Parte il sistema universitario a due velocità. Per gli atenei di Serie A, ci sarà libertà di sperimentare nuovi organi di governo, la possibilità di costituire dipartimenti in deroga alle numerosità minime, libertà di istituire corsi di laurea e corsi di dottorato senza onerosi accreditamenti. Ma soprattutto tanta libertà di differenziare il trattamento dei docenti: incentivi per trasferimenti anche entro le regioni, via libera alle doppie affiliazioni di docenti in servizio presso atenei stranieri, gestione locale delle chiamate dirette, negoziazione dei compiti didattici e di ricerca, maggiori possibilità di sperimentare forme premiali e incentivi economici per differenziare gli stipendi. Roars è in grado di anticipare una bozza di DM che il MIUR ha trasmesso alla CRUI per un parere. Si tratta del DM con cui si dà attuazione all’art.1 comma 2 della Legge Gelmini, che prevede che le “università virtuose” potranno sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi. Nella bozza di decreto si definiscono quali sono le università virtuose: quelle con indicatori di bilancio stabili e sostenibili; con risultati di elevato livello nel campo della didattica e nel campo della ricerca. Torna prepotentemente in primo piano il ruolo di Anvur: un risultato almeno pari a “B – Più che soddisfacente” certificato da ANVUR con le famigerate visite CEV sarà sufficiente a soddisfare il requisito sulla didattica “di elevato livello”. I risultati di alto livello nella ricerca fanno riferimento sia ai parametri VQR, sia a indicatori relativi a vincitori ERC/Horizon e numero di brevetti.

Non è difficile immaginare, vista la precisione degli indicatori, che gli estensori del documento abbiano già svolto opportune simulazioni. Per esempio non è che ci voglia molto a sapere quali sono le università che hanno ricevuto dall’Anvur un giudizio di accreditamento almeno pari a B: basta cliccare qui. Ed è altrettanto facile prevedere che l’accesso al club delle università di serie A, liberate dai “lacci e lacciuoli” della burocrazia, sarà prevalentemente riservato alle università ricche del Nord.

Il DM che realizza la distruzione del sistema universitario nazionale, decretando università di serie A e di serie B su base territoriale, il sogno di tutti i governi post-Gelmini, sarà finalmente realizzato dal Governo del cambiamento. Dopo aver scritto nel contratto di governo che il ruolo di ANVUR sarebbe stato ridimensionato, il governo del cambiamento ANVUR attribuisce all’agenzia un ruolo centrale ed inedito di decisore delle sorti degli atenei italiani.

Dalle proprietà del file si vede facilmente che l’autore dell’ultimo salvataggio del documento è Daniele Livon che si dice si appresti a transitare al ruolo di direttore di ANVUR. Dopo aver scritto il decreto, potrà applicarlo.

Nelle scorse settimane i bene-informati parlavano insistentemente di frizioni al MIUR tra una linea Valditara ed una linea Chinè-Livon proprio in relazione a questo DM. A quanto pare, ci sono due vincitori e uno sconfitto. Come al solito, al vice-ministro Fioramonti e al M5S non devono neanche avere fatto vedere la palla.

ECCO IL TESTO COMPLETO (qui il pdf)

VISTO il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni;

VISTA la legge 9 maggio 1989, n. 168, la quale prevede, all’art. 1, comma 2, che il Ministro “dà attuazione all’indirizzo e al coordinamento nei confronti delle Università (…) nel rispetto dei principi di autonomia stabiliti dall’art. 33 della Costituzione”;

VISTO l’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127 e successive modificazioni e integrazioni;

VISTO il D.P.R. 27 gennaio 1998, n. 25 e in particolare l’art. 2, comma 5, lettera d);

VISTI gli artt. 1 e 2 della legge 19 ottobre 1999, n. 370;

VISTO il D.M. 22 ottobre 2004, n. 270, con il quale è stato approvato il regolamento sull’autonomia didattica degli Atenei e i relativi decreti con i quali sono state definite le classi dei corsi di studio”;

VISTO l’art. 1-ter, commi 1 e , del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, in base al quale “le Università adottano programmi triennali coerenti con le linee generali di indirizzo definite con decreto del Ministro”, i cui risultati sono valutati sulla base di appositi indicatori…;

VISTE le linee guida europee per l’assicurazione della qualità nello Spazio europeo dell’istruzione superiore, adottate dai Ministri europei dell’istruzione superiore al Consiglio di Bergen nel maggio 2005 e successive modificazioni e integrazioni;

VISTO il decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286;

VISTO il D.P.R. 1 febbraio 2010, n. 76, concernente la struttura e il funzionamento dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR);

VISTA la legge 30 dicembre 2010, n. 240;

VISTO in particolare l’articolo 1, comma 2 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 il quale prevede che “In attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 33 e al titolo V della parte II della Costituzione, ciascuna università opera ispirandosi a principi di autonomia e di responsabilità. Sulla base di accordi di programma con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di seguito denominato «Ministero», le università che hanno conseguito la stabilità e sostenibilità del bilancio, nonché risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca, possono sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese modalità di composizione e costituzione degli organi di governo e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base policentrica, diverse da quelle indicate nell’ articolo 2. Il Ministero, con decreto di natura non regolamentare, definisce i criteri per l’ammissione alla sperimentazione e le modalità di verifica periodica dei risultati conseguiti”.

VISTO altresì l’art. 1, comma 4, della L. n. 240/2010, il quale prevede che “Il Ministero, nel rispetto della liberta’ di insegnamento e dell’autonomia delle universita’, indica obiettivi e indirizzi strategici per il sistema e le sue componenti e, tramite l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) per quanto di sua competenza, ne verifica e valuta i risultati secondo criteri di qualita’, trasparenza e promozione del merito, anche sulla base delle migliori esperienze diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle risorse pubbliche coerente con gli obiettivi, gli indirizzi e le attivita’ svolte da ciascun ateneo, nel rispetto del principio della coesione nazionale, nonche’ con la valutazione dei risultati conseguiti”;

VISTO il Decreto legislativo, 27 gennaio 2012, n. 19, in attuazione della delega prevista dall’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240”; la Legge 30 dicembre 2010, n. 240 recante “Valorizzazione dell’efficienza delle Università e conseguente introduzione di meccanismi premiali nella distribuzione di risorse pubbliche sulla base di criteri definiti ex ante anche mediante la previsione di un sistema di accreditamento periodico delle università”;

VISTO il Decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49, recante la Disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei, in attuazione della delega prevista dall’articolo 5, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 240;

VISTO il DM 8 febbraio 2013, n. 45 concernente il Regolamento recante modalità di accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato ai sensi dell’art. 19 della L. n. 240/2010;

VISTO l’articolo 60, comma 01, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, il quale prevede che “la quota del Fondo per il finanziamento ordinario delle università destinata alla promozione e al sostegno dell’incremento qualitativo delle attività delle università statali e al miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse, di cui all’articolo 2 del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, e successive modificazioni, … almeno tre quinti sono ripartiti tra le università sulla base dei risultati conseguiti nella Valutazione della qualità della ricerca (VQR) e un quinto sulla base della valutazione delle politiche di reclutamento, effettuate a cadenza quinquennale dall’Agenzia nazionale per la valutazione dell’università e della ricerca (ANVUR)”;

VISTO il DM n. 635 del 8 agosto 2016, relativo alle linee generali d’indirizzo della programmazione 2016-2018, il quale trova applicazione fino all’adozione del DM con il quale saranno definite le linee generali d’indirizzo della programmazione 2019-2021;

VISTO il DM n. 6 del 7 gennaio 2019 con il quale sono stati, da ultimo, definiti gli Indicatori per l’accreditamento e la valutazione periodica degli Atenei;

VISTI lo Statuto del CINECA approvato con D.M. 26 marzo 2018, n. 245, pubblicato nella GU n. 83 del 10 aprile 2018, e la delibera del Consiglio direttivo dell’ANAC n. 1172 del 19 dicembre 2018, che dispone l’iscrizione del Consorzio, nell’elenco di cui all’articolo 192, comma 1, del d.lgs. 50/2016, quale soggetto in house del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca;

RITENUTO pertanto con il presente decreto di dare attuazione a quanto previsto dall’art. 1, comma 2, della L. n. 240/2010, indicando i criteri di ammissione alla sperimentazione di propri modelli funzionali e organizzativi, con riferimento sia alle Istituzioni da ammettere alla sperimentazione sia agli ambiti che saranno ammessi alla sperimentazione;

Sentita l’ANVUR;

DECRETA

Art. 1

Ambito di applicazione

  1. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle Università Statali, ivi compresi gli Istituti universitari a ordinamento speciale, e alle Università non statali legalmente riconosciute.

 

Art. 2

Criteri di ammissibilità

  1. Per università che hanno conseguito la stabilità e sostenibilità del bilancio, nonché risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca, si intendono le Università che rispettano i seguenti criteri:
    1. Stabilità e sostenibilità di bilancio: presentare, negli ultimi 2 esercizi finanziari, i seguenti indicatori di bilancio.

UNIVERSITA’ STATALI:

AMBITOIndicatore
1Sostenibilità economico-finanziariaISEF>1,15
2IndebitamentoIDEB<0,15
3Spese di personaleIP< 71,5%

 

UNIVERSITA’ NON STATALI:

AMBITOIndicatore
1Trasparenza del BilancioInvio al Ministero e Pubblicazione del bilancio sul sito dell’ateneo
2Diritto allo StudioRispetto della normativa di cui al d.lgs 68/2012
3BILANCIOMargine Operativo > 0
  1. Risultati di elevato livello nel campo della didattica : avere conseguito un giudizio di accreditamento periodico almeno pari a “B – Più che soddisfacente”, oppure rispettare almeno tre dei seguenti parametri:
  1. Percentuale almeno del 7% di laureati (L, LM e LMCU) entro la durata normale del corso che abbia conseguito all’estero, 12 CFU per le lauree triennali e 18 CFU per le lauree magistrali;
  2. Variazione positiva rispetto all’anno accademico precedente del rapporto tra il numero degli studenti iscritti al II anno di un corso L o LM e il numero di studenti iscritti al I anno dello stesso;
  3. Percentuale di studenti del primo anno di L o LMCU con diploma di scuola secondaria superiore conseguito fuori regione in misura non inferiore al 10%;
  4. Percentuale di studenti del primo anno di L o LMCU con diploma di scuola secondaria superiore conseguito all’estero non inferiore al 1%;
  5. Percentuale di studenti del primo anno di LM laureati in altro Ateneo in misura non inferiore al 15%;
  6. Tasso di occupazione dei laureati triennali [secondo la definizione ISTAT (Forza Lavoro) e al netto di coloro che sono iscritti ai corsi di laurea magistrale], a 12 mesi dal conseguimento del titolo non inferiore al 50%;
  7. Tasso di occupazione dei laureati magistrali [secondo la definizione ISTAT (Forza Lavoro)], almeno pari al 50% a 12 mesi dal conseguimento del titolo, ovvero all’70% a 36 mesi dal conseguimento del titolo.

I dati relativi agli indicatori 1, 2, 3 e 4 sono estratti dall’Anagrafe nazionale degli studenti e sono relativi alla media dei due anni accademici precedenti alla richiesta di ammissione. I dati relativi agli indicatori 5, 6 e 7 sono riferiti alla media dei risultati delle ultime due indagini Almalaurea precedenti alla richiesta di ammissione, ovvero ai risultati di indagini condotte con la medesima metodologia di Almalaurea per gli atenei che non fanno parte del Consorzio.

  1. Risultati di elevato livello nel campo della ricerca: rispettare almeno tre dei seguenti parametri:
    1. Valore superiore alla mediana dell’indicatore complessivo della qualità dei risultati della ricerca, attestato da un rapporto superiore a 1 fra IRFS e peso dell’Ateneo, come risultante dall’ultima VQR.
    2. Valore superiore alla mediana dell’indicatore di attrazione delle risorse, attestato da un rapporto superiore a 1 fra IRAS3 e peso dell’Ateneo, come risultante dall’ultima VQR.
    3. Avere stanziato, nell’ultimo biennio, fondi propri in percentuale superiore all’1% dell’FFO per il reclutamento di ricercatori e il finanziamento di assegni di ricerca e borse di dottorato;
    4. Avere in servizio nell’ultimo triennio un numero di vincitori– responsabili scientifici – di Progetti di ricerca nazionali (PON MIUR, MISE etc.) almeno pari al 5 per mille del numero totale di professori e ricercatori dell’Ateneo.
    5. Avere in servizio nell’ultimo triennio un numero di vincitori– principal investigator – di programmi ERC o di Progetti Europei Horizon o di premi scientifici internazionali almeno pari al 5 per mille del numero totale di professori e di ricercatori dell’Ateneo;
    6. Avere un numero di brevetti nazionali o internazionali, riconosciuti negli ultimi 2 anni, pari almeno pari a un centesimo del numero di docenti.

 

Art. 3

Modelli funzionali e organizzativi ammessi alla sperimentazione

  1. Le Università che rispettano i requisiti di cui all’articolo 2, sono ammesse a presentare richiesta al Ministero per la stipula di accordi di programma di durata triennale, quadriennale o quinquennale relativamente alla sperimentazione di modelli funzionali e organizzativi in uno o più dei seguenti ambiti:
  2. Diversa composizione, nomina e durata del Senato Accademico e/o del Consiglio di Amministrazione, compresa la possibilità di costituire un unico organo di governo collegiale cui attribuire le funzioni del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione.
  3. Riduzione del 20% delle numerosità minime di docenza richieste per l’attivazione di strutture dipartimentali rispetto a quanto previsto dall’articolo 2, comma 2, lettera b) della legge 240/2010.
  4. Definizione di modalità differenziate di valutazione periodica dei risultati della didattica e della ricerca, fatto salvo il controllo da parte dell’ANVUR del rispetto delle linee guida europee per l’assicurazione della qualità, dando comunque maggiore peso ai risultati ottenuti.
  5. Istituzione e attivazione, in via sperimentale, di corsi di laurea e laurea magistrale innovativi, anche inter-ateneo e inter-classe, nel rispetto degli ambiti di base e caratterizzanti e degli obiettivi formativi delle classi, previa approvazione ministeriale, sentito il CUN e l’ANVUR secondo il disposto del d.lgs. 19/2012, art. 8, co. 4. Tali corsi sono sottoposti a verifica dopo un ciclo completo di corso di studi, fatti salvi, in ogni caso, i diritti degli studenti iscritti a conseguire il relativo titolo di studio. Sono esclusi dalla sperimentazione i corsi a programmazione nazionale o che devono rispettare direttive comunitarie.
  6. Istituzione e attivazione, in via sperimentale, di nuove lauree o lauree magistrali con atenei stranieri che, nel rispetto degli obiettivi formativi della classe, sviluppino ordinamenti didattici innovativi, previa approvazione ministeriale, sentiti il CUN e l’ANVUR.
  7. Possibilità, per gli Istituti universitari a ordinamento speciale, di istituire corsi di laurea magistrale per il tramite federazioni di cui all’articolo 3 della legge 240/2010.
  8. Nell’ambito delle politiche di internazionalizzazione dell’Ateneo possibilità di organizzare forme di selezione degli studenti e di organizzazione dei corsi di studio, anche con atenei stranieri, integralmente in lingua straniera, fatto comunque salvo il rispetto delle linee guida per l’assicurazione della qualità europea.
  9. Negoziazione nell’accordo di programma dei compiti didattici e di ricerca per i professori e per i ricercatori, in funzione delle politiche di ateneo relative a ricerca, didattica, internazionalizzazione e innovazione, fatto salvo l’assenso dei professori e dei ricercatori medesimi. Le università potranno sperimentare nuove forme premiali per i docenti e ricercatori coinvolti nelle relative attività, in deroga a quanto disposto dall’art. 7, co. 3, e dall’art. 9 della L 240/2010.
  10. Attribuzione all’Ateneo della competenza in ordine alla gestione delle procedure di chiamata diretta di docenti e ricercatori, previa autorizzazione ministeriale e fatta salva l’individuazione dei requisiti per la chiamata stessa secondo il disposto dell’art. 1, co. 9, della L. 230/2005.
  11. Possibilità di doppia affiliazione a tempo definito di docenti e di ricercatori italiani e stranieri già in servizio presso un ateneo straniero.
  12. Possibilità di prevedere, con oneri a carico del proprio bilancio, incentivi anche finanziari per i professori e i ricercatori che si trasferiscano presso l’Ateneo, anche da Atenei della stessa Regione.
  13. Semplificazione delle procedure di accreditamento, attivazione, organizzazione e valutazione dei corsi di dottorato innovativo, con riferimento al numero dei docenti del Collegio di dottorato, all’obbligo di conferimento di borse di studio da parte dei partner stranieri, alla possibilità di far parte di più di un Collegio di dottorato.
  14. Possibilità di incentivare, anche economicamente i docenti che attraverso attività didattiche e di ricerca di terza missione, di coordinamento di Progetti Europei e Italiani contribuiscano all’acquisizione di commesse conto terzi ovvero di finanziamenti pubblici o privati.

Art. 4

Quadro informativo degli indicatori, presentazione e verifica periodica

  1. La competente Direzione generale del Ministero provvede, avvalendosi del CINECA, a predisporre il quadro informativo degli indicatori necessario a individuare le Università che possono essere ammesse alla sperimentazione, a fornire le indicazioni operative per la presentazione, con modalità telematiche, della proposta di programma triennale, quadriennale o quinquennale di sperimentazione.
  2. Le proposte indicano gli ambiti oggetto di sperimentazione e gli indicatori per i quali l’Ateneo si attende un miglioramento e i relativi target.
  3. Le Università ammesse alla stipula di accordi secondo quanto stabilito dal presente decreto sono sottoposte nel corso dell’ultimo anno di vigenza dell’accordo a verifica dei risultati conseguiti con riferimento agli indicatori di cui all’articolo 2 e al comma 2 del presente articolo, da parte dell’ANVUR ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. g) del DPR 76/2010. La valutazione ex post dei risultati sarà finalizzata anche alla verifica complessiva dei risultati.
  4. A seguito della verifica positiva ai sensi dei commi 2 e 3, l’Ateneo può proporre al Ministero la proroga dell’accordo di programma esistente o proporre un diverso accordo per i successivi tre-quattro-cinque anni.
  5. In caso di verifica finale non positiva, gli accordi di programma non possono essere prorogati e l’ateneo è automaticamente reinserito nelle ordinarie procedure ministeriali di autorizzazione, monitoraggio e valutazione. In tal caso per l’Ateneo non sarà possibile accedere a nuovi accordi di programma per almeno un triennio.
  6. Qualora i risultati di una delle Università ammesse alla sperimentazione prevista dal presente decreto siano stati considerati positivi dopo la valutazione finale, anche con riferimento agli indicatori economici-finanziari, l’ANVUR può proporre al Ministero, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 3, comma 1, lett. g) del DPR 76/2010, l’estensione della sperimentazione stessa ad altri Atenei in condizioni analoghe, su loro richiesta.

Il presente decreto è trasmesso alla Corte dei conti per il controllo preventivo di legittimità e al competente Ufficio Centrale di Bilancio per il controllo preventivo di regolarità contabile.

IL MINISTRO

dott. Marco Bussetti

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25 Commenti

  1. L’art. 1, comma 2, della 240, col prevedere un’autonomia oggetto di contrattazione col ministero pare porsi in chiaro in contrasto con l’art. 33 comma 6 Cost., che prevede come è noto che l’autonomia universitaria possa essere “circoscritta” solo con legge dello Stato. Sulla natura e sull’interpretazione di tale riserva di legge si è, come è noto, molto discusso, ma sicuramente in alcuna fase del dibattito in materia si è mai pensato di eliderla a favore di accordi programma, ampiamente discrezionali, suscettibili di discriminare il trattamento giuridico degli atenei, e le connesse libertà fondamentali di chi vi opera, per di più in relazione a parametri di tipo economico che derivano dalla collocazione nelle diverse aree del paese. Già oggi l’autonomia è compressa, scendendo la legge 240 a disciplinare nei più minuziosi dettagli la governance e molti aspetti dell’organizzazione ed attività degli atenei. Oltre a questo esondare della legge dal suo naturale alveo, abbiamo poi una normazione secondaria sovrabbondante in chiara violazione della riserva di legge che legano università con mille lacci e lacciuoli di una burocrazia asfissiante. Anzichè liberare gli atenei da tale gabbi, si pensa ora di fissare indicatori come l’occupabilità dei laureati, il livello culturale di partenza degli studenti, etc. rispetto ai quali lo squilibrio nord sud è oggi sempre più accentuato, e da essi far discendere discriminazioni del tutto arbitrarie nel trattamento degli atenei quanto ai margini di autonomia.
    Deve infine ricordarsi che la direzione desumibile nei principi costituzionali di riferimento in materia parrebbe destinata a portare l’azione del ministero e del legislatore in direzione esattamente opposta, richiedendo semmai iniziative di perequazione rispetto agli atenei operanti nelle regioni più svantaggiate al fine di promuovere, ai sensi dell’art. 3, comma 2, Cost. il diritto allo studio di cui all’art. 34 (v. anche artt. 97, 119).

  2. in effetti il titolo del mio commento avrebbe dovuto essere Autonomia differenziata anche per le università? Perchè in effetti, parallelamente a quanto è in prepazione in relazione al regionalismo differenziato, qui abbiamo una prospettiva di ulteriore differenziazione tra università a fronte di un quadro costituzionale che le vorrebbe tutte ugualmente autonome; a seguito di tale dm alcuni avranno garanzia di autonomia, libertà di ricerca e di insegnamento, per non dire trattamento economico, maggiore di altri. E per chi ha la disgrazia di essere nato e/o lavorare in una regione del sud, guarda caso, la situazione non potrà che peggiorare grazie alle iniziative in atto.

  3. ci sono dati che vengono considerati e non considerati a seconda delle convenienze.
    Non sarebbe il caso di porre un punto fermo e ricominciare. I provvedimenti presi sono fallimentari, discriminanti, hanno reso possibili storture ed ingiustizie: annullarle non sarebbe meglio? Contennerne i danni? Riflettere prima di proseguire?

  4. Si vuole precisare che il documento pubblicato su Roars è un documento aperto, allo stato di semplice bozza, e, che, in questa forma, è stato elaborato da un gruppo di lavoro di cui facciamo parte e coordinato dal Direttore Livon. In questa forma è stato comunicato alla giunta del CRUI per un parere preventivo. Si precisa che tale documento, in questa forma, non era stato approvato né dal CapoDipartimento né, tanto meno, dal CapoGabinetto del Miur.
    Spiace circolino documenti ufficiosi di cui si sta ancora discutendo informalmente.
    Vincenzo Mannino e Vincenzo Vespri

    • Prendiamo atto che Livon avrebbe inviato alla giunta CRUI una bozza “a sua insaputa” (di Capo Dipartimento e Capo Gabinetto del Miur). Una bozza in cui (del tutto accidentalmente, immaginiamo) veniva attribuito un ruolo centrale all’Anvur, ovvero l’agenzia nazionale di valutazione di cui Livon si accinge a divenire Direttore.

    • Carissimi “Vincenzo”,
      se avete letto il testo del DM dovete sapere che porta in calce la specifica “
      Il presente decreto è trasmesso alla Corte dei conti per il controllo preventivo di legittimità e al competente Ufficio Centrale di Bilancio per il controllo preventivo di regolarità contabile”.
      Dunque sembra che non si tratti affatto di una bozza, ma di un vero DM, già inviato senza il parere del CUN. Dell’eventuale parere della CRUI non ho ancora notizia.
      Stiamo parlando di atti normativi suscettibili di clamorosi effetti sull’intero sistema paese e dai consulenti del Miur noi cittadini vi aspettiamo un adeguato senso di responsabilità.

    • Un documento “aperto” che “spiace” che circoli perché ufficioso. Una “discussione informale” che parte da un documento scritto da una commissione ministeriale ed inviato alla giunta della CRUI. Certo è molto più sicuro tenere al “chiuso” documenti “aperti”. Almeno non c’è il rischio che vengano modificati i voleri delle commissioni governative. Che dire, il modo standard di vedere la democrazia dell’ultimo ventennio, e non solo al MIUR.

  5. Il documento da voi pubblicato è un palese work in progress elaborato da un gruppo di lavoro coordinato dal Direttore Livon. Nel corso delle discussioni alcuni componenti del gruppo di lavoro si erano espressi favorevolmente all’ opportunità di inserire alcuni parametri ANVUR fra i criteri da elencare nella lettera c (Risultati di elevato livello nell’ambito della ricerca). Dopo lunga discussione, era stato deciso di recepire provvisoriamente tali osservazioni, e di avviare però una consultazione riservata con alcuni soggetti istituzionali per approfondire le varie questioni aperte. Sentiti e recepiti tali pareri, avremmo concluso il lavoro preparatorio sottoponendo ufficialmente il testo al Capo Dipartimento per le sue decisioni sull’eventuale proseguio del documento.

    • Meraviglioso: “consultazioni riservate” per un documento aperto. Quante uova nel paniere sono si sono rotte?

    • “Alcuni parametri ANVUR”: una vera cabala, tanto astrusa da essere manipolabile per favorire e sfavorire ormai al sicuro da moleste richieste di accesso agli atti;
      Un “gruppo di lavoro coordinato dal Direttore Livon”: chi sono i gruppisti, chi li ha nominati, con quale mandato?
      “Una consultazione riservata con alcuni soggetti istituzionali”: solo alcuni, scelti da chi, quali? Non il CUN e il CNSU che sono gli unici organi istituzionali che rappresentano la comunità universitaria.
      Infine perché non si dicono i nomi?
      Qualcuno forse si vergogna di metterci la faccia?
      E come è possibile che né il capo dipartimento, né il vice ministro ne sappiano nulla?
      Una profonda riforma che scardina principi costituzionali e incide pesantemente sulla distribuzione delle risorse tra i “territori”, tutta fai da te dall’uomo solo al comando.

  6. Un documento brevissimo ma denso di regole a tratti contraddittorie e di difficile applicazione
    (A parte questione tutta politica atenei A e B, Il che è irricevibile).
    Lascia sospesi innumerevoli paesaggi operativi riguardo la sincronizzazione delle voci dei requisiti e le durate dei contratti e su cui spicca la assenza di previsioni dopo seconda proroga di un contratto a valutazione positiva.
    Si consolida nuovo regime sine die per il dato ateneo ?
    Questo sarebbe davvero davvero incostituzionale.
    Se impianto resta questo ha scarse possibilità di essere uno strumento efficace – se per efficace si intende un reale miglioramento sistema o almeno del dato ateneo ammesso a contratto.
    Più che altro potrà fornire strumenti per accontentare interessi specifici, ma in ogni caso pure a termine – la questione di cosa succede “a regime” sembra non risolvibile con la logica su cui è imbastito.
    E infine la sequenza di smentite ministeriali e gruppolavoriste sembra proprio sproporzionata rispetto alla qualità del documento…
    O meglio forse ci sta tutta, chi vorrebbe mai dire che è una cosa seria, un documento aperto redatto con consultazioni riservate…

  7. L’aspetto formale e sostanziale del documento qui considerato non lascia dubbi. Non è un “documento aperto”, né un “work in progress”.
    Solitamente tali locuzioni vengono utilizzate per giustificare atti d’imperio imprevedibilmente scoperti mentre sono “in progress” a scapito dei diretti interessati. Allora, solo allora, si mettono avanti le mani con formule del tipo “non c’è niente di definitivo”, “è solo una bozza”, “avvieremo un tavolo di consultazioni” et similia.
    La forma di questo documento è la sua sostanza. Esso tradisce limiti e contraddizioni già da altri qui rilevate in ordine ad arbitrarie classificazioni degli Atenei.
    La consultazione preventiva con gli organi accademici competenti, semplicemente, non è prevista. Nel preambolo, dopo una sequenza di venti “visto” e un “ritenuto”, si legge “sentita l’ANVUR”, e stop. E all’ANVUR vengono conferite le maggiori competenze di controllo. Questo è il vero “work in progress”! O no?
    Sbaglio, poi, o in calce si legge la firma del Ministro Bussetti? Sbaglio o il provvedimento, per così dire, “in progress”, rema in direzione ostinata e contraria a quelli che sembravano essere gli orientamenti nel Ministro e del Viceministro in merito al ruolo dell’ANVUR?
    Se “spiace circolino documenti ufficiosi di cui si sta ancora discutendo informalmente” (ma, sia chiaro, con consultazioni riservate…), spiace anche che tale “informalismo” abbia tutti i caratteri del già deciso sulla testa di chi deve eseguire e basta.
    E qui veniamo al punto: se la politica ha ancora un senso, un Direttore Generale nominato in era Renzi è solo un esecutore (per quanto autorevole) di una linea politica politica decisa dal titolare del Ministero. Bussetti e Fioramonti condividono le linee del Direttore Generale Livon e del suo gruppo di lavoro? E, se le condividono, è questa la loro linea politica? E’ questa la rottura col passato? Dobbiamo concludere che al MIUR vige il brocardo “ubi minor maior cessat”?
    In effetti, una linea politica che voglia davvero rompere col passato, rompe e basta. Se la maggioranza di governo (come a me sembrava) ritiene di voler fare qualcosa di nuovo per l’università, deve semplicemente abrogare la Legge Gelmini, cancellare l’ANVUR e costruire qualcosa di nuovo sentendo le parti interessate.
    O no?

    • L’impressione è che quello sull’Università sia un esperimento sociale ormai sfuggito di mano, e che va avanti per inerzia – nonostante i tentativi di opposizione annunciati o messi in campo (vedi Valditara) – lungo una precisa traiettoria, dettata dai devastanti princìpi abbracciati dai legislatori (tra i quali peraltro non era assente lo stesso Valditara, relatore della legge 240) e da altri più opachi gruppi di interesse nel 2008-2009: non si spiegherebbe, altrimenti, la continuità su questo punto (e solo su questo) tra gli ultimi 6 governi (Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte). Proprio alla legge 240 bisognerebbe metter mano se si volesse davvero (un SE grosso come una casa) far cambiare rotta all’Università italiana.



  8. https://www.roars.it/wp-content/uploads/2019/05/Spacca_Universita_Mattino_12052019.pdf
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    Il Mattino di Napoli rilancia la notizia sulla bozza di DM. Lo “spacca-università”, così lo definisce Marco Esposito sul Mattino di Napoli, mettendo in evidenza come 6 dei 7 criteri per giudicare il conseguimento di un “elevato livello nel campo della didattica” siano “una vera e propria tagliola per il Mezzogiorno”.
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    “Le regole per essere ammessi alla sperimentazione sono una vera e propria tagliola per il Mezzogiorno. Oltre ai requisiti finanziari di stabilità di bilancio, con limiti al debito e alle spese di personale negli ultimi due esercizi finanziari, c’è infatti la regola di rispettare almeno tre parametri in un elenco di sette virtù. Solo una delle sette regole della didattica non ha una penalizzazione territoriale, la numero 2. In sostanza si valuta positivamente l’ateneo che riduce, da un anno all’altro, il tasso di abbandono di studenti fra il primo e il secondo anno di una laurea triennale o magistrale. Un fattore che, misurando ciascun ateneo rispetto a se stesso, premia chi migliora la propria prestazione. Per gli altri sei criteri, invece, gli atenei possono fare poco o nulla ma solo beneficiare – o essere danneggiati – dal contesto territoriale, che come è noto è sfavorevole al Mezzogiorno da quando, dopo l’Unità d’Italia, si è aperto il divario Nord-Sud. Gli esempi rendono bene l’idea. Il criterio numerolè soddisfatto se almeno il 7% dei laureati in corso dell’ateneo ha ottenuto all’estero 12 crediti formativi per le lauree triennali oppure 18 crediti formativi per le magistrali. Si premia, in sostanza, la partecipazione con profitto all’Erasmus la quale però, per i costi che comporta, è una opportunità utilizzata in massima parte dalle famiglie agiate. Non a caso le prime cinque università italiane per studenti in uscita sono Bologna, Padova, Sapienza, Torino e Statale di Milano.
    Drammatico per il Mezzogiorno è poi il parametro della «percentuale di studenti del primo anno» con «diploma di scuola secondaria superiore conseguito fuori regione in misura non inferiore al 10%». I flussi regionali infatti sono tutti in direzione Sud-Nord e immaginare che le università siciliane, sarde o calabresi per meritare debbano attrarre studenti fuori regione è davvero una prova diabolica. Anzi: il tema dovrebbe essere come riequilibrare i flussi migliorando le opportunità di studio nel Mezzogiorno.
    Analoga trappola per il Sud è la clausola degli studenti stranieri con diploma conseguito all’estero non inferiore all’1%, perché anche gli stranieri si concentrano verso atenei con corsi specializzati o con migliori attrezzature residenziali, carenti nel meridione.
    La virtù numero cinque favorisce gli atenei che hanno almeno il 15% di studenti del primo anno della laurea magistrale provenienti da un altro ateneo, parametro che fotografa un fenomeno recente che va rapidamente crescendo nel Mezzogiorno: la laurea triennale nella propria città e poi anticipare l’emigrazione iscrivendosi per la magistrale in un’università di una città che offra molte opportunità d’impiego. Un fenomeno che ha come conseguenza la fuga dei migliori giovani del Sud e che con tale riforma viene incoraggiato. Siamo di fronte all’incentivo alla desertificazione culturale del Sud.
    Restano infine gli ultimi due criteri, il sesto e il settimo, che sono lo schiaffo finale al Mezzogiorno. Misurare, cioè, quanti neolaureati abbiano trovato lavoro a distanza di dodici o di trentasei mesi. E dimostrato in tutte le analisi che tale dato non dipende dalla qualità degli studi universitari bensì dal contesto economico per cui è ovvio che il target del 50% di occupati a 12 mesi dalla laurea triennale (tra chi non ha proseguito gli studi) oppure della laurea magistrale è agevolmente raggiungibile in Lombardia (18% di disoccupati nella fascia d’età 20-24 anni) e quasi impossibile in territori con tasso di disoccupazione giovanile come la Campania (50%) e la Sicilia (51%).”

  9. Due commenti.

    Il primo generale e di tipo politico.
    Riporto dal “Contratto di governo”:

    “Occorrerà apportare dei correttivi alla governance del sistema universitario e all’interno degli stessi atenei, ridisegnando il ruolo dell’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) per renderlo uno strumento per il governo (e non di governo), e individuando puntualmente i soggetti che potrebbero contribuire nei processi decisionali, a cominciare dal CUN, organo elettivo di rappresentanza del mondo universitario.”

    Come si concilia con questa linea-guida del governo il comma 6 dell’ art.4 in cui sarebbe l’ANVUR a “proporre al Ministero, …, l’estensione della sperimentazione stessa ad altri Atenei…” ?
    Proporre l’estensione della sperimentazione mi sembra un atto “di governo” e non “per il governo”.

    Commento nel merito:

    Tutta la proposta sembra il risultato del solito gruppo di lavoro interessato ad aprire spazi di manovra per pochi senza preoccuparsi della sostenibilità nel tempo di quanto va a proporre.
    Interessante che la puntuale lista dei “Modelli funzionali e organizzativi ammessi alla sperimentazione” contenga alcune esemplificazioni a dir poco inquietanti.

    – al punto 2 si prospetta un’ unificazione in un organo collegiale di Senato Accademico e Consiglio di Amministrazione. Una soluzionde di governance di questo tipo, che riduce drasticamente i contrappesi e i controlli interni, è davvero nelle possibilità di una commissione ministeriale ? Saranno mai note in modo trasparente le ragioni dietro questa proposta?
    La cosa più inquietante di tutte su questo punto come su altri e’ che al massimo la certezza della modifica di regime riguarderebbe 5 anni. Meno del mandato completo di un rettore. E poi? Se non sussistessero più le condizioni? La bozza dice esplicitamente che si tornerebbe alle regole ‘standard”. Ma ha senso una cosa del genere per organi di governo?

    – al punto 9 si introduce un ulteriore tentativo di picconata allo stato giuridico dei professori. Scrivo tentativo perché non credo che un TAR sarebbe refrattario a ricorsi sulla base dell’ argomento che si sta modificando punti definiti da una legge (p.es. gli obblighi didattici) attraverso un DM. Ma si sa che chi scrive bozze di DM non si cura di particolari trascurabili come questo.

    – il punto 10 poi sembra lo sdoganamento della possibilità di aggirare l’obbligo di concorso per la pubblica amministrazione, le cui deroghe erano fin qui considerate eventi particolari con necessità di un controllo ministeriale, rendendo le “università eccellenti” in grado di assumere “per chiamata diretta” senza alcun filtro o controllo esterno.
    Anche qui, desta perplessità che questo livello di “autonomia estrea” possa esser stabilito per DM.

    Ci sono poi nella lista diversi punti la cui presenza soprende. Come esempio il punto 14. Ma possibilità del genere non sono già previste nei regolamenti degli atenei? Il fondo specifico nel bilancio relativo all’ incentivazione è previsto per legge (cfr. che fine fanno gli scatti non corrisposti, secondo L.240). Perché citare questo unto tra le possibilità di accordi di programma?

  10. La notizia sulla bozza di D.M. viene ripresa anche da Open, la testata giornalistica on-line fondata da Enrico Mentana:
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    https://www.open.online/primo-piano/2019/05/12/news/autonomie_universita_con_la_serie_a_si_va_in_paradiso_il_sud_all_inferno-212256/
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    Curiosità: Open scrive “una bozza di Decreto ministeriale, rivelata dal sito gestito da ricercatori precari Roars.it”. In realtà, in questo momento, la categoria dei precari (ma anche quella degli studenti) non è rappresentata nella nostra redazione, anche se, auspicabilmente, l’assenza potrebbe essere colmata in futuro.
    https://www.roars.it/chi-siamo/redazione/

    • Giuseppe De Nicolao, mai pensato che qualche “riformetta” potrebbe rendervi (e rendermi, sigh!) precari? :P

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