Peter Higgs, rinomato fisico insignito del Premio Nobel 2013, ha recentemente dichiarato che “Quando lavoravo al mio articolo del 1964 [ndr: che per primo predisse l’esistenza del bosone di Higgs], nessun altro ricercatore aveva preso sul serio quello che stavo facendo”. Nella dura realtà accademica odierna, Higgs molto probabilmente avrebbe avuto grandi difficoltà a ottenere finanziamenti per condurre le sue ricerche in un campo “fuori moda” della fisica teorica speculativa. Oggi i giovani ricercatori, spinti dalle deprimenti prospettive del mercato del lavoro e dalle regole di assegnazione dei fondi di ricerca, preferiscono investire il proprio tempo su idee che sono già state esplorate ampiamente nella letteratura. Infatti, i progetti potenzialmente più ambiziosi e innovativi sono i più rischiosi per il singolo ricercatore o per chi finanzia la ricerca e, se non vengono dati incentivi adatti, non vengono proprio perseguiti. Il problema è dunque come gestire il rischio insito nell’innovazione perché per ogni successo che porta a importanti ricadute scientifiche e tecnologiche, ci sono necessariamente molti fallimenti.
Come nota Mariana Mazzucato nel suo bel libro “Lo stato imprenditore” la più rinomata impresa ad alta tecnologia americana, l’Apple, come molte altre, ha trovato un modo di gestire il rischio molto interessante: socializzarlo. Infatti, l’Apple si classifica tra gli ultimi posti per le quote stanziate in ricerca e sviluppo (rispetto alle vendite). La strategia adottata, da quando la piccola impresa si sviluppò nel mitico garage di Steve Jobbs, è stata invece quella di identificare le tecnologie emergenti con grande potenziale innovativo e di integrarle per costruire prodotti orientati al design. Dunque, il segreto del successo dell’Apple è nell’innovare senza spendere e di riversare sullo Stato il rischio della ricerca. Un’analisi dettagliata dei recenti prodotti dell’Apple, dall’Ipad all’Iphone, mostra, infatti, che la base tecnologica è fornita da scoperte della ricerca fondamentale degli ultimi due decenni che sono state finanziante dallo Stato (in gran parte americane ma anche di alcuni paesi europei). Dunque una gestione attenta ed efficiente della spesa pubblica ha permesso allo Stato di agire come un investitore chiave per scommettere sulla ricerca ed assumersene l’alto rischio, riuscendo così a creare le condizioni necessarie per produrre innovazione e modellare i mercati del futuro.
Il paradosso di questa strategia sta nella socializzazione del rischio attraverso il finanziamento statale alla ricerca di base e nella privatizzazione dei profitti da parte di quelle imprese che riescono a usare le scoperte ottenute a spese delle Stato per fabbricare prodotti ad alta tecnologia. Questa situazione pone il problema della formazione di rapporti di tipo parassitario tra Stato e settore privato: se lo Stato evita al settore privato di rischiare nella ricerca non è del tutto chiaro come il settore privato ricambi il “favore”. Infatti la Mazzucato mette in evidenza che “[La Apple] nonostante abbia beneficiato direttamente dalle tecnologie finanziate dai contribuenti, ha strategicamente “sottopagato” le tasse …” (vedi ad esempio qui). La contrapposizione tra ricerca applicata e ricerca fondamentale è perciò un falso problema mentre la gestione del rischio, intrinseco allo sviluppo della ricerca, è l’elemento fondamentale per l’innovazione tecnologica.
Un versione leggeremente diversa di questo articolo e’ stata pubblicata su Il Fatto Quotidiano
Un profano che leggesse questo blog potrebbe pensare che non esistono altri scienziati oltre ad Higgs. Bisogna ringraziare Higgs non per le sue teorie, ma perchè senza di lui metà delle argomentazioni di ROARS cadrebbero.
Ma studi un po’ di storia della scienza invece di scrivere corbellerie (rimando a questo post per ulteriori approfondimenti su altri casi e soprattutto a referenze adeguate https://www.roars.it/sullimprevedibilita-delle-scoperte-scientifiche/ — si veda anche qui https://www.roars.it/sullimprevedibilita-delle-scoperte-scientifiche/)
A dire il vero, io ringrazierei anche un altro Nobel, R.R. Ernst, premio Nobel per la fisica:
R.R. Ernst (Nobel prize in Chemistry), “The Follies of Citation Indices and Academic Ranking Lists A Brief Commentary to ‘Bibliometrics as Weapons of Mass Citation’,” Chimia, Vol. 64, No. 1/2, 2010, p. 90.
http://www.chab.ethz.ch/personen/emeritus/rernst/publications
“The present hype of bibliometry made it plainly obvious that judging the quality of science publications and science projects by bibliometric measures alone is inadequate, and reflects the inadequacy of science man- agement regimes staffed by non-scientific administrators or by pseudo-scientists who failed to develop their own personal judgment.”
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Poi aggiungerei anche un bravo matematico, Douglas N. Arnold (http://en.wikipedia.org/wiki/Douglas_N._Arnold):
D.N. Arnold (past president of the Society for Industrial and Applied Mathematics), “Integrity under attack: The state of scholarly publishing”, SIAM News. Vol. 42, No. 10, December 2009, pp. 1-4.
http://www.siam.org/news/news.php?id=1663
“The next time you are in a situation where a publication count, or a citation number, or an impact factor is brought in as a measure of quality, raise an objection. Let people know how easily these can be, and are being, manipulated. We need to look at the papers themselves, the nature of the citations, and the quality of the journals.”
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Però non è nemmeno il caso di trascurare la farmacologia:
D. Colquhoun, “Publish-or-perish: Peer review and the corruption of science,” The Guardian, September 5, 2011
http://www.guardian.co.uk/science/2011/sep/05/publish-perish-peer-review-science?fb=optOut
“To have “written” 800 papers is regarded as something to boast about rather than being rather shameful. … The way to improve honesty is to remove official incentives to dishonesty.”
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Poi dobbiamo aggiungere alla lista dei ringraziamenti anche alcune società scientifiche: European Mathematical Society, European Physical Society, Institut de France, Académie des Sciences:
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Code of Practice – European Mathematical Society, p. 5
http://www.euro-math-soc.eu/system/files/COP-approved.pdf
“1. Whilst accepting that mathematical research is and should be evaluated by appropriate authorities, and especially by those that fund mathematical research, the Committee sees grave danger in the routine use of bibliometric and other related measures to assess the alleged quality of mathematical research and the performance of individuals or small groups of people.
2. It is irresponsible for institutions or committees assessing individuals for possible promo- tion or the award of a grant or distinction to base their decisions on automatic responses to bibliometric data.”
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On the use of bibliometric indices during assessment – European Physical Society, p. 2
http://www.eps.org/news/94765/
“The European Physical Society, in its role to promote physics and physicists, strongly recommends that best practices are used in all evaluation procedures applied to individual researchers in physics, as well as in the evaluation of their research proposals and projects. In particular, the European Physical Society considers it essential that the use of bibliometric indices is always complemented by a broader assessment of scientific content taking into account the research environment, to be carried out by peers in the framework of a clear code of conduct.”
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Du Bon Usage de la Bibliometrie pour l’Évaluation Individuelle des Chercheurs”- Institut de France, Académie des Sciences, p. 5
http://www.academie-sciences.fr/activite/rapport/avis170111gb.pdf
“Any bibliometric evaluation should be tightly associated to a close examination of a researcher’s work, in particular to evaluate its originality, an element that cannot be assessed through a bibliometric study.”
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Non è il caso di dimenticare gli estensori e i firmatari della Declaration on Research Assesssment, sottoscritta da più di 400 organizzazioni (comprese riviste come Science, Plos e PNAS) e più di 9.000 individui, tra cui:
– American Association for the Advancement of Science (AAAS)
– American Society for Cell Biology
– British Society for Cell Biology
– European Association of Science Editors
– European Mathematical Society
– European Optical Society
– European Society for Soil Conservation
– Federation of European Biochemical Societies
– Fondazione Telethon
– Higher Education Funding Council for England (HEFCE)
– Proceedings of The National Academy Of Sciences (PNAS)
– Public Library of Science (PLOS)
– The American Physiological Society
– The Journal of Cell Biology
– Institute Pasteur
– CNRS – University Paris Diderot
– INGM, National Institute of Molecular Genetics; Milano, Italy
– Université de Paris VIII, France
– University of Florida
– The European Association for Cancer Research (EACR)
– Ben-Gurion University of the Negev
– Université de Louvain
…
__________________________
DORA, San Francisco Declaration on Research Assessment – http://am.ascb.org/dora/):
“1. Avoid using journal metrics to judge individual papers or
individuals for hiring, promotion and funding decisions.
2. Judge the content of individual papers and take into
account other research outputs, such as data sets, software
and patents, as well as a researcher’s influence on policy
and practice.”
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Da parte mia, come ingegnere ringrazierei, anche l’IEEE, la più grande associazione mondiale in ambito tecnologico:
[3.9] IEEE Board of Directors: Position Statement on “Appropriate Use of Bibliometric Indicators for the Assessment of Journals, Research Proposals, and Individuals”.
https://www.roars.it/wp-content/uploads/2013/11/IEEE-Bibliometric-Statement.pdf
“Any journal-based metric is not designed to capture qualities of individual papers and must therefore not be used alone as a proxy for single-article quality or to evaluate individual scientists“.
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Poi dovrei passare all’agenzia di valutazione britannica e poi e poi …
Insomma, mi sembra di poter rassicurare Shakerato_non_mescolato: anche senza Higgs abbiamo scienziati, associazioni scientifiche, agenzie di valutazione, riviste internazionali che supportano le nostre argomentazioni.
Apple, Microsoft ed altri in US comperano piccole ditte per acquisire nuove tecnologie sia per usarle che per non usarle né loro né altri. Non è proprio social.
La possiamo chiamare “la difesa Higgs”, un po’ come la “difesa Chewbacca” di South Park.
Ho già risposto sopra. Il livello della “cultura della valutazione” (o come la vogliamo chiamare) in Italia è talmente basso che a molti sfugge che ad essere marginali in ambito internazionale non sono le posizioni di Roars, ma quelle di chi scambia l’asfittico dibattito nazionale per lo stato dell’arte in materia. Un caso emblematico è stato quello di Diego Marconi che su una rivista scientifica di filosofia ha scritto un articolo sulla valutazione senza alcun riferimento a pubblicazioni scientifiche, ma con abbondanti citazioni da “la Repubblica”, “Il Sole-24 ore” e il “Corriere della Sera” (https://www.roars.it/diego-marconi-e-la-valutazione-della-ricerca-fascination-with-the-unknown/). Se non fosse per i danni che ne derivano, verrebbe da sorridere di fronte alla credulità di alcuni colleghi che formano la loro opinione su fonti giornalistiche senza alcun riscontro scientifico. Da un ricercatore universitario (di qualsivoglia materia) ci si attenderebbe un livello culturale ed uno spirito critico un po’ migliori.
Non capisco proprio questa risposta. Ho criticato forse le vostre posizioni su ASN e valutazione? No.
Ho citato Repubblica, Sole24Ore o il Corriere della Sera? No.
Dico solo continuare a usare l’esempio di Higgs è ridicolo, per talmente tanti motivi che non ho neanche voglia di ripeterli.
“continuare a usare l’esempio di Higgs è ridicolo, per talmente tanti motivi che non ho neanche voglia di ripeterli”
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Hic Rhodus, hic salta.
Shakerato_non_mescolato se lei scrive che “l’esempio di Higgs è ridicolo” e poi non e’ capace di mettere insieme un argomento si squalifica da solo (e giustamente continua ad usare l’anonimato).
Il fatto e’ che Higgs (prima parte dell’articolo) mi pare c’entri poco con Jobbs (seconda parte). Il primo e’ piu’ unico che raro (un novello Einstein), mi pare poco generalizzabile. Inoltre le “idee gia’ esplorate” (o temi di moda) della prima parte sono proprio quelli che interessano le aziende (seconda parte). Se fosse un paper under review, chiederei una major revision.
Higgs non e’ affatto “un esempio piu’ unico che raro” come gia’ ribadito sopra (Ma perche’ non rendere obbligatorio un corso di storia della scienza in tutte le discipline? Potremmo evitare commenti del genere). Inoltre le idee gia’ esplorate dalla ricerca fondamentale interessano alle aziende proprio perche’ non ci devono investire di loro. Non e’ un concetto difficile da capire.
Un altro esempio, certamente né unico né raro, è quello di Yitang Zhang. Il problema con gli esempi che non hanno ricevuto il premio Nobel è che sono poco noti fuori della loro disciplina. Per Y. Zhang suggerisco di cercarlo su Wikipedia.
Un altro esempio è quello di Douglas Prasher, talmente sottotraccia da non aver preso il Nobel perché nel frattempo era finito a fare l’autista di taxi.
Però anche se si prendessero altri mille di questi esempi (e ce ne sono), rimane il rischio, data la loro bassa frequenza relativa, di essere vittime della “euristica della disponibilità”. Questi sono esempi talmente anomali e d’impatto da farceli apparire più rilevanti di quello che sono.
frequneza relativa? ripeto: per discutere di questi argomenti bisogna partire da un buon libro di storia della scienza affiancato da un buon libro di filosofia della scienza.
ecco magari cambiare esempio ogni tanto…
L’esempio di Higgs è fatto a posta così anche chi non sa nulla di scienza capisce di cosa si parla. Un po’ come le famose perline. Ma appunto, conviene leggersi qualcosa.
ecco magari firmarsi con nome e cognome ogni tanto, darebbe un poco (poco, ma pur sempre qualcosa) di credibilità in più. Quanto agli esempi, ne ha suggerito un altro Alessandro Figà Talamanca poco più sopra. Altri, volendo, si trovano in letteratura. Basta leggere. Nel mondo di internet e delle banche dati è alla portata di tutti.
mi piacerebbe firmarmi con la stessa scioltezza di altri, ma temo la famosa “testa di cavallo” nel letto. Sono d’accordo col discorso del “rischio”, entravo solo nel merito dell’efficacia dell’argomentazione. Higgs (fisica teorica speculativa, prima parte) pare poco attinente con gli aggeggi di Jobs. Chi sono invece gli “oscuri scienziati” cui Jobs deve tanto? Magari non famosi come il Nobel, ma sicuramente numerosissimi.
Consiglio di vedere l’immagine che ho postato sotto in cui per ogni singolo componente dell’Ipad si può identificare il finanziamento statale di provenienza. L’argomentazione è semplice: “Higgs” (=ricerca fondamentale) fa ricerca e “Jobs” (=ricerca applicata) ne gode i frutti.
“la testa di cavallo nel letto”?? Davvero questo paese ha perso la bussola a partire dagli accademici
Il problema di Apple si riferisce ai diritti di proprietà. Ricordo che alla fine degli anni 90 un’azione Apple valeva circa 4 dollari e l’azioenda di Jobs fu salvata da acquisti massicci di Bill Gates, per un roblema molto semplice: negli USA la legge antitrust è una cosa seria (Sherman Act) e microsoft rischiava di fare la fine della Standard Oil. Poi ci fu l’i-pod e l’acquisto in esclusiva di file musicali dalle major in crisi e la vendita di un device che ha rilanciato la casa di Cupertino (anche in questo caso ha generalizzato un modello di multisided market ben noto e ampiamente utilizzato da decenni) ecc. ecc. Che poi Apple per i suoi device usi conoscenze non coperte da copyright e sviluppatori esclusivi testimonia una scelta di tipo industriale, commerciale (economie di rete) e di marketing estremamente spregiudicata, ma non capisco quale sia il nesso di causalità.
Il nesso di causalità è piuttosto ovvio ed è spiegato in questa figura :
Rischio e Ricerca …. Rischio e Innovazione …. Rischio e Informatica …. la mano invisibile degli interessi [forti] di mercato che ci ha portato – con l’informatica di consumo – all’incapacità di gestire il rischio di vivere in un sistema che non funziona.
Storia lunga; iniziata a fine anni ’60.
Sarebbe ora che qualcuno la raccontasse.
Consiglio “Ingegni minuti. Una storia della scienza in Italia” http://www.amazon.it/Ingegni-minuti-storia-scienza-Italia/dp/8807104636
Continuo a credere che Apple sia solo un caso di successo di mercato come prima Microsoft. Tale successo deriva dalla combinazione di politiche industriali (uso di innovazioni non coperte da brevetto, commerciali (estese economie di rete e di marketing posizionamento alto del device. Lo stesso avvenne per Microsoft quando comprò i software come LOTUS ecc. Divesro è il roblema degli investimenti in R&S e in innvazione.Su questi almeno a partire dagli anni 90 gli USA e la UE hanno presentato due dinamiche fortemente differenziate: nel primo caso l’invetimento medio annuo (pubblico + privato) è stato del 3,5% del PIl nel secondo del 2%, con dip nel caso dell’Italia ancora più basso 1,3% (0,7 privato) ma del 2,8 in Germania. Questo ha determinato una caduta della produttività totale dei fattori che unita agli scarsi invetsimenti in beni intangibili hanno prodotto i risultati che tutti possono ammirare.
Mi sono dirottato su http://www.amazon.it/cultura-componibile-frammentazione-disgregazione-sapere/dp/8820742810/ “La cultura componibile. Dalla frammentazione alla disgregazione del sapere” – dopo aver letto in una sua recensione queste parole
“…. forse adesso, sappiamo fare e conosciamo meno “cose” di quante ne sapessero fare e conoscessero i nostri padri. In queste pagine c’è una mezza risposta.
L’altra metà toccherà a ciascuno di noi… ”
M’interessa quella metà che tocca ciascuno di noi.
Spero di trovare qualcosa che mi ricolleghi ai fisici che volevano analizzare fotogrammi di camere a bolle, per la loro analisi cinematica degli “eventi”;
m’interessa soprattutto “emulare” il comportamento di chi seppe organizzarsi per usare un CDC6600 e il suo prototipo di sistema operativo; si chiamava SCOPE [Supervisory Control of Program Execution];
quella “S” potrebbe stare anche per “Social” se iniziassimo a usare “la rete” come si iniziò ad imparare a usare il Control Data Corporation 6600 [più al CERN che al CINECA]
Sylos Labini, …. mi sembra un po’troppo semplice interpretare la Mazzuccato come “stato generoso che regala conoscenza all’industria cattiva”. So di banalizzare il tuo pensiero, ma il messaggio che hai trasmesso è più o meno quello.
Dal punto di vista dello stato che agisce in un economia di mercato il vantaggio nel finanziare la ricerca di base da cui le “big corporation” attingono per sviluppare i loro prodotti è evidente: aver permesso lo sviluppo di un’economia della conoscenza che i) genera lavoro qualificato nel proprio territorio, ii) attrae capitali di investimento, iii) genera reddito per lo stato grazie alla vendita dei brevetti iv) genera reddito di cui lo stato riceve una quota come tasse.
Ciò detto la relazione la ricerca di base pubblica e il suo sfruttamento industriale è delicato, importante e merita di essere studiato attentamente per poter elaborare delle politiche adeguate.
Il problema è il rapporto parassitario impresa stato e proprio per non travisare il pensiero della Mazzucato ho messo una sua citazione ” “[La Apple] nonostante abbia beneficiato direttamente dalle tecnologie finanziate dai contribuenti, ha strategicamente “sottopagato” le tasse …“” Rimando a questo suo articolo (e ovviamente al libro) per maggiori approfondimenti e metto un suo tweet su questo articolo che mi sembra ben riassuma il punto.
Nel decennio 83 – 93 gli stati europei si sono giocati, a loro insaputa, la possibilità di arrivare a socializzare – progressivamente – sia il rischio sia i ritorni degli investimenti in ricerca.
Tra l’83 e l’89 l’informatica made in Olivetti ha perso l’occasione di capire cosa si stava facendo nella Data Handling Division del CERN e, quindi, di anticipare l’impatto del Web sul suo “captive market”.
Tra l’89 e il 93 un paio di Direttorati della Commissione Europea fecero insufficiente attenzione ai risultati di un Gruppo di Studio Tecnico [ISO/IEC/TSG1]; il TSG1 doveva produrre un rapporto sugli standard ritenuti necessari per garantire la portabilità e l’interoperabilità delle persone e delle applicazioni.
Per estendere il dibattito sull’interessante libro della Mazzuccato, ecco un commento del NYT:
http://www.nytimes.com/2014/03/24/opinion/americas-underappreciated-entrepreneur-the-federal-government.html?_r=1