Urge un intervento del ministro Profumo
E’ ormai da circa un anno che l’ANVUR è in cima alle preoccupazioni quotidiane di molti, se non tutti, i membri della comunità scientifica nazionale (non mi risulta che i nostri colleghi stranieri si stiano appassionando alle nostre vicende casalinghe). Un indicatore per tutti: il sito ROARS ha avuto oltre un milione di visitatori, in particolare in relazione agli articoli ed al dibattito sulle abilitazioni universitarie. Al di là delle questioni di dettaglio, ci si deve chiedere cosa avverrà, nel futuro più o meno prossimo, nel campo della valutazione in Italia e cosa è necessario fare per uscire da una situazione che definire problematica è un eufemismo.
Partiamo dalla genesi. Siamo partiti con il piede sbagliato. Il Parlamento, dopo una lunga discussione (vedi qui qui e qui ), invece di istituire un’autorità indipendente come quelle della concorrenza e del mercato, delle società e della borsa, ecc., ha optato per un’agenzia dipendente dal governo, l’ANVUR. All’agenzia è stata affidata una quantità eccessiva di compiti (definire e applicare i criteri di valutazione della ricerca e della didattica; pronunciarsi sull’accreditamento dei corsi di laurea e delle sedi; orientare le politiche ed il finanziamento della ricerca e la programmazione universitaria) ma allo stesso tempo le sono stati assegnati strumenti operativi insufficienti. Ci si è addirittura chiesti se la concentrazione di competenze non abbia ridotto il MIUR a mero esecutore delle decisioni dell’ANVUR . La scelta del legislatore è stata in qualche modo dettata dalla situazione esistente: il MIUR, sin dalla sua istituzione, non dispone al proprio interno, a livello di funzionariato, delle competenze necessarie per elaborare le politiche che i responsabili del governo sono chiamati a proporre e gestire, per cui si è fatto ricorso ad una soluzione creativa, tutta italiana, inventando una struttura che svolgesse compiti a mezza strada tra un think tank e un dipartimento amministrativo.
L’ANVUR si è messa in moto impegnandosi principalmente in tre linee di attività.
- La procedura per il riconoscimento all’ANVUR del titolo di agenzia italiana titolata a rilasciare l’accreditamento delle strutture didattiche. Finora la ENQA si è espressa negativamente. Attualmente il processo è in corso di svolgimento, ma il fatto che l’agenzia sia una emanazione del ministero e che quindi non goda della necessaria indipendenza (l’ANVUR ha la sede presso gli uffici del MIUR) rende incerto l’esito.
- La Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR). Iniziata nel 2011, dovrà essere completata nel giugno 2013. Ormai il coro di coloro che ritengono che la VQR sia stata male impostata, che sia eccessivamente costosa, che penalizzerà gli enti di ricerca, che verosimilmente, anche se andrà in porto, non produrrà gli effetti sperati, è diventato assordante.
- Le abilitazioni dei docenti universitari. Questo esercizio ha toccato un tema estremamente spinoso che riguarda l’assegnazione delle cattedre e quindi gli equilibri interni dell’università. Anche in questo caso le metodologie adottate (le famose mediane statistiche) sono state oggetto di severe critiche da parte di singoli studiosi e di intere società scientifiche. Financo la ex ministra Gelmini ha presentato in parlamento una mozione che critica il ricorso alle mediane, delegittimando il direttivo dell’ANVUR da lei stessa nominato.
Allo stato attuale si possono fare alcune considerazioni.
- L’ANVUR è una sorta di ircocervo. Pur svolgendo un’attività sostanzialmente amministrativa, si distingue rispetto al funzionariato pubblico per la sua apertura, la sua disponibilità al dialogo (non sempre soddisfacente e fecondo ma certamente apprezzabile), la sua professionalità (certamente discutibile ma ben al di sopra della media delle burocrazie romane), l’impegno nel lavoro (la sua attività è stata intensa anche durante il periodo feriale). Il direttivo dell’ANVUR è composto da professori universitari, in parte pensionati ed in parte prossimi alla pensione, ed il direttore generale incaricato della gestione della macchina amministrativa proviene dall’ufficio studi della Banca d’Italia (e quindi non è un burocrate),
- Le metodologie ed i criteri di valutazione impiegati dall’ANVUR sono stati criticati da troppe parti. Il fatto che l’elenco delle riviste di classe A includa titoli come Yacht Capital, Barche, Airone, Etruria Oggi, Suinicoltura, Vita cattolica, Insegnare religione, La Rivista del clero italiano solleva la domanda se ciò sia il prodotto di una svista (ipotesi improbabile) o se non sia dovuto a inconfessabili motivi, per esempio consentire a docenti potenti ma non scientificamente “produttivi” di continuare a mantenere il proprio potere.
- In un precedente articolo ipotizzavo che la riduzione delle risorse all’università avesse di fatto aperto un regolamento dei conti tra i docenti che si ritengono “bravi” e quelli da questi ritenuti “parassiti”, e che l’ANVUR fosse il “killer”. Sembra che questa sia più che una congettura. L’ANVUR ha adottato, sin dall’inizio delle sue attività, un approccio semplificatorio, del tutto originale nel panorama internazionale, largamente meccanicistico, di una realtà molto complessa. Di più. Ha impostato la valutazione in senso ideologico, dividendo con le mediane la comunità dei ricercatori in due parti: i “buoni” e i “cattivi” con l’implicita assunzione che coloro che si collocano al di sotto della fatidica asticella della mediana siano i reprobi da colpire e da allontanare dall’accademia. Purtroppo qui ha giocato il diffuso atteggiamento autolesionistico e da prima donna dei docenti universitari italiani: invece di fare argine comune per contrastare gli attacchi dei neo-conservatori (ovviamente dopo avere fatto pulizia in casa propria, e questo non è avvenuto) hanno spaccato il fronte mettendosi gli uni contro gli altri. Eppure, come è stato dimostrato di recente su ROARS, l’università non è tutta da buttare e non merita una punizione come quella che sta subendo. E se vogliamo comparare il mondo dell’università, pur con tutte le sue miserie, con quello che emerge in questi giorni nel mondo della politica e dell’amministrazione degli enti regionali, l’accademia svetta per trasparenza, efficienza, etica.
- La Società dei giuristi costituzionalisti ha fatto ricorso contro il sistema di valutazione (criterio ora per allora). Se il 20 gennaio il TAR del Lazio darà loro ragione, tutto il sistema delle abilitazioni è destinato a crollare, e con esso la VQR. Al contempo molti docenti si stanno apprestando a presentare un ricorso individuale.
- Un sindacato, la CGIL, ha espressamente chiesto le dimissioni dei membri del direttivo del’ANVUR.
- La commissione cultura dela Camera che ha evidenziato “una totale convergenza di valutazione con i rappresentanti del mondo accademico: applicazione rozza e inaffidabile delle metodologie, incertezza inaffidabilità e opacità della base dati, processi decisionali poco trasparenti, eccessivi poteri, perdita di credibilità”
- Il ministro in carica Profumo non dà segni di vita, e non ha sciolto tutta una serie di dilemmi circa il rapporto tra l’esito delle attività dell’ANVUR e le decisioni ministeriali.
Possibili scenari sul futuro dell’ANVUR
Primo scenario. Le critiche ed i ricorsi costituiscono un incidente di percorso superabile, per cui sia le abilitazioni che la VQR vanno in porto, e questi esercizi diventano lo strumento che il ministero utilizzerà nel futuro, pur con i dovuti aggiustamenti.
Secondo scenario. Il sistema dei concorsi universitari si blocca ed il reclutamento dei nuovi docenti, già falcidiato dai provvedimenti di riduzione della spesa pubblica, viene rimandato a data da destinarsi.
La VQR viene conclusa nei tempi stabiliti, ma viene immediatamente riposta nei cassetti del ministero senza che possa avere alcun impatto sulle scelte di politica della ricerca.
La pressione del mondo della ricerca e universitario, nonché quello politico e sindacale, è talmente forte che i membri del direttivo dell’ANVUR sono costretti a dimettersi.
Conclusioni
Il sistema della valutazione del sistema pubblico della ricerca e dell’università è stato mal disegnato. All’ANVUR sono stati assegnati troppi compiti e poche risorse. Da parte sua, il direttivo dell’agenzia ha adottato un approccio ai problemi eccessivamente semplificatorio, ideologico, palesemente inadeguato, così che, anche in presenza delle migliori intenzioni e dell’impegno profuso, i risultati delle attività valutative sono da giudicare negativi e forieri di peggioramenti nel funzionamento dell’attività scientifica e didattica. Nel complesso il nostro paese si sta dimostrando incapace di fare quello che in altri contesti si fa ormai da anni e senza particolari problemi. “Un popolo di poeti di artisti di eroi di santi di pensatori di scienziati di navigatori di trasmigratori”, come scritto nel Palazzo della civiltà e del lavoro dell’EUR a Roma, si dimostrerebbe incapace di valutare la propria struttura di ricerca pubblica. Quale smacco per uno dei paesi leader dell’Unione europea! Vi è dunque il rischio che, giunti con ritardo a mettere in piedi una struttura per la valutazione della ricerca pubblica, e dopo che la cultura della valutazione si è largamente diffusa nel contesto dell’università italiana (negli enti pubblici di ricerca tale cultura è da tempo radicata), vi sia un arretramento, invece che un ulteriore sviluppo. Ciò comporterebbe il diffondersi di una diffusa sfiducia dei docenti e dei ricercatori nei confronti della valutazione ed un ben più pericoloso messaggio rivolto verso l’opinione pubblica, la quale sarebbe indotta a concludere che in Italia gli scienziati non vogliono rispondere del proprio operato – e, di conseguenza, non meritano di essere sostenuti e finanziati. E’ tempo che il ministro prenda in mano la situazione, faccia la sua parte, e dica cosa intende fare il governo prima che il treno deragli, evitando di avere un lame duck, un’ANVUR azzoppata e impantanata in problemi che non può e non sa risolvere. L’intervento è urgente: c’è già qualcuno che propone di ricorrere ad agenzie di valutazione private.
lo scenario più probabile per le abilitazioni?
è impossibile che le commissioni possano valutare tutti i candidati (dovrebbero leggere migliaia di pagine in tempi stretti), quindi: o si farà una short-list all’italiana (ciascun membro della commissione indicherà tre o quattro suoi allievi più un non allievo scelto casualmente tanto per o tra i più deboli, e si valuteranno una ventina di candidati), ma questo scatenerebbe valanghe di ricorsi, oppure si concederà l’abilitazione a tutti quelli che superano le mediane e a qualche proprio allievo che non le supera (se quasi tutti vengono abilitati, chi tra questi oserà fare ricorso?). Poi si faranno i soliti giochetti nei concorsi locali
oggi in una conversazione tra colleghi abbiamo delineato lo stesso scenario di martino80…insomma localismo e baronia che l’Anvur voleva distruggere usciranno rafforzati da questo imbroglio….
Ho il sospetto che i dati disaggregati usati da ANVUR siano in circolazione in ambiti particolari.
sono molto scettico sulla possibilità che il ministro Profumo voglia intervenire….
Come giustificherebbe il suo silenzio di fronte ad un’Agenzia inutile, costosa che fino ad ora ha prodotto solo risultati svianti.
Guadagnerà tempo, consentirà alla macchina di andare avanti fin a quando questa si sfracellerà contro il muro dei ricorsi…
Allora, presumibilmente, Profumo non sarà in carica e toccherà a qualcun altro sbrogliare la mattassa.
L’Anvur è ormai un coacervo di troppi interessi consolidati (un altro carrozzone di Stato) per essere facilmente smantellata.
qualcuno può postare l’intervento della CGIL che chiede le dimissioni del vertice dell’Anvur….?
Uno dei più recenti comunicati della CGIL in cui si fa riferimento alla richiesta di dimissioni del direttivo dell’ANVUR è al collegamento
http://www.flcgil.it/ricerca/risoluzione-della-camera-sconfessa-l-anvur.flc
Un altro comunicato della CGIL, del 18 settembre, è in: http://www.flcgil.it/universita/l-anvur-scarica-sul-ministero-gli-errori-e-le-incertezze-dell-abilitazione-scientifica-nazionale.flc
Una nota informativa. Il programma di “autovalutazione, valutazione esterna ed accreditamento” dei corsi di studio e delle istituzioni universitarie come tali (denominato AVA) è solo alle primissime battute. Beninteso, ci vedo grossi problemi, anche lì – analogamente a quanto avvenuto per VQR e ASN – ma in ogni caso l’accettazione come membro ordinario dell’ENQA può avvenire solo a seguito di una apposita Valutazione Esterna dell’Agenzia, che deve aver operato nel settore per almeno due anni secondo le “European Standards and Guidelines” (ESG) per la Quality Assurance (QA). L’ANVUR ha ottenuto per ora solo lo status di “Membro Candidato”
http://www.enqa.eu/candidates.lasso
senza che questo abbia implicato un giudizio “sostantivo” positivo o negativo dell’ENQA sull’Agenzia, ma solo sulla base della sua natura di Agenzia Nazionale incaricata della QA.
Peraltro se e quando ci sarà la Review Esterna per tale scopo vedremo il risultato, anche se sono anch’io scettico sulla possibilità di un giudizio positivo.
In effetti quanto da me scritto “Finora la ENQA si è espressa negativamente” non è corretto. Molte grazie a Rubele per la sua precisazione.
Di nulla – purtroppo c’è carenza di informazione su tutta la materia, e di questo è anche responsabile ANVUR.
Segnalo che, fortunatamente, è stata realizzata la traduzione italiana completa delle “European Standards and Guidelines”, a 7 anni dalla loro adozione dai Ministri a Bergen
http://www.processodibologna.it/content/index.php?action=read_cnt&id_cnt=6716