Segnaliamo il testo di R. Bellofiore e G. Vertova, che interviene sul tema della VQR sul Manifesto dopo Burgio e Marella.

Vorremmo proseguire la discussione aperta da Burgio e Marella sulla valutazione. Crediamo ci si debba innanzi tutto chiedere da dove venga questa centralità della valutazione. Si è partiti da due problemi reali: il reclutamento e gli avanzamenti di carriera: questione incancrenita dall’indecenza baronale e dalla gestione localistica dei concorsi, da cui la docenza di sinistra non si è smarcata davvero; la presenza di docenti dalla scarsa produzione scientifica. Nel frattempo l’università era sottoposta a riforme continue che, in nome della internazionalizzazione (e a dispetto di una tradizione italiana originale e di qualità che costituiva, si direbbe oggi, un asset competitivo), facevano prevalere una logica finanziaria e taylorista. Si pretende di parametrare quantitativamente uno “sforzo” formativo (misurato in ore/crediti/debiti) sempre più parcellizzato. Più il processo è andato avanti, più la parola d’ordine è diventata quella di relegare la docenza che non rispetta gli standard in Atenei di serie B. Il discorso viene declinato nel linguaggio economicistico di incentivi/disincentivi e della concorrenza tra Atenei. L’esito, del tutto pianificato, è un circolo vizioso di divaricazione di qualità tra Atenei, e la spaccatura tra università dedicate solo alla didattica e altre di “eccellenza”.

Qui il testo completo: Per una critica della valutazione

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