Ieri (il 17/5 n.d.r.) ho partecipato ad un incontro organizzato dalla FLC-CGIL presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche, dal titolo “ANVUR e politiche di sistema”. L’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione dell’Università e della Ricerca) è l’agenzia di istituzione e nomina governativa che sta valutando su mandato dell’ex Ministro Gelmini le Università e gli Enti Pubblici di Ricerca.
Erano presenti all’incontro varie personalità, tra le quali il Ministro dell’Università e della Ricerca, Prof. Francesco Profumo, il quale nel suo intervento ha sottolineato alcune criticità del sistema della ricerca in italia ed ha ricordato come l’Italia riceva dall’Europa sotto forma di finanziamenti per la ricerca circa la metà di quello che versa.
Il dato, peraltro noto da tempo e poco connesso con il tema dell’incontro, è per certi versi preoccupante: in pratica l’Italia, attraverso la Comunità Europea, finanzia la ricerca di altri paesi in misura pari o maggiore alla propria.
Il (tenue) collegamento tra il dato citato dal Ministro e la valutazione delle istituzioni deputate alla ricerca sarebbe il seguente: la valutazione ANVUR ha lo scopo di rendere più competitiva la ricerca italiana, spronando la competizione tra le istituzioni. La ricerca italiana irrobustita da questa iniezione di competitività interna diventerebbe più competitiva anche nei confronti delle istituzioni degli altri paesi d’Europa e riuscirebbe a strappare maggiori finanziamenti.
E’ un ragionamento semplicistico e basato sul mascheramento dei dati reali (che per il 7° programma quadro della Comunità Europea, quello attualmente in corso, possono essere consultati sul sito http://ec.europa.eu/research/fp7/index_en.cfm alla voce “statistics”).
Tra le varie cose che si potrebbero dire in merito ne cito una sola: l’Italia ha la metà degli addetti alla ricerca della Francia e un terzo di quelli della Germania in rapporto alla popolazione (dati della World Bank), come ho già avuto occasione di riferire in un post precedente.
Se si tiene conto di questo punto, il dato del Ministro Profumo assume un preciso significato: l’Italia finanzia la ricerca Europea in proporzione al PIL e riceve indietro finanziamenti dall’Europa in proporzione al numero di ricercatori che ha. Per riottenere il 100% di quanto l’Italia versa all’Europa, ciascun ricercatore italiano dovrebbe ottenere in media il doppio dei finanziamenti che ricevono i suoi colleghi francesi o tedeschi.
La situazione reale è peggiore di come esce dalle nude cifre: poiché la grande maggioranza degli addetti alla ricerca in tutti i paesi europei lavora nelle Università, averne la metà degli altri in rapporto alla popolazione implica che i ricercatori italiani siano anche più gravati di obblighi didattici dei loro colleghi stranieri ed abbiano quindi meno tempo da dedicare alla ricerca.
E’ stato detto, giustamente, che per l’Italia non era un errore entrare in Europa, era un errore farlo pensando di poter mantenere i nostri tradizionali imbroglietti: ora che il trattato di Lisbona (sottoscritto anche dall’Italia) indica come obiettivo un finanziamento della ricerca all’1,8% del PIL e si profila il traguardo di “Europa 2020” che vorrebbe portare questa quota al 3% non è più pensabile di mantenere il nostro misero 1,2% e rimanere competitivi: i nostri vicini firmano gli accordi pensando di mantenerli, noi di eluderli. Poi il Ministro dell’Università e della ricerca di turno, ad accordo firmato e poi disatteso, si lamenta che l’Italia non riceve abbastanza finanziamenti europei.
(articolo di A. Bellelli già apparso sul sito de Il Fatto Quotidiano)
Da un po´ cerco di trovare una spiegazione alla “follia valutativa” e una delle risposte possibili risiede nei risultati di una interessante lettura in un articolo di Profumo di gennaio 2012 sul Sole24Ore.
http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2012-01-04/profumo-ricerca-motore-sviluppo-134213.shtml?uuid=AaMwkhaE
MA CHE COSA È “HORIZON 2020” e che cosa ha a che fare con quanto succede?
Consiglio “Horizon 2020: i finanziamenti europei 2014-2020 per la Ricerca e l’Innovazione” (80 miliardi):
http://www.fasi.biz/it/news/approfondimenti/5194-horizon-2020-finanziamenti-europei-2014-2020-ricerca-innovazione.html
Nel documento “COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE COUNCIL, THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE AND THE COMMITTEE OF THE REGIONS“ del programma Horizon 2020 si legge:
“1. A CHANGED CONTEXT
Since the launch of the Seventh Framework Programme (FP7), the economic context has changed dramatically. A recession triggered by the 2008 financial crisis led to the adoption of stimulus packages to kick-start the economy. While slowly recovering from the downturn, Europe is now faced with a public debt crisis and fears of a new recession. Public authorities across Europe need to act decisively to cope with this changed context. The key challenge is to stabilise the financial and economic system in the short term while also taking measures to create the economic opportunities of tomorrow.
Fiscal consolidation and structural reform are necessary but not sufficient to secure Europe’s global competitiveness. Smart investment, notably in research and innovation, is vital in order to maintain high standards of living while dealing with pressing societal challenges such as climate change, an ageing population, or the move towards a more resource-efficient society.
Research and innovation help deliver jobs, prosperity, quality of life and global public goods. They generate the scientific and technological breakthroughs needed to tackle the urgent challenges society faces. Investment in this area also leads to businesses opportunities by creating innovative products and services. Although the Union is a global leader in many technologies, it faces increasing competition from traditional competitors and emerging economies alike and must therefore improve its innovation performance.
Research and innovation have therefore been placed at the centre of the Europe 2020 strategy1 to promote smart, sustainable and inclusive growth. This includes the headline objective of increasing spending on R&D to 3% of GDP by 2020. The Innovation Union2 flagship initiative provides a comprehensive set of actions for stepping up research and innovation performance. Within this policy context, the Commission’s proposals for the post-2013 Union Budget3 reflect its ambition to invest in Europe’s future, ensuring that every euro provides maximum benefit to European citizens.“
HORIZON 2020: A BREAK FROM THE PAST
The name of the Union’s new funding programme for research and innovation – Horizon 2020 – reflects the ambition to deliver ideas, growth and jobs for the future. Horizon 2020 will be a key tool in implementing the Innovation Union flagship initiative, in delivering on the commitments made therein and in responding to the conclusions of the 4 February 2011 European Council and to the European Parliament’s Resolution of 12 May 2011 on the Innovation Union4.
Horizon 2020 brings together all existing Union research and innovation funding, including the Framework Programme for Research, the innovation related activities of the Competitiveness and Innovation Framework Programme and the European Institute of Innovation and Technology (EIT)5. This approach is widely recognised by stakeholders as the way forward6 and has also been supported by the European Parliament in its Resolution of 27 September 20117, the European Economic and Social Committee8 and the European Research Area Committee9.
The set of proposals for Horizon 2020 consists of:
1)a proposal for Horizon 202010, laying down the general objectives, rationale and Union added value, the financial envelope and provisions on control, monitoring and evaluation;
2)a proposal for a single specific programme to implement Horizon 202011, laying down the implementation modalities and the content in terms of the broad lines of activities;
3) a proposal for a single set of Rules for Participation and Dissemination12, laying down the modes of funding and reimbursement of costs, conditions for participation, selection and award criteria and the rules on ownership, exploitation and dissemination of results; and
4) a separate proposal for the part of Horizon 2020 corresponding to the Euratom Treaty13.
These proposals are accompanied by the necessary ex-ante impact assessments14. Complementary to this package, there is also a separate proposal for a revision of the EIT Regulation.“
Vedi link:
http://ec.europa.eu/research/horizon2020/pdf/proposals/communication_from_the_commission_-_horizon_2020_-_the_framework_programme_for_research_and_innovation.pdf#view=fit&pagemode=none
Consiglio poi anche questo video relativo a EurActiv 2011.
http://www.livestream.com/funding/video?clipId=flv_5bed3354-eb4a-45c1-a349-ea2e34359b8b
Ho letto con interesse il post, è bene che si parli di queste cose (un po’ meno interessante il commento, trovo che chi commenta dovrebbe essere breve e spiegare, non dare i compiti…)
1) la teoria del “juste retour” per i finanziamenti della ricerca mi pare risibile. E’ come se alle olimpiadi fosse scandaloso che le medaglie alla fine non siano ripartite in proporzione agli atleti partecipanti per nazione o alla popolazione delle nazioni partecipanti o al loro contributo economico.
2) i progetti presentati da italiani, almeno nel settore health, sono di qualità media e talvolta imbarazzanti. Se alcuni sono molto buoni e di successo, si tratta di una proporzione minore rispetto ad altre nazioni.
3) questo accade per mancanza di esperienza, contatti internazionali, capacità progettuale, autorevolezza etc etc, non per pregiudizio
4) questo non è influenzato, come qualcuno potrebbe pensare “all’italiana”, da un minor numero di valutatori italiani che “aiutino” i progetti italiani. I valutatori italiani sono più del valore atteso rispetto alle dimensioni del paese.
In realtà la metafora delle olimpiadi è efficace per dare l’idea del “iuste retour”. Non in relazione agli atleti partecipanti per nazione, né alla popolazione delle nazioni partecipanti, né tanto meno al loro contributo economico. Ma è ragionevole pensare che il medagliere di una nazione sia correlato significativamente al numero di praticanti delle discipline sportive nelle quali ha ottenuto le medaglie. Cioè, la quota di finanziamenti europei dipende dal numero dei ricercatori e non come sostiene Profumo dalla quota del suo Pil in Europa. La differenza inoltre si acuisce nel caso di un Paese come l’Italia più ricco che sapiente, se visto dalla scarsa allocazione di risorse nella ricerca in rapporto al Pil. Bisognerebbe però aggiungere che la quota di progetti vincitori è superiore alla percentuale di ricercatori italiani rispetto al totale europeo. Qualcuno ha fatto questo calcolo?
I due commenti di vinab e tommasoaccetto sono appropriati e certamente un approfondimento sul “ritorno” economico dei finanziamenti europei alla ricerca sarebbe molto desiderabile. Sto studiando questo problema ma la documentazione e’ in genere frazionata per i vari Framework Projects e ci vuole lavoro per metterla insieme (ad es. segnalo questo documento per il FP6: http://ec.europa.eu/research/evaluations/pdf/archive/fp6-evidence-base/expert_analysis/n.s.vonortas_-_fp6_participation.pdf che tra l’altro contiene varie sorprese). La metafora delle olimpiadi e il concetto del juste retour sono entrambi efficaci ma un po’ fuorvianti: spesso la comunita’ europea ha infatti privilegiato le nazioni dell’Europa Orientale, richiedendo la loro presenza nelle UNità Operative (ad es. nei progetti del FP6) e quindi ha cercato di ridistribuire i fondi. In questo modo più che il juste retour è stato privilegiato l’approccio di favorire lo sviluppo dei paesi europei dotati di minori infrastrutture.
Quanto presentato nell´incontro “ANVUR e politiche di sistema” quí citato NON HA per NIENTE UN “TENUE collegamento tra il dato citato dal Ministro e la valutazione delle istituzioni deputate alla ricerca“ ma quello che ha detto PROFUMO é la “VISIONE” che lo porta a dare così tanto potere all`ANVUR per poter stabilire i gruppi di ricercatori di punta e “Fare una bella foto” (https://www.roars.it/?p=8497). Che cosa poi ci sia nella testa del ministro e del governo Monti in relazione ai fondi europei possiamo fare solo delle speculazioni, visto che la suddetta visione mi sembra alquanto NEBULOSA e ricca di INCONGRUENZE con i fatti! Credo che l´idea di base stia nel legame tra industria, ricerca e rilancio dell´economia in Europa.
Premetto poi che per avere un´Italia competitiva nella ricerca rispetto agli altri paesi bisogna anche avere UN MAGGIOR numero di ricercatori, che non si creano dal nulla e che abbisognano di anni di preparazione perché siano produttivi.
Se come asserito nell´articolo, l´Italia riceve meno fondi dall´Europa per i progetti di ricerca basandosi sul numero di ricercatori del nostro paese,(“ l’Italia ha la metà degli addetti alla ricerca della Francia e un terzo di quelli della Germania in rapporto alla popolazione (dati della World Bank)“) la domanda che si pone è: per accedere ai 80 milardi di euro di “Horizon 2020”, come si propone il Ministro di aumentare la quota di ricercatori necessari? Con l´ANVUR e i GEV? Con i tagli e con la pretesa che i ricercatori continuino a essere sottopagati e a fornire didattica di sostegno o facendo le liste “magiche”? o invece non sarebbe meglio incentivarne l´ingresso, finanziandoli anche con il conseguente aumento di introiti conseguentemente provenienti dai progetti / programmi della comunità europea, diminuendo la burocrazia e la competitività tra atenei e aumentando invece la cooperazione e efficienza operativa? (le sfide si affrontano uniti non divisi!).
Questa opportunità dovrebbe essere sfruttata al fine di mettere l´Italia nella condizione di poter essere una componente costruttiva dell´Europa (anche adesso lo è, ma causa venti anni di mal governo questo ha comportato alcune componenti di arretratezza e stagnazione).
Non dimenticando poi che è fondamentale NON PENALIZZARE LE MATERIE UMANISTICHE a favore di quelle DURE.
[…] mediamente il doppio dei finanziamenti ottenuti dai colleghi francesi o tedeschi (v. A. Bellelli, L’Italia e i fondi europei per la ricerca, Return on Academic ReSearch, V/2012, […]
[…] 2. L’Italia è una delle 10 maggiori potenze economiche al mondo, è dotata di uno dei migliori sistemi sanitari pubblici al mondo, ha un’università che, al netto delle misere risorse che riceve, continua a competere a livello mondiale. […]