«Non ci sono più fedi d’oro da donare, non c’è più  “fede  ideale”  da  donare  a  chi  sottrae  fondi  ed  ossigeno  alle  istituzioni  per  cui  prestiamo  servizio,  che  non  sostiene  i  nostri  studenti  più  deboli  non  garantendo  loro  il  diritto  allo  studio,  che  non  rinnova  i  contratti  al  personale  tecnico  amministrativo  che  svolge  una  fondamentale  funzione  di  supporto, che sfrutta i  precari  ostinandosi  a  non  riconoscere  loro  lo  status  di  lavoratori … la  protesta  non  è    fallita  come  si  vuole  far  credere;  ci  sono  atenei  dove  la  %  di  astensione è tale da inficiarla completamente: Salento, Parthenope, Sapienza  e infine Pisa che con il suo  fulgido 23% dovrebbe finire in fondo alla classifica ANVUR perché  un gruppo di docenti resistenti ha  ritenuto  che  ne  valesse  la  pena,  perché  la  posta  in  gioco  è  troppo  alta,  poiché non  si  tratta  dell’FFO  ma dei diritti civili del paese. L’Anvur rivendica una  vittoria  quasi fosse un referendum sul proprio operato e sulla VQR stessa. Ma  noi  sappiamo  che  nel  92%  di  adesioni  sono confluite  le  astensioni  passive,  lo  sciopero  bianco,  le  autorizzazioni  concesse, in  qualche caso estorte, a caricare i prodotti,  in  alcune  sedi i caricamenti  forzosi. Lo sappiamo noi, lo sanno i Rettori, lo sa l’Anvur a cui fa comodo fare finta di ignorarlo. Gli esiti di questa VQR sono  quindi inutilizzabili a meno di avallare  un principio del tipo  homo homini  lupus  in una novella versione per Atenei».

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il documento firmato da circa 500 docenti della Federico II, uscito dall’assemblea del 18/3/2016 e consegnato al rettore della Federico II, nonché presidente CRUI, G. Manfredi in occasione della “primavera CRUI” il 21/3/2016, nonché l’intervento della portavoce napoletana del movimento del Prof. Ferraro, M. Cappelli.

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DOCUMENTO
DELL’ASSEMBLEA DEI DOCENTI E RICERCATORI DELLA UNIVERSITA’ FEDERICO II

Napoli, 18 marzo 2016

I docenti della Università degli Studi di Napoli Federico II riunitisi in assemblea il 18 marzo 2016, preoccupati per il de-finanziamento del sistema universitario (2 miliardi di € dal 2008 al 2015), il blocco degli scatti stipendiali, la redistribuzione dei finanziamenti mediante la attuale procedura VQR, i tagli al diritto allo studio, il processo di burocratizzazione del sistema didattico e il mancato rispetto della cadenza di legge per l’abilitazione nazionale a fronte di iniziative estemporanee ed insufficienti,

CONCORDANO su quanto segue:

la docenza universitaria, come altre categorie del pubblico impiego, ha accettato, senza riluttanza, di contribuire al risanamento dei conti pubblici rinunciando, tramite il blocco degli stipendi, agli aumenti salariali che sarebbero conseguiti agli scatti maturati nel relativo periodo. Ritengono tuttavia umiliante e intollerabile il fatto che per tutte le altre categorie la rimozione di questo blocco sia avvenuta con modalità e tempistiche diverse e marcatamente più eque, mentre i ricercatori e i professori universitari sono stati gli unici pesantemente discriminati. A fronte di questo trattamento iniquo ha chiesto di sapere perché il lavoro svolto in questi anni non meritasse il medesimo riconoscimento ricevuto dalle altre categorie.
La verità insita nel silenzio in cui è caduta la richiesta è la scarsissima considerazione che i diversi governi che si sono succeduti attribuiscono al sistema universitario nazionale, considerato un mero costo anziché una preziosa risorsa per il futuro del Paese.
La valutazione è parte integrante del loro lavoro e quindi i docenti della Federico II l’accettano di buon grado, anzi, la pretendono, ma questo processo di valutazione (VQR) non é accettabile in quanto: non premiale bensì punitivo; non trasparente; affetto da errori scientifici che, come studiosi, i docenti non possono avallare; viziato dall’inversione temporale tra produzione scientifica e formulazione dei criteri e utilizzato per lo scopo non dichiarato ma evidente di determinare una compressione selettiva degli Atenei. In conclusione tutti ci perdono, ma qualcuno molto più degli altri.
I docenti denunciano che di questo passo, a breve, si verificherà la scomparsa di alcuni Atenei in particolare nel meridione d’Italia con danni sociali enormi che peraltro si sono già verificati, come dimostrato da approfonditi studi socio-economici tra cui si segnala il recente rapporto RES curato dal Prof. Gianfranco Viesti che traccia un quadro impietoso dello stato dell’Università italiana in termini di finanziamento, turn- over, diritto allo studio, con particolare enfasi sul divario Nord-Sud.
In quanto docenti del più grande Ateneo dell’Italia meridionale, sentono la responsabilità di reagire a questo processo denunciando i tagli drastici effettuati ai fondi per la ricerca, che non consentono di svolgere adeguatamente il loro lavoro, innescando un circolo vizioso che il meccanismo della VQR non fa che ampliare.
Constatano con sconcerto che, nel frattempo, vengono erogati finanziamenti milionari “pubblici” a enti di ricerca non pubblici quali l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), cui sono destinati 1.5 miliardi di euro (in 10 anni) per la realizzazione dello Human Technopole, a dimostrazione che le risorse finanziarie esistono, ma non si vogliono destinare all’Università pubblica.
Per i motivi su citati, molti docenti e ricercatori hanno aderito, con modalità diverse, alla protesta nei confronti della VQR astenendosi dalla selezione dei propri “prodotti”. A tale modalità di protesta, alla data del 12 febbraio, infatti, circa il 20% dei docenti della Federico II aveva ufficialmente aderito. A livello nazionale le adesioni alla protesta hanno superato le 14.000, come risulta dalle sottoscrizioni. Si tratta di un numero cospicuo, se si considera che il 100% dei docenti è favorevole all’introduzione di un criterio di valutazione premiale delle loro attività, e che molti hanno temuto, aderendo alla protesta, di danneggiare il proprio Ateneo a favore di altri e solo per questo motivo hanno deciso di selezionare i propri “prodotti”.I docenti della Federico II, infine, vogliono sottolineare ancora una volta che questa non è una lotta di stampo corporativo; è una battaglia di civiltà per la DIGNITA’ del loro ruolo di docenti, per la DIGNITA’ dell’Istituzione Universitaria e la funzione che questa deve esercitare nella società. In ogni paese moderno, temi come Università, Ricerca, Saperi, sono fattori strategici per lo sviluppo civile, sociale ed economico; per l’aumento dei posti di lavoro più qualificati; per lo sviluppo della democrazia; per una maggiore consapevolezza nell’esigere diritti in tutti i campi, da quello economico e sociale a quello civile; per un aumento della cultura della legalità.
Si rivolgono al Rettore, anche in quanto presidente della CRUI, affinché chieda, così come fatto dal Rettore di Parma, alle autorità competenti un rinvio della scadenza della procedura VQR fino a quando non sia stato riconosciuto il valore legale degli scatti maturati negli anni 2011-2014 e lo sblocco degli scatti a partire dall’ 1/1/2015.
Ritengono altresì fondamentale che la CRUI tutta si faccia promotrice di una azione presso il Ministero ed il Governo affinché i criteri di ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario al livello Nazionale ed i meccanismi della VQR vengano completamente rivisti alla luce delle profonde criticità evidenziate in precedenza. In mancanza di risposte serie su questi temi, rilevano che sarebbe opportuno, per il bene della comunità accademica, il progresso della Ricerca e lo sviluppo scientifico e culturale del Paese tutto, iniziare a mettere in atto negli Atenei meccanismi di auto-valutazione che consentano di evitare, quantomeno nella distribuzione interna delle risorse, distorsioni indotte da dati, parametri, criteri ed algoritmi errati e forvianti.
I docenti della Federico II sottoscrivono le parole di un recente documento approvato dal Senato Accademico, in cui si chiede tra l’altro: – la previsione di finanziamenti che garantiscano agli studenti capaci e meritevoli il diritto allo studio, sia aumentando il numero di borse di studio, con un importo adeguato al costo della vita, sia investendo nelle strutture; – la rimozione del blocco degli scatti stipendiali dal 2015 e il riconoscimento ai fini giuridici del quadriennio 2011-2014; – il rinnovo dei contratti del Personale tecnico- amministrativo; – il finanziamento dei piani di ricerca nazionali in misura adeguata agli standard di una nazione europea.
Mai come oggi si rivelano attuali le parole che Piero Calamandrei pronunciò nell’Assemblea Costituente: “un sistema universitario, i cui docenti sono umiliati dal governo, è un sistema universitario destinato alla morte del pensiero”.

Per tutto questo si attendono una decisa presa di posizione da parte del Rettore, e quindi dei Rettori delle Università Italiane, anche attraverso la CRUI, a sostegno della categoria cui essi stessi appartengono e che rappresentano, ma più ancora a difesa del valore sociale dello studio e della ricerca che, con fatica, il lavoro dei docenti promuove.

In mancanza di risposte positive e certe da parte del governo, sia in merito al recupero degli scatti di anzianità sia del rifinanziamento delle attività di ricerca, si riservano di continuare la protesta con le forme e le azioni più opportune per raggiungere gli obiettivi individuati.

Assemblea 18.3.16. FEDERICOII(1)

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Intervento  del  Movimento  per  il  riconoscimento  della  dignità  della Docenza.  

Buongiorno,
intervengo  a  nome  dei  docenti  e  ricercatori  che  si  riconoscono  nel  movimento  di  protesta  che  si  è  creato  intorno  alle  iniziative  del  prof  Ferraro  del  Politecnico  di  Torino.  Sono  qui  innanzitutto  per  consegnare  al  Rettore  il  documento  che  è  stato  approvato  nel  corso  dell’assemblea  che  si  è  tenuta  venerdì  18,  che  intende  essere  un  contributo  alla  iniziativa  di  oggi  che  dovrebbe  raccogliere  “idee  e  proposte  da  consegnare  al  Governo”.  Abbiamo  fatto  circolare  nel  web  questo  documento  e  stiamo  raccogliendo  nuove  adesioni,    di  persone  che  non  hanno  aderito  finora  alla  protesta  nella  forma  di  astensione in qualsivoglia forma dalla VQR, raggiungendo il numero complessivo di oltre 450 docenti e  ricercatori che sottoscrivono il documento presentato.

Ferraro  ha  deciso  di  mutare  il  nome  di  questo  movimento,  che  inizialmente  si  chiamava  “Movimento  per lo  sblocco degli scatti stipendiali” in: “Movimento per il riconoscimento della dignità della docenza  universitaria”,  che  risponde  meglio  allo  spirito  e  soprattutto  al  modo  in  cui  il  movimento  si  è  sviluppato.
Voglio  però  fare  chiarezza  su  un  punto:  noi  riteniamo    che  la    rivendicazione  economica/salariale  sia  assolutamente  sacrosanta,    non  c’è  nulla  di  vergognoso  nel    reclamare  il  diritto  al  trattamento  economico che ci spetta.  Abbiamo partecipato allo sforzo che lo Stato ci ha richiesto in un momento di  crisi  ma  non  possiamo  accettare  che  in  aggiunta  a  tale  sforzo  ci  venga  inflitto  un  ulteriore    sacrificio  che, essendo diretto solo  a noi, non si configura come un concorrere al benessere collettivo Sche , per  quanto  mi  riguarda,  domina  uniformemente  il  mio  interesse  personaleS    ma  come  un  trattamento   iniquo  e    discriminatorio  che  è  profondamente  lesivo  delle  nostre  condizioni  di  vita  presenti  e    delle  nostre  prospettive  future  poiché,  il  mancato  riconoscimento  giuridico  del  quinquennio  fa  si  che  il  blocco si riverberi su tutta la nostra vita professionale.
Penso che abbiamo versato sufficiente oro alla patria. Non ci sono più fedi d’oro da donare, non c’è più  “  fede  ideale”  da  donare  a  chi  sottrae  fondi  ed  ossigeno  alle  istituzioni  per  cui  prestiamo  servizio,  che  non  sostiene  i  nostri  studenti  più  deboli  non  garantendo  loro  il  diritto  allo  studio,  che  non  rinnova  i  contratti  al  personale  tecnico  amministrativo  che  svolge  una  fondamentale  funzione  di  supporto,    che   sfrutta  i  precari  ostinandosi  a  non  riconoscere  loro  lo  status  di  lavoratori    e  noi  siamo  stati  tutti  –chi  più a lungo, chi menoS precari della ricerca ed anche quello è oro che abbiamo donato alla patria.
Abbiamo  chiesto  al  Presidente  della  Repubblica  perché,  in  una  Repubblica  che  all’art  1  della  costituzione si dichiara fondata sul lavoro, il nostro lavoro non meritasse il medesimo riconoscimento  ricevuto da quello di tutti gli altri.
Il  Presidente  ha  inoltrato  la  nostra  richiesta  ai  Ministri  competenti  ma  non  abbiamo  ricevuto  alcuna  risposta; la verità insita in questo silenzio è la scarsissima considerazione S per non dire il disprezzo S  in cui il nostro ruolo e le istituzioni di cui facciamo parte, sono tenuti e trattati dai diversi governi che  si sono avvicendati che sono legati da un  inquietante fil rouge in materia di università.
La protesta ha preso le mosse dalla questione del blocco stipendiale intesa come dignità della docenza,  ma si è fatalmente allargata ed intrecciata a tanti aspetti che riteniamo non più eludibili.
Tra queste un posto di rilievo è occupato dalla questione della valutazione della qualità della ricerca.
Cominciamo  dall’Anvur:  un’agenzia  composta  da  docenti  che  devono  giudicare  altri  docenti  ma  non  sono    eletti  da  noi,  bensì    nominati  dal  governo  (e  con    il  triste  e  miserevole  caso  di  plagio  del  Prof.  Miccoli abbiamo visto chi  e come viene nominato).  Sappiamo tutti che la elettività  non è garanzia di  rappresentatività.  Ma  nel  caso  dell’Anvur  manca  persino  questo  flebile  presidio  di  democrazia    e  questa  agenzia,  che  non  ha  eguali  in  Europa  per  vastità  delle  competenze  che  le  sono  attribuite,    ha  preso ad  esercitare un ruolo di indirizzo politico che non le competerebbe e lo esercita con arroganza;   ha  messo  in  piedi  un  sistema  di  valutazione  censurabile  sotto  il    duplice  profilo  del  metodo  e  degli  utilizzi che se ne  fanno.
I  criteri  sono  astrusi,  vengono  comunicati  alla  spicciolata  e  sovente  modificati,    sono  affetti  da  errori  scientifici  che  come  studiosi  nessuno  di  noi  dovrebbe  avallare  e  soprattutto  è    l’intera  procedura    è  viziata da  un’inversione temporale tra  la produzione scientifica e la formulazione dei criteri.
Questo per quanto riguarda  il metodo.
Ma  la  cosa  ancora  più  grave  –emersa  e  segnalata  anche  dal  recente  studio  del  prof.  Viesti  S    è  che  a  fronte  della  compressione  dei  finanziamenti,  questa  valutazione  viene  utilizzata  non  per  attivare  meccanismi di riequilibrio ma per accrescere i divari. Da strumento premiale S poi qualcuno mi dovrà  spiegare in cosa consista un premio che non si aggiunge ma è parte del tutto S  è diventata strumento  punitivo soprattutto delle università della parte più debole del paese alla quale apparteniamo.  La VQR  così com’è innesca una  competizione non virtuosa, avversa,  sia all’interno degli atenei, tra settori forti  e  meno  forti,  che  a  livello  nazionale  tra  Atenei.  Atenei  che  devono  lottare  gli  uni  contro  gli  altri  per  dividersi  una  torta  sempre  più  piccola  mentre  il  governo  elargisce  finanziamenti  milionari  a  enti  di  ricerca  non  pubblici.  Sappiamo  tutti  dello  stanziamento  di  1500  milioni  di  euro  (in  dieci  anni)  per  la  realizzazione dello Human Technopole, gestiti dall’ istituto  Italiano di Tecnologia (IIT), una fondazione  di  diritto  privato,  la  cui  gestione,  i  cui  criteri  di  reclutamento  e  di  utilizzo  dei  fondi  e  di  produttività  sono  opachi  anzi,  del  tutto  oscuri,  e    non  sono  sottoposti  ad  alcuno  dei  controlli  cui  siamo  sottoposti  noi.  Basti dire che non pubblica i propri bilanci e che il direttore scientifico è in carica senza bando da  15 anni.
Evidentemente  i  fondi ci sono ma non si vogliono destinare all’Università pubblica.
Tutto  questo  non  lo  possiamo  e  non  lo  dobbiamo  accettare.  Non  dovrebbe  farlo  nessun  docente  dell’ateneo  più grande dell’Italia meridionale.
Concludo  dicendo  che  la  protesta  non  è    fallita  come  si  vuole  far  credere;  ci  sono  atenei  dove  la  %  di  astensione è tale da inficiarla completamente: Salento, Parthenope, Sapienza  e infine Pisa che cn il suo  fulgido 23% dovrebbe finire in fondo alla classifica ANVUR perché  un gruppo di docenti resistenti ha  ritenuto  che  ne  valesse  la  pena,  perché  la  posta  in  gioco  è  troppo  alta,  poiché      non  si  tratta  dell’  FFO  ma dei diritti civili del paese.
L’Anvur rivendica una  vittoria  quasi fosse un referendum sul proprio operato e sulla VQR stessa. Ma  noi  sappiamo  che  nel  92%  di  adesioni  sono  confluite  le  astensioni  passive,  lo  sciopero  bianco,  le  autorizzazioni  concesse,    in  qualche  caso  estorte,  a  caricare  i  prodotti,  in  alcune  sedi  i  caricamenti  forzosi. Lo sappiamo noi, lo sanno i Rettori, lo sa l’Anvur a cui fa comodo fare finta di ignorarlo.
Gli esiti di questa VQR sono  quindi inutilizzabili a meno di avallare  un principio del tipo  homo homini  lupus  in una novella versione per Atenei.
E  lasciatemi  dire  che  io  credo  che  nel  92%  sia    finita  dentro  anche  una  componente  di  paura,  ma  non  delle  conseguenze  e  delle    eventuali  ritorsioni;  una  paura  più  subdola,  che  ha  a  che  fare  con  la  rassegnazione  e  con  la  stanchezza,  una  paura  di  esporsi,  di  impegnarsi  e  lottare  per  promuovere  un  cambiamento.  Abbiamo  trascorso  anni  bui,  che    peraltro  non  sono    nemmeno  conclusi  come  si  vorrebbe  far  credere.  Alla  stagnazione  economica  si  è  accompagnata  una  stagnazione  anche  dei  rapporti  personali  e  professionali.    E’  questa  cupezza  che  dobbiamo  scrollarci  oggi  di  dosso  e  non  c’è  luogo migliore per cominciare a  farlo dell’Università: universi cives , unione di tutti i cittadini.
La  primavera  dell’Università  inizierà  se  sapremo  sfruttare  o  meglio,  se  sapremo  chiedere  con  forza  ai  Rettori che ci rappresentano,  ed io lo chiedo la mio Rettore, lo chiedo al Prof. Manfredi, innanzitutto di  non  rendersi  complice,  di  non  avallare  eventuali  meccanismi  correttivi  bizantini  che  saranno  già  allo
studio dell’Anvur, per cancellare la protesta, ma di sfruttare  questa empasse che si è creata con la VQR  che  rappresenta  un’  occasione  irripetibile,    per  mettere  finalmente  in  discussione  con  il  Governo  ed  il  Ministero, non soltanto il trattamento iniquo nei confronti dei soli DOCENTI UNIVERSITARI, ma  anche  e soprattutto le politiche di deSfinanziamento, le misure per la garanzia del diritto allo studio,  i criteri  di  ripartizione  del  FFO  a  livello  nazionale,  ed  infine  gli  strumenti  e  di  metodi    per  la  valutazione  del  nostro lavoro.

Copia di Intervento Melina-2

 

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2 Commenti

  1. Da docente di una università del nord, sottoscrivo anch’io al 100% e senza alcuna riserva il documento dei professori e dei ricercatori dell’Università di Napoli. A Milano ancora latita una simile lucidità di vedute condivisa da alcune centinaia di colleghi. Chissà, forse unimi si sveglierà se e quando molti riusciranno a scrollarsi di dosso la paura a esporsi, che tuttora attanaglia buona parte del corpo docente. Uno scatto di dignità e di orgoglio, questa sarebbe la vera primavera dell’università, non le pagliacciate “istituzionali” del 21 marzo, destinate a lasciare il tempo che trovano.

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