Ci sono tre parole chiave che sono state usate come narrazione per vendere, più che per spiegare, la riforma Gelmini e tutto ciò che ne è seguito.  La prima è “spreco“, la seconda “eccellenza” e la terza “valutazione“. Sono tre parole connesse tra loro e spiego rapidamente la connessione: la teoria del secchio bucato rappresenta lo spreco, ovvero inutile riversare risorse in un sistema che ha delle falle. Il proposito della riforma Gelmini era di aggiustare queste falle prima di investire nuove risorse. Questa retorica ha comportato un taglio del 20% delle risorse dell’università.

La seconda parola chiave, “eccellenza“, rappresentava l’introduzione della meritocrazia nell’università, in modo tale che le eccellenze potessero emergere e svilupparsi. In pratica, ciò ha comportato una distribuzione delle risorse dall’alto verso il basso, ovvero una decisione politica su dove investire i fondi, tutto coperto da algoritmi più o meno fumosi. Questo ha comportato uno spostamento di finanziamenti dal sud verso il nord e da alcune aree ad altre all’interno dei dipartimenti delle università.

La terza parola chiave, “valutazione“, era lo strumento attraverso il quale si doveva misurare l’eccellenza o comunque il merito e la qualità. Tuttavia, ci sono stati esperimenti assolutamente insensati e questo tipo di valutazione ha cambiato il comportamento delle persone, che si sono adattate ai vincoli esterni. Ad esempio, se uno vuole fare una certa ricerca o un’altra, decide in base alle probabilità più alte di ottenere un finanziamento, eccetera.

La questione di fondo è stata che nel 2001 l’Europa aveva tre fasce di distribuzione di fondi nel campo della ricerca e sviluppo e dell’istruzione. C’erano i paesi nordici, quelli dell’Europa centrale, quelli dell’Europa mediterranea e quelli dell’est, che stavano più o meno fuori scala. L’obiettivo era aumentare il budget delle ricerche e sviluppo al 3% del PIL in Europa, ma non si è fatto. La crisi del 2008 ha amplificato queste differenze e ha causato ulteriori tagli alle risorse dell’università e della ricerca. La legge 133 del 2008 di Tremonti era parallela alla riforma Gelmini e da un lato ha tagliato il finanziamento, e dall’altro lo ha indirizzato verso alcune direzioni decise in maniera top-down.

 

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