Continua ad estendersi l’adesione all’appello “Ora basta!”, lanciato da Giovanni Salmeri e Stefano Semplici. È la volta dell’Università di Pavia, dove, su iniziativa della Facoltà di Ingegneria di Pavia, è stato sottoscritto da quasi tutti i Direttori di Dipartimento dell’Università di Pavia e da molti responsabili delle attività didattiche. Il documento esprime il forte disagio legato al progressivo appesantimento delle procedure AVA e segue iniziative analoghe portate avanti presso le Università di Roma Tor Vergata, di Padova e di Siena, nonché i documenti della CRUI e del CUN, un’interrogazione parlamentare e l’ironica lettera di Luigi Frati, Rettore della Sapienza di Roma.
Caro Rettore,
in questi giorni stanno emergendo, in diverse sedi universitarie italiane, sempre più forti espressioni di dissenso di fronte al progressivo appesantimento del carico di lavoro legato alle procedure AVA (Autovalutazione, Valutazione periodica, Accreditamento).
La recente pubblicazione da parte dell’ANVUR del documento “Linee guida per l’accreditamento periodico delle sedi e dei corsi di studio”, anche se non destinato alle Università, ma ai membri della Commissione di Esperti della Valutazione (CEV), conferma l’approccio burocratico, informato ad un controllo minuzioso, capillare e pedante, con cui l’ANVUR, a dispetto di un’enunciata quanto sempre più mortificata autonomia universitaria, intende procedere alla valutazione degli Atenei e dei loro corsi di studio.
Con riferimento a questo documento, abbiamo apprezzato la preoccupata presa di posizione del Presidente della CRUI, così come abbiamo apprezzato alcune recenti dichiarazioni del Ministro Giannini a favore di una semplificazione delle procedure.
In qualità di docenti impegnati nell’implementazione “sul campo” delle procedure AVA, ci associamo alle espressioni di disagio e di dissenso recentemente espresse, convinti che sia necessario avviare una profonda e radicale riflessione su tutta l’impostazione che l’ANVUR ha dato alla valutazione e all’accreditamento dei corsi di studio.
La riflessione non può prescindere da un realistico esame dei costi e dei benefici, che tenga conto del momento molto difficile che l’Università italiana sta attraversando. Le onerose procedure AVA vengono infatti imposte in un contesto che vede il numero dei docenti e dei non docenti diminuire progressivamente e in cui la sopravvivenza della trasmissione di alcuni “saperi” è legata allo sforzo di supplenza esercitato da colleghi valorosi che non si rassegnano ad assistere al declino culturale della loro Università. In questo contesto, che vede lo sforzo di tutta la comunità universitaria quotidianamente concentrato a fare fronte alle crescenti difficoltà determinate dalla carenza di risorse economiche e di personale, la distrazione di una parte significativa del corpo docente in attività aggiuntive, finalizzate all’implementazione di procedure che poco hanno a che fare con lo studio e la cultura, appare stridente e fuori luogo.
Va anche ricordato che tutto il sistema AVA si regge in grande parte sul lavoro volontario dei docenti coinvolti, lavoro che peraltro fino ad ora non è stato riconosciuto in alcun modo. Non ci si può non chiedere cosa succederebbe se questi docenti decidessero, del tutto legittimamente, di dedicarsi esclusivamente al lavoro di didattica e di ricerca che costituisce l’unico loro obbligo nei confronti dello Stato e della Società.
Per allontanare questo rischio, è necessario che chi contribuisce volontariamente a tenere in piedi il sistema di valutazione sia convinto della sua efficacia ed utilità e non si senta invece coinvolto in un processo essenzialmente burocratico e inutile. Purtroppo, oggi non è così. I primi atti richiesti dal sistema AVA sono stati vissuti dai docenti coinvolti come adempimenti burocratici (a cui ottemperare secondo ritmi incalzanti e tempistiche insensate), quasi totalmente privi di effetti virtuosi. La sensazione di avere a che fare con un processo essenzialmente formale e scarsamente incisivo sulla qualità della didattica è anche confermata dalla scarsissima partecipazione degli studenti e dalla difficoltà di rendere effettivamente operativi i Gruppi di Gestione AQ dei corsi di studio, ad ognuno dei quali dovrebbe partecipare almeno uno studente.
Alcuni aspetti dell’AVA (ad esempio la scheda SUA), poi, per la loro rigidità e complessità, aggravate dalla necessità di utilizzare un sistema informativo ancora più rigido, hanno creato non poche difficoltà nella gestione di particolari e imprevisti problemi che, talvolta, si possono presentare nella gestione dei corsi di studio e che richiedono invece decisioni agili, pronte e improntate alla ragionevolezza.L’impostazione dell’ANVUR è per lo più incentrata sul rispetto formale di procedure macchinose, che non possono dare conto, se non in minima parte, di molti fattori sostanziali che danno qualità alla didattica: la preparazione disciplinare e culturale dei docenti, il loro entusiasmo nel trasmettere le conoscenze, l’adeguatezza delle strutture e delle attrezzature didattiche, l’esistenza di un clima sereno e collaborativo che faciliti lo studio. Tutti questi fattori non sono misurabili, se non “ex post” attraverso una valutazione dei risultati.
Siamo consapevoli che i processi didattici, in quanto coinvolgono numerosi docenti e studenti, debbano essere governati sulla base di chiari e ben definiti obiettivi formativi e non sottovalutiamo la necessità di un’attenta valutazione, anche in itinere, della conformità del processo didattico agli obiettivi. Siamo tuttavia convinti che ciò possa essere ottenuto con procedure molto più semplici, snelle e flessibili, essenzialmente basate sulla valutazione “ex post” dei risultati ottenuti da strutture messe in condizioni di operare secondo principi di autonomia e di responsabilità e definiti in maniera semplice e chiara in un documento che non deve necessariamente presentare la complessità, la farraginosità e le ridondanze dell’attuale scheda SUA-CdS”.
Certi che anche tu condivida queste nostre riflessioni, ti invitiamo ad operare nelle sedi opportune affinché si arrivi rapidamente ad una svolta che elimini, fra i tanti problemi che oggi affliggono l’Università, almeno quello dell’eccessiva, asfissiante ed inutile burocratizzazione.
Con i più cordiali saluti.
Pavia, 27/05/14
Alessandra Albertini – Direttore del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie
Paolo Arcioni – Direttore del Dipartimento di Ingegneria Industriale e dell’Informazione
Ferdinando Auricchio – Direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura
Francesco Barale – Direttore del Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento
Silvana Borutti- Direttore del Dipartimento di Studi Umanistici
Riccardo Bellazzi – Presidente vicario della Facoltà di Ingegneria
Francesco Benzi – Presidente del Consiglio Didattico di Ingegneria Industriale
Angelo Buizza – Presidente del Consiglio Didattico di Ingegneria dell’Informazione
Carlo Ciaponi – Presidente della Facoltà di Ingegneria
Giovanni Cordini – Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
Edda De Rossi – Presidente del Consiglio Didattico di Scienze Biologiche
Ettore Dezza – Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza
Ugo Gianazza – Direttore del Dipartimento di Matematica
Maurizio Harari – Presidente del Consiglio Didattico di Lettere
Marcello Imbriani – Direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense
Lorenzo Magnani – Presidente del Consiglio Didattico di Filosofia
Carlo Maurizio Montecucco – Presidente della Facoltà di Medicina e Chirurgia
Marco Morandotti – Presidente del Consiglio Didattico di Ingegneria Edile/Architettura
Laura Pagani – Direttore del Dipartimento di Scienze Clinico-Chirurgiche, Diagnostiche e Pediatriche
Ornella Pastoris – Presidente del Consiglio Didattico di Scienze Biotecnologiche
Cesare Perotti – Direttore del Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente
Angela Pesci – Presidente del Consiglio Didattico di Matematica
Giancarlo Prato – Direttore del Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali
Plinio Richelmi – Direttore del Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica
Stefano Sibilla – Presidente del Consiglio Didattico di Ingegneria Civile e Ambientale
Lucio Toma – Direttore del Dipartimento di Chimica
Riccardo Tribuzio – Presidente del Consiglio Didattico di Scienze Geologiche
Orsetta Zuffardi – Direttore del Dipartimento di Medicina Molecolare e Presidente del Consiglio Didattico del C.d.L.M. in Medicine and Surgery
Hanno anche aderito:
Carlo Berizzi, responsabile C.d.L.M Ingegneria Edile/Architettura
Luca Ferretti, responsabile C.d.L. Biotecnologie
Marco Fraternali, responsabile C.d.L. Fisica
Elena Giulotto, responsabile C.d.L.M. Molecular Biology and Genetics
Jacopo Magistretti, responsabile C.d.L.M. Neurobiologia
Lalo Magni, responsabile C.d.L.M Computer Engineering
Paolo Magni, responsabile C.d.L.M. Bioingegneria
Anna Magrini, responsabile C.d.L. Ingegneria Civile e Ambientale
Sabina Merlo, responsabile C.d.L.M Electronic Engineering
Erik Nielsen, responsabile C.d.L.M. Biotecnologie Industriali
Gabriella Petaccia, responsabile C.d.L.M. Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio
Alessandro Reali, responsabile C.d.L.M. Ingegneria Civile
Franco Tanzi, responsabile del C.d.L.M.. Biologia Sperimentale ed Applicata
Mauro Torti, responsabile C.d.L. Biologia
pienamente d’accordo. Solo che ho notato che il documento è stato firmato da direttori di dipartimento e responsabili di attività didattiche. Io penso che simili documenti vadano posti all’attenzione di tutti i docenti ed eventualmente da tutti firmati.
I coordinatori didattici ed i direttori di dipartimento sono eletti dai docenti per coordinare l’organizzazione di attività didattiche ed amministrative. Talvolta sono eletti tra quelli meno interessati a svolgere compiti ugualmente nobili, come la didattica o la ricerca scientifica e non possono essere pertanto rappresentativi della visione del mondo di tutti i colleghi. Non sono stati eletti per questo. Così facendo si finirà per scavare un solco sempre più profondo fra docenti e dirigenti scolastici fino alla probabile istituzione di un ruolo separato, come avviene nelle scuole elementari e medie: una soluzione molto lontana dalla tradizione universitaria.