Publish Your Reviews è un’iniziativa, organizzata da Jessica Polka di ASAPbio e Ludo Waltman dell’Università di Leida, che nasce dall’esigenza di parte della comunità scientifica di rendere il processo di revisione tra pari il più trasparente possibile. L’obiettivo è di mettere a disposizione della comunità non soltanto il preprint di un articolo sottoposto a revisione in una qualche sede editoriale, come una rivista, ma anche le revisioni stesse che vengono scritte e elaborate da parte dei revisori coinvolti. Roars intervista Silvio Peroni, docente di Informatica e Open Science presso l’Università di Bologna.

 

La comunicazione scientifica evolve rapidamente e sempre più urgenti sono le istanze di trasparenza da parte di enti finanziatori, comunità scientifiche e cittadini in senso lato.

Una ricerca di qualche anno fa, che riportava una indagine su un campione ampio di ricercatori a livello mondiale indicava che il 55% degli intervistati considerava l’attuale sistema della comunicazione scientifica malfunzionante. Un sistema opaco, dai tempi lunghi, poco tracciabile nella maggior parte dei casi, e sotto la responsabilità di operatori commerciali il cui scopo primario è il profitto. Negli ultimi anni si è cercato di distribuire la funzione di disseminazione e validazione dei contenuti scientifici secondo modelli diversi da quello dell’editoria tradizionale in cui è l’editore il responsabile di entrambi gli aspetti. Modelli tracciabili, trasparenti, che si appoggiano a infrastrutture pubbliche. In questo contesto nasce l’iniziativa Publish Your Reviews.

Roars intervista Silvio Peroni, docente di Informatica e Open Science presso l’Università di Bologna, che ha aderito all’iniziativa con entusiasmo.

ROARS: Cosa è Publish Your Reviews e come nasce?

Publish Your Reviews è un’iniziativa, organizzata da Jessica Polka di ASAPbio e Ludo Waltman dell’Università di Leida, che nasce dall’esigenza di parte della comunità scientifica di rendere il processo di revisione tra pari il più trasparente possibile. L’obiettivo è di mettere a disposizione della comunità non soltanto il preprint di un articolo sottoposto a revisione in una qualche sede editoriale, come una rivista, ma anche le revisioni stesse che vengono scritte e elaborate da parte dei revisori coinvolti. 

Nel sistema attuale, quando il processo di revisione adottato da una rivista non lo permette, la open peer review si può comunque adottare se i tre attori coinvolti nel processo – la sede editoriale, l’autore dell’articolo, e l’autore della revisione – agiscono in tal senso. In particolare, la sede editoriale deve permettere la condivisione del preprint del lavoro sottoposto. L’autore, dal canto suo, deve mettere a disposizione il preprint del proprio lavoro in un qualche preprint server (per esempio, arXiv o Zenodo). Infine, il revisore deve pubblicare la sua revisione del preprint mettendola a disposizione sul Web, mediante l’utilizzo di specifici servizi.

R: Quali sono gli aspetti più importanti di questa iniziativa?

Questa iniziativa agisce a diversi livelli. In primo luogo, offre un contesto aggiuntivo di discussione per i preprint che sono a disposizione sul Web, visto che permette di accompagnarli con revisioni che mostrano i punti di forza e di debolezza di un lavoro scientifico, e le eventuali domande che non sono state risposte. 

Poi, permette il riuso delle revisioni, semplificando il lavoro dei curatori delle sedi editoriali che possono avvalersi e riutilizzare le revisioni che sono state pubblicate in modo aperto, evitando di appesantire ulteriormente il carico (già oltre soglia da anni) dei ricercatori che si prestano ad attività di revisione tra pari. Inoltre, la discussione tra autori e revisori viene portata nel pubblico dominio, permettendo anche a lettori interessati e competenti sull’argomento trattato di entrare nella conversazione e, di conseguenza, arricchirla. 

Infine, il fondamentale lavoro fatto dai revisori, che ad oggi rimane il principale metodo valutativo delle pubblicazioni scientifiche (e non solo), non viene più tenuto nascosto dalla sede editoriale. Piuttosto, diventa pubblicamente riconosciuto e misurabile. Si parla tanto, in questo ultimo periodo, di riformare i meccanismi per la valutazione della ricerca. Per esempio, in CoARA c’è la chiara indicazione della necessità di valutare tutti i contributi che un ricercatore dà alla ricerca: non solo le pubblicazioni ma anche, per esempio, le proprie revisioni di lavori altrui. Per arrivare a questo, il processo di revisione tra pari deve essere trasparente.

R: Cosa implica firmare il pledge e perché bisognerebbe farlo?

I firmatari si impegnano a pubblicare sul Web le proprie revisioni nel caso in cui il lavoro sottoposto alla valutazione di una sede editoriale sia anche disponibile come preprint, assicurandosi che la revisione non includa né il nome della sede editoriale (ad esempio, il nome della rivista), né la raccomandazione suggerita dal revisore (accettato o rifiutato), né nessun’altra informazione confidenziale.

Firmare il pledge è un’azione essenziale. In primo luogo, perché aiuta a condividere il messaggio di trasparenza che dovrebbe caratterizzare sempre la ricerca, alimentando un dialogo davvero aperto, pubblico e conforme ai principi della Scienza Aperta. Ma è anche un atto dovuto: tutti i revisori dovrebbero prendersi la responsabilità di quello che scrivono nelle proprie revisioni con l’obiettivo di aiutare l’autore a migliorare il suo lavoro. Rendere le revisioni, firmate, disponibili liberamente sul Web è un passo che va in questa direzione.

R: Ci sono aree scientifiche dove ha più senso seguire i punti del pledge o i principi sono validi e applicabili a tutte le aree disciplinari?

In generale, i principi enunciati dal pledge sono agnostici rispetto all’area disciplinare o alla sede editoriale. Tuttavia, discipline in cui la pubblicazione del preprint è una pratica già in essere e ampiamente accettata dalla relativa comunità sono sicuramente più facilitate nel vedere coinvolti i propri ricercatori in Publish Your Reviews.

R: Come si fa a pubblicare la propria review?

Un buon punto di partenza è la pagina di how to dell’iniziativa. Diverse piattaforme e infrastrutture mettono da tempo a disposizione servizi per pubblicare le revisioni, offrendo anche la possibilità di assegnargli un identificativo persistente (ad esempio, un DOI), così da poterle formalmente identificare. Esempi di queste infrastrutture sono PREreview, Qeios, e ScienceOpen. Ma ci sono anche altri servizi a disposizione, e ulteriori sono in fase di sviluppo.

R: C’è qualche esempio di buona pratica da citare sul tema Publish Your Reviews?

Sul sito dell’iniziativa, c’è un’intera pagina di documentazione che dettaglia alcune risorse messe a disposizione per aiutare un revisore nel preparare e condividere sul Web la propria revisione. Inoltre, c’è anche un bellissimo elenco di f.a.q. che risponde ai dubbi più comuni di coloro che si approcciano per la prima volta all’iniziativa, ad esempio: chi è il proprietario legale della revisione? Cosa bisogna includere nella revisione pubblicata sul Web? Quali sono e come possono essere gestiti i pregiudizi che possono incorrere in un processo di revisione aperto?

In generale, il mio suggerimento come autore è quello di scegliere delle sedi editoriali che permettono di mettere a disposizione sul Web il preprint di un lavoro anche prima di sottoporlo alla valutazione della sede editoriale, in modo da massimizzare la possibilità che possa ricevere revisioni aperte. Sherpa Romeo è uno strumento appositamente sviluppato per le riviste per semplificare proprio questa scelta. Inoltre, da revisore, bisogna pubblicare le revisioni associandogli delle licenze il più aperte possibile, per esempio quelle suggerite dalla Open Definition, in modo da massimizzare il possibile riuso delle revisioni.

Lo scopo di Publish Your Reviews, insieme a molte altre iniziative che favoriscono l’adozione di pratiche proprie alla scienza aperta, è quello di rendere la ricerca, soprattutto quella finanziata dal pubblico, il più trasparente possibile. Noi tutti, come studiosi e ricercatori, abbiamo l’obbligo morale di impegnarci in questo senso, visto che il nostro fine ultimo, e quello dell’accademia, è quello di condividere nuove scoperte scientifiche e, più in generale, nuova conoscenza con colleghi e tutta la società.

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2 Commenti

  1. Onestamente, mi sembra una proposta esagerata. Non vedo nessun serio vantaggio da avere accesso alle opnioni dei reviewer su una versione non definitiva di un lavoro. Inoltre la pretesa che in tal modo ” i lettori competenti possano entrare nella discussione” è quantomeno ingenuo, avendo prsenti i meccanismi dell’approvazione editoriale.

    Sarebbe invece tempo di discutere senza dar per scontato nulla il senso e lo scopo di molte di queste iniziative targate “scienza aperta”, spesso presentate come se la scienza fino a ieri fosse stata chiusa. Cosa su cui dissento.

  2. Mi sembra che questa iniziativa, se adottata, vada a mettere molto a rischio l’anonimità dei revisori. Sapendo chi pubblica le reviews nel nostro campo e chi no, e avere un’ottima idea del loro stile di scrittura avendo a disposizione molti più esempi, è molto facile farsi un’idea di chi è un revisore. Come affrontate questo problema? Avete delle soluzioni?

    Anche io ho qualche dubbio, perché preservare il più possibile l’anonimità dei revisori mi sembra più importante che garantire che il processo sia aperto.

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