settore fisica medica e biologica la percentuale e’ circa del 5 per cento.

    In UK, in USA, in Giappone, in Francia ed in Germania le percentuali in questi settori sono molto molto piu’ alte.

    • Si, e allora? Incarichiamo l’anvur di stabilire gli argomenti di studio e ricerca per ciascuno di noi?

    • Secondo me, il docente universitario statale, una volta assolti i compiti didattici, dovrebbe essere libero di studiare quello che vuole, con un piccolo budget di ricerca annuale automatico (circa 4 mila euro).

      Il resto dei soldi per la ricerca il docente universitario statale deve conquistarseli facendo progetti.

      E, secondo me, ci deve essere un organismo scientifico pubblico che suggerisce le priorita’ al Ministero. Questo organismo dovrebbe suggerire le priorita’ anche per gli enti di ricerca pubblici.

      Che lo stesso organismo pubblico debba occuparsi anche di qualita’ della didattica mi sembra pero’ strano.

  3. Il problema e’ che il centrosinistra s’e’ fatto irretire e dettare l’agenda dal pensiero neoliberale. Dovremmo riuscire ad andare oltre e riscoprire, come dice bene slylos, il ruolo fondamentale dello Stato nel programmare e indirizzare i sistemi economici. D’altra parte ogni giorno abbiamo la prova che il pensiero economico ortodosso parla di una realta’ che non esiste e che i mercati, lasciati liberi, producono crisi e depressione.

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